45.
Addii

Quindici anni prima. Il ballo del Gran Weekend

Nella sala da ballo del Palace, pochi minuti prima delle sette.

Anastasia, sfolgorante nel suo abito blu notte, si era mescolata agli altri dipendenti della banca. Cercava Lev con lo sguardo, senza nemmeno sapere se alla fine fosse venuto al Palace. Gli era stata assegnata una camera, ma secondo l’impiegata della reception non ne aveva preso possesso. Si chiese se fosse tornato a Ginevra. All’improvviso si sentì afferrare la mano e si voltò, ma era Macaire.

“Sono così felice che tu sia qui,” disse lui, interpretando la sua presenza come un segnale di speranza.

Aveva un sorriso raggiante.

“Macaire, io... Hai ricevuto la mia lettera?”

“La tua lettera? Quale lettera?”

Lo fissò dritto negli occhi per cercare di capire se facesse il finto tonto.

“Mi hai spedito una cartolina?” disse divertito, rallegrato di vederla. “Non c’è bisogno di lettere quando ci si può parlare faccia a faccia. Voglio dirti che stasera sei la donna più bella di tutte, Anastasia.”

“Grazie,” farfugliò lei.

“Mi concederai il primo ballo?” le chiese.

Per tutta risposta, lei si accontentò di annuire.

“Forza, vieni,” le disse Macaire, “stanno per cominciare.”

La trascinò verso la pedana e sgusciarono in mezzo alla piccola folla che si era già raccolta per mettersi in prima fila. Poco dopo si fece silenzio e il Consiglio della banca, con Abel Ebezner in testa, fece il suo ingresso sulla scena da una porta nascosta.

Lev uscì dalla camera di Petra dove aveva trascorso la giornata.

“Sbrigati,” lo incalzò gentilmente lei, che lo aspettava davanti all’ascensore, “ci perderemo tutto lo spettacolo.”

Gli sorrise. Lui non reagì. Era spento, non sembrava quello di sempre. Petra lo attribuì all’alcol che avevano ingurgitato quella notte. Anche se questo non gli aveva impedito di fare più volte l’amore.

“Va tutto bene?” gli domandò in ascensore. “Hai l’aria abbattuta.”

“Tutto bene,” assicurò Lev.

Sorrise di nuovo e lo baciò. Le porte della cabina si aprirono al primo piano. Si diressero mano nella mano verso la sala da ballo.

Abel aveva appena terminato un discorso solenne, il primo che teneva in veste di presidente della banca. A quel punto invitò il nuovo vicepresidente a raggiungerlo. Quando pronunciò il nome di “Macaire Ebezner”, quest’ultimo si sentì gonfio d’orgoglio. Era uno dei momenti più importanti della sua vita. Salì sul palco per essere investito ufficialmente dal padre che, come da tradizione, gli consegnò le sue azioni al portatore. Poi il padre presentò ai dipendenti lì riuniti il loro nuovo vicepresidente, e Macaire ricevette un lungo applauso.

Macaire era l’uomo più in vista della serata. Quando ridiscese dal palco, elettrizzato e su di giri, prese il coraggio a due mani e, avvicinandosi ad Anastasia, che era sempre in prima fila, l’afferrò per le mani, l’attirò a sé e la baciò.

Lei si staccò immediatamente, liberandosi dalla sua stretta, terribilmente a disagio. Guardandosi intorno, vide Lev. Lui la fulminò con lo sguardo. Poi si curvò su Petra, che si trovava accanto a lui, e le diede un lungo bacio. Anastasia ne fu sconvolta e Lev baciò di nuovo Petra, felice di averla turbata. Felice di potersi vendicare. Felice di rendere ad Anastasia un po’ del male che lei gli aveva inflitto.

Macaire, che non capiva niente di quello che stava succedendo, era un po’ imbarazzato dalla sua audacia perché non sapeva se Anastasia avesse apprezzato o no il bacio (non l’aveva ricambiato, ma non era nemmeno scappata). In compenso, era sollevato di vedere che Lev era in coppia con Petra.

“Lo vedi, te l’avevo detto che quei due stavano insieme,” sussurrò ad Anastasia.

Anastasia si sentì venir meno. Raccolse le forze per non piangere davanti a tutti. Fendette le file di invitati e si precipitò fuori dalla sala da ballo. Scossa da un irrefrenabile singhiozzo, salì a rifugiarsi in camera. L’aveva perduto.

Si erano perduti.

Nella sala da ballo, Macaire rimase confuso dalla reazione di Anastasia. Aveva in mano le azioni di una delle più grandi banche private della Svizzera, ma in fondo non gli faceva né caldo né freddo. L’unica cosa che voleva era l’amore di Anastasia. Voleva andare a cercarla.

Non gli fu facile lasciare la sala da ballo. Tutti ci tenevano a salutarlo, a congratularsi con lui, a bere una coppa di champagne alla sua salute. Li avrebbe volentieri mandati tutti al diavolo ma, incapace di rinunciare alle buone maniere, ci mise un quarto d’ora per lasciare la sala.

Appena uscì sulla gradinata esterna si imbatté in Sinior Tarnogol. Macaire, che all’inizio non riuscì a inquadrarlo, lo salutò con un cortese “Buonasera, signore”.

Tarnogol si fermò e lo squadrò.

“Qualcosa non va, mio giovane amico?”

“Faccende di cuore,” rispose Macaire, felice che qualcuno notasse che non stava bene.

“Capita,” disse Tarnogol.

Macaire fissò il suo interlocutore.

“Ci conosciamo?” chiese.

“No, non credo,” rispose Tarnogol.

“Sì,” si illuminò all’improvviso Macaire, che l’aveva appena riconosciuto. “Lei è venuto alla Banca Ebezner poche settimane fa!”

“Conosce quella banca?” si informò Tarnogol.

“Se la conosco?” fece Macaire, divertito dalla domanda. “Sono Macaire Ebezner,” disse, tendendo la mano a Tarnogol. “Sono il nuovo vicepresidente della Banca Ebezner.”

Si scambiarono una calorosa stretta di mano.

“Sinior Tarnogol. Molto lieto di conoscerla. Non mi piace vedere un bel giovane come lei con la faccia triste. C’è qualcosa che posso fare?”

“Ah, se potesse farmi amare dalla donna che amo,” sospirò Macaire. “Si chiama Anastasia, e darei qualunque cosa per stare con lei.”

L'enigma della camera 622
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