Capitolo venticinque

Olivia e Imogen tornarono a casa in silenzio. Il sole della tarda mattinata picchiava forte e i postumi della sbronza di Olivia erano feroci. Sentiva un desiderio quasi incontenibile di scendere da cavallo sulla strada polverosa, di raggiungere lentamente un angolino ombroso, sotto le palme, e vomitare. La sola cosa che la tratteneva era il pensiero che, una volta a destinazione, avrebbe potuto riprendersi in santa pace a casa sua.

Imogen le consigliò di mangiare qualcosa e frugò nella sua bisaccia a caccia dei pasticcini rimanenti. Olivia quasi si sentì soffocare al dolce profumo stantio che emanavano. C’era una mosca che si aggirava sulle briciole. Per l’amor del cielo.

«Neppure tua madre reggeva lo champagne», le disse Imogen. «Dirò anche a te quello che dicevo a lei. Limitati al gin».

Olivia la ringraziò per il saggio consiglio.

Fece un respiro di sollievo quando finalmente arrivarono al cancello di casa sua. Appena Imogen se ne andò, procedette a cavallo lungo il vialetto deserto, senza distogliere gli occhi dalle persiane aperte della finestra della sua stanza. Immaginava già la frescura che vi avrebbe trovato, sentendosi in colpa (non aveva ancora dimenticato i mendicanti, non ancora e non del tutto), ma ugualmente felice.

Condusse Bea lungo il perimetro della villa fino alle stalle puzzolenti. Sobbalzò quando vide il cavallo di Fadil. Si tolse i guanti e passò la mano sulla pancia calda e umida dell’animale. Era appena tornato.

Entrò in casa a passi felpati. Ada, che proprio in quel momento stava attraversando l’ingresso con una pila di biancheria stirata, si voltò. Impallidì per lo spavento quando vide il suo viso ferito e le gonne strappate. «Dio dei cieli». Posò sul pavimento il bucato che profumava di lavanda e si avvicinò. «Cos’è successo?»

«Sono caduta. Dov’è…?»

«Fadil?», chiese Ada, come se le leggesse nel pensiero (la cosa non l’avrebbe certamente sorpresa). «È in cucina, preoccupato per lei».

Olivia andò a cercarlo.

La cucina era nel retro della villa, una riecheggiante stanza di pietra con una stufa accesa in un angolo e i banconi da lavoro piastrellati allineati lungo il muro. Al centro c’era un grande tavolo con le gambe immerse in piattini pieni d’acqua per tenere lontane le formiche.

Il cuoco e i suoi assistenti si affaccendavano qua e là, chiacchieravano mentre facevano a pezzi mucchi di verdure ed erbe appena lavate. Quando Olivia entrò, fecero immediatamente silenzio; spalancarono gli occhi tutti insieme non appena si accorsero delle sue condizioni.

Chiese loro dove poteva trovare Fadil.

«Sono qui», disse lui entrando dalla porta del giardino. «Chi è stato a farle questo?»

«Io», disse Olivia.

Fadil alzò gli occhi come se stesse supplicando il cielo di dargli la forza. Aveva la pelle simile a carta spiegazzata, cerea e sudata sulle tempie. Sembrava emaciato, stanco.

«Mi dispiace», disse Olivia. «Non avremmo dovuto allontanarci così tanto. Ma non gradisco essere seguita ovunque».

«Sto cercando di proteggerla». La sua voce tranquilla sembrava perplessa. «Lei non si rende conto dei pericoli di questa terra. Cosa può fare questa gente».

Olivia, ricordando la tragedia della moglie e dei figli, si sentì invasa da un profondo imbarazzo. Si sentì improvvisamente in colpa per averlo costretto a seguirla nelle sue giravolte. Si scusò di nuovo.

Lui annuì, senza cambiare espressione… Lei non era per nulla sicura che avesse accettato le sue scuse.

Gli chiese dove fosse Edward.

«Non lo so, madame Sheldon. Non lo vedo da ieri».

«Ho bisogno di trovarlo». Si rabbuiò ricordandosi della promessa fatta in precedenza a Sofia: aveva giurato che sarebbe andata a trovare i piccoli. La stavano aspettando. «Devo andare anche a casa di mia sorella».

«Allora mi consenta di accompagnarla», disse Fadil. «Andrò dopo a cercare sir Bertram per lei».

«Bene», disse Olivia, tirando un sospiro di sollievo. «Bene. Dobbiamo parlare di molte cose, lo sai».

