CAPITOLO 59

Le auto della polizia e il furgone dei corpi speciali finalmente arrivarono e invasero il parcheggio, mentre gli agenti si schieravano nello spiazzo e al secondo piano. Altri agenti avevano iniziato a evacuare le stanze del motel e facevano uscire rapidamente i clienti terrorizzati. Le luci dei veicoli dipingevano tutto di lampi blu e rossi. Tracy si alzò e andò alla porta, la pistola e lo sguardo sempre fissi su Kotar.

«Tracy Crosswhite, della Omicidi di Seattle» gridò. «La scena è mia. Riferite a tutti che ho detto di non intervenire.»

«È la sua grande scena, detective» commentò Kotar. «Mi piace.»

«Credo di essere soltanto una spalla, Nabil. Sei tu il protagonista.» Fece un cenno verso la porta. «Sono tutti qui, o stanno per arrivare. Avrai tutti i giornali per te.»

Con un tempismo perfetto, si sentirono i colpi sordi e ronzanti delle pale di un elicottero. Un faro illuminò il parcheggio. Gli occhi di Kotar si spostarono sulla finestra.

«L’elicottero del notiziario» disse Tracy.

Kotar sorrise. «Luci. Motore. Azione.»

«Il pubblico sta aspettando, Nabil. Che tipo di interpretazione hai in serbo per loro?» Tracy stava improvvisando, con la speranza che Kotar non immaginasse un finale senza sopravvissuti. Era convinta di no. Aveva la sensazione che Kotar volesse gli applausi e i riconoscimenti.

Il Cowboy iniziò a canticchiare. Tracy non riconobbe subito la canzone, poi si ricordò della propria infanzia. Bugs Bunny. Stava cantando la sigla prima dei cartoni.

«Le nostre battute sappiam…» cantò Kotar.

«Bugs Bunny» disse lei.

Lui inarcò le sopracciglia. «Lo conosci?»

«Stai scherzando? Io e mia sorella lo guardavamo ogni sabato mattina.»

«Davvero?» Kotar si fece pensieroso. «Ho saputo di tua sorella. Quel tizio doveva essere un fuori di testa.»

«Sì, lo era.»

«Gli hai sparato.»

«Non mi ha lasciato altra scelta, Nabil. Questa è una situazione completamente diversa.»

«È per questo che lo fai? Perché te ne importa tanto? Per via di tua sorella?»

«Forse» rispose lei. «Non mi sono mai davvero fermata ad analizzarlo.»

«Troppo doloroso?»

«Forse.»

Kotar abbassò lo sguardo e Tracy dovette resistere all’impulso di premere il grilletto. Sapeva che avrebbe potuto centrarlo in mezzo alla fronte, ma temeva che così lui potesse sussultare e tagliare la gola della ragazza.

Lui alzò gli occhi. «Non potevi fermarlo, sai? Impedirgli di fare quel che ha fatto. Intendo dire che non puoi prenderti la colpa per quel che è successo a tua sorella.»

«Più facile a dirsi che a farsi.»

«No» insistette lui, una nota tesa nella voce. «Non capisci.»

«Spiegamelo, Nabil.»

«Lui doveva farlo. Noi dobbiamo farlo. Quindi neanche questo è colpa tua. Le cose stanno così, punto. È così che sono fatto. Noi siamo fatti così.» Kotar abbassò gli occhi sulla donna, poi tornò a guardare Tracy. Fece un cenno con il mento. «Non ti si stanca il braccio a reggere quella pistola, detective?»

«La spalla, in realtà.»

«L’acido lattico inizia ad accumularsi nei muscoli finché non cominciano i crampi. L’unico modo per alleviare il dolore è cambiare posizione, per distendere e allungare i muscoli.»

«Hai inventato da solo questo sistema?»

«Con il tempo.»

«E il tuo braccio come va?» gli chiese. «Il coltello inizia a diventare pesante? Perché non tagli la corda e non abbassi il coltello e io abbasso la pistola e ce ne usciamo di qui insieme?»

«E lo Stato mi condanna a morte.»

«Fra quanto, vent’anni?» Tracy scosse la testa. «Hai idea di quanti avvocati vorranno rappresentarti solo per la celebrità, solo per poter dire che il Cowboy è stato un loro cliente?»

