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Alla fine Francesca fu costretta a rivelare a Finch e a Hunsacker di aver raccolto da terra degli slip al deposito. Aveva capito che erano una prova importante perché era quello il motivo per cui Dean era andato a farle visita. Francesca non poteva più tenere per sé quell’informazione, perciò sopportò a testa bassa i loro rimproveri e accolse con sollievo la notizia che era state concesso un mandato di perquisizione per il deposito e l’abitazione. Finalmente la polizia avrebbe guardato oltre il malinteso del manichino e forse avrebbe trovato delle prove importanti per inchiodare il colpevole.

Tuttavia in lei serpeggiava anche una certa inquietudine. Nessuno sapeva dove fosse finito Dean. Benché Finch avesse mandato un agente ad arrestarlo, lui non era tornato al deposito e i Wheeler avevano detto al poliziotto che aveva lasciato a casa il cellulare per cui non avevano idea di dove fosse né come contattarlo.

Francesca aveva paura di lui. Non solo era malato di mente e psicologicamente instabile, ma aveva avuto accesso alla sua rubrica e conosceva nomi e indirizzi di tutti i suoi amici e parenti. A quel punto non le restava che sperare che la Scientifica trovasse qualcosa, qualsiasi cosa, che collegasse Dean alle vittime: fibre, capelli, una macchia di sangue sulle sue scarpe...

Esausta e ancora intontita dal sonnifero, si accasciò sul tavolo nella saletta degli interrogatori, appoggiando la testa sulle braccia ripiegate. Era quasi contenta che Finch le avesse impedito di accompagnarlo al deposito per assistere alla perquisizione, perché non avrebbe avuto la forza di affrontare Butch.

Finch le aveva detto che la sua presenza gli sarebbe stata d’impaccio perché voleva interrogare i familiari di Dean senza interferenze. Invece Hunsacker, ostile come al solito, le aveva rivolto unoj sguardo di disprezzo.

«Avevo detto che non era Butch il colpevole» le aveva borbottato.

Sentendo squillare il cellulare, Francesca alzò la teli e rispose.

«Pronto?»

Era Finch. «È arrivato Jonah?»

«No, ma dovrebbe essere qui fra poco.» Francesca soffocò uno sbadiglio e si stirò. «Trovato qualcosa?»

«Ancora niente d’incriminante. Ci vuole tempo.» «E gli interrogatori come stanno andando?»

«Be’, non molto meglio della perquisizione» sospirò ispettore.

«Forse i genitori di Dean non sanno veramente niente dei movimenti del figlio, e credo che Butch e Paris siano semplicemente contenti di non averlo tra i piedi quando è fuori, per cui non si facciano troppe domande su dove vada e cosa faccia.»

«Però sanno di Julia più di quello che vogliono far credere, lo sento.»

«Pensavo che non desse molto credito all’istinto, ispettore» osservò.

«Al suo istinto, non al mio» precisò Finch con una risatina.

«Pensa che stiano proteggendo Dean?»

«No, anzi, secondo me Butch e Paris sarebbero ben lieti di vederlo dietro le sbarre.»

«Come avevo detto io... Però non ho ancora capito perché mi ha chiamato, se non ci sono novità.»

«Vuole rendersi utile?»

«Certo, mi dica.»

«Deve trovare Julia.»

«Come?»

«Abbiamo interrogato tutti separatamente, affinché non s’influenzassero a vicenda, ma quando abbiamo chiesto se conoscessero una certa Julia hanno dato tutti risposte vaghe che mi hanno insospettito.»

«Forse ho frainteso e Julia non è una delle vittime ma solo una delle tante conquiste di Butch.»

«È quello che ho pensato all’inizio, quando lei mi ha riferito di aver sentito Paris che accennava a una certa Julia. D’altra parte se è viva e Butch Vaughn e i Wheeler non hanno niente da nascondere, perché nessuno ammette di conoscerla e mi dà cognome e l’indirizzo per contattarla?»

«Non saprei» mormorò Francesca, pensosa.

