Capitolo trentatré
Sentiva il rumore delle onde nell’incoscienza del sogno. Poi venne investita dalla consapevolezza di essere ancora viva. Si portò una mano al viso e un dolore sulla guancia la svegliò di colpo. Allontanò le dita. Erano appiccicose di sangue rappreso. Il colpo inferto da Hassan aveva aperto una ferita nello stesso punto in cui si era fatta male cadendo da Bea.
Mosse la testa, per quel poco che le era possibile, nel tentativo di capire dove fosse. Non si erano allontanati molto, probabilmente Hassan aveva paura di spostarsi, dato che il tramonto spandeva ancora un po’ di luce. La maledetta baia di Montazah, dunque. Il faro incombeva sopra di loro nel grigiore del crepuscolo, la lampada era rotta, in disuso. Qualche metro più in là la spiaggia faceva una curva verso sinistra. I cavalli erano legati troppo lontano dalla strada perché qualcuno li notasse. E di certo nessuno sarebbe venuto a controllare, perché chi mai poteva azzardarsi ad andare fin laggiù al calare della notte? A quanto pareva, solo adulteri e assassini.
Olivia si domandò quanto fossero lontani dalla dimora dei Pasha, dai palazzi e dalle case dei contadini sparsi là intorno. Aveva sentito parlare di vaghi piani per erigere in quella zona un imponente palazzo con giardini per la famiglia reale. Sperò che i lavori fossero già iniziati e che ci fossero centinaia di operai accampati nelle vicinanze. Per come stavano in quel momento le cose, non c’era nessuno abbastanza vicino da sentirla urlare.
Perché Hassan non l’aveva ancora uccisa, se era questo il suo scopo?
Allungò la mano verso di lei, come per sfiorarle il viso. «Non avevo mai colpito una donna prima di oggi», disse. «Avrei preferito non essere costretto a farle del male».
Sembrava dispiaciuto. Olivia avrebbe quasi potuto credergli, se lui non l’avesse tramortita con tanta violenza, se la stessa pistola con la quale l’aveva aggredita non fosse stata ancora lì, minacciosa, a dondolare tra le sue ginocchia.
«Hai sparato a Fadil?»
«Sparato no». Si appoggiò al muro di cinta e chiuse gli occhi. «Lo sparo avrebbe messo in allerta tutta la casa. L’ho solo aiutato a riposare. A lungo. Starà ancora dormendo nella cantina sotto le vostre stalle».
«Oh mio Dio, lo hai colpito?». Olivia vide Fadil che sellava il cavallo con espressione decisa e determinata, vide Hassan arrivargli alle spalle, senza farsi notare. Trattenne il respiro. Come se Fadil non ne avesse già passate anche troppe.
Il vento scompigliò i capelli di Hassan e increspò i suoi abiti bianchi. Sotto al corpetto, Olivia aveva la pelle d’oca. A differenza delle tiepide notti precedenti, l’aria stava diventando fredda. Edward le aveva detto quanto poteva essere gelida la notte nel cuore del deserto. Quanto ci si sentiva insignificanti in mezzo a quel mare di sabbia.
Era tornato? La stava cercando?
Imogen gli aveva parlato?
«Ecco». Hassan le fece gocciolare dell’acqua in bocca da una fiaschetta. Olivia cercò di afferrarla, ma si accorse di aver le mani bloccate. Era legata. Mosse appena le braccia indolenzite e deglutì per ricacciare il terrore che le chiudeva la gola. «Perché mi fai questo? È quello che avrebbe voluto Tabia?»
«Per favore, non pronunci il suo nome».
Lo fissò. Avrebbe voluto fargli del male. «È morta qui, vero?».
Hassan fissò un punto lontano all’orizzonte senza dire nulla.
«L’ha uccisa Jeremy?».
Lui annuì lentamente.
Nonostante l’avesse sospettato, Olivia fu percorsa da un brivido. Jeremy. Jeremy.
«È accaduto mentre riportavo Tabia al suo rifugio», iniziò Hassan, «era quasi l’alba. Abbiamo sentito sir Gray e suo marito che sparavano ai piccioni. Credo fossero ubriachi».
Olivia si ricordò che erano andati via barcollando dal ballo a casa dei Pasha, dicendo che avrebbero fatto nottata. Proprio come ai vecchi tempi. Si era sentita sollevata al pensiero che Alistair non sarebbe tornato a casa con lei.
«Ho temuto che ci vedessero», proseguì Hassan. «Non volevo che sir Gray mi chiedesse perché ero là».
