Taxil menziona Yelig-nar, chiamato Putrivento, in una citazione riportata spesso. Anche se è noto come Jasnah Kholin ne abbia messo in discussione l’accuratezza, io ci credo.
Dal Mythica di Hessi, pagina 26
Quando Adolin si svegliò, era ancora nell’incubo.
Il cielo scuro, il terreno di vetro, le strane creature. Aveva il torcicollo e un dolore alla schiena; non era mai riuscito a perfezionare la capacità di “dormire ovunque” di cui si vantavano i soldati semplici.
“Mio padre avrebbe potuto dormire per terra” pensò una parte di lui. “Dalinar è un vero soldato.”
Adolin ripensò alla scarica che aveva avvertito quando aveva conficcato fino al cervello il pugnale nell’occhio di Sadeas. Soddisfazione e vergogna. Se gli si toglieva la nobiltà, cosa rimaneva? Un duellante quando un mondo aveva bisogno di generali? Una testa calda che non riusciva nemmeno ad accettare un insulto?
Un assassino?
Si tolse la giacca e si mise a sedere, poi fece un salto e trasalì quando trovò la donna con gli occhi graffiati via che incombeva sopra di lui. «Anima di Ishar!» imprecò. «Devi proprio starmi così vicino?»
Lei non si mosse. Adolin sospirò, poi cambiò la fasciatura sul graffio alla spalla, usando bende prese dalla tasca. Lì vicino, Shallan e Azure catalogavano le loro magre provviste. Kaladin arrancò per unirsi a loro. Il piccolo pontiere aveva dormito?
Adolin si stiracchiò, poi – accompagnato dal suo spren spettrale – scese per il breve pendio fino all’oceano di perle di vetro. Alcuni vitaspren galleggiavano lì vicino; da quel lato, i loro puntini verdi lucenti avevano ciuffi di peli bianchi che si increspavano mentre danzavano e ondeggiavano. Forse stavano attorniando piante presso la riva del fiume nel Reame Fisico? Quei puntini di luce che nuotavano sopra la roccia potevano essere anime di pesci. Come funzionava? Nel mondo reale dovevano essere nell’acqua, perciò non avrebbero dovuto essere dentro la pietra?
Ne sapeva così poco e si sentiva travolto. Insignificante.
Un pauraspren strisciò fuori dall’oceano di perle, con le antenne viola puntate verso di lui. Zampettò più vicino finché Adolin non raccolse alcune perle e ne gettò una allo spren, che si precipitò di nuovo nell’oceano e rimase lì in agguato, a osservarlo.
«Cosa ne pensi di tutto questo?» chiese Adolin alla donna con gli occhi graffiati via. Lei non rispose, ma spesso lui si rivolgeva alla sua spada senza che quella replicasse.
Gettò in alto una delle perle e la prese. Shallan riusciva a capire cosa rappresentava ciascuna, ma tutto ciò che lui ottenne fu una sorda impressione di… qualcosa di rosso?
«Mi sto comportando in modo infantile, vero?» chiese Adolin. «Allora, delle forze che si muovono nel mondo ora mi fanno sembrare insignificante. Non è diverso da un bambino che crescendo si rende conto che la sua piccola vita non è il centro dell’universo, giusto?»
Il problema era che la sua piccola vita era stata il centro dell’universo, mentre cresceva. “Benvenuto nell’essere il figlio di Dalinar folgorato Spinanera.” Scagliò la sfera nel mare, dove slittò contro le sue simili.
Adolin sospirò, poi iniziò un kata mattutino. Senza una spada, ricorse al primo kata che aveva imparato, una sequenza prolungata di stiramenti, mosse corpo a corpo e posizioni per aiutare a rilassare i muscoli.
Le forme lo calmarono. Il mondo si stava capovolgendo, ma le cose familiari rimanevano tali. Strano che fosse giunto a quella rivelazione.
A circa metà dell’esercizio, notò Azure in piedi sulla riva. Scese lungo il pendio e si mise in linea accanto a lui, effettuando lo stesso kata. Doveva conoscerlo da prima, poiché tenne precisamente il ritmo con lui.
Si mossero avanti e indietro lungo le rocce, lottando con le proprie ombre, finché Kaladin non si avvicinò e si unì a loro. Non era altrettanto esperto e imprecò sottovoce quando sbagliò una sequenza, ma era evidente che anche lui l’aveva fatto in altre occasioni.
“Deve averlo imparato da Zahel” si rese conto Adolin.
I tre si mossero assieme, il loro respiro controllato, gli stivali che raschiavano sul vetro. Il rumore delle perle semoventi nel mare cominciò a sembrare tranquillizzante. Ritmico, perfino.
“Il mondo è lo stesso di sempre” pensò Adolin. “Queste cose che stiamo scoprendo – mostri e Radiosi – non sono nuove. Erano solo nascoste. Il mondo è sempre stato così, anche se io non lo sapevo.”