 

Ada insistette affinché Olivia, prima di uscire, si cambiasse la gonna e si pulisse la guancia. Nulla di meglio del calore del sole per far sì che una ferita aperta si infettasse. Olivia fremeva impaziente mentre Ada le spalmava la pomata (era una ricetta della madre del marito di sua zia, così diceva: Olivia le chiese se avrebbe preferito fare la farmacista piuttosto che la cameriera, e Ada per la prima volta rise. Aveva una risata sorprendentemente piacevole).

Lungo il tragitto verso la villa di Clara, Olivia studiò il volto olivastro di Fadil, il modo in cui teneva lo sguardo fisso sulla strada davanti a sé, in silenzio. Improvvisamente aveva voglia di sapere qualcosa di più a proposito di quell’uomo vigile e tranquillo. La sua guardia del corpo non richiesta. Gli chiese timidamente della sua famiglia. Lui le disse che i suoi genitori erano morti da tempo e che aveva ben pochi rapporti con i fratelli e le sorelle. «A loro non piace che io lavori per il vostro esercito. Veniamo da un piccolo villaggio ai confini del Sudan, non hanno dimenticato come avete tentato di rubare le nostre terre quando siete arrivati. Pensano che siete ingordi».

«E lo pensi anche tu?»

«Io rispetto sir Bertram e sir Carter», disse. Poi, a bassa voce: «Loro sono stati buoni con me quando io avevo bisogno di bontà».

Olivia esitò e poi chiese: «Quanti anni avevano i tuoi bambini, Fadil?»

«Erano piccoli», disse. «L’ultimo era appena nato. Mia moglie… non so dirle quanto li amasse. Ho parlato di lei con gli altri soldati, gli uomini che l’hanno uccisa. Sono stato fiero di lei». Tornò a guardare la strada che aveva davanti a sé. «Vedere i nostri piccoli morire sarebbe stata per mia moglie una tortura insopportabile più di qualsiasi altra cosa».

Olivia chiuse gli occhi, immaginandosi la scena.

Fadil fece un respiro profondo. «Salvare la vita a sua sorella significa molto per me, madame Sheldon». Si voltò a guardarla in viso. C’era una tale sofferenza nei suoi occhi che le fu impossibile voltarsi da un’altra parte. «C’è già stato fin troppo dolore».

 

Trovarono la polizia davanti ai cancelli di casa di Clara. Gli agenti la salutarono toccandosi il berretto mentre la carrozza avanzava.

Fadil arrestò i cavalli e l’aiutò a scendere. Le chiese di non allontanarsi fino a che lui non fosse tornato con Edward. Lei glielo promise. E diceva sul serio. Adesso, dopo la loro conversazione, non credeva di poterlo ingannare di nuovo.

Il maggiordomo di Clara la accompagnò fino alla terrazza. Ralph stava pranzando da solo, con un’aria pensierosa mentre masticava pane azzimo e pomodoro. Guardava il prato, in direzione di alcuni paletti da croquet. Poco più in là, una grande fontana zampillava acqua così fresca e invitante che Olivia sentì peggiorare il mal di testa, e la bocca le divenne ancora più secca. Il giardiniere strappava le erbacce dalle aiuole splendenti, la schiena ricurva sotto la tunica bianca. Olivia lo studiò e si ritrovò a pensare a Hassan e a El Masri. Si accigliò ricordando che ancora non sapeva per quale ragione erano stati sottoposti a interrogatorio.

«Hai un livido sulla guancia, zia Livvy».

Olivia fece un salto sentendo la voce di Ralph. «Sono caduta giù da Bea», disse.

«Cattiva Bea».

«Cattiva io, che non ho allacciato bene la sella. Dove sono finiti tutti?». Si sedette al tavolo e prese un pezzo del panino di Ralph. Lo studiò indecisa e poi lo morse. Le uscì il pomodoro dalla bocca, una fettina nascosta di formaggio di capra le pizzicò la gola. Aveva il sapore acido delle erbe del deserto che brucavano le capre. Prese l’acqua e ne bevve un sorso, deglutendo in fretta per evitare che le tornasse tutto su.

«Sofia è con Gus come sempre», disse Ralph, incurante del suo disagio, «e papà è andato al lavoro. Dice che però tornerà a casa presto. Lo fa sempre ora. Mi legge delle favole per farmi addormentare». Ralph si accigliò. «Però non fa le voci come mamma». Prese un altro morso e masticò. Fissava i cerchietti del croquet.

«Vuoi giocare?», chiese Olivia senza convinzione.

Le fece segno di no. «La mia bisnonna mi ha detto di smontarlo ma io non voglio. Mi aveva aiutato mamma a montarlo, prima di andare via. Eravamo pronti a giocare. Spero che torni prima che io debba partire per l’Inghilterra». Ralph mise giù il pane, si pizzicò il naso. «Non voglio andare in Inghilterra, zia Livvy».

