48.
Indagine investigativa

Lunedì 2 luglio 2018.

Avevo trascorso la mattinata chiuso nella mia suite per riesaminare tutti gli elementi dell’indagine. O forse per evitare Scarlett dopo il nostro bacio mancato del giorno prima. Ero affascinato, incantato e attratto da lei. Ma ogni volta che chiudevo gli occhi, pensavo a Sloane. Stanco di girare in tondo come un leone in gabbia, mi concessi la prima pausa sigaretta della giornata. Mi versai una tazza di caffè e uscii sul balcone per fumare e prendere un po’ di sole. Mi ritrovai faccia a faccia con Scarlett, anche lei sul balcone, seduta in poltrona al sole. Stava leggendo Via col vento.

“To’, lo scrittore che esce dalla sua tana!” mi disse.

Si alzò e venne ad appoggiarsi alla ringhiera che separava i nostri balconi. Le offrii una sigaretta e accettò.

“Può anche passare da questa parte,” le dissi. “Ho una caffettiera appena fatta, gliene servo una tazza?”

“No, grazie,” rifiutò gentilmente. “Resto su questo lato, è più sicuro.”

Fece finta di aggrapparsi saldamente alla ringhiera e rise imbarazzata.

“Le chiedo scusa per ieri... Per aver tentato di... Insomma...” disse alla fine.

“Non deve scusarsi di niente, Scarlett. È tutta colpa mia,” la interruppi.

Lei sorrise con aria triste e si affrettò a cambiare argomento.

“Ho fatto qualche telefonata, stamattina. Bisnard ci ha menzionato un investigatore di nome Favraz, della Polizia Giudiziaria vallese, che lo aveva interrogato all’epoca dell’omicidio.”

“Sì, me ne ricordo.”

“L’ho rintracciato. È ancora nella Polizia Giudiziaria del Canton Vallese, oggi guida l’Unità Crimini Violenti. Sono anche riuscita a parlargli.”

“E allora?”

“Allora oggi pomeriggio alle quattro possiamo andare da lui a Sion. Sempre che la cosa le interessi, naturalmente.”

“Ovvio che mi interessa!”

Alle quattro Scarlett e io ci presentammo alla sede della Polizia Giudiziaria vallese a Sion.

“Lei è lo scrittore?” mi chiese Favraz, facendoci accomodare nel suo ufficio.

“È proprio lui,” rispose Scarlett al mio posto, come ormai era sua abitudine.

“Ha deciso di dedicare un libro agli avvenimenti del Palace di Verbier?”

“Un po’ mio malgrado,” spiegai, “ma sì. Cerchiamo di capire che cosa sia potuto succedere.”

“Se mi passate l’espressione,” disse Favraz, “fu un gran casino. Ricordo bene il momento in cui arrivai al Palace con i miei colleghi. La polizia municipale e alcune pattuglie della Gendarmeria erano già sul posto. L’albergo era stato isolato. I curiosi erano già affluiti in massa. Potete ben immaginare, una notizia del genere in un piccolo paese come Verbier... Metà della popolazione era accalcata davanti all’edificio, lungo gli sbarramenti della polizia. ‘Un omicidio qui?’ continuavano a ripetere increduli. Nella hall, i dipendenti erano in preda all’agitazione. Il direttore dell’albergo era disperato: i giornalisti si sarebbero buttati a pesce su quel caso e la stagione per lui era rovinata.”

“Cosa ha fatto una volta sul posto?” chiese Scarlett, che non perdeva una parola del racconto.

“Mi sono recato immediatamente al sesto piano. Mi sono assicurato che ogni accesso alla camera 622 fosse opportunamente interdetto nell’attesa che arrivasse la Scientifica, per evitare qualsiasi inquinamento della scena del crimine. Poi abbiamo fatto il giro delle stanze del piano con i miei colleghi, alla ricerca di eventuali testimoni.”

“È stato lei, quindi, a condurre l’indagine sull’omicidio?” chiesi.

“No. Il caso alla fine è stato assegnato alla Polizia Giudiziaria di Ginevra.”

“La polizia di Ginevra? Perché?”

“Perché era evidente che l’omicidio aveva un legame con la Banca Ebezner. Il delitto aveva avuto luogo a Verbier, ma le radici del crimine si trovavano a Ginevra. Così, quando la polizia di Ginevra ha chiesto di rilevare il caso, nessuno si è opposto.”

“Ma perché eravate così convinti che il bandolo della faccenda si trovasse a Ginevra?” mi informai.

Il poliziotto ebbe un attimo di esitazione e rispose in maniera sibillina: “A causa di ciò che fu rinvenuto nella camera 622.”

“E cosa fu rinvenuto?”

“Vi ho già detto troppo,” disse Favraz.

“O non abbastanza,” ribatté Scarlett.

“All’epoca solo una manciata di poliziotti ne era al corrente. Spetta alla polizia ginevrina rivelare quest’informazione. L’indagine è ancora loro, dal momento che non è chiusa. Non vorrei fare una gaffe.”

“Ha un contatto all’interno della polizia di Ginevra?” chiese Scarlett.

“Allora fu incaricato il tenente Philippe Sagamore. Aveva una quarantina d’anni, quindi è di certo ancora in servizio. Lo contatti da parte mia.”

“Per tornare a quella mattina del 16 dicembre, lei dunque è stato al Palace e ha interrogato i testimoni. C’è qualche elemento che può condividere con noi?” riprese Scarlett.

“In genere, sulla scena del crimine si respira un’atmosfera particolare: può sembrare strano ma, malgrado il brulicante viavai di poliziotti, è un luogo piuttosto tranquillo e silenzioso. È la calma dopo la tempesta, o meglio dopo la morte. Quella mattina, però, al sesto piano del Palace, ho scoperto un’eccezione alla regola. Regnava un’agitazione inenarrabile.”

L'enigma della camera 622
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