CAPITOLO 51

Kins si scostò dalla scrivania, stufo e bisognoso di un po’ di esercizio fisico, che ultimamente si era limitato al tragitto fino al bagno o alla caffettiera. Nolasco gli aveva affibbiato i lavori più noiosi (l’inserimento delle segnalazioni al computer, la preparazione dei grafici, il controllo delle dichiarazioni dei testimoni) pur di tenerlo incollato alla sua postazione e, sospettava, assicurarsi che non potesse riferire a Tracy niente di significativo.

Kins trovò Faz nella sala ristoro, che versava il poco caffè rimasto nella caffettiera macchiata nella tazza con la scritta LO RICONOSCI DALLAROMA e, dietro, una foto della sua faccia.

«Tieni.» Faz gli passò la tazza. «Hai l’aria di averne più bisogno di me, il che è tutto dire.»

Kins la rifiutò con un cenno. «E rinunciare ai minuti preziosi che posso sprecare preparando un’altra caffettiera? Scordatelo, Fazzio. Questo sarà l’apice della mia giornata.»

«Che cazzo sta combinando Nolasco?» chiese Faz. «Non prenderemo mica questo tizio standocene seduti con un dito nel culo.»

«Non lo so» rispose Kins. «Ma Amanda Santos ha chiamato di nuovo per parlare con lui. Ha detto che le aveva chiesto i suoi commenti sul profilo che aveva messo insieme e una valutazione su ciascun sospetto.»

«Non sapeva perché?»

«Nolasco non gliel’ha detto, le ha solo chiesto di sbrigarsi.»

«Dov’è adesso?»

«Non lo so.»

«Ecco un lato positivo del fatto che è uscito dall’ufficio. Non è qui.»

Mentre tornava alla scrivania, per prolungare un po’ la pausa Kins prese il telecomando e accese la televisione. Era rimasta sintonizzata su Channel 8 dalla sera prima, quando si erano riuniti per guardare il notiziario. Stava sorseggiando il caffè appena fatto, quando vide una notizia dell’ultima ora scorrere lungo il bordo inferiore dello schermo.

Nuovi sviluppi nelle indagini sul Cowboy.

Kins sentì stringersi lo stomaco. Davanti a lui scorreva una ripresa aerea da un elicottero che sorvolava una casa bianca a un piano e un prato verde e rigoglioso, con cinque o sei alberi da frutto e un capanno di metallo.

«Ehi, Faz?» gridò.

«Che c’è?»

«Credo di sapere cosa sta combinando Nolasco.»

 

Il telefono svegliò Tracy da un sonno profondo. Era distesa a faccia in giù sul letto, dove era crollata ancora vestita dopo essere rientrata dall’incontro con Kins. Lo schermo del cellulare brillava a pochi centimetri dal suo viso, ma quando fece per prenderlo, sentì il braccio destro pesante. Ci aveva dormito sopra, bloccando la circolazione, e aveva il braccio e la mano addormentati. Si rotolò sulla schiena e il formicolio si sparse con una sensazione di bruciore alla pelle. Lei e Sarah lo chiamavano il “braccio morto” e poteva provocarlo anche un colpo delle nocche ben assestato subito sopra il bicipite. Cercò di alzarsi, ma la testa le pesava quasi quanto il braccio.

Riconobbe il numero di telefono e rispose ancora distesa a letto. «Ciao» disse con voce roca. Si schiarì la gola e ci riprovò. «Ciao.»

«Ti ho svegliata?» chiese Dan, e Tracy notò il tono sorpreso.

«Che ore sono?»

«Quasi le quattro e mezzo.»

Incredula, voltò la testa per vedere la sveglia sul comodino. «Merda.» Aveva intenzione di dormire soltanto un’ora.

Dan scoppiò a ridere. «Quanto è durato il tuo pisolino?»

«Circa sette ore.»

«Evidentemente ne avevi bisogno.»

Tracy sbadigliò e si guardò i piedi. «Non mi sono neanche tolta gli stivali.»

«Tutto bene lì?»

«Sì, tutto bene. Tu sei ancora al magazzino?»

«Sto per finire.»

«Hai avuto fortuna?» chiese lei.

«Per ora no. Sono a metà, ma almeno adesso ho trovato un metodo, così mi illudo di fare progressi. Ho pensato che visto che sono già quassù tanto vale che torni a Cedar Grove e prenda i ragazzi, così controllo se la casa è ancora in piedi.»

«Non vedo l’ora di rivederli.»

«Niente di strano? Sicura?»

«Sto bene, Dan, davvero. L’hai detto anche tu, vivo in una fortezza.»

«Dovrei essere lì intorno alle otto.»

«Preparerò la cena.»

«Preparerai la cena?»

«Ehi, guarda che so cucinare.»

«Sono senza parole.»

Tracy chiuse la comunicazione, lasciò cadere il telefono sul letto e si prese un altro paio di minuti per svegliarsi. Mentre se ne stava lì distesa, si rese conto di avere fame. E si sentiva sporca. Cibo o doccia?

Cibo, senza dubbio.

Si alzò lentamente e si diresse in cucina, dove dal frigo prese un contenitore di cibo cinese avanzato e lo spizzicò con le bacchette mentre si dirigeva alla portafinestra. Fece qualche stiramento per il collo e le spalle, lasciando che la mente e il corpo si svegliassero del tutto, poi guardò giù in giardino, dove la sera prima aveva visto quell’uomo.

