CAPITOLO 44
James Tomey aveva fornito volontariamente un tampone con il DNA e un campione di capelli, ma si era rifiutato di sottoporsi al poligrafo, prima di lasciare il Centro di Giustizia insieme a Bustamante.
Il mattino dopo, Tracy e Kins aspettavano una telefonata di Cerrabone, che doveva parlare con il suo capo della possibilità di inoltrare una richiesta alla corte superiore della contea di King per chiedere un’analisi del DNA post condanna per il caso di Beth Stinson. Se Dunleavy avesse dato il consenso e il giudice della corte avesse accettato la richiesta, Tracy sarebbe andata al magazzino dov’erano custodite le prove per ritirare il DNA prelevato durante le indagini, ammesso che fosse ancora lì. Il dipartimento della polizia di Seattle conservava le prove dei casi di omicidio per ottant’anni, sempre se i detective non avevano qualche motivo per eliminarle prima, per esempio se la persona condannata moriva in carcere. Tracy dubitava che Nolasco o Hattie, ormai in pensione da un bel po’, avessero più ripensato a Beth Stinson.
Guardò l’angolo in basso a destra dello schermo del computer. Nell’istante in cui l’orologio segnò le otto in punto, prese il telefono e chiamò la sezione Prove, fornì al sergente che le rispose il numero del caso e lo sentì digitare sulla tastiera. Il sergente sospirò e si schiarì la gola. Poi disse: «È ancora qui».
Tracy stava per chiedergli se c’erano anche le prove biologiche, quando il sergente la interruppe.
«È la seconda persona che chiama in due giorni. C’è qualche problema con questo caso, detective?»
Tracy si sentì come se le avessero sferrato un calcio allo stomaco. Si riprese e disse: «Mi spiace. Lo sa come vanno queste cose; quando stanno per uscire con la condizionale o per chiedere l’appello si agitano tutti. È stato il mio compagno, Kinsington Rowe, a chiamare? A volte non sappiamo se una mano sta lavando l’altra.»
Le dita tornarono a picchiettare sulla tastiera. «No, non era lui. Era il vostro capitano, Johnny Nolasco, della sezione Crimini violenti. Ha chiamato ieri sera sul tardi, subito prima che chiudessimo.»
Tracy controllò il tono di voce. «Mi spiace averla fatta lavorare due volte. Il capitano Nolasco è passato a ritirare le prove?»
«Non ancora. Ha solo chiesto se c’erano.»
«Sono dalle vostre parti. Faccio un salto lì e ci penso io.»
«Sono qui tutto il giorno.»
Tracy riappese e si infilò al volo la giacca di velluto a coste, richiamando l’attenzione di Kins.
«Dove vai? C’è il poligrafo di Taggart stamattina.»
Per sei anni avevano lavorato insieme all’insegna della “sincerità assoluta” e ora lei stava infrangendo quella regola. Kins non sarebbe stato felice di scoprire che gli aveva tenuto nascosto qualcosa, ma se Nolasco aveva chiamato per chiedere della prova, significava che lei era sulla strada giusta. Forse il capitano si era accorto delle somiglianze fra gli omicidi del Cowboy e quello di Beth Stinson, ma anche se fosse stato così, questo non giustificava il fatto che avesse chiamato la sezione Prove. L’unico motivo per cui poteva averlo fatto era perché era preoccupato, e l’unico motivo per cui Nolasco poteva essere preoccupato era perché aveva scoperto in qualche modo che Tracy o Dan avevano ficcato il naso nelle indagini. Doveva proteggere Kins e la sua famiglia, ora più che mai, da qualunque possibile ripercussione.
«Puoi pensarci tu?» chiese Tracy. «Era Cerrabone. Devo coordinare l’ispezione della scientifica a casa di Tomey e non abbiamo molto tempo. Perché non ci vediamo lì dopo che Taggart ha eseguito il test?»
Mezz’ora dopo, Tracy correva dal magazzino al furgone con lo scatolone in mano. Controllò South Stacy Street in entrambe le direzioni, aspettandosi di vedere la Corvette rossa di Nolasco che sfrecciava attraverso l’isolato, ma non vide nessuno. Entrò nel furgone, sistemò lo scatolone sul sedile e si allontanò rapidamente dal parcheggio.
Le squillò il cellulare. Mise il vivavoce.
«Il giudice ha firmato l’ordine» disse Cerrabone. «Puoi andare a ritirare la prova e portarla a Melton.»
«Vado subito» rispose lei.