27.
Prime piste

Venerdì 29 giugno 2018, inizio mattinata, nella mia camera al Palace de Verbier.

Scarlett e io eravamo rientrati da Ginevra la sera prima. Devo confessare che la nostra piccola fuga mi era piaciuta molto. E, quel che più conta, ci aveva permesso di fare notevoli passi avanti nelle indagini. Così, fin dall’alba, avevo ripreso in mano i miei appunti e li stavo confrontando con i diversi articoli scovati da Scarlett, che li aveva attaccati alla parete della mia suite.

Che cosa sapevamo?

Che la vittima era una personalità stimata e non aveva nessun nemico in particolare.

Che in seguito a quegli avvenimenti l’attuale presidente della banca, nominato dopo l’omicidio, secondo l’usciere non era più stato lo stesso.

Che la vicina degli Ebezner ne sapeva parecchio. Era la presidentessa della Fondazione Svizzera per l’Assistenza agli Orfani, un’organizzazione di beneficenza molto nota a Ginevra. Per anni, il presidente onorario era stato Horace Hansen, che aveva preso di petto quell’impegno. Ogni anno la Fondazione organizzava una serata di gala in un grande albergo di Ginevra per raccogliere fondi. Horace Hansen vi invitava sempre alcune personalità in vista della banca, e così la donna aveva conosciuto Abel Ebezner, Sinior Tarnogol, Jean-Bénédict Hansen, Macaire Ebezner e Lev Levovitch.

“Abel Ebezner provava rancore verso suo figlio a causa di quella storia delle azioni. Ne parlava apertamente senza alcun problema. Macaire ne era amareggiato. Ma quando si è trasferito con sua moglie nella casa accanto alla mia, mi sono resa conto che non era affatto come lo descriveva suo padre,” ci aveva detto la vicina.

“E Lev Levovitch?” avevo chiesto io.

“Un uomo straordinario. Ovunque andasse, catturava tutti gli sguardi. Era evidente che Abel Ebezner provava dell’affetto per Lev Levovitch. A quel che si diceva, era una specie di braccio destro.”

Scarlett e io avevamo scoperto che la vicina era un po’ impicciona, il che non ci dispiaceva affatto e poteva rivelarsi utile. Dopo i fatti del Gran Weekend aveva braccato Arma, la domestica degli Ebezner, per cercare di carpirle di più. “Arma diceva che quella casa vuota era orribile. Che lei aveva presagito tutto. Che sapeva che Anastasia aveva progettato di scappare con il suo amante.”

Dei colpi contro la porta della mia suite mi strapparono alla lettura. Andai ad aprire: era Scarlett.

“Già al lavoro, Scrittore?” mi chiese, vedendo i fogli sparpagliati sul tavolino.

“Rileggevo alcuni appunti.”

“Mi accompagna a fare colazione?”

“Con piacere.”

Scendemmo sulla terrazza dell’albergo e ci sedemmo a un tavolo al sole.

“Come procede il suo libro?” mi chiese Scarlett.

“Piuttosto bene,” risposi. “Raccolgo tutto ciò che troviamo.”

“Quand’è che potrò leggere quello che ha già scritto?”

“Presto,” le promisi.

Un cameriere ci portò un bricco di caffè e un cestino di paste. Lei prese con delicatezza un croissant e ne mangiò un boccone. “Ha una pista?” mi domandò.

“Sull’omicidio? No, non ancora. Sto ripensando alla nostra conversazione con la vicina degli Ebezner.”

“E...?”

“Penso che quanto accaduto a casa degli Ebezner, il venerdì mattina del Gran Weekend, non sia stata una coincidenza. È collegato a ciò che accadde dopo.”

Mentre parlavo, mi ero preparato una fetta di pane tostato con la marmellata, che immersi nel caffè. Quel gesto meccanico mi divertì. Era un’abitudine di Bernard. Tutte le mattine, prima di andare in casa editrice in rue La Boétie, si fermava al Mesnil, il bistrot sotto al palazzo, e ordinava pane e marmellata che inzuppava nel caffè.

“Collegato come?” chiese Scarlett.

“Tocca a noi scoprirlo.”

Mandati giù il toast e il caffè, mi alzai da tavola.

“Se ne va già?” si stupì Scarlett.

“Devo tornare al lavoro. Non so se ha presente, quel libro che ho cominciato per colpa sua.”

Mi sorrise.

“Scrittore, dal momento che non la vedrò per tutta la giornata, potremmo cenare insieme. Pare che il ristorante italiano del Palace sia una meraviglia.”

“La cucina italiana è sempre una buona idea.” Accettai.

“A questa sera. Buon lavoro!”

Tornai in camera. Mi sedetti alla scrivania e mi immersi di nuovo nella testimonianza della vicina. Grazie a lei sapevamo cos’era successo venerdì 14 dicembre in casa Ebezner.

L'enigma della camera 622
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