CAPITOLO 26
Una pioggerella leggera spruzzava il parabrezza del furgone quando Tracy uscì dal garage, poco dopo le sette. Aveva deciso di tornare a casa a un’ora decente, perché non vedeva l’ora di controllare il fascicolo di Beth Stinson in privato. Mentre attraversava il West Seattle Bridge, la pioggerella divenne una pioggia intensa; il vento agitava l’oceano nella baia di Elliott. Le folate scuotevano il furgone. Quando scese la rampa verso Admiral Way, la pioggia era un diluvio che i tergicristalli si sforzavano di tenere a bada.
Salutò con un cenno l’agente nell’auto parcheggiata davanti a casa ed entrò in garage. Quando la porta si chiuse, tirò fuori lo scatolone con i documenti sul caso Stinson. Sorreggendolo con un ginocchio, liberò una mano per aprire la porta ed entrò. Percepì subito la presenza di qualcuno. Sentì i passi che si avvicinavano, posò a terra lo scatolone, tirò fuori la Glock e prese la mira.
«Sorpr…!» Dan si strozzò con la fine della parola e lasciò cadere i bicchieri di vino che teneva in mano. Andarono in frantumi, e il vino rosso schizzò sul pavimento.
Tracy abbassò la pistola. Aveva il cuore che batteva all’impazzata e sentiva le ginocchia molli.
Dan era sbiancato e sembrava non riuscisse a respirare. «Sorpresa» disse, ma gli uscì un verso strozzato e incomprensibile.
Tracy si appoggiò alla parete. «Che ci fai qui?»
«Il mio arbitrato si è concluso, così sono venuto prima per prepararti la cena. Pensavo di farti una sorpresa. Direi che ci sono riuscito.»
Tracy si sentiva come se avesse appena ricevuto un calcio nello stomaco. «Perché non hai telefonato?»
«Non è l’ideale se vuoi fare una sorpresa.»
«Dov’è la tua macchina?»
«Ho parcheggiato dall’altra parte della strada. Non volevo bloccare il vialetto, oltre al fatto che anche la mia macchina nel vialetto non sarebbe stata l’ideale per farti una sorpresa.»
Tracy chiuse gli occhi, le girava ancora la testa per la scarica di adrenalina.
Dan le toccò una spalla. «Ehi, stai bene? Sono io che dovrei…»
Tracy si lasciò cadere contro di lui e nascose il viso sul suo petto, ricacciando indietro le lacrime di rabbia, frustrazione e stanchezza.
Dan la strinse fra le braccia. «Ehi, ehi, non preoccuparti. Sto bene.»
Lei si tirò indietro, prese un respiro profondo e ritrovò il controllo. «Mi spiace, Dan.»
«Non dispiacerti. Avrei dovuto pensarci, con tutto quello che stai passando. Avrei dovuto telefonare.»
«No. No, è stato un gesto carino. Sono solo un po’ tesa e stanca e…» Si asciugò le guance. «Va tutto bene, davvero. Sono contenta di vederti.» Si costrinse a sorridere e si guardò intorno nella stanza. «Dove sono i ragazzi?»
«Sono venuto direttamente dall’arbitrato. Il mio vicino ha detto che li terrà d’occhio e controllerà che non distruggano i mobili. Sicura di stare bene?»
«Sono stati giorni difficili. Tutto qui.» Tracy entrò in cucina, prese un pezzo di carta dal rotolo e si soffiò il naso. Erano vent’anni che non lasciava trapelare le sue emozioni. Era più facile che ammettere di non avere più una famiglia, più facile che ammettere di non avere ancora superato la morte di Sarah, nonostante tutti gli sforzi per ottenere giustizia.
«Hai fame?» chiese Dan.
«A dire il vero» rispose Tracy mentre si avvicinava e lo stringeva fra le braccia, «quello che vorrei adesso è essere consolata.»
Tracy non riusciva a dormire, così si alzò dal letto senza svegliare Dan. Prese lo scatolone con i fascicoli su Beth Stinson dal corridoio dove l’aveva lasciato e lo appoggiò sul tavolo della sala da pranzo. Non lo aprì subito. Passò il dito sullo strato di polvere che lo ricopriva e ripensò al momento in cui aveva tirato fuori dall’armadio della sua stanza gli scatoloni con la documentazione che aveva raccolto sull’omicidio di Sarah.
