CAPITOLO 32

L’uomo che andò incontro a Dan nella piccola area reception non assomigliava molto alla foto nella pagina web dello studio. James Tomey era invecchiato e aveva messo su peso dalla visita del fotografo. Non era grasso, ma aveva l’aria gonfia che Dan associava a chi alza il gomito. Lo si notava soprattutto nel largo viso paffuto, accentuato dalle labbra carnose e da una folta chioma di capelli biondi.

Tomey tese la mano. «È lei O’Leary?»

«Esatto.» Dan lo squadrò. L’avvocato doveva essere alto quasi uno e novantacinque.

Tomey gridò lungo un corridoio: «Tara, la sala riunioni è libera?».

«L’ha riservata Garth.»

«Per cosa?»

«La deposizione Unger all’una.»

Tomey sollevò una manica, mettendo in mostra un orologio da polso costoso. «La prendo prima io allora.»

«C’è la sua roba sparsa su tutto il tavolo.»

«La prendo io e basta.» Alzò gli occhi al cielo. «Ogni tanto mi domando chi è il capo qui dentro.»

Dan aveva svolto una rapida ricerca su Google. L’avvocato condivideva lo studio con altri quattro colleghi: tre ex avvocati d’ufficio e un procuratore. Erano specializzati in guida in stato d’ebbrezza, abusi della polizia, violazioni dei diritti civili, crimini a sfondo sessuale e reati minori. Offrivano pagamenti a rate e accettavano le carte di credito.

«Vuole un caffè?» chiese Tomey mentre se ne versava una tazza.

«No, grazie» rispose Dan.

Tomey aveva i tipici modi da spaccone degli avvocati in tribunale. Non aveva esitato quando Dan aveva telefonato e gli aveva chiesto un’ora del suo tempo per discutere del caso di Wayne Gerhardt, e adesso dal suo linguaggio corporeo, mentre accompagnava Dan nella sala riunioni, non trapelava alcuna preoccupazione. Per esperienza Dan sapeva che gli avvocati come Tomey di solito si facevano meno scrupoli degli altri. Agivano di istinto, il che significava che potevano essere approssimativi e imprevedibili.

Tomey tolse una pila di fogli dal tavolo di legno scuro lucidato da poco e si sedette, sorseggiando il caffè. «Wayne Gerhardt, ha detto?»

«Speravo che potesse parlarmi del suo caso.»

«È suo cliente?»

Dan non aveva detto a Tomey di essere un avvocato. «Sto solo svolgendo alcune ricerche per un amico.»

«Chi sarebbe?»

«Non sono autorizzato a rivelare l’identità del mio cliente.»

«È la sorella, giusto? Non ha mai voluto che patteggiasse. Per un pelo non lo convinceva.»

«Perché l’ha fatto?»

Tomey serrò le labbra. «Non aveva altra scelta. Il procuratore l’aveva in pugno.»

«Wayne Gerhardt confessò?»

«Non posso rivelarle quello che disse o non disse, sono informazioni riservate. Ma le dirò che sosteneva di essere innocente. Non che abbia molta importanza.»

«Perché no?»

«Perché quello che conta sono le prove, e le prove parlavano chiaro. Gerhardt era stato in quella casa, quel giorno; c’erano le sue impronte ovunque. Non aveva un alibi. E la vicina l’aveva beccato. Inoltre non mi piaceva la giuria. Certe cose si intuiscono. L’avrebbero impiccato.»

«Gerhardt patteggiò dopo la testimonianza della vicina.»

«Fu costretto a farlo. Gliel’ho detto, l’aveva beccato. Sicura al cento per cento.»

«Non sembrava sicura al cento per cento nella dichiarazione alla polizia.»

Tomey gli rivolse un sorriso condiscendente e posò la tazza di caffè. «Signor O’Leary, è da un po’ che faccio questo mestiere e lasci che le dica una cosa, quello che il testimone dice alla polizia non conta un accidenti. L’unica cosa che conta è quello che racconta ai dodici idioti seduti nei banchi degli idioti, e quella donna disse di aver visto Gerhardt davanti alla casa. Prova a sollevare troppi dubbi contro una simpatica vecchietta come quella e la giuria finirà per prenderti ancora di più in antipatia, te e il tuo cliente.»

Il tono condiscendente di Tomey gli confermò che credeva che lui fosse un investigatore privato, e Dan fu ben felice di lasciarglielo credere. «Capisco» disse. «E la prova del DNA? Perché non fare il test?»