«E c’è dell’altro» riprese Finch. «Nella camera di Dean ho trovato una scatola piena di lettere d’amore scritte da lui.»

«A Sherrilyn?»

«No, a Julia.»

Francesca si riscosse di colpo. Quella rivelazione l’aveva fatta uscire dal suo torpore. «Sono datate?»

«La più recente risale alla scorsa settimana.»

«Quindi dovrebbe essere viva.»

«Allora perché non sono mai state spedite? Non c’è neppure l’indirizzo sulla busta!»

«Forse Dean le scrive per sfogarsi ma non sa dove sia Julia.»

«Sarebbe una spiegazione logica, se non fosse che il tema ricorrente è che gli dispiace di non essere riuscito a proteggerla da Butch.»

«E Butch che ha detto quando gli ha chiesto delle lettere?»

«Niente.»

«Provi con Paris.»

«Non posso. Appena ho provato a insistere con le domande su Julia hanno detto che avrebbero parlato solo alla presenza del loro avvocato.»

«E lei crede che io possa rintracciare Julia senza alle informazioni?»

«Non è un’investigatrice con i fiocchi?»

«Non secondo lei e il suo collega» precisò Francesca con sarcasmo.

«Lasciamo da parte gli screzi passati, dobbiamo concentrarci sulle indagini. Io e Hunsacker siamo impegnati qui e ci serve il suo aiuto. Potrei anche credere che Dean si sia inventato questa Julia, essendo psicolabile, ma...»

«Ma ho sentito Paris che ne parlava a Butch, il che dimostra che la conoscono anche loro, o almeno ne hanno sentito parlare» lo interruppe Francesca.

«E questo smonta la teoria dell’amica immaginaria di Dean.»

«Esatto, però partire solo da un nome di battesimo per indagare è decisamente un po’ poco.»

«Purtroppo è tutto quel che abbiamo. Pensa di farcela? Riuscirà a trovarla?»

«Non posso prometterle niente, ma farò del mio meglio. Però mi serve almeno la data della prima lettera scritta da Dean.»

«Ho la scatola qui con me. Presumo che siano tutte, perché erano raccolte ordinatamente in questa scatola sotto il letto. Per fortuna sono in ordine cronologico e la prima risale a...» S’interruppe e Francesca senti un frusciare di fogli. «Al quindici maggio di due anni fa.»

«Vengo a prenderle» gli disse Francesca. «Forse in una lettera c’è un riferimento a un posto o a un nome da cui posso partire a indagare.»

«Faccia presto.» E con questo Finch chiuse la comunicazione senza neanche salutarla.

 

Francesca lo chiamò quando Jonah era a una mezz’ora da Prescott.

«Dove sei?»

«Sto arrivando» rispose lui accelerando. «Che succede?» le chiese allarmato.

«Niente, stai tranquillo. Volevo solo dirti che puoi andare direttamente al deposito se vuoi.»

«Perché? Tu stai tornando a casa?» borbottò, contrariato. Non voleva che fosse da sola.

«No, ma non so dove sarò quando arriverai. Non all’ufficio dello sceriffo, comunque, per cui puoi evitare di passarci.»

«Cosa devi fare?»

«Finch mi ha dato l’incarico di cercare Julia. Ricordi? È il nome che ho sentito quando Paris parlava con Butch nel deposito. Secondo Finch può essere importante per le indagini, perché ha trovato delle lettere scritte da Dean a una certa Julia.»

«A proposito di Dean, ci sono notizie su di lui?» «No, nessuna.»

Jonah sbuffò. L’idea che fosse a piede libero un uomo che aveva minacciato Francesca non lo riempiva affatto di gioia.

«E da dove pensi di cominciare a cercare questa fantomatica Julia?»

«Se Butch, Paris e Dean la conoscono, o è collegata in qualche modo a uno di loro, magari una parente, oppure è una loro conoscenza. E siccome Butch non ha più contatti da anni con la famiglia d’origine e con quella con cui ha vissuto in seguito, immagino che possano saperne qualcosa di più i parenti dei Wheeler» replicò.