Molti anni prima si era arresa al fatto che le indagini erano a un punto morto e aveva messo via tutto, decisa ad andare avanti con la sua vita. Ricordava bene quanto fosse disperata, quanto fosse profondo il senso di perdita. Non avrebbe mai pensato di riaprire quegli scatoloni, un giorno. Poi due cacciatori si erano imbattuti in alcuni resti umani sulle colline sopra Cedar Grove e le speranze di Tracy si erano riaccese. Quando il medico legale aveva identificato i resti come quelli di Sarah, aveva tirato fuori gli scatoloni e aveva ripreso a indagare.
Sapeva che se avesse sollevato il coperchio dello scatolone di Beth Stinson non sarebbe più potuta tornare indietro e dubitava che la famiglia Stinson, convinta che l’assassino della figlia fosse stato consegnato alla giustizia, volesse rivivere da capo quei giorni orribili.
Ma tolse comunque il coperchio, tirò fuori uno dei fascicoli e iniziò a leggere.
Stava leggendo da un’ora, quando sentì Dan arrivarle alle spalle. Si piegò su di lei e le posò il mento nell’incavo del collo. «Non ti ho sentita alzarti.» Sembrava stanco e aveva la voce roca.
«Non volevo svegliarti.»
Dan sbadigliò, si sedette sulla sedia accanto alla sua e guardò i fascicoli sparsi sul tavolo. «Che cosa sono?»
«Un vecchio caso. È saltato fuori mentre cercavo casi simili a quello di Nicole Hansen.»
«In che senso simile?»
«Non è il caso di parlarne adesso. Dovresti tornare a letto. Puoi continuare a dormire.»
«Sono sveglio ormai.»
«Allora aspetta che preparo un tè.»
Tornata al tavolo, Tracy strinse la tazza di tè fra le mani e spiegò a Dan che cosa aveva scoperto su Beth Stinson e Wayne Gerhardt. «Nel pomeriggio Gerhardt era andato a casa di Beth Stinson, nella zona nord di Seattle, per una riparazione. A parte questo non avevano altri legami, almeno dal fascicolo non ne risultano.»
«E la teoria è che sia tornato quella notte e l’abbia uccisa» disse Dan.
«Avevano una testimone, JoAnne Anderson, la vicina della casa di fronte, che disse di aver visto un uomo che corrispondeva alla descrizione di Gerhardt uscire dalla casa della vittima alle prime ore del mattino.»
«Ma…»
«Era ancora buio e nella sua dichiarazione la donna disse di non ricordare con esattezza se si fosse messa gli occhiali.»
«Credi che se lo sia inventato?»
Tracy notò il dubbio nella voce di Dan. «No. Ma disse agli agenti che si era alzata per bere un bicchier d’acqua e che era in piedi vicino alla finestra quando aveva visto un uomo dall’altra parte della strada. Aveva sessantadue anni, era miope e forse non portava gli occhiali.»
«Allora come fece a identificarlo?»
«Secondo il fascicolo, lo indicò in un montaggio della polizia e poi di nuovo durante un confronto.» Tracy passò a Dan una dichiarazione battuta a macchina. «Sugli estratti della carta di credito di Beth Stinson risulta l’uscita della ditta Roto-Rooter e le impronte trovate nel bagno della vittima e sul bancone della cucina corrispondevano a quelle di Gerhardt.»
«Non aveva un alibi?»
«Viveva da solo. Disse che stava dormendo.»
«Allora qual è il legame con il tizio che uccide le ballerine?»
Tracy passò a Dan un paio di fotografie della scena del crimine. Lui le guardò per un attimo e poi le mise da parte.
«Non mi stupisce che tu non riesca a dormire.»
Tracy si sistemò sulla sedia. «Non è solo il fatto che la vittima sia legata. Guarda la stanza.»
Dan tornò a osservare le foto. «È in ordine. Nessun segno di colluttazione.»
«Guarda il letto.»
«È rifatto.»
«I letti nelle stanze dei motel erano rifatti, con i vestiti delle vittime piegati per bene e sistemati in un angolo. Stinson fu uccisa al mattino presto. Perché avrebbe dovuto rifare il letto?»
«E il DNA?»
«È qui che la cosa si fa interessante; avevano trovato tracce di DNA sui vestiti di Stinson e sotto le unghie, ma non l’hanno mai esaminato.»
«Perché no?»
«Non lo so. Forse il procuratore ha pensato che non ce ne fosse bisogno. Avevano un testimone oculare. Le impronte. Gerhardt era stato in quella casa nel pomeriggio. Non aveva un alibi. Ora siamo molto più esperti in fatto di DNA di quanto non lo fossimo un tempo.»