Tomey gli mostrò i palmi delle mani. «Se fai il test del DNA e salta fuori che è del tuo cliente, puoi scordarti di patteggiare. A quel punto il procuratore non può più accettare. Deve puntare alla giugulare. Altrimenti che cosa dirà alla famiglia della vittima? Capisce il problema? Fai male i tuoi calcoli e hai appena firmato il certificato di morte del tuo cliente, perché lo impiccheranno.»

«E se il DNA non fosse risultato di Gerhardt?»

«Vede, è questo che la gente comune non capisce. Il DNA era sui vestiti della vittima. Non dentro di lei. Le lascia dentro il suo sperma e se non è il tuo cliente, allora hai in mano qualcosa. Ma il rapporto del medico legale diceva niente sesso. Quindi anche se il DNA non fosse stato il suo, questo non significava che non fosse stato lui. Significava solo che la vittima aveva addosso il DNA di qualcun altro: un fidanzato, o un’altra persona che era stata a casa sua. Non dimostra niente. Non lo scagiona. Quindi stai giocando d’azzardo. Ti giochi la pena di morte o l’ergastolo senza condizionale contro venticinque anni. Gerhardt era giovane. Con la buona condotta, scontato il periodo già trascorso in carcere, poteva uscire dopo quindici.»

«Niente sesso in settantadue ore?» chiese Dan. «Allora qual era il movente?»

Tomey alzò le spalle. «E chi lo sa.»

«Qual era la teoria del procuratore?»

«Che non aveva potuto stuprarla perché era morta.»

«Aveva un fidanzato?»

«Chi?»

«Beth Stinson. Ha detto che il DNA poteva appartenere a un fidanzato. Ne aveva uno?»

«Non ricordo se ce l’aveva oppure no; quello che intendo dire è che se prendi quella strada ti giochi tutte le fiches che hai vinto.»

Dan non capiva del tutto la metafora ibrida, ma afferrò il concetto. «E gli altri testimoni?»

«Quali altri testimoni?»

«Quelli elencati nel fascicolo della polizia; ha parlato con loro?»

«Forse. Non ricordo niente di sconvolgente.» Tomey controllò di nuovo l’orologio costoso. «Bene, abbiamo finito?»

Dan annuì. «Sì, abbiamo finito.» In realtà non aveva terminato, ma sapeva che Tomey non gli avrebbe dedicato un minuto di più. Nel mondo dell’avvocato il tempo era denaro e non ne avrebbe guadagnato restando lì a parlare con Dan di un cliente che risaliva a un decennio prima e che era in carcere. Inoltre, Dan aveva già capito quello che gli interessava.

La difesa di Gerhardt era stata penosa.

 

Quando tornò a casa di Tracy, Dan andò a correre, si fece la doccia e trascorse il resto del pomeriggio a esaminare gli altri documenti nel fascicolo di Beth Stinson. Tracy chiamò alle cinque per dirgli che sarebbe tornata a casa presto, poi chiamò di nuovo alle cinque e mezzo per dirgli che era stata trattenuta.

Dan riuscì a mettere insieme un’insalata da servire insieme ai petti di pollo congelati che aveva marinato nella salsa di soia, le uniche cose che aveva trovato nel frigorifero di Tracy. Mise il pollo in forno quando sentì la porta del garage che si apriva. L’orologio del forno segnava le 18.33. Quando sentì aprirsi la porta di casa, si mise dietro la parete e allungò il braccio agitando uno strofinaccio bianco. «Posso uscire?»

Tracy scoppiò a ridere e Dan fece capolino da dietro l’angolo. Nonostante il sorriso, lei aveva l’aria stanca e abbattuta come gli era sembrata al telefono. Posò la valigetta e buttò il cappotto sullo schienale di una sedia. Dan le diede un bacio.

«Vuoi un bicchiere di vino?»

«Meglio di no» rispose lei. «Rischio di crollare addormentata.»

«La cena sarà pronta fra venti minuti. Ho pensato che volessi il tempo per farti una doccia.»

«Grazie. Sono un po’ puzzolente. Come hai sfruttato il tuo giorno libero?»

«Giorno libero? Magari. Dopo. Va’ a fare la doccia.»

Tracy lo guardò. «Vuoi dirmi qualcosa. L’ho capito.»

«In realtà, sto cercando di decidere quanto dirti.»

«Beth Stinson?»

«Ho parlato con JoAnne Anderson questa mattina.»

«Davvero?»

«Poi con l’avvocato d’ufficio di Wayne Gerhardt.»

«E…?»

«E se iniziassero a farti domande, Nolasco o qualcun altro? Forse è meglio se non conosci i dettagli.»

Tracy si appoggiò al bancone. Apprezzava la preoccupazione di Dan, ma al momento le indagini non andavano da nessuna parte. E se trovare qualche prova che sbloccasse la situazione significava rischiare di finire nei guai per aver tirato fuori un vecchio fascicolo, sarebbe finita nei guai.

