La nostra rivelazione è alimentata dalla teoria che i Disfatti possono forse essere catturati come normali spren. Richiederebbe una prigione speciale. E Melishi.
Dal cassetto 30-20, terzo smeraldo
Kaladin corse su per le scale accanto all’altomaresciallo Azure, il suono di tamburi che rompeva l’aria come echi di tuono dalla tempesta ormai lontana. Lui contò i battiti.
“Tempeste! Quella sotto attacco è la mia sezione.”
«Alla Dannazione queste creature!» borbottò Azure. «Mi sta sfuggendo qualcosa. Come bianco su nero…» Lanciò un’occhiata a Kaladin. «Dimmelo e basta. Chi sei?»
«Chi sei tu?»
I due spuntarono dalle scale in cima alle mura, entrando in una scena caotica. I soldati in servizio avevano acceso le enormi lampade a olio sulla sommità delle torri, dando luce alle mura buie. Dei Coalescenti calavano in picchiata tra loro, seguiti da luce violetto scuro, attaccando con lance lunghe e insanguinate.
Alcuni uomini giacevano urlando a terra o rannicchiati a coppie, tenendo sollevati gli scudi come se cercassero di nascondersi dagli incubi sopra di loro.
Kaladin e Azure si scambiarono un’occhiata, poi annuirono tra loro. “Più tardi.”
Lei scattò a sinistra e Kaladin a destra, urlando agli uomini di mettersi in formazione. Syl ruotò attorno alla sua testa, preoccupata, in ansia. Kaladin raccolse uno scudo da terra e prese un soldato per il braccio, trascinandolo in tondo e agganciando gli scudi. Una lancia in picchiata fu respinta dal metallo con un clangore, e una scossa attraversò Kaladin. Il Nichilifero volò via.
Dolorante, Kaladin ignorò le guardie ferite e sanguinanti che strisciavano circondate da dolorespren corrotti. Tirò assieme i resti sparsi dell’ottavo plotone mentre i suoi stessi uomini si fermavano esitanti fuori dalle scale. Quelli erano i suoi amici, le persone con cui condivideva una caserma.
«Alla tua destra e in alto!» urlò Syl.
Kaladin si mise in posizione e usò lo scudo per respingere la lancia di un Nichilifero che planò lì accanto. Ne seguì un secondo, che indossava una gonna lunga di stoffa cremisi increspata. Il modo in cui volava era quasi ipnotico… Finché la sua lancia non inchiodò il capitano Deedanor contro il parapetto delle mura, poi lo sollevò e lo gettò giù.
Urlò mentre precipitava verso il terreno sottostante. Kaladin per poco non ruppe la fila per correre ad aiutarlo, ma si impose di mantenere la posizione. Per istinto, fece per assorbire la Folgoluce che aveva nel borsello, ma si trattenne. Usarla per le Sferzate avrebbe attirato gli urlatori e, in quella oscurità, perfino attrarne pochi lo avrebbe rivelato per quello che era. I Coalescenti lo avrebbero attaccato tutti assieme: avrebbe rischiato di danneggiare la missione di salvare l’intera città.
Oggi poteva proteggere meglio con disciplina, ordine e mantenendo la testa sulle spalle. «Squadre uno e due con me!» gridò. «Vardinar, tu hai la cinque e la sei; fai distribuire le picche ai tuoi uomini, poi afferrate gli archi e salite in cima alla torre. Noro, prendi le squadre tre e quattro e disponetevi sul camminamento appena dopo la torre. I miei uomini terranno duro qui su questo lato. Andate, andate!»
Nessuno espresse la minima lamentela mentre si precipitavano a fare come aveva detto. Kaladin udì le urla dall’altomaresciallo più avanti lungo le mura, ma non ebbe la possibilità di vedere cosa stesse facendo. Mentre le sue due squadre montavano finalmente un corretto muro di scudi, un cadavere umano si schiantò sul camminamento lì vicino. Era stato lasciato cadere da una grande altezza, o forse era stato Sferzato nel cielo ed era caduto solo ora. Molti feriti erano arcieri dell’ottavo plotone; sembrava che fossero stati spazzati giù dalla cima della torre.
“Non possiamo combattere queste creature” rifletté Kaladin. I Nichiliferi attaccavano gettandosi in picchiata e arrivando da tutte le direzioni. Era impensabile mantenere una formazione normale sotto quell’assalto.
Syl mutò forma diventando una ragazza e lo guardò con aria interrogativa. Lui scosse il capo. Poteva combattere senza Folgoluce. Aveva protetto persone molto prima di saper volare.
Iniziò a lanciare ordini, ma un Coalescente passò lì accanto, dando una botta alle loro picche con un grosso scudo. Prima che gli uomini riuscissero a riorientarle, un altro si schiantò proprio al centro, facendo barcollare diversi soldati. Un bagliore violetto si levava come fumo dal corpo della creatura mentre menava colpi spazzanti con la lancia, impugnandola come un bastone troppo cresciuto.
