Capitolo 19

Emma

Alla fine sono riuscita a dormire. Quando mi sveglio, mi giro bruscamente, temendo di essermi persa qualcosa – un allarme, un altro campo di detriti. Mi sento come un alpinista intrappolato su una cengia, sono bloccata quassù senza alcuna possibilità di scendere. Lo squarcio nella capsula mi impedisce di tornare a casa. Alla fine resterà senza combustibile e sarà inghiottita dalla forza di gravità della Terra. E io brucerò viva dentro questa piccola fornace.

Ma quando? Tra un’ora? Tra un giorno?

Vorrei saperlo. Non fosse altro per fare il conto alla rovescia del tempo che mi resta.

Ho fame, ma non oso togliermi il casco. Non so quanto sia stabile la capsula. Non ho cercato di ripressurizzarla. Il cibo può aspettare. L’acqua è un altro problema, ma può aspettare anch’essa.

L’orologio mi dice che sono sulla capsula da quattro ore. Incredibile. Sullo schermo c’è un lungo messaggio di mia sorella.

Cara Emma,

i rappresentanti del governo mi hanno dato la tua lettera, chiedendomi di risponderti. Mi hanno detto quello che è successo e della richiesta che hai fatto.

Non posso crederci. Ti prego, dimmi che è soltanto un equivoco. Che la capsula è integra. Dicono che una sorta di tempesta nella ionosfera ha interrotto i collegamenti con la stazione e con i satelliti, ma non li ha distrutti. Sono ancora sotto shock.

Non so a cosa credere.

Ci hanno detto di fare i bagagli e prepararci a partire per il campo nella Death Valley. Ho paura, Emma. E anche David. Lui pensa che il Lungo Inverno finirà presto e che se partiremo il governo sequestrerà tutti i nostri averi, costringendoci a ricominciare tutto daccapo quando ritorneremo. Ha protestato a gran voce, ma poi l’hanno portato nella stanza dei bambini e gli hanno mostrato o detto qualcosa, e adesso è lui a insistere per andarcene.

Ci sono tante altre cose che vorrei raccontarti, ma mi stanno dicendo che devo smettere di scrivere e consegnargli il laptop. Ti voglio bene. Ti voglio bene. Ti voglio bene.