«E l’avvocato della difesa? Perché non ha chiesto il test?»
«Ancora una volta, non lo so. Era un difensore d’ufficio. Deve aver convinto Gerhardt a dichiararsi colpevole dopo che JoAnne Anderson aveva testimoniato. E il processo si concluse lì.»
«Quindi il procuratore decide che ci sono abbastanza prove per una condanna» disse Dan, «e che il test rischierebbe solo di sollevare un ragionevole dubbio nel caso il DNA non si rivelasse di Gerhard.»
«È quello che ho pensato anch’io.»
«E l’avvocato della difesa è pigro, stupido o entrambe le cose e convince Gerhardt ad accettare l’accordo.»
«Forse non era poi così stupido. Gerhardt rischiava la pena di morte o l’ergastolo. Si prese venticinque anni. Ne avrà poco più di cinquanta quando uscirà.»
«Ma se era innocente, perché non fare almeno il test del DNA?»
Tracy scosse la testa. «Perché c’era il rischio che non lo scagionasse.»
«Com’era possibile che non lo scagionasse?»
Tracy passò a Dan il modulo che aveva trovato nel database. «Il detective che lo compilò barrò la casella che indicava che Beth Stinson era stata stuprata, e probabilmente è per questo che il caso non è saltato fuori la prima volta che ho eseguito la ricerca. Nessuna delle tre vittime del Cowboy è stata stuprata ed è insolito in casi come questi.» Allungò a Dan il rapporto del medico legale sul caso di Beth Stinson. Lui strizzò gli occhi per leggere senza occhiali. «Per farla breve» disse Tracy, «hanno eseguito un tampone nelle cavità corporee in cerca di sperma e non ne hanno trovato.»
«Preservativo?»
«I tamponi non rivelarono neanche la presenza di lubrificanti o spermicida.»
Dan si appoggiò allo schienale. Tracy sapeva quello che stava pensando ancora prima che lo dicesse.
«Lo sai cosa succederà se segui questa pista? La stampa ti crocifiggerà. Diranno che stai cercando di rimettere in libertà un altro assassino.»
«Lo so. E Nolasco non me lo permetterà mai» disse lei.
«Che c’entra Nolasco?»
«Erano lui e il suo partner i detective del caso.»
Dan posò il rapporto. «Il che spiega perché tu tenga questi fascicoli a casa e non in ufficio.»
«Una volta Faz mi disse che Nolasco e Hattie si vantavano di avere il record di casi risolti» disse Tracy, «ma nel dipartimento girava voce che non fossero sempre troppo ligi alle regole.»
«Una ragione in più per non volere che tu ficchi il naso qua dentro.»
«Ma se avessi ragione, Dan? Se Gerhardt fosse innocente e il tizio che ha assassinato Beth Stinson fosse ancora là fuori a uccidere?»
Dopo un attimo di silenzio, Dan chiese: «Cosa hai bisogno di sapere? Cosa dovresti fare?».
«Parlare con la testimone e chiarire che cosa vide e cosa non vide. Chiederle perché era tanto sicura che fosse Gerhardt. Parlare con gli altri testimoni nominati nel fascicolo. Non risulta che Nolasco e Hattie siano mai andati da loro.»
«Perché avevano già il loro uomo?»
«Secondo me sì. Infine, farei eseguire il test del DNA. Anche se non saprei come, con Nolasco che mi sta con il fiato sul collo in attesa che io combini qualche cazzata.»
«E se lo facessi io?»
Tracy sorrise. «Non posso chiederti di fare una cosa del genere, Dan. Tu devi pensare alla tua carriera. Questo è il mio lavoro.»
«Il mio cliente ha appena ottenuto un accordo a sette cifre e io mi sono intascato il trentatré per cento. Posso trovare il tempo. Lascia che inizi a curiosare un po’. Parlerò con la testimone oculare e farò qualche indagine. Se scopro qualcosa te lo riferisco.»
«In una situazione normale ti direi di no» rispose Tracy, ed era quello che stava pensando una parte di lei. Digli di no. Non trascinarlo nella tua vita professionale. Era il modo migliore per far fallire una relazione. Ma il cielo oltre le porte a vetri aveva iniziato a schiarire annunciando l’inizio di un nuovo giorno e l’unica cosa a cui Tracy riusciva a pensare era il telefono che squillava per avvisarla che avevano trovato un altro cadavere.