«Avevi accompagnato mia sorella?»
«Molto prima, appena finita la festa. L’avevo condotta verso la spiaggia. Spesso la accompagnavo là per i suoi… appuntamenti, ecco».
Nella mente di Olivia si concretizzò all’improvviso l’immagine di loro due insieme. Elia, la cameriera… cosa aveva detto? I suoi vestiti non erano eleganti, e la sua pelle era scura. Era quindi Hassan l’uomo che Elia e Nailah avevano visto insieme a Clara. L’autista, non il suo amante. Olivia si maledisse, era tutto così chiaro adesso.
Hassan confermò i suoi sospetti. «Nailah mi ha detto che mi aveva visto con madame Gray. Era sconvolta, perché temeva che stessi ingannando Tabia». Scosse la testa. «Non avrei mai potuto farlo».
«No, certo. Sei un tale gentiluomo».
«Per Tabia lo ero», disse con tristezza. «Dopo aver lasciato sua sorella alla spiaggia, sarei tornato al suo rifugio. Sua sorella tornava sempre a casa da sola. La notte che Tabia è morta, avevamo passato ore e ore insieme, parlando, passeggiando. Avevamo fatto troppo tardi. Era sempre così per noi, il tempo non ci bastava mai. Tabia ha accelerato il passo, poi abbiamo visto sir Gray e sir Sheldon che sparavano. Eravamo lontani dal suo rifugio e lei aveva fretta di rientrare prima che i bambini si svegliassero». Trasse un respiro profondo. «Mi sono nascosto nel sottobosco e ho lasciato che proseguisse da sola. Lei non poteva aspettare».
Fece una pausa. Olivia trattenne il respiro, in attesa.
«È inciampata a pochi passi da loro».
«In quella buca?»
«Sì. Tabia ha gridato, sir Gray si è voltato e dalla sua pistola è partito un colpo». Hassan chiuse gli occhi. «Il suo corpo, il suo bel corpo si è accasciato. Sir Gray avrebbe voluto chiamare un medico, ma suo marito ha detto che ormai era troppo tardi. L’hanno lasciata morire e basta». Hassan si premette il braccio contro gli occhi. «Non hanno neanche provato a salvarla. Le sono passati sopra con i cavalli affinché sembrasse un incidente, hanno bruciato il corpo per nascondere la ferita da arma da fuoco. Poi sono andati a prendere un contadino, forse l’avevano notato poco prima in un campo vicino, e lo hanno ricattato, costringendolo ad assumersi la colpa. Aveva moglie e figli da proteggere, sa».
Olivia era pietrificata. Lentamente le parole di Hassan si fecero spazio dentro di lei. Disgustata, sentì una morsa allo stomaco e contrasse le guance per non vomitare. Pur conoscendo bene gli abissi che la crudeltà di Alistair poteva raggiungere, rimase annichilita davanti a quel racconto. Riusciva quasi a vedere l’indifferenza con cui aveva osservato Tabia morire. Il divertimento a malapena celato nel condurre il cavallo che frantumava le sue ossa sotto gli zoccoli.
E Jeremy, che fissava la scena in silenzio, con il terrore negli occhi. Che codardo.
Lo immaginò convocare quel contadino. Rimanere in disparte mentre veniva punito in quel modo orribile. «Sospetto», disse Olivia con la voce spezzata, «che non sia stato Jeremy a partorire l’idea di coinvolgere il contadino». Ogni particolare di quella storia portava la firma di Alistair.
«No», rispose Hassan, «non credo. La moglie del contadino adesso vive a casa sua con i figli. Davanti ai cancelli».
«Oh mio Dio». C’era una logica terribile in quelle parole. Per questo odiavano Alistair con tanto fervore. Povera gente. Povera donna gentile. Non pianga.
«Avrei voluto dire alla madre di andare dalla polizia», aggiunse Hassan, «poi ho pensato che avrebbe avuto troppa paura per i suoi figli. E in ogni caso la polizia non le avrebbe creduto».
«E così hai rapito Clara. Occhio per occhio».
«Ho detto a sir Gray che l’avrei liberata non appena avesse confessato».