«Mi piace il nome, a proposito. L’hai inventato tu?»

«No, è stato il mio partner. E i giornalisti l’hanno diffuso.»

«Kinsington Rowe. Quello sì che è un nome.» Kotar posò la testa all’indietro contro la parete, l’aria improvvisamente stanca. «Comunque sia, morirò. Adesso o fra vent’anni.»

«Nessuno di noi ne uscirà vivo, Nabil.»

Kotar ridacchiò e si raddrizzò. «Mi piace. È una bella battuta. “Nessuno di noi ne uscirà vivo.” Bella. Chi l’ha detta?»

«Non lo so» rispose Tracy.

«Era in un film?»

«Credo di no.»

«Nessuno di noi ne uscirà vivo» ripeté, come se assaporasse ogni parola.

«Ma non è detto che debba succedere oggi.»

«Ma non è detto che debba succedere oggi» ripeté ancora, e il sorriso si allargò. «Nessuno di noi ne uscirà vivo. Ma non è detto che debba succedere oggi.» Guardò Tracy, improvvisamente animato. «E che mi dici di te, detective? Potresti diventare un’eroina. Potresti guadagnarti di nuovo una reputazione: il detective che ha ucciso il Cowboy.»

«Ho già avuto il mio quarto d’ora di celebrità, Nabil. È sopravvalutato.»

Kotar scoppiò a ridere. «Sembra una sceneggiatura, detective. Sei brava. Hai mai recitato?»

«Io? Me la faccio addosso solo ad alzarmi davanti a un mucchio di gente.»

«Oh, no» disse Kotar. «Quella è l’adrenalina. È la parte eccitante. È la diretta. Qualsiasi cosa funziona. Credi che un giorno scriveranno una sceneggiatura su di noi, su questo momento?»

«Ne sono sicura; gli scrittori vanno matti per questo genere di cose. E anche Hollywood. Scommetto che vorranno intervistarti. Sapere che cosa ti ricordi.»

Era come un ragazzino. «Sarebbe una scena incredibile, no? Chi credi che interpreterebbe la tua parte nel film?»

«La mia? Non ne ho idea.»

«Charlize Theron» disse lui.

«Credo che tu stia cercando di lusingarmi, Nabil.»

«No, davvero. Io ce la vedo. È alta come te, fisico atletico. E tu sei una donna bellissima. Lo sai che cosa diceva Nash di te?»

«Non sono sicura di volerlo sapere.»

«Diceva che saresti stata una ballerina da sballo, che avevi le gambe giuste.»

«Non sembra un commento di Nash.»

«Ho saltato le parti volgari.»

«Ti ringrazio.»

«Okay, tocca a te. Chi interpreterebbe la mia parte?»

Tracy non ne aveva idea, ma voleva stare al gioco, perché continuava a sperare di convincere Kotar a immaginare un finale in cui uscivano da quella stanza insieme. «Dimmelo tu.» Lanciò un’occhiata alla donna, che ora aveva gli occhi chiusi, il viso contratto in una smorfia e le gambe che iniziavano a tremare. «È passato un sacco di tempo dall’ultima volta che sono stata al cinema.»

«Stavo pensando a Rami Malek. Dovrebbe andare in palestra, però, e mettere su almeno dieci chili di muscoli.»

«Non lo conosco.»

«Davvero? Era in uno dei film di Twilight e in Una notte al museo

«Me li sono persi.»

«Lavori troppo, devi trovare il tempo per rilassarti.»

«Tu mi hai tenuta bella occupata. Ti spiace se torno a sedermi?»

Kotar le fece un cenno con la mano libera.

Tracy si sedette. Era a corto di argomenti e intuiva di non avere molto tempo, ora che il cartone si avvicinava alla fine. I lampeggianti blu e rossi continuavano a pulsare.

«Il mio preferito sarebbe Woody Harrelson, ma è troppo vecchio.»

«Lui andrebbe bene» concordò Tracy. «Allora, che mi dici? Sei pronto a uscire di qui insieme a me? E vivere abbastanza da vedere il tuo ritratto sul grande schermo?»