«Lo so», rispose Olivia. «Non lo voglio neanche io».

«Pensi che mamma sia morta?»

«Oh, Ralph, io non ho perso le speranze».

Arrivò Sofia: si vedeva il suo sedere oscillare sotto le gonne mentre indietreggiava all’aria aperta con Gus che dormiva nel passeggino. «Ciao», disse. «Spero che non stiate pianificando altre gite».

«Non mi dispiacerebbe», rispose Ralph, e poi si alzò e si allontanò verso il prato.

Sofia si lasciò cadere sulla sedia. I suoi corsetti gemettero quando inarcò la schiena per prendere le sigarette in tasca. Ne accese una, inspirò e guardò Gus. Poi si voltò verso la finestra di Mildred. Scosse la testa seccata.

«Hai tutta la mia solidarietà», le disse Olivia.

«Mi ha detto che non so tenere per niente i bambini», disse Sofia, «e che dovrei lasciare Gus piangere più a lungo senza coccolarlo troppo». Prese un’altra boccata e si tolse del tabacco dalla lingua. «Ora so perché il tuo povero papà non la tollerava. E perché la signora Clara non è mai tornata in patria a farle visita».

«Però Clara non le ha impedito di venire qui a prendere Ralph». Olivia lo guardò, giù nel prato, mentre scalciava nell’erba tutto avvilito. Ancora non riusciva a comprendere come mai Clara non avesse seccamente rifiutato la proposta che Mildred lo portasse via.

«Era confusa», disse Sofia. «Questo era il problema. Ed era molto preoccupata, come ti ho già detto. Oserei affermare che non riusciva a pensare lucidamente. Non sono sicura che poi alla fine avrebbe accettato la sua partenza».

Ralph evidentemente aveva sentito, perché disse: «Forse tornerà a salvarmi».

Sofia sorrise. «Forse sì». Tamburellò sul piatto del bimbo. «Ora, vieni qui e finisci il tuo pane. Sai cosa succede ai bambini che non finiscono il loro pranzo? Perdono tutti i capelli».

Ralph guardò Olivia per avere conferma. Lei scosse la testa e mimò con le labbra: Non è vero. Lui le sorrise.

«Credo proprio che vi lascerò», disse, pensando che doveva andare alle stalle a parlare con Hassan ed El Masri. Per sentire dalla loro viva voce di cosa erano sospettati.

 

Hassan era da solo nelle stalle, sdraiato su una balla di fieno con un giornale sul viso, il komboloi abbandonato in una mano. Olivia si bloccò. Ma lui si svegliò come se avesse avvertito la sua presenza.

«Madame Sheldon», disse, tirandosi a sedere. Ruotò le spalle e mise il giornale da parte. «Va meglio la sua gamba?»

«La mia gamba?». Olivia ci mise un po’ a capire che si riferiva alla medusa. Con tutto quello che stava succedendo, se n’era dimenticata. «Sta bene. In verità, questa mattina sono caduta da cavallo. Ora sto male per questo». Rise anche se non era particolarmente divertente. Non era divertente affatto. Dio, quant’era stanca.

Hassan batté il piede sul pavimento. «Venga qui, si riposi».

«Va bene». Strinse le gonne e si mise a terra, la paglia scricchiolava sotto di lei. Inspirò l’aria che sapeva di fieno e sudore di cavallo, poi chiese a Hassan come mai lui ed El Masri fossero stati sottoposti a interrogatorio.

Hassan le disse che era stato a causa dell’uomo con cui Clara era stata vista fuori dal Draycott, e con il quale si era poi allontanata.

Olivia fece un salto, sorpresa. «Dunque Clara è andata via di sua volontà?».

Hassan la guardò di traverso. «Non glielo aveva ancora detto nessuno?»

«Evidentemente no». Sollevò le sopracciglia mentre provava a darsi delle spiegazioni. «Perché mai avrebbe dovuto andarsene con un uomo in questo modo? Eravamo d’accordo che mi avrebbe aspettato al ristorante».

Hassan alzò le spalle.

«Chi era?», chiese. «Quest’uomo?».

Hassan scosse la testa. «Nessuno lo sa. Si sa solo che era egiziano».

«Un egiziano?». Olivia aggrottò ancora di più la fronte. «Ma perché il capitano Bertram dovrebbe sospettare un tuo coinvolgimento? Che cosa potresti mai volere tu da Clara?».

Hassan alzò di nuovo le spalle con gli occhi pieni di tristezza. Morse una mela, masticò e inghiottì. «Quel saldato egiziano che lei stava cercando», disse, «quando madame Gray è sparita…».

