Puuli il guardiano del faro cercava di non far sapere a tutti quanto era eccitato per questa nuova tempesta.
Era davvero tragico. Davvero tragico. Lo disse a Sakin mentre lei piangeva. Si era considerata importante e benedetta quando aveva preso all’amo il nuovo marito. Si era trasferita nella bella capanna di pietra dell’uomo in un posto perfetto per coltivare un orto, dietro i dirupi settentrionali della cittadina.
Puuli raccolse rimasugli di legno soffiati a est dalla strana tempesta e li impilò sul suo carretto. Lo tirò con due mani, lasciando Sakin a piangere per il marito. Era arrivata a tre, tutti scomparsi in mare. Davvero tragico.
Tuttavia, lui era eccitato per la tempesta.
Tirò il carretto passando davanti ad altre case diroccate, in un punto dove avrebbero dovuto essere riparate a ovest delle scogliere. Il nonno di Puuli era stato in grado di ricordare quando quelle scogliere non erano lì. Kelek stesso aveva fratturato la terra nel mezzo di una tempesta, creando un nuovo posto adatto per le case.
Ora la gente ricca dove avrebbe messo le sue case?
E c’era gente ricca lì in città; non aveva importanza cosa dicevano i viaggiatori dell’oceano. Quelli si fermavano presso il porticciolo sul friabile margine orientale di Roshar e si riparavano dalle tempeste nell’insenatura lungo le scogliere.
Puuli tirò il carretto davanti all’insenatura. Lì uno dei capitani stranieri – con sopracciglia lunghe e pelle color marroncino, invece del giusto colore azzurro – stava cercando di dare un senso alla rovina della sua nave. Era stata sbatacchiata nell’insenatura, colpita dal fulmine, poi sbattuta di nuovo contro le pietre. Ora solo l’albero maestro era visibile.
Davvero tragico, disse Puuli. Si complimentò con la capitana per l’albero maestro, però. Era proprio un bell’albero maestro.
Puuli raccolse alcune assi della nave rovinata che erano state sospinte sulla costa dell’insenatura, poi le gettò nel carretto. Anche se aveva distrutto moltissime navi, Puuli era felice per questa nuova tempesta. Segretamente felice.
Era finalmente giunto il momento per il quale suo nonno l’aveva messo in guardia? Il tempo dei cambiamenti, quando gli uomini dell’isola nascosta dell’Origine sarebbero finalmente arrivati a reclamare Natanatan?
Anche se non fosse successo, questa nuova tempesta gli aveva portato così tanto legno… Frammenti di litobulbi, rami di alberi. Lui raccolse tutto quanto con entusiasmo, impilandolo alto sul carretto, poi lo tirò davanti a capannelli di pescatori, cercando di decidere come avrebbero fatto a sopravvivere in un mondo con tempeste in entrambe le direzioni. I pescatori non oziavano durante il Pianto come contadini pigri. Lavoravano, perché non c’erano venti. Spesso c’era da aggottare, ma niente venti. Finora.
Una tragedia, disse ad Au-lam mentre lo aiutava a sgombrare i rifiuti del suo granaio. Molte delle assi finirono nel carretto di Puuli.
Una tragedia, concordò con Hema-Dak mentre le guardava i bimbi per consentirle di portare un brodo alla sorella, ammalata di febbre.
Una tragedia, disse ai fratelli Drummer mentre li aiutava a ripescare una vela sbrindellata dalle onde e a stenderla sulle rocce.
Alla fine, Puuli terminò i suoi giri e tirò il carretto su per la lunga strada tortuosa verso Sfida. Quello era il nome che aveva dato al faro. Nessun altro lo chiamava così, perché per loro era soltanto il faro.
In cima, lasciò fuori un tributo di frutta per Kelek, l’Araldo che viveva nella tempesta. Poi tirò il carretto nella stanza al piano inferiore. Sfida non era un faro alto. Lui aveva visto dipinti di quelli slanciati ed eleganti lungo gli Stretti Lungociglio. Fari per gente ricca che navigava per diporto e non prendeva pesci. Sfida era alto solo due piani e tozzo come un rifugio. Ma era costruito in ottima muratura e aveva un cuscinetto di crem sull’esterno per impedire le perdite.
Stava in piedi da oltre cent’anni e Kelek non si era deciso ad abbatterlo. Il Folgopadre sapeva quant’era importante. Puuli trasportò un carico di folgolegno umido e assi spezzate fino in cima al faro, dove mise tutto quanto ad asciugare accanto al fuoco, che ardeva basso durante il giorno. Si sfregò le mani, poi salì fino al bordo del faro. Di notte, gli specchi facevano brillare la luce proprio attraverso quel foro.
Guardò verso le scogliere a est. La sua famiglia era molto simile a quel faro. Tarchiati, bassi, ma forti. E resistenti.
“Verranno con la Luce nelle tasche” aveva detto suo nonno. “Verranno a distruggere, ma dovresti stare all’erta comunque. Perché verranno dall’Origine. Naviganti persi in un mare infinito. Tieni alto quel fuoco di notte, Puuli. Fallo bruciare luminoso fino al giorno in cui verranno.
“Arriveranno quando la notte sarà più buia.”
Di sicuro era adesso, con una nuova tempesta. Notti più scure. Una tragedia.
E un segno.