«Per quale motivo hai dovuto coinvolgere lei?». Le pulsavano le tempie al pensiero di quella inutile crudeltà. «Non aveva fatto niente. Niente». Sentì la rabbia montarle dentro al ricordo del viso di Clara quel giorno, per strada, mentre si allontanava preoccupata. Non ci metterai tanto, vero? Così ignara di cosa la aspettasse, così terribilmente ingenua. Olivia avrebbe voluto scagliarsi contro di lui, cancellargli dal volto quell’espressione composta, obbligarlo a guardare in faccia le conseguenze del suo egoismo. Dimenò inutilmente le braccia legate. «Che bisogno c’era di farlo?», gridò. «Perché non sei andato tu dalla polizia? Eri un testimone, Dio mio. Sei un codardo, nient’altro che un codardo».
Hassan non si scompose. «Non è così. Pensa che la polizia avrebbe creduto alla mia parola contro quella di sir Gray?». Picchiettò sulla pistola. «No, era necessario che fosse lui a confessare».
Olivia strizzò gli occhi per trattenere le lacrime di rabbia. «Perché non Alistair?»
«Non era stato lui. Inoltre, sapevo che sarebbe stato più difficile… convincerlo. È un uomo duro». Hassan la guardò. «Immagino che lei lo sappia bene».
Olivia pensò al corpo accasciato di Alistair. Si sarebbe sentita sollevata al pensiero che fosse morto, se solo non avesse temuto di fare a breve la stessa fine.
Hassan disse: «Una volta rapito Ralph…».
«Ralph?». Olivia sgranò gli occhi. «No. No. Lui no. Non puoi».
«Non gli farò del male, giuro».
«Non devi neanche avvicinarti a lui». Olivia quasi si strozzò. Rivide le guance paffute del bambino, la tristezza con cui, quello stesso pomeriggio, dondolava la mazza da croquet, le calze di lana sotto i pantaloni alla zuava. Ralph, povero, piccolo Ralph. «Un bambino, è solo un bambino».
«Basta», disse Hassan. «Per favore, basta. Farò quello che devo fare».
«Scopriranno che sei stato tu», replicò. «Ti scopriranno».
«Come? Di certo lei non glielo dirà. Suo marito non può. Fadil non mi ha visto».
«Qualcun altro allora». Doveva essere rimasto qualcuno che sapeva.
«Edward, Tom…».
«Mi hanno già interrogato e lasciato andare».
«Ci saranno altri».
«No». Sorrise amaramente, come se provasse pietà per lei. «Nessuno».
«Deve esserci qualcuno».
Hassan scrollò le spalle.
Cercò di pensare a un nome, un indizio nascosto ancora da scoprire, ma la verità insita nelle parole di Hassan le crollò addosso come una cappa. Oh, Ralph.
«Ora si riposi», le disse Hassan, come se una cosa del genere fosse possibile. «Dovremo aspettare ancora un po’ di tempo prima di poterci muovere».
«Mi porterai dove hai portato Clara?»
«Sì». Si accigliò. «Non posso fare altrimenti. Saremmo già là se lei fosse venuta al bivio per il deserto come le avevo chiesto».
«Sono dispiaciuta di aver rovinato i tuoi piani».
La fissò con sguardo mesto. «Ovviamente non è vero. Per attraversare la città, dobbiamo attendere che dormano tutti». Poggiò di nuovo la testa contro il muro di cinta. «Presto potrà ricongiungersi a sua sorella».
«La vedrò?», chiese Olivia.
Hassan non rispose.
«La vedrò?», domandò di nuovo.
«Madame Sheldon, riposi», rispose.
Rimasero a lungo in silenzio. Hassan tirò fuori le perle, sgranandole con una mano, mentre nell’altra teneva ancora la pistola. Click-clack. Il cielo si fece più scuro e spuntarono le prime stelle. Olivia fissava quei puntini argentati nell’oscurità cercando di non pensare al modo inquietante con cui Hassan l’aveva guardata quando gli aveva chiesto di Clara. Trovatemi. Vi prego, qualcuno mi trovi.
«Non sembra arrabbiata». La voce di Hassan la colse di sorpresa. «Suo cognato ha ucciso Tabia, ha lasciato che un altro uomo morisse al suo posto. La cosa non la disgusta?»
«Come altre cose».
«Ha disgustato il suo capitano e il suo colonnello. Io c’ero ieri notte, quando sir Gray gli ha raccontato cosa aveva fatto».
«Prima non sapevano di Tabia?»
«No».
Nonostante tutto, Olivia fu felice di quella notizia, perché poteva finalmente placare la rabbia che provava nei confronti di Edward.
«Il capitano ha chiesto a sir Gray di confessare, di chiedere perdono, di tirare fuori le palle, per usare le sue precise parole».