«Non fa una grinza» approvò Jonah. «Finch non ha scoperto altri elementi utili oltre alle lettere?»

«Non ancora, ma la proprietà è grande e stanno ancora effettuando le ricerche.»

«E Butch e i Wheeler hanno detto qualcosa d’interessante?»

«Si rifiutano di parlare senza un avvocato.»

«Di sicuro hanno qualcosa da nascondere» disse Jonah pensando al sacco nero di cui Butch si era sbarazzato tra i monti. «Ma non riesco a immaginare cosa li abbia indotti a fare fronte comune. Mi sembra strano che siano tutti coalizzati per proteggere un serial killer, anche se è un loro familiare, perché diventerebbero automaticamente suoi complici.»

«Sono d’accordo. Posso capire una persona che tiene a bocca chiusa per affetto, ma quattro? Il problema a pesto punto non è solo cosa nascondono, ma per quale ragione...»

«Deve trattarsi di un motivo importante. In questi delitti c’è un comune denominatore, e noi dobbiamo trovarlo.»

Jonah sperava che il contenuto del sacco nero abbandonato in montagna potesse essere decisivo per svelare il mistero. Nel sacco poteva esserci qualsiasi cosa, anche il cadavere della donna che Francesca avrebbe dovuto trovare. A quel punto decise d’informarla, perché sospettare di Dean non rendeva meno pericoloso Butch.

Le raccontò quello che aveva visto Ray pedinando Butch.

«Scherzi?» esclamò alla fine Francesca, esterrefatta.

«Purtroppo no, perciò ti prego di tenere gli occhi aperti» si raccomandò.

«Promesso.»

«Ci sentiamo dopo.»

Avrebbe voluto dirle qualcos’altro, ma cosa?

Continuava a pensare alla frase che gli aveva dettò Francesca al telefono quando lui era ancora in California. £ se non riuscissi a odiarti? Non odiarlo non equivaleva ad amarlo o a essere disposta a concedergli una seconda possibilità. E lui avrebbe dovuto farsi da parte permetterle d’incontrare qualcuno che non l’avesse fatta soffrire come lui.

 

Il tono premuroso di Jonah al telefono l’aveva turbata. Sembrava che tenesse veramente a lei. Ma cosa poteva venire fuori da una loro riappacificazione? Era un interrogativo complesso e inquietante perché, nonostante Francesca lo amasse ancora, non era sicura che fosse prudente sperare in un futuro insieme. Tra loro c’erano troppi ostacoli.

Innanzitutto erano passati dieci anni da quando stavano insieme, e in quel periodo erano cambiati entrambi. Inoltre vivevano in stati diversi e poi c’era la questione di Adriana...

Francesca non era sicura che nella sua vita ci fosse posto per tutti e due, senza che i loro rapporti rischiassero d’incrinarsi per il disagio e l’imbarazzo.

L’ultima cosa che desiderava era riconciliarsi con Jonah e poi soffrire per una seconda rottura. La prima volta era stata già abbastanza difficile. Meglio lasciare le cose come stavano.

Aveva sentito la mancanza di Jonah, questo era innegabile, ma se era riuscita a costruirsi una vita senza di lui avrebbe potuto farlo di nuovo. L’avrebbe ricordato sotto una luce più positiva, e questo era già un passo avanti.

Sospirando, pensò che probabilmente non avrebbe più provato la sensazione di felicità e completezza che la pervadeva quando era con Jonah, ma quella perfezione estatica poteva essere solo un’illusione...

 

Appena Francesca entrò nel piazzale del deposito e scese dall’auto sentì lo sguardo penetrante e ostile di Butch posarsi su di lei. Era seduto su una sedia di plastica da giardino mentre il figlioletto dondolava su un’altalena appesa a un ramo dell’albero con la stessa corda che Dean aveva portato con sé quando si era introdotto in casa sua.

Francesca fece immediatamente il collegamento e si ripromise di chiedere alla polizia di prendere un campione per confrontarlo con il pezzo di corda che Dean aveva lasciato nella sua camera.

