21
Era una sciocchezza accontentarsi di avere solo un assaggio, questo era fuori discussione. Però Jonah lo preferiva piuttosto che evitare qualsiasi contatto fisico con lei. Baciare Francesca sarebbe servito solo a ricordargli dolorosamente quello che aveva perso, tuttavia non riusciva a convincere il suo cuore ad accettare il divieto assoluto che aveva tentato d’imporsi.
Per tutta la vita aveva pagato a caro prezzo tutto ciò che aveva avuto, e questa situazione non si prospettava diversa. Ma ne valeva la pena! Era passato così tanto tempo...
«A chi tocca per primo?» sussurrò Francesca. I suoi occhi dorati erano pieni di dubbi e desiderio.
«A me.»
Jonah piegò la testa e si avvicinò al volto di Francesca, poi le sfiorò le labbra con le sue. Non voleva baciarla con troppo ardore per non indurla a ritrarsi. Gli bastava un piccolo assaggio, o almeno questo era ciò che si disse. Ma quando le posò una mano sulla guancia e sentì la bocca di Francesca schiudersi arrendevole, Jonah si rese conto che non sarebbe riuscito a staccarsi da lei neanche se il motel fosse andato a fuoco.
Aveva abbastanza buonsenso per rendersi conto che si stava addentrando su un terreno pericolosissimo, però fino a quel momento il bacio era stato perfetto.
Era riuscito a padroneggiarsi e a essere delicato, controllato. A quel punto avrebbe dovuto staccarsi, condividere con lei solo quel momento di tenerezza da ricordare, un souvenir dolceamaro per suggellare la relazione che li aveva uniti un tempo.
Ma non era soltanto quello il suo intento. Voleva anche farle capire di essere in grado di dominarsi, di non volersi approfittare di lei. Però quando Francesca dischiuse le labbra, accogliendo la sua lingua, Jonah non fu più tanto sicuro di poterle dare una dimostrazione di autocontrollo.
Francesca emise un gemito sommesso, sorprendendolo. Jonah non si aspettava che gli facesse capire che le piaceva, e quell’incoraggiamento accese il suo desiderio. Con i sensi in fiamme, esplorò con la lingua la cavità calda della sua bocca, lentamente, languidamente, per aumentare il piacere. Voleva far sì che lo desiderasse con la sua stessa intensità.
Poi Francesca aderì a lui con tutto il corpo e gemette di nuovo. Per un attimo Jonah ebbe la tentazione di sciogliere l’asciugamano che l’avvolgeva, togliere di mezzo l’unica barriera che lo separava dal corpo nudo e voluttuoso di Francesca, ma lo squillo del cellulare gli impedì di commettere quell’imprudenza.
Si staccò da lei e le voltò le spalle per non farle vedere quanto fosse turbato, poi controllò il display del cellulare, accorgendosi che gli tremavano le mani. Vide che l’aveva chiamato Finch, che però aveva interrotto la telefonata al secondo squillo. Probabilmente voleva solo confermargli che avrebbe preso parte alla riunione. Jonah pensò di richiamarlo, ma per il momento non riusciva a pensare ad altro che a Francesca. Era grato di quell’interruzione che gli aveva permesso di calmarsi e di ricordare le proprie responsabilità.
«Tocca a te» borbottò, con finta indifferenza andando a sedersi sul bordo del letto per mettersi le scarpe. «Che cosa volevi chiedermi?»
Non avrebbe voluto parlare di Lori, altrimenti avrebbe dovuto raccontare a Francesca del matrimonio fallito dieci anni prima. Ma un accordo era un accordo. Aveva ottenuto da lei ancora più di quello che sperava, perché Francesca gli era parsa visibilmente turbata.
Il minimo che potesse fare, ora, era di ricambiarle il favore.
Francesca non parlò subito. Fece un respiro profondo e si schiarì la voce. «Perché tu e tua moglie vi siete lasciati?»
Jonah avverti una nota dubbiosa nella sua voce e capì che sospettava che lui avesse tradito anche Lori. Dopo quello che aveva fatto non aveva alcuna possibilità di avere di nuovo la sua fiducia e rimediare all’errore commesso. Eppure aveva voglia di baciarla ancora nonostante sapesse che il passato li avrebbe sempre divisi. Non poteva riavere quello che li univa un tempo; aveva distrutto per sempre la magia.
«Non per il motivo che credi tu» replicò.
«E allora perché?»
Jonah si chiese se lei gli avrebbe creduto se le avesse detto la verità; probabilmente no. Fece un sorriso sardonico, carico d’amarezza.
«Non ero il suo tipo» le rispose.
Hunsacker aveva intrecciato le dita sul ventre prominente e fissava Francesca, seduta accanto a Jonah in sala riunioni.
Li aveva accolti con un cenno di saluto quando erano arrivati. Però era successo qualcosa; Francesca glielo leggeva nello sguardo. Invece di essere in collera o indignato, come si aspettava, l’ispettore sembrava compiaciuto, quasi gongolante.
Alla fine non riuscì più a reggere il silenzio. «Cosa c’è?» gli chiese.
«Lo saprà quando arriverà Finch» rispose Hunsacker, serafico.
Jonah lo scrutava attentamente. Alla fine il suo sguardo fisso mise a disagio l’ispettore.
«Che cos’ha da guardare?» lo apostrofò, spazientito.
