Yelig-nar aveva grandi poteri, forse quelli di tutti i Flussi combinati in uno. Poteva trasformare qualunque Nichilifero in un nemico oltremodo pericoloso. Curiosamente, tre leggende che ho trovato menzionano di ingerire una gemma per avviare questo procedimento.
Dal Mythica di Hessi, pagina 27
Kaladin marciava rapido attraverso Shadesmar, faticando a controllare l’insoddisfazione che gli ribolliva dentro.
«Hmmm…» disse Schema mentre un altro strillo risuonava dietro di loro. «Umani, dovete fermare le vostre emozioni. Sono molto sconvenienti qui.»
Il gruppo procedeva verso sud, lungo la linea sottile di terra che corrispondeva al fiume nel mondo reale. Shallan era la più lenta fra loro e aveva difficoltà a mantenere il passo, così avevano acconsentito che lei trattenesse un po’ di Folgoluce. O quello, o farsi raggiungere da quegli spren strepitanti.
«Come sono?» chiese Adolin ad Azure, sbuffando mentre marciavano. «Hai detto che quei suoni erano di rabbiaspren? Pozze ribollenti di sangue?»
«Quella è la parte che vedete nel Reame Fisico» rispose Azure. «Qui… è solo la loro saliva, che si accumula quando sbavano. Sono cattivi.»
«E pericolosi» aggiunse Syl. Zampettava sul terreno di ossidiana e non sembrava stancarsi. «Perfino per gli spren. Ma come li abbiamo attirati? Nessuno era arrabbiato, giusto?»
Kaladin cercò ancora una volta di soffocare la propria frustrazione.
«Io ero soltanto stanca» commentò Shallan.
«Io mi sentivo travolto» aggiunse Adolin. «E mi ci sento ancora. Ma non arrabbiato.»
«Kaladin?» domandò Syl.
Lui si voltò verso gli altri, poi si guardò i piedi. «Sembra come… come se stessimo abbandonando Kholinar. E solo a me importa. Stavate parlando di come procurarci cibo, di trovare una strada per i Picchi dei Mangiacorno, di questa perpendicolarità o quello che è. Ma noi stiamo abbandonando delle persone nelle mani dei Nichiliferi.»
«Anche a me importa!» ribatté Adolin. «Piccolo pontiere, quella era la mia casa. Era…»
«Lo so» sbottò Kaladin. Prese un respiro, per costringersi alla calma. «Lo so, Adolin. Lo so che non è razionale cercare di tornare indietro attraverso la Giuriporta. Non sappiamo come azionarla da questo lato e inoltre è evidente che è stata corrotta. Le mie emozioni sono irrazionali. Cercherò di contenerle. Lo prometto.»
Tacquero.
“Non sei arrabbiato con Adolin” si costrinse a pensare Kaladin. “Non sei davvero arrabbiato con nessuno. Stai solo cercando qualcosa a cui aggrapparti. Un sentimento da provare.”
Perché l’oscurità stava arrivando.
Si nutriva del dolore della sconfitta, del tormento di perdere uomini che aveva cercato di proteggere. Ma poteva nutrirsi di qualunque cosa. La vita andava bene? L’oscurità avrebbe sussurrato che lui si stava soltanto preparando a una caduta più drammatica. Shallan lanciava un’occhiata a Adolin? I loro sussurri avevano lui come argomento. Dalinar lo mandava assieme a Elhokar per proteggerlo? L’altoprincipe si voleva sbarazzare di Kaladin.
E comunque in quello aveva fallito. Quando Dalinar avesse appreso che Kholinar era caduta…
“Vattene” pensò Kaladin, strizzando gli occhi. “Vattene, vattene, vattene!”
L’oscurità avrebbe continuato fino a far sembrare preferibile il torpore. Allora quel torpore si sarebbe impadronito di lui e gli avrebbe reso difficile fare qualunque cosa. Sarebbe diventato un vuoto profondo e ineluttabile dal cui punto di osservazione ogni cosa sarebbe sembrata sbiadita. Morta.
All’interno di quel luogo buio, aveva voluto tradire i suoi giuramenti. All’interno di quel luogo buio, aveva consegnato il re a sicari e assassini.
Alla fine, gli strilli svanirono in lontananza. Syl immaginò che i rabbiaspren fossero stati attirati nelle perle, lontano verso Kholinar e le potenti emozioni che provenivano da lì. Il gruppo continuò la sua scarpinata. C’era una sola direzione nella quale andare: a sud, lungo la stretta penisola di ossidiana che si allungava nell’oceano di perle.
«Quando ho viaggiato qui la scorsa volta,» disse Azure «abbiamo superato diverse penisole come questa. Avevano sempre dei fari alle estremità. A volte ci fermavamo presso di essi per i rifornimenti.»
«Sì…» replicò Syl annuendo. «Me li ricordo. Per le navi è utile annotare dove la terra si protende tra le perle. Dovrebbe essercene uno alla fine di questa… anche se sembra così luuuunga. Ci toccherà camminare per diversi giorni.»
«Almeno è un obiettivo» commentò Adolin. «Viaggiamo a sud, arriviamo al faro e speriamo di prendere una nave lì.»
C’era un’insopportabile energia nel suo passo, come se fosse davvero eccitato da quel posto terribile. Idiota di un Adolin, che probabilmente non comprendeva nemmeno le conseguenze di…
“Smettila. SMETTILA. Lui ti ha aiutato.”