L’auto di Paris non c’era; a quanto pareva Butch l’aveva fatta andare via per evitarle il trauma di vedere gli agenti frugare tra i suoi effetti personali. Non era necessaria la sua presenza, per cui non era costretta a rimanere. Neanche l’auto dei Wheeler era nel piazzale; Francesca sperava che Finch li avesse fatti seguire, perché una madre protettiva come Elaine non avrebbe esitato ad aiutare il figlio, magari portandogli dei soldi per farlo scappare in Messico o addirittura accompagnandolo da qualche parte. Dopotutto la frontiera era solo a quattro ore e mezza di auto.

Francesca intendeva cercare Finch per chiedergli altri ragguagli e passò davanti a Butch che la salutò con un brindisi beffardo, sollevando la lattina di birra che aveva in mano.

«Guarda chi c’è!» esclamò. «Come va?»

«Non abbiamo niente da dirci» replicò lei.

Butch bevve una lunga sorsata di birra. «Ho saputo che Dean ti ha fatto una visitina» insinuò gongolando.

«Sì, e io l’ho accolto con una spruzzata di spray al peperoncino» replicò. «Considerato che è ricercato dalla polizia e ben presto finirà dietro le sbarre dove passerà il resto della vita, credo che sia stato lui ad avere la peggio, no?»

«Peccato che non sia in grado di comportarsi da uomo» commentò Butch scuotendo la testa.

«Perché, cos’avrebbe dovuto fare altrimenti?»

Lui posò lo sguardo con insistenza sulla scollatura della sua maglietta. «Un vero uomo ti avrebbe avuto sotto di sé in dieci secondi netti.»

Francesca avvertì un fremito di paura per quella velata minaccia. Anche se Dean si era introdotto in casa sua con una corda, Butch la spaventava di più.

«Staresti insinuando che un vero maschio mi avrebbe violentata?»

Lui le fece un sorriso mefistofelico. «Ma no! Lo stupro è illegale... Sto solo dicendo che una persona con un po’ più di muscoli di Dean avrebbe potuto immobilizzarti in modo da impedirti di spruzzare quella robaccia» dichiarò strizzandole l’occhio.

«Pensi di essere tanto spiritoso con commenti del genere?» lo rimbeccò Francesca. «La tua famiglia non è già abbastanza nei guai?»

Butch la scrutò da capo a piedi con una lunga occhiata di apprezzamento. «Io non sono affatto nei guai. Qui non troveranno niente, tranne forse qualche ricordino delle donne che ho... conosciuto bene» precisò, allusivo.

«Spero per te che siano ancora vive e vegete, altrimenti nei guai ci sarai, eccome.»

Francesca fece per allontanarsi ma Butch stese un braccio per bloccarla. Prima che potesse afferrarla, dalla casa uscì un esperto della Scientifica e Butch, con prontezza, rise e si passò la mano nei capelli per camuffare il suo gesto.

«Speriamo che tu sia ancora viva e vegeta quando questa storia sarà finita, piuttosto» sussurrò.

Francesca era incredula per la sfacciataggine di Butch che osava minacciarla mentre il deposito pullulava di agenti.

«È lei Francesca Moretti?» le chiese il tecnico.

«Sì.»

«Finch è sul retro. Mi ha chiesto di accompagnarla da lui appena fosse arrivata.»

«Vengo.»

L’uomo si avviò ma, prima di seguirlo, Francesca si fermò e si rivolse a Butch. «Ho intenzione di trovare Julia o scoprire cosa le è successo. Allora vedremo se avrai ancora tanta voglia di fare lo spiritoso. Ride bene chi ride ultimo» sibilò sottovoce. La maschera strafottente che Butch aveva sul volto si disintegrò all’istante. «Non capisci proprio quando è ora di lasciar perdere, vero?» bofonchiò.

«Lascerò perdere nel momento in cui vedrò dietro le sbarre la persona che ammazza donne innocenti e butta loro corpi nel deserto o sulla strada come fossero spazzatura» sentenziò Francesca prima di voltargli le spalle e andarsene.