Una palla nera trotterellava attraverso il prato verso i cespugli.

Roger.

 

Kins guardava il televisore senza riuscire a credere a quel che vedeva.

«Chi sono quelli?» chiese Faz.

«Quelli sono l’FBI. Ecco che cosa stava facendo Nolasco. Si è tirato dietro i Famosi Benché Idioti per farci fare una figura di merda.»

Non dovettero aspettare a lungo per scoprire chi altro si era portato dietro Nolasco. Maria Vanpelt teneva in mano un microfono e si premeva un dito contro l’auricolare. Sembrava essere l’unica giornalista sulla scena.

«Le ha fatto una soffiata» disse Faz.

«Per forza» concordò Kins.

«Sono in diretta sulla scena di quella che a quanto ci dicono è una svolta importante nelle indagini sul Cowboy.» La cronista indicò la strada, verso l’edificio a un piano. «Qualche istante fa, gli agenti dell’FBI hanno fatto irruzione nella casa di David Bankston, che hanno definito “una persona coinvolta negli omicidi”.»

«Bankston?» esclamò Kins

Vanpelt proseguì. «Bankston, che lavora in un magazzino a Kent, è diventato un sospetto quando il suo DNA è stato trovato su un cappio rinvenuto su una delle scene del crimine.»

«Non era su una scena del crimine» disse Kins.

Faz iniziò a imprecare. «Ci ha tagliati fuori. Nolasco ci ha tagliati fuori.»

«La ricerca è guidata dal capitano del dipartimento di polizia di Seattle, Johnny Nolasco, che di recente ha assunto il comando della task force del Cowboy.»

La porta della casa si aprì e Maria Vanpelt continuò il suo racconto.

«Gli agenti dell’FBI in questo momento stanno scortando una donna e una bambina fuori di casa.» La telecamera passò al grosso capanno. «Altri agenti stanno usando quello che sembrerebbe un tronchese per togliere il lucchetto al capanno dietro la casa.»

La telecamera zoomò. Uomini e donne con i giubbotti blu e la scritta FBI in lettere dorate sulla schiena usavano un piede di porco per far saltare la chiusura del capanno. Poi tornarono a raggrupparsi ed entrarono con l’equipaggiamento tattico, le pistole spianate.

«Che deficienti» disse Kins. «Se fosse stato nel capanno, come avrebbe fatto a chiudere il lucchetto?»

«Ora smettiamo per un attimo di seguire l’azione» disse Maria Vanpelt, «per parlare con il capitano Johnny Nolasco.»

Nolasco, che stava attraversando il prato accanto alla casa, indossava un paio di jeans e un giubbotto blu, il suo però con la sigla del dipartimento della polizia di Seattle, SPD, in bianco.

«Capitano Nolasco?» gridò la reporter. Lui si fermò. «Può spiegarci cosa sta succedendo?»

Nolasco sollevò una mano, come se non volesse essere disturbato, e continuò a camminare. La telecamera lo seguì fino al capanno, dove lo si vide parlare con alcuni agenti prima di infilarsi dentro.

«Vado a chiamare Tracy» disse Kins. Corse alla scrivania e prese il cellulare, poi fece partire la chiamata mentre tornava verso l’open space. Sentì scattare la segreteria e lasciò un breve messaggio. «Tracy, richiamami. Accendi la televisione e metti su Channel 8. Non ci crederai.»

In televisione, Nolasco usciva dal capanno con qualcosa in mano.

«Sembra che il capitano Nolasco abbia trovato qualcosa di interessante nel capanno» disse Maria Vanpelt, mentre la telecamera zoomava. «È un rotolo di corda.»

Kins si sentì gelare il sangue.

«Capitano Nolasco?» gridò di nuovo Maria Vanpelt.

Questa volta Nolasco non la scacciò. Si avvicinò, con il rotolo di corda gialla in mano. Aveva la sua espressione da poliziotto, rigida e determinata.

«Può dirci se si tratta della stessa corda usata per gli omicidi del Cowboy?» chiese la reporter.

«Non rilascio commenti sulle prove.»

«Allora perché ce l’hai in mano?» chiese Kins ad alta voce.

«Il Cowboy è David Bankston?» insistette Maria Vanpelt.

«Non posso rilasciare commenti in questo momento.»

«Può dirci come siete arrivati a perquisire questa proprietà?»

«Dopo i cambiamenti apportati alla task force, ho rivisto le prove e mi sono basato sulla valutazione di quelle stesse prove per prendere una decisione che mi sembrava giustificata.»

«Avete arrestato David Bankston?»

Nolasco fece una pausa, solo una leggera esitazione, e Kins capì subito il motivo. «Non l’hanno arrestato» disse. «Non sanno dov’è.»

«Non ci posso credere, cazzo» esclamò Faz. «Non l’hanno cercato prima di andare a casa sua?»

«Lo arresteremo presto» rispose Nolasco.

Kins guardò il telefono.

«Che c’è, Sparrow?» domandò Faz.

«Tracy non mi ha risposto. Perché non dovrebbe rispondere al telefono?»

«Forse l’ha spento» disse Faz.

«Non lo spegne mai.» Kins provò di nuovo a chiamarla. Partì di nuovo la segreteria telefonica. Provò a casa, ma anche lì gli rispose la segreteria. «Fanculo» sbottò e corse alla scrivania per prendere il portafoglio e le chiavi.

«Vengo con te» disse Faz.