CAPITOLO 11
Margarita Gipson andò ad aprire con l’aria stanca e spaventata. Nell’appartamento, modesto ma pulito, una donna che le assomigliava molto, probabilmente la sorella di Tacoma, teneva in braccio la bambina, il cui viso era appoggiato al petto della zia, il pollice in bocca.
«È mia figlia» aveva detto Walter Gipson, e in qualche modo quella frase l’aveva reso più umano. Gary Ridgway, però, il killer di Green River, aveva ucciso almeno quarantanove donne a Seattle e aveva detto agli investigatori che lo avevano arrestato di aver attirato le vittime nella propria auto mentre il figlio dormiva nel seggiolino sul sedile posteriore.
Crosswhite mostrò il mandato per perquisire la casa e il capanno degli attrezzi di Walter Gipson, e la squadra della scientifica che li accompagnava si mise al lavoro. Per cominciare presero la pistola di Gipson dalla cassaforte nell’armadio della stanza da letto. Il codice di quattro cifre per aprirla era il compleanno di Margarita. «Così non me ne dimentico» spiegò la moglie.
Mentre la squadra della scientifica proseguiva, Margarita si sedette su una poltrona in soggiorno, giocherellando con le perle di un rosario e asciugandosi le lacrime con un fazzoletto di carta, gli occhi gonfi e iniettati di sangue. Tracy si sedette su un divano di tessuto di fronte a lei. Kins e la sorella rimasero in piedi.
Tracy spiegò che Walter era detenuto nella prigione della contea di King e che non sarebbe tornato a casa quella sera.
«Ma mi ha detto che non è un problema» disse Margarita. «Ha detto che non lo prendevano, che la polizia a questo non dedica…» Guardò la sorella, che però alzò le spalle e scosse la testa.
«Le sue risorse?» chiese Tracy.
«Attenzione… Ha detto che la polizia a questo non dedica attenzione.» Le ultime parole le tremarono nel petto e coprì un singhiozzo con la mano.
Tracy e Kins si scambiarono un’occhiata. Tracy iniziava a chiedersi se avessero bisogno di un traduttore. «Cosa intendeva suo marito quando diceva che la polizia non dedica attenzione? A che cosa si riferiva?»
«Alle tasse.»
«Le tasse?»
«Ha detto che alla polizia non importa.»
«Suo marito non pagava le tasse?» A Tracy sembrava impossibile che le tasse di Gipson non venissero trattenute automaticamente dalla busta paga, poi pensò al suo lavoro part-time alla scuola serale. «Intende i soldi che guadagnava insegnando?»
«No, con le mosche per la pesca» disse Margarita.
Kins annuì rivolto a Tracy. «Suo marito vende le mosche per la pesca che prepara.»
Margarita lo guardò. «Ci servono i soldi, con la bambina.»
«E non paga le tasse su quello che vende» disse Tracy, che iniziava a capire.
«Dice che alla polizia non importa.»
«Dove prepara le mosche suo marito?» chiese Tracy.
Girarono intorno a una Toyota Prius parcheggiata nel posto auto sotto la tettoia. Margarita mosse i quadranti del lucchetto. «Fa le mosche di notte» disse. Tirò il lucchetto, ma non si aprì.
La donna controllò le quattro cifre e tirò di nuovo, senza successo.
«Mi lasci provare» disse Tracy. «Com’è la combinazione?»
«Il mio compleanno» rispose la donna. «Così non dimentico. 0-4-1-7.»
Era la stessa combinazione che apriva la cassaforte dov’era custodita la pistola. Tracy ci provò, senza risultati.
«Ho un tronchese nel furgone» disse uno dei detective della scientifica.
«Vai a prenderlo.»
Qualche minuto dopo fecero saltare il lucchetto. Tracy lo tolse, aprì il chiavistello e sollevò la porta.
«C’è una luce» disse Margarita. «Con un filo.»
Tracy tastò nel buio, sentì la corda sfiorarle il dorso della mano e tirò. Una lampadina nuda gettò una luce cruda su un grezzo tavolo da lavoro, ricavato in poco spazio. Sulla parete in fondo, sopra un tabellone di sughero, c’erano le mosche per la pesca dai nodi intricati, ma non furono le mosche a catturare la sua attenzione. Quando Margarita Gipson sporse dentro la testa, coprì un singhiozzo con la mano e ricominciò a piangere.
Walter Gipson fu riportato nella stanza degli interrogatori e questa volta indossava la divisa rossa della prigione della contea di King, i calzini bianchi e i sandali. Non lo fecero aspettare. Tracy e Kins entrarono nella stanza insieme. Tracy non gli tolse le manette.
«Siamo stati nel capanno degli attrezzi, Walter» gli disse.
Il pomo d’Adamo di Gipson sussultò.
Kins fece scivolare sul tavolo una fotografia racchiusa in una busta di plastica trasparente.
La data del compleanno di Margarita non aveva funzionato perché il marito aveva cambiato la combinazione o addirittura il lucchetto. Fra le centinaia di mosche legate da Walter Gipson, fissate al sughero c’erano anche cinque o sei fotografie di Angela Schreiber, nuda. In alcune immagini Tracy aveva riconosciuto la moquette grigia, lisa e macchiata dell’Aurora Motor Inn. Walter Gipson era più infatuato di Angela Schreiber di quanto avesse voluto farle credere. E le persone che mentivano di solito avevano qualcosa da nascondere.
Gipson chinò la testa e iniziò a piangere. «Ora vorrei parlare con quell’avvocato.»