«Molto bene».
Hassan sospirò. «Sir Gray ha detto che tanto nessuno avrebbe tenuto conto della sua confessione. Madame Sheldon, la notte in cui abbiamo rapito Clara suo marito ha raccontato tutto a Wilkins, e lui ha riportato la notizia al console generale».
«E nessuno vuole immischiarsi».
Annuì. «Il suo capitano ha detto a sir Gray che avrebbe dovuto insistere, il colonnello ha aggiunto che avrebbe dovuto parlare con la stampa, ma sir Gray ha risposto che Sheldon li avrebbe corrotti tutti, uno per uno, per farli tacere». Hassan fece una pausa, abbassò lo sguardo sulla pistola. «I soldi creano divinità in questa vostra terra».
Olivia gettò la testa all’indietro come per assorbire la sordida trama di inganni tessuta per tutto quel tempo. Aveva le guance infuocate e tremava sempre più forte. «Come hai fatto a rapire Clara?», domandò anche se in realtà non le interessava davvero.
Hassan raccontò di essersi accordato con un uomo per strada mentre El Masri comprava il tè. Gli aveva indicato sia lei che Clara, e gli aveva consegnato un biglietto per quest’ultima: c’era scritto di tornare in fretta alla carrozza perché sembrava che Angus stesse male. «Ero certo che avrebbe fatto come richiesto». Scosse la testa con mestizia. «Si fidava di me. Ho detto al mio uomo di prendere solo lei. Non sapevamo come fare, ma lei ci ha aiutato seguendo Fadil».
Olivia provò una fitta di dolore.
«Il mio uomo ha agito in quel momento, ha accompagnato sua sorella verso una scorciatoia per raggiungere la carrozza». Hassan smosse rumorosamente le perle. «Purtroppo», proseguì con voce carica di sarcasmo, «sono stati aggrediti da altri miei uomini. L’hanno portata in una casa e poi nelle fogne fino all’imbrunire».
Le fogne? Oh Dio, Clara.
«Madame Gray non ha mai sospettato di me», disse Hassan. «Nel deserto, non le ho mai mostrato il mio volto, neanche una volta. Avremmo potuto rilasciarla…».
«Non hai mai pensato di farlo. La verità è che desideravi soprattutto punirla per averti fatto andare alla spiaggia, per il fatto che Tabia fosse lì quella notte…».
«Si sbaglia. Se solo sir Gray avesse confessato, il mio piano avrebbe funzionato».
Olivia serrò la mascella. «E invece?»
«È fuggita, madame Sheldon». Arrotolò il filo di perle intono al dito. «Non c’è possibilità che sia sopravvissuta nel deserto. Non avevamo lasciato fiaschette, aveva pochissimo cibo. Mi dispiace, mi dispiace tantissimo che lo abbia fatto».
Olivia chiuse gli occhi. «Il corpo…?»
«Non l’ho trovato, ma sono certo che sia morta».
«No», disse Olivia. «Non lo crederò mai», ma anche mentre lo diceva, si sentì morire dentro. Aveva imparato ormai da tempo che non c’era bisogno di cadaveri per rendere reale una morte. Era frastornata da immagini: Clara che abbracciava Ralph, che baciava Gus, i riccioli biondi, il sorriso con le fossette…
La mano calda di Clara che stringeva le sue. Riusciva quasi a percepirla. Cercò di rivederla bambina, la sorella maggiore, ma non ci riuscì, non poteva, e adesso l’unica Clara che conosceva, tutto ciò che le era rimasto, le era stato portato via. Così, improvvisamente, come l’aveva ritrovata. Non poteva essere vero. Non poteva. Era un’agonia che le chiudeva lo stomaco in una morsa d’acciaio. Il respiro si era fatto corto e debole. Deglutì, obbligandosi a non perdere il controllo. Doveva rimanere lucida per tentare la fuga. Doveva fuggire, se non altro per il bene di Ralph. «Chi ti ha aiutato?», riuscì a chiedere. «Chi erano i rapitori?».
Hassan le spiegò che erano stati dei servitori di un uomo di cui non aveva mai sentito parlare. «È stato felice di aiutarmi. La morte di una giovane donna innocente è una cosa orribile».
Una simile ipocrisia le diede il voltastomaco. «Ti ha aiutato anche El Masri?»
«No».
Ne fu sorpresa. «Per favore», disse. «Lascia stare Ralph. Jeremy ormai non andrà in prigione, lo hai detto tu stesso che nessuno vuole che accada».