Tempeste! Kaladin odiava se stesso quando diventava così. Quando cercava di svuotare la propria mente, vagava verso il nulla dell’oscurità. Ma quando invece si concedeva di pensare, iniziava a ricordare cos’era successo a Kholinar. Uomini a cui voleva bene che si uccidevano a vicenda. Una prospettiva orribile, terrificante.
Poteva vedere troppi lati. Parshi infuriati per essere stati schiavi per anni che cercavano di rovesciare un governo corrotto. Alethi che proteggevano le proprie case da mostri invasori. Elhokar che tentava di salvare il figlio. Le guardie del palazzo che cercavano di prestar fede ai propri giuramenti.
Troppi occhi attraverso cui vedere. Troppe emozioni. Erano quelle le sue uniche alternative? Il dolore o l’oblio?
“Combattilo.”
La loro camminata continuò e lui cercò di spostare l’attenzione sui dintorni invece che sui propri pensieri. La sottile penisola non era spoglia come aveva presunto all’inizio. Piantine fragili crescevano lungo i margini e assomigliavano a felci. Quando lo chiese, Syl gli disse che si sviluppavano esattamente come le piante nel Reame Fisico.
Molte erano nere, ma ogni tanto esplodevano in colori vividi, che si mischiavano come vetro variopinto. Nessuna cresceva più alta delle sue ginocchia e molte gli toccavano solo le caviglie. Si sentì malissimo quando ne sfiorò una e quella si dissolse.
Il sole non sembrò cambiare posizione, per quanto camminassero. Negli spazi attraverso le nubi, Kaladin vide solo buio. Niente stelle, niente lune. Un’oscurità eterna e interminabile.
Si accamparono per quella che avrebbe dovuto essere la notte, poi camminarono per tutto il giorno successivo. Kholinar scomparve in lontananza alle loro spalle, ma proseguirono comunque: Azure davanti, poi Schema, Syl e Kaladin, con Shallan e Adolin in fondo e la spren di Adolin che li seguiva. Kaladin avrebbe preferito prendere la retroguardia, ma se ci provava, Adolin si posizionava di nuovo sul fondo. Cosa pensava il principino? Che Kaladin sarebbe rimasto indietro se qualcuno non avesse badato a lui?
Syl gli camminava accanto, perlopiù in silenzio. Guardava cose quali l’occasionale pianta variopinta e inclinava la testa come se cercasse di ricordare. «È come un sogno di quella volta quando ero morta» disse dietro sua sollecitazione.
Si accamparono per un’altra “notte”, poi ricominciarono a camminare. Kaladin saltò la colazione: le loro razioni erano praticamente terminate. Inoltre preferiva che il suo stomaco brontolasse. Gli ricordava che era vivo. Gli dava qualcosa a cui pensare, oltre agli uomini che aveva perso…
«Dove vivevi?» chiese a Syl, che ancora portava il suo zaino, mentre procedevano lungo la penisola apparentemente infinita. «Quando eri giovane, da questo lato?»
«Era molto a ovest» rispose lei. «Una città imponente, governata da onorespren! Non mi piaceva, però. Io desideravo viaggiare, ma mio Padre mi tratteneva in città, in particolare dopo che… sai…»
«In effetti non sono sicuro di saperlo.»
«Dopo che vincolai un Cavaliere Radioso. Non te ne ho parlato? Ricordo…» Chiuse gli occhi mentre camminava, il mento sollevato, come crogiolandosi in un vento che lui non riusciva a percepire. «Lo vincolai poco dopo essere nata. Lui era un uomo anziano, gentile, ma combatté. In una battaglia. E morì…»
Syl riaprì gli occhi. «Accadde molto tempo fa.»
«Mi dispiace.»
«È tutto a posto. Non ero pronta per il legame. Di solito gli spren sopportano la morte del loro Radioso, ma io… mi persi quando persi lui. Tutto ciò si rivelò una macabra casualità, poiché poco dopo avvenne la Ritrattazione. Gli uomini rinunciarono ai loro giuramenti, e ciò fu fatale ai miei fratelli. Io sopravvissi, poiché allora non avevo un legame.»
«E il Folgopadre ti rinchiuse?»
«Mio Padre pensò che fossi stata uccisa con gli altri. Mi trovò addormentata dopo quelli che dovevano essere stati… wow, mille anni dalla vostra parte. Mi svegliò e mi portò a casa.» Scrollò le spalle. «Dopodiché, non mi permise più di lasciare la città.» Prese Kaladin per il braccio. «Era sciocco, così come gli altri onorespren nati dopo la Ritrattazione. Sapevano che stava per succedere qualcosa di brutto ma non volevano fare nulla. Quando udii il tuo richiamo, perfino da così lontano…»
«Il Folgopadre ti lasciò uscire?» replicò Kaladin, stupito dalla confessione. Era più di quanto avesse scoperto su di lei da… da sempre.
«Sgattaiolai via» rispose lei con un sorrisetto. «Rinunciai alla mia mente e mi unii al tuo mondo, nascondendomi tra i ventospren. Riusciamo a stento a vederli da questo lato. Lo sapevi? Alcuni spren vivono perlopiù nel vostro reame. Suppongo che il vento sia sempre lì da qualche parte, perciò non svaniscono come le passioni.» Scosse il capo. «Oh!»
«Oh?» chiese Kaladin. «Ti sei ricordata qualcosa?»
«No! Oh!» Indicò, saltellando su e giù. «Guarda!»
In lontananza, una brillante luce gialla splendeva come una scintilla nel panorama altrimenti indistinto.
Un faro.