«Oggi ho parlato con un profiler dell’FBI» disse. «Dice che questo genere di serial killer si esercita a uccidere proprio come noi ci esercitiamo a giocare a golf, e non necessariamente riescono nel loro intento le prime volte. Questo potrebbe spiegare le differenze fra il modo in cui era legata Stinson e quello delle altre ballerine.»

Dan ci rifletté. «JoAnne Anderson è miope. Non riesce a vedere fino al marciapiede senza occhiali. Le ho chiesto se li portava quella notte. Dice che non può esserne certa. Pensa di averli messi perché pensa di avere visto Gerhardt. Non credo che li avesse e, anche se così fosse, non sono sicuro che sarebbe riuscita a vederlo. Sono andato a casa sua ieri notte per avere la stessa visuale che doveva aver avuto lei. Era buio pesto, niente lampioni, solo qualche luce esterna. E non ci sono luci fuori dalla casa di Beth Stinson.»

«Nove anni fa forse c’erano.»

Dan scosse la testa. «Nel fascicolo ci sono alcune foto dell’esterno della casa. Inoltre, la gente di solito aggiunge le luci esterne, non le toglie.»

«Allora come ha fatto a identificare Gerhardt?» chiese Tracy.

«All’inizio non lo identificò. Disse a Nolasco e al suo partner che non sapeva con certezza che cosa avesse visto, che le sembrava di aver visto un uomo, ma non voleva essere responsabile della condanna di un innocente e averlo sulla coscienza.»

«Al processo però testimoniò di aver visto Gerhardt.»

«Dopo averlo individuato durante un confronto, il che avvenne dopo che Nolasco le aveva mostrato una foto di Gerhardt.»

«L’aveva riconosciuto in un montaggio?»

Dan scosse la testa. «Mi ha detto che le hanno mostrato solo la foto di Gerhardt.»

«Ma nel fascicolo ci sono le fotografie di altri quattro uomini» obiettò Tracy.

«Lo so. Ma lei ne era sicura.»

«Credo di aver bisogno di quel bicchiere di vino.»

Dan lo versò e glielo passò. Tracy bevve un sorso. Poi disse: «Quindi le hanno mostrato la foto di Gerhardt, lei ha riconosciuto lo stesso tizio durante il confronto e si è convinta di aver messo gli occhiali e avere visto Gerhardt».

«Ha anche detto che era fuori a lavorare in giardino, quel pomeriggio, quando Gerhardt era arrivato per riparare lo scarico otturato della ragazza, e di averlo visto uscire e dirigersi verso il retro del furgone.»

«Poteva ricordarlo dal pomeriggio, non dalla notte.»

«Al processo disse che Gerhardt indossava una tuta.» Dan scosse la testa. «È impossibile, anche con gli occhiali, che riuscisse a vedere un dettaglio simile. Era coperto e pioveva. Sono pronto a scommettere che l’aveva visto in tuta nel pomeriggio.»

«Tutto questo nel fascicolo non c’è.»

«No» disse Dan. «Ma anche se fosse stato nel rapporto della polizia, non sono sicuro che al processo sarebbe saltato fuori, non dopo aver conosciuto l’avvocato di Gerhardt. Mi ha detto di non aver calcato troppo la mano con la testimone per paura di far incavolare la giuria. Il suo cliente rischiava la prigione e lui non voleva far incavolare la giuria?»

Rimasero in silenzio per un attimo, poi Tracy chiese: «E adesso?».

«Il passo successivo più logico sarebbe che io vada a parlare con Gerhardt, ma prima dobbiamo pensarci bene, Tracy.»

«Non c’è niente a cui pensare, Dan. Non adesso.»

«Se qualcuno scopre che sono andato a parlare con Gerhardt, quanto credi che ci metteranno i giornali, e il tuo capo, a collegarmi a te? E se lui e il suo collega forzarono la situazione per accusare Gerhardt, l’ultima cosa che vorrà sarà che tu ficchi il naso nel caso. Ti dipingerà come un’attivista che cerca di rimettere in libertà un altro assassino già condannato invece di catturare un serial killer. Non so come ne usciresti, soprattutto se qualcuno inizia a chiedersi come ho fatto a mettere le mani su un fascicolo della polizia.»

Tracy guardò fuori dalle portefinestre. L’ultima luce del giorno si rifletteva in vampate dorate sui vetri degli edifici del centro. «Ti ricordi di Walter Gipson?»

«L’insegnante?»

«Ha ammesso di essere stato nel motel con Angela Schreiber la sera in cui è stata assassinata, ma sostiene di non essere stato lui a ucciderla. Se dice la verità, significa che qualcuno è entrato in quella stanza dopo di lui. Non c’è altra spiegazione, giusto?»