E Adolin… era ancora se stesso. Aveva tutte le stesse cose di cui andare orgoglioso, giusto? Gli stessi punti di forza? Gli stessi traguardi?
Anche gli stessi difetti.
«Voi tre state ballando?» cinguettò all’improvviso una voce.
Adolin si girò all’istante. Shallan si era sistemata sul pendio sopra di loro, ancora con indosso la sua uniforme bianca, il cappello e il guanto singolo. Adolin si ritrovò a sorridere con aria stupida. «È un kata di riscaldamento» spiegò. «Si…»
«So cos’è. Hai cercato di insegnarmelo, ricordi? Mi è solo parso strano vedervi tutti laggiù così.» Scosse il capo. «Non dovevamo trovare un modo per andarcene da qui?»
Assieme risalirono la collina e Azure si mise al passo accanto a Adolin. «Dove hai imparato quel kata?»
«Dal mio maestro di spada. E tu?»
«Anch’io.»
Mentre si avvicinavano al loro accampamento nella piccola depressione annidata nel terreno di ossidiana, Adolin percepì qualcosa di sbagliato. Dov’era la sua spada, la donna con gli occhi graffiati via?
Tornò indietro e la notò che se ne stava sulla costa, a guardarsi i piedi.
«D’accordo» disse Shallan, tirandolo indietro. «Ho compilato un elenco delle nostre risorse.» Fece un gesto con una matita verso gli oggetti – che erano disposti sul terreno – mentre parlava. «Una borsa di gemme dalla riserva di smeraldi. Ho usato circa metà della nostra Folgoluce nel trasferimento a Shadesmar, e poi per attraversare il mare di perle. Abbiamo la mia cartella, con carboncino, penne di canna, pennelli, inchiostro, fissante, alcuni solventi, tre blocchi da disegno, il mio temperino e un barattolo di marmellata che vi avevo riposto come spuntino d’emergenza.»
«Stupendo» commentò Kaladin. «Sono certo che una pila di pennelli ci sarà utile per tenere a bada i Nichilispren.»
«Meglio della tua lingua, che negli ultimi tempi è notevolmente monotona. Adolin ha il suo coltello da lato, ma la nostra unica vera arma è la Stratolama di Azure. Kaladin ha portato la borsa di gemme nel suo zaino, che per fortuna conteneva anche le sue razioni da viaggio: tre pasti di panpiatto e maiale essiccato. Abbiamo inoltre una caraffa d’acqua e tre borracce.»
«La mia è mezza vuota» osservò Adolin.
«Anche la mia» aggiunse Azure. «Il che significa che abbiamo forse l’equivalente di un giorno d’acqua e tre pasti per quattro persone. L’ultima volta che ho attraversato Shadesmar, ci ho messo quattro settimane.»
«Ovviamente» commentò Kaladin «dobbiamo tornare attraverso la Giuriporta nella città.»
Schema, in piedi dietro Shallan, canticchiò. Sembrava una statua: non spostava il peso né si muoveva minimamente come avrebbe fatto un umano. La spren di Kaladin era diversa. Sembrava sempre in movimento, scivolava da una parte o dall’altra con il suo vestito da ragazzina che si increspava mentre camminava e i capelli che ondeggiavano.
«Sbagliati» disse Schema. «Gli spren della Giuriporta sono sbagliati ora.»
«Abbiamo altre opzioni?» chiese Kaladin.
«Ricordo… qualcosa» intervenne Syl. «Molto meno di quanto rammentavo un tempo. La nostra terra… ogni terra… è tre reami. Il più alto è quello Spirituale, dove vivono gli dèi. Lì tutte le cose, il tempo e lo spazio, sono riunite in una.
«Ora ci troviamo nel Reame Cognitivo, Shadesmar, dove vivono gli spren. Voi provenite dal Reame Fisico. L’unico modo che conosco per trasferirci lì è essere attirati da emozioni umane. Ma questo non vi aiuterà, dato che non siete spren.»
«C’è un altro modo per spostarsi tra i reami» aggiunse Azure. «Io l’ho usato.»
I suoi capelli ripresero la loro colorazione scura e a Adolin sembrò che le sue cicatrici fossero scomparse. C’era qualcosa di decisamente strano in lei. Sembrava quasi uno spren lei stessa.
Azure si sottopose al suo esame e spostò lo sguardo da lui a Kaladin, poi a Shallan. Alla fine emise un sospiro profondo. «Volete che ve lo racconti?»
«Sì, per favore» rispose Adolin. «Hai già viaggiato in questo posto?»
«Vengo da una terra lontana e sono arrivata a Roshar attraversando questo posto, Shadesmar.»
«D’accordo» disse Adolin. «Ma perché?»
«Sono venuta per inseguire qualcuno.»
«Un amico?»
«Un criminale» rispose lei piano.
