CAPITOLO 2
Tracy tornò davanti al vicolo che portava all’Associazione atletica della polizia di Seattle. Non dovette aspettare a lungo prima che la pattuglia arrivasse. Ordinò all’agente in uniforme di chiudere l’accesso alla strada con il nastro giallo e nero usato per delimitare la scena del crimine. E fu felice di averlo fatto, perché pochi minuti dopo arrivarono sul posto i furgoni dei notiziari televisivi e i giornalisti, seguiti dal suo sergente, Billy Williams.
«Credevo che avessi chiamato dal cellulare» disse Williams, lanciando un’occhiata alla stampa.
«Infatti» rispose Tracy.
Il cellulare in teoria sarebbe dovuto servire a evitare i media, ma il dipartimento di polizia di Seattle ormai era diventato un colabrodo. Ai pezzi grossi piaceva tenersi buoni i giornalisti passando loro le informazioni, e si sospettava che ci fosse una talpa fra i detective della sezione Crimini violenti. Senza contare che dopo i fatti di Cedar Grove Tracy faceva notizia.
Williams si sistemò la coppola di maglia nera, ormai il suo segno distintivo da quando si era arreso all’inevitabile e si era rasato la testa. Diceva che il berretto lo teneva al caldo in autunno e in inverno e d’estate gli riparava il cuoio capelluto dal sole. Tracy in realtà sospettava che gli piacesse quel look. Si era anche fatto crescere un paio di baffetti sottili e il pizzetto, e assomigliava all’attore Samuel L. Jackson.
Kinsington Rowe, il partner di Tracy, arrivò dieci minuti dopo. Uscì da una BMW vecchio modello e si infilò uno spolverino di pelle. «Scusa» disse Kins. «Eravamo a cena dai genitori di Shannah. Che cosa abbiamo?»
«Vieni che te lo mostro» rispose Tracy.
Kins salì sul furgone con lei. Billy li seguì con la jeep.
«Stai bene?» chiese Kins.
«Io?»
«Sembri spaventata.»
«Sto bene.» Per cambiare argomento, Tracy domandò: «I genitori di Shannah?».
Kins fece una smorfia. «Stiamo provando a cenare insieme la domenica sera, per vedere se aiuta. Mi sono ritrovato a discutere con suo padre del controllo delle armi.»
«Come è andata a finire?»
«Come puoi immaginare.»
Tracy girò il furgone e parcheggiò a una certa distanza dall’ingresso del poligono. Azionò il tergicristalli per ripulire il parabrezza appannato. I fari illuminarono il cappio.
«Che ne pensi?» chiese Kins.
«Non lo so. Qualcuno l’ha appeso lì appena si sono spente le luci.»
«Voleva che lo trovassi.»
«Sembrerebbe di sì.»
«È sicuro.»
Scesero dal furgone e si diressero verso il punto in cui si trovava Williams.
«Si direbbe che sia la stessa corda» disse Kins. «Il colore è lo stesso. Non riesco a vedere il nodo.»
Nicole Hansen non era stata solo strangolata. Era stata incaprettata, con un sistema complesso mirato a torturare la vittima. Se la ragazza avesse allungato le gambe, avrebbe tirato la corda e stretto il cappio. Alla fine non era più riuscita a mantenere quella posizione e si era strangolata. Tracy e Kins lo avevano considerato un omicidio, anche se all’inizio non avevano escluso l’eventualità che la Hansen fosse morta dopo un rapporto sessuale finito tragicamente. Sembrava impossibile che una donna accettasse una tortura simile, ma Tracy aveva visto di peggio quando era stata assegnata alla sezione Crimini sessuali. Quando il rapporto tossicologico sulla ragazza aveva rivelato la presenza di Rohypnol, altrimenti conosciuto come la droga degli stupratori, avevano scartato quella teoria.
«Allora, ipotesi numero uno, è lo stesso tizio che ha ucciso Nicole Hansen» disse Kins. «Ipotesi numero due, è qualcuno incazzato perché il caso Hansen non è stato risolto e vuole dimostrare qualcosa.»
«Potrebbe essere un imitatore» osservò Billy.
«Ipotesi numero tre» convenne Kins.
Durante le indagini sul caso Hansen, Maria Vanpelt, una giornalista della televisione locale, aveva fatto trapelare l’opinione di un esperto secondo il quale la corda usata per strangolare la ragazza era di polipropilene con avvolgimento a Z. Il dipartimento aveva protestato con veemenza con il direttore di rete, che si era profuso in mille scuse e aveva detto che non sarebbe successo mai più. Nessuno al dipartimento ci contava troppo.
«Comunque sia andata» disse Billy, «l’ha lasciato dove non potevi non vederlo. Significa che ti ha seguita. Ti assegnerò un agente di scorta che ti tenga d’occhio.»
«Non mi serve una babysitter, Billy.»
«Soltanto finché non avremo capito che intenzioni ha questo tizio.»
«Gli piazzerò una pallottola in corpo appena arriva nel raggio di tre metri» ribatté lei.
«Hai dimenticato un dettaglio» osservò Kins. «Non hai la più pallida idea di chi sia.»