«Sarebbe logico.»

«La profiler con cui ho parlato oggi ha detto che l’assassino è molto intelligente, attento, cauto. E se avesse saputo che Angela Schreiber aveva un appuntamento con Gipson e avesse usato l’insegnante come copertura?»

«Come faceva a saperlo?»

«Angela Schreiber ha portato Gipson nel camerino almeno una volta e Faz ha scoperto qualcosa nel video della sorveglianza nel parcheggio del Pink Palace, la notte in cui la vittima e Gipson sono andati via insieme.»

«Che cosa?»

«Un’auto parcheggiata in una via laterale si immette in strada e sembra che segua Gipson e Schreiber mentre si allontanano.»

«Quindi pensi che se Gerhardt non ha ucciso Beth Stinson, allora forse l’assassino sapeva che quel pomeriggio era andato a casa sua per una riparazione e l’ha usato come copertura.»

«Sarebbe una deduzione logica, giusto?»

«E le altre due ballerine?»

«Non lo so. Devo ancora lavorarci. Ma se c’è qualcosa di vero, forse significa che sto sbagliando tutto. Se questo tizio conosceva le sue vittime, allora devo rivedere l’ipotesi dell’assassino che uccide delle perfette estranee.»

Dan riconobbe lo sguardo nei suoi occhi, lo stesso che Tracy aveva al poligono quando puntava il bersaglio. «Credevo che avessi detto di aver controllato ogni dipendente e che non fosse saltato fuori niente di sospetto.»

«È così, ma non significa molto. La profiler ha detto che queste persone non si fanno notare, conducono una vita apparentemente normale, possono non avere precedenti penali. Si limitano a uccidere. Quando vengono presi, li aspetta la pena di morte o l’ergastolo.»

«C’è un’altra cosa» disse Dan. Tracy lo seguì dalla cucina al tavolo della sala da pranzo. Lui tirò fuori i moduli di HITS su Beth Stinson e glieli passò. «Guarda la domanda 102. Si dice che ci sono le prove di uno stupro, ma non hanno barrato la casella che indica la presenza di sperma nelle cavità corporee della vittima.»

«L’ho notato anch’io.»

Tracy stava per aggiungere qualcosa, ma Dan la precedette. «Aspetta.» Prese una copia del rapporto del medico legale, con le sue evidenziazioni e i post-it. Scorse un paio di pagine pinzate e lesse dal rapporto: «Nessuna traccia di rossori, lividi o altri segni che rimandino a un trauma fisico e che possano confermare un contatto sessuale. I tamponi delle cavità corporee non hanno rivelato la presenza di liquido seminale. È stata eseguita una colposcopia, ma non ha indicato microtraumi genitali che indichino un rapporto sessuale e una penetrazione recente. Niente liquido seminale, niente spermatozoi o fosfatasi acida».

Tracy aveva trascorso un anno nell’unità Crimini sessuali. «Nei casi risultati negativi allo sperma ma positivi alla fosfatasi acida, di solito l’aggressore aveva fatto la vasectomia o usava un preservativo.»

«Probabilmente è quello che pensarono Nolasco e il suo socio quando marcarono la casella» disse Dan. «Solo che il medico legale aveva escluso il preservativo.» Dan tornò a leggere dal rapporto. «Nessuna traccia di particolato, lubrificanti o spermicidi.» Posò i fogli. «Chiunque abbia ucciso Beth Stinson non aveva fatto sesso con lei. Nolasco o il suo partner barrarono la casella 102 troppo presto perché…»

«Avevano bisogno di un movente.»

Dan annuì. «Proprio come avevano bisogno di un sospetto. E dal momento che l’avvocato della difesa convinse Gerhardt a patteggiare, sapevano che non sarebbe mai saltato fuori e non si sono presi la briga di riprendere in mano il modulo e correggerlo.»

«Quindi devi andare a parlare con Gerhardt e scoprire chi altro sapeva che era stato a casa della vittima quel pomeriggio, e seguire le piste degli altri testimoni.»

«La famiglia di Beth Stinson non vorrà rivivere tutto da capo.»

«Lo so e li capisco. Ma se abbiamo ragione, non stiamo parlando solo di un uomo innocente che si trova in prigione per un crimine che non ha commesso, stiamo parlando di qualcuno che sta uccidendo da quasi un decennio, forse anche di più, qualcuno che potrebbe aver ucciso molte più donne che tre o quattro. E se la profiler ha ragione, qualcosa l’ha spinto a ricominciare a farlo, e questa volta non si fermerà da solo.»