«Ma tu sei un soldato» commentò Kaladin.
«Non proprio. A Kholinar, mi sono semplicemente proposta per sobbarcarmi un lavoro che nessun altro stava svolgendo. Ho pensato che forse la Guardia delle mura avrebbe avuto informazioni sull’uomo a cui sto dando la caccia. Tutto è andato storto e sono rimasta bloccata.»
«Quando sei arrivata nella nostra terra,» chiese Shallan «hai usato una Giuriporta per trasferirti da Shadesmar al Reame Fisico?»
«No.» Azure rise e scosse la testa. «Non sapevo della loro esistenza finché non me ne ha parlato Kal. Ho usato un portale tra i regni. La chiamano Perpendicolarità di Coltivazione. Sul vostro lato, è nei Picchi dei Mangiacorno.»
«Ma si trovano a centinaia di miglia da qui» osservò Adolin.
«Pare ci sia un’altra perpendicolarità» replicò Azure. «È imprevedibile e pericolosa, e appare casualmente in luoghi diversi. Le mie guide mi hanno sconsigliato di provare a darle la caccia.»
«Guide?» domandò Kaladin. «Chi erano queste guide?»
«Be’, spren ovviamente.»
Adolin lanciò un’occhiata in lontananza, verso la città che avevano lasciato, dove c’erano stati pauraspren e dolorespren in abbondanza.
«Non come quelli» aggiunse Azure ridendo. «Spren persone, come questi due.»
«Il che solleva una domanda» disse Adolin, indicando quando la spren con gli strani occhi si riunì a loro. «Quella è l’anima della mia Stratolama. Syl è quella di Kaladin e Schema quella di Shallan. Perciò…» Indicò l’arma che lei portava alla cintura. «Diccelo sinceramente, Azure. Sei un Cavaliere Radioso?»
«No.»
Adolin deglutì. «Sei un Araldo allora.»
Lei rise. «No. Cosa? Un Araldo? Quelli sono praticamente dèi, giusto? Io non sono una figura mitologica, grazie mille. Sono solo una donna che fin dall’adolescenza è sempre stata fuori posto. Fidatevi di me.»
Adolin lanciò un’occhiata a Kaladin. Anche lui non sembrava convinto.
«Davvero» continuò Azure. «Qui non c’è nessuno spren per la mia Lama perché è difettosa. Non posso evocarla o congedarla come fate con le vostre. È un’arma pratica, ma è solo una pallida copia di quelle che portate voi.» Le diede una pacca. «Comunque, l’ultima volta che ho attraversato questo posto, ho noleggiato una nave per portarmi.»
«Una nave?» chiese Kaladin. «Governata da chi?»
«Spren. L’ho noleggiata in una delle loro città.»
«Città?» Kaladin guardò verso Syl. «Avete città?»
«Dove pensavi che vivessimo?» domandò Syl divertita.
«I lucespren di solito sono guide» continuò Azure. «A loro piace viaggiare, visitare posti nuovi. Navigano per tutta Shadesmar di Roshar, smerciando beni e commerciando con altri spren. Ehm… dovreste badare ai Criptici.»
Schema canticchiò allegramente. «Sì. Siamo molto famosi.»
«E l’uso dell’Animutazione?» Adolin guardò verso Shallan. «Potresti creare delle provviste per noi?»
«Non penso che funzionerebbe» rispose Shallan. «Quando Animuto, cambio l’anima di un oggetto in questo reame, e ciò si riflette nell’altro mondo. Se modificassi una di queste perle, potrebbe diventare qualcosa di nuovo nel Reame Fisico, ma per noi continuerebbe a essere una perla.»
«Cibo e acqua non sono impossibili da trovare qui» disse Azure «se riusciamo ad arrivare a una città portuale. Gli spren non hanno bisogno di queste cose, ma gli umani che vivono da questa parte – e ce ne sono alcuni – necessitano di una riserva costante. Con quella vostra Folgoluce, possiamo commerciare. Forse comprare un passaggio per i Picchi dei Mangiacorno.»
«Richiederebbe parecchio tempo» intervenne Kaladin. «Alethkar sta cadendo ora, e lo Spinanera ha bisogno di noi. È…»
Fu interrotto da uno strillo inquietante. Ricordava lamine d’acciaio che raschiavano una contro l’altra. A esso se ne unirono altri, che riecheggiavano all’unisono. Adolin si girò verso i suoni, sconcertato dalla loro intensità. Syl si portò le mani alle labbra e Schema inclinò la sua strana testa.
«Cos’era quello?» domandò Kaladin.
Azure si mise a ficcare in tutta fretta le loro provviste nello zaino di Kaladin. «Ricordate che prima di dormire avevo detto che sarebbe andato tutto bene a meno che non avessimo attirato gli spren sbagliati?»
«… Sì?»
«Dovremmo muoverci. Ora.»