«La scomparsa di Ralph potrebbe fargli cambiare idea. Sir Gray deve essere punito». Alzò la voce e spalancò gli occhi: «A ogni costo». Prese aria per ricomporsi, poi continuò con voce controllata. «Potrebbe anche non essere necessario. Io lo spero. Una volta che lei sarà morta…». Picchiettò sulla pistola e aggiunse un’altra frase, a proposito di un caos infernale, ma Olivia non lo ascoltava più.
La parola “morta” l’aveva resa sorda.
«In che modo?». Le tremavano le labbra, non riusciva a trattenersi. «Mi getterai in acqua? Mi sparerai? Come accadrà?»
«Non deve avere paura. Farò in modo che non sia doloroso». Sollevò la pistola. «Adesso non funziona, è rotta, ma ne ho un’altra nascosta nel deserto, dove saremmo dovuti andare secondo il piano originario. Le darò una morte veloce. Non ho intenzione di picchiarla, se potrò evitarlo».
«Ti dovrei ringraziare?»
«Non faccia i capricci e sarà tutto facile». Assunse un’espressione di rammarico. «Il mio amico, Shahid, non è stato contento che il corpo di sua sorella non sia stato ritrovato. Per nulla contento. Invierà degli uomini a prendere il suo domani». Olivia deglutì a fatica. Non voleva pensarci. «Perché non mi hai già portata là?»
«Le strade intorno alla città saranno trafficate e io non voglio che qualcuno ci veda».
«Non farlo». Olivia odiò il tono supplichevole con cui parlò. Perché doveva essere tanto umiliante implorare per la propria vita? «Lasciami andare. Ti prego».
«Stia zitta», disse Hassan. «È spaventata».
«Ovvio, non voglio morire. Ti supplico, lasciami vivere. Racconterò a tutti cosa è accaduto a Tabia».
«Lo dice ora».
«Lo farò, lo giuro».
Silenzio.
«Non devi per forza andare fino in fondo, non hai bisogno di uccidermi».
Di nuovo silenzio.
Olivia trattenne il respiro.
«Devo farlo».
Trascorse un’altra ora. Click-clack. Tick-tock.
«Devo andare in bagno», disse Olivia. Era la verità. Aveva resistito il più possibile, ma la pressione sulla vescica era insopportabile e lo sciabordio dell’acqua non la aiutava di certo. Aveva sentito dire che spesso gli uomini, quando stanno per essere uccisi, se la fanno addosso e non voleva che accadesse anche a lei. «Mi permetti di andare? Non posso cavalcare se prima non mi libero».
Hassan picchiettò sul ginocchio con la pistola. «Va bene», disse, rimettendo in tasca quelle maledette perle. «La aiuterò».
Olivia evitò il suo sguardo mentre lui la sollevava in piedi. Lo seguì con gambe incerte verso il bordo della scogliera. Era buio, la luna era solo uno spicchio sottile, un sorriso sbiadito. Dovette aguzzare gli occhi per capire dove finisse la terra e iniziasse la discesa verso il mare.
«Si accovacci», le disse.
«Non posso tirar giù la biancheria».
Le si avvicinò e le sollevò le sottane, poi distolse lo sguardo. Le sue mani le sfiorarono una coscia. Olivia sentì la pistola, fredda e smussata contro la pelle scoperta sopra la calza. Alzò gli occhi al cielo mentre lui la liberava della biancheria. Si chiese se i suoi genitori potessero vederla. O Clara. Prese fiato, sbatté le palpebre. Non pensarci… o perderai il controllo.
Hassan indietreggiò. Olivia sentì l’urina schizzare sulla terra arida. Rifletté sulla possibilità di spingere Hassan giù dal precipizio mentre la rivestiva, ma erano troppo lontani, avrebbe senza dubbio fallito e lui sarebbe rimasto più in allerta per il futuro.
La riportò dov’era prima e la spinse giù, fino a quando non fu in ginocchio, e poi distesa.
«Quando partiremo?»
«Presto».
«Perché aspetti ancora? Ormai nei dintorni non c’è più nessuno». Hassan non rispose e Olivia pensò: In fondo non vuole farlo. Rimanda perché gli stanno cedendo i nervi.
Poi però lui rispose: «Si sbaglia, là fuori potrebbe esserci ancora gente. Dobbiamo attendere». Allora capì che l’unica persona che ancora stentava a credere a quello che stava accadendo era lei.