«Fadil? Non può essere lui, santo cielo».

«No», e la fronte di Hassan si corrugò ancora. «Naturalmente no, mi scusi».

Rimasero seduti in silenzio. Hassan gettò il torso della sua mela a un cavallo e sfiorò il komboloi. Olivia si concentrò, cercando di mettere insieme i pezzi. Un’ipotesi era che l’uomo con cui Clara era andata via fosse il suo uomo. Più ci pensava, più le sembrava probabile. E c’erano ottime possibilità che Edward e Tom non sapessero nulla della sua relazione – sicuramente ignoravano ciò che Nailah aveva visto alla spiaggia di Montazah. Magari l’avevano interrogata per un motivo completamente diverso. Perché Olivia non aveva detto tutto a Edward, porca miseria? Doveva rimediare subito, spedirlo da Nailah affinché confessasse l’identità dell’amante di Clara, con la forza se necessario.

Si alzò così rapidamente che la stanza le parve oscillare. Si appoggiò alla parete.

«Sta bene?»

«Starò meglio tra un attimo. Grazie, Hassan».

Tornò indietro di corsa fino alla terrazza, ora deserta, afferrò la borsetta e l’ombrellino, e poi entrò sempre correndo in casa, lungo il corridoio. Andò a sbattere contro Fadil e Sofia.

«Ma cosa diamine ti prende, Livvy? Perché ti metti a correre qua e là come un’oca senza cervello?».

Olivia, impaziente, scosse la testa. Si girò verso Fadil e gli chiese dove fosse Edward.

«È partito, madame Sheldon, insieme al colonnello. Per perlustrare alcuni villaggi».

«Che cosa?». Non sarebbe dovuto andar via. Non di nuovo. Non ancora. «Quando tornerà?»

«Gli uomini in caserma mi hanno detto che sarebbero stati di ritorno in un paio di giorni. Mi hanno spiegato che prima sarebbe passato da casa, ma quando sono arrivato là era già partito per il deserto».

Un brivido di apprensione le percorse la schiena. Perse letteralmente l’equilibrio: per non crollare a terra dovette afferrare il braccio di Fadil. Le era già capitato qualcosa del genere un’altra volta – viaggio diverso, stesso deserto.

Fadil le chiese se stava bene. Sofia prese una sedia del salone e le disse di sedersi. «Che cosa le è successo?», le chiese.

«Non lo so», rispose Olivia, «ho una specie di presentimento».

«Sono al sicuro», disse Fadil. «Conoscono le sabbie d’Egitto».

«Ma ci sono le tempeste. I miei genitori…».

«Non erano soldati esperti», disse Sofia, dandole una pacca sulla spalla.

Fadil tirò fuori una busta sigillata. «Il mio signore le ha lasciato questa».

Olivia la aprì con dita tremanti.

 

Cara Olly,

Ada mi ha detto che sei uscita con Fadil. Non ho avuto scelta, sono stato costretto a partire. Tornerò appena possibile. Fadil sa come tenerti al sicuro. Aiutalo in questo, per favore. Resta a casa. Se esci, sta’ sempre con lui. Se Alistair torna prima di me, vattene. Non lasciare che ti si avvicini di nuovo. Ti amo. E.

 

Lasciò cadere il foglio a terra. Era partito davvero. Era andato via.

Senza darle la possibilità di parlargli. Per due giorni – proprio adesso che ogni ora che scivolava via poteva essere l’ultima per Clara.

Chiese a Fadil se poteva seguirli.

Lui le rispose che non era possibile: non gli avevano detto i nomi dei villaggi dove erano diretti. E inoltre non voleva lasciarla sola.

Olivia si premette la mano sulla tempia, provando a pensare, invano. A chi altro avrebbe potuto confidare tutto quello che sapeva? Di certo non poteva dire a Jeremy che sospettava che Clara fosse sparita insieme al suo amante!

Non si fidava affatto della polizia.

Pensò di dirlo a Fadil, poi decise che era meglio parlarne prima con Imogen. Lei almeno avrebbe avuto la possibilità di discutere con Tom.

Ma quando andò da lei insieme a Fadil, scoprì che Imogen non c’era.

A corto di opzioni, Olivia disse a Fadil che tanto valeva chiudere lì la giornata. «Però voglio uscire domani mattina».

«Sarebbe meglio se rimanesse a casa».

«Uscirò, che tu lo voglia o no. Ma mi piacerebbe che mi accompagnassi».

Lui sospirò. «Dove vuole andare domani?»

«Alla clinica St Aloysius», rispose.