Kaladin si abbassò per istinto, cercando di manovrare la sua picca. Il Coalescente sogghignò quando la formazione si disgregò. Era un maschio che ricordava i Parshendi, con placche di armatura di chitina a strati che gli scendevano lungo la fronte e si sollevavano dalle guance marmorizzate di nero e rosso.
Kaladin spianò la sua picca, ma la creatura fece un affondo lungo l’arma e premette la mano contro il suo petto. Lui sentì che diventava più leggero, e insieme che iniziava a cadere improvvisamente all’indietro.
Era stato Sferzato.
Kaladin cadde all’indietro, come se stesse ruzzolando giù da una sporgenza, precipitando lungo le mura verso un gruppo dei suoi uomini. Il Coalescente voleva che andasse a sbattere contro di loro, ma aveva commesso un errore.
Il cielo era suo.
Kaladin reagì immediatamente alla Sferzata e si riorientò in un batter d’occhio. Giù divenne la direzione in cui stava cadendo: lungo il camminamento, verso il posto di guardia torreggiante. I suoi uomini sembravano attaccati al lato di un dirupo, e si voltavano verso di lui terrorizzati.
Kaladin riuscì a spingere contro la pietra con l’estremità della sua picca, muovendosi di lato per schizzare accanto ai compagni invece di andarci a sbattere. Syl si unì a lui come un nastro e Kaladin ruotò, cadendo con i piedi in avanti lungo il camminamento verso la torre di guardia al di sotto.
Riuscì a darsi una spintarella per cadere proprio nella porta aperta. Lasciò andare la picca, poi afferrò il bordo della porta mentre vi passava attraverso. Si fermò con uno scossone, le braccia che protestavano per il dolore, ma quella manovra lo rallentò abbastanza. Quando dondolò e mollò la presa, cadde attraverso la stanza – superando il tavolo da pranzo, che sembrava incollato alla parete – e atterrò sulla parete opposta, all’interno dell’edificio. Si diresse fino all’altra porta, che dava sul camminamento dove aveva posizionato la squadra di Noro. Barba e Ved tenevano le picche verso il cielo con aria agitata.
«Kaladin!» disse Syl. «In alto!»
Guardò in quella direzione e fuori della porta attraverso cui era passato. Il Nichilifero che l’aveva Sferzato giunse planando verso il basso, con una lancia. Curvò per aggirare la torre, preparandosi a superarla e attaccare Barba e gli uomini dall’altro lato.
Kaladin ringhiò e scattò lungo la parete interna della torre, saltò oltre il tavolo e poi si scagliò fuori da una finestra.
Andò a sbattere contro il Nichilifero a mezz’aria, spingendo da una parte la lancia della creatura.
«Lascia. Stare. I. Miei. Uomini!»
Kaladin si aggrappò agli abiti del mostro, ruotando in aria a dozzine di piedi sopra la città buia, che scintillava per la luce di sfere alle finestre o nelle lanterne. Il Nichilifero li Sferzò più in alto, presumendo erroneamente che, maggiore fosse stata la quota, più sarebbe stato avvantaggiato su Kaladin.
Tenendosi stretto con la mano sinistra, con il vento che soffiava attorno a loro, Kaladin allungò la destra ed evocò Syl come un lungo coltello. Lei apparve immediatamente e Kaladin conficcò la Stratolama in miniatura nella pancia dell’essere.
Il Nichilifero grugnì e lo guardò con occhi intensi e lucenti. Lasciò cadere la lancia e iniziò ad artigliare Kaladin mentre roteava in aria, cercando di scagliarlo via.
“Possono sopravvivere alle ferite” pensò l’altro, stringendo i denti mentre il mostro gli serrava il collo. “Come i Radiosi. Quella Nichiluce li sostiene.”
Si astenne ancora dall’assorbire la propria Folgoluce. Subì le Sferzate del Coalescente mentre li faceva roteare nell’aria, urlando in una lingua che Kaladin non comprendeva. Cercò di spostare lo Stratocoltello e tranciare la spina dorsale della creatura. L’arma era incredibilmente affilata, ma per il momento la leva e il disorientamento erano fattori più rilevanti.
Il Nichilifero grugnì, poi si Sferzò – con Kaladin ancora aggrappato – di nuovo verso le mura. Caddero rapidamente, una Sferzata doppia o tripla, e precipitarono a spirale urlando verso il camminamento.
Kaladin! La voce di Syl, nella sua testa. Percepisco qualcosa… qualcosa nel suo potere. Taglia verso l’alto, verso il cuore.
La città, la battaglia, il cielo… tutto divenne indistinto. Kaladin conficcò la Lama più in profondità nel petto della creatura, spingendola verso l’alto, cercando…
Lo Stratocoltello colpì qualcosa di duro ma fragile.
Gli occhi del Coalescente si spensero.
Kaladin si contorse, mettendo il cadavere tra lui e il camminamento. Colpirono con forza e lui rimbalzò via dal corpo, poi urtò le pietre con un crac. Gemette per un dolore che gli fece strabuzzare gli occhi e fu costretto – per istinto – ad assorbire un respiro di Folgoluce per guarire il danno della caduta.
La Luce fluì attraverso di lui, rinsaldando ossa e riparando organi. Fu consumata in un attimo e lui si impose di non attingerne altra, tirandosi invece in piedi e scuotendo il capo.
Il Nichilifero lo fissava senza vita dal camminamento accanto a lui. Era morto.
Più avanti, gli altri Coalescenti iniziarono a sfrecciar via in ritirata, lasciando un gruppo di guardie a pezzi e malconce. Kaladin si mise rapidamente in piedi; la sua sezione di mura era vuota, tranne per i morti e i moribondi. Non ne riconobbe nessuno: aveva colpito il muro a una cinquantina di piedi dalla posizione del suo plotone.
Syl gli atterrò sulla spalla e gli diede un colpetto sul lato della testa. Le mura erano disseminate di dolorespren, che strisciavano qua e là, nella forma di mani senza pelle.
“Questa città è condannata” pensò Kaladin mentre si inginocchiava accanto a un ferito e preparava rapidamente una fasciatura tagliuzzando un mantello caduto. “Tempeste! Potremmo essere tutti condannati. Non siamo nemmeno lontanamente pronti ad affrontare attacchi simili.”
Sembrava che almeno la squadra di Noro fosse sopravvissuta. Giunsero a passo rapido lungo le mura e si radunarono attorno al Nichilifero che Kaladin aveva ucciso, pungolandolo con le estremità delle picche. Kaladin legò un laccio emostatico, poi passò a un altro uomo, a cui bendò la testa.
Presto i chirurghi dell’esercito si riversarono sulle mura. Kaladin si fece da parte, insanguinato, ma più arrabbiato che stanco. Si voltò verso Noro, Barba e gli altri, che si erano raccolti attorno a lui.
«Ne hai ucciso uno» commentò Barba, tastandosi il braccio con il sigilloglifo vuoto. «Tempeste! Ne hai davvero ucciso uno, Kal.»
«Voi quanti ne avete abbattuti?» chiese lui, rendendosi conto che non l’aveva mai domandato. «Quanti ne ha uccisi la Guardia delle mura durante gli assalti delle scorse settimane?»
I suoi uomini si scambiarono occhiate.
«Azure ne ha ricacciati indietro alcuni» rispose Noro. «Hanno paura della sua Stratolama. Ma per quanto riguarda i Nichiliferi uccisi… questo sarebbe il primo, Kal.»
“Tempeste!” Ancora peggio… quello che lui aveva ucciso sarebbe rinato. A meno che gli Araldi non ripristinassero la loro prigione, Kaladin non avrebbe mai potuto uccidere realmente uno dei Coalescenti.
«Ho bisogno di parlare con Azure» disse, avviandosi lungo il camminamento. «Noro, rapporto.»
«Nessun caduto, signore, anche se Vaceslv ha ricevuto un taglio profondo al petto. È con i chirurghi e potrebbe farcela.»
«Bene. Squadra, siete con me.»
Trovò Azure che analizzava le perdite del plotone otto vicino alla torre di guardia. Non aveva addosso il mantello, ma lo teneva stranamente in una mano, avvolto attorno all’avambraccio, con parte che pendeva. La sua Stratolama sfoderata scintillava lunga e argentea.
Kaladin le si avvicinò, la manica della sua uniforme macchiata di scuro dal sangue del Nichilifero che aveva ucciso. Azure sembrava stanca e fece un gesto con la spada verso l’esterno. «Dai un’occhiata.»
Delle luci rischiaravano l’orizzonte. Luci di sfere. Migliaia e migliaia… molte di più di quante ne avesse viste le notti precedenti. Ammantavano il paesaggio.
«Quello è l’intero esercito nemico» spiegò Azure. «Ci scommetto la mia vita rossa. In qualche modo, li hanno fatti marciare attraverso la tempesta di oggi. Non manca molto ormai. Dovranno attaccare prima della prossima altempesta. Tra pochi giorni al massimo.»
«Ho bisogno di sapere cosa sta succedendo qui, Azure» chiese Kaladin. «Come fate a ottenere cibo per questo esercito?»
Le labbra della donna divennero una linea sottile.
«Ne ha ucciso uno, altomaresciallo» sussurrò Barba da dietro. «Tempeste… ne ha abbattuto uno. Gli si è aggrappato come se stesse montando un folgorato cavallo, poi ha cavalcato il bastardo attraverso il cielo.»
La donna lo squadrò e con riluttanza Kaladin evocò Syl come una Stratolama. Noro strabuzzò gli occhi e Ved per poco non svenne, anche se Barba si limitò a sogghignare.
«Sono qui» disse Kaladin, posando la Syllama sulla spalla «su ordini di re Elhokar e dello Spinanera. È mio compito salvare Kholinar. Ed è ora che tu cominci a parlare con me.»
Lei gli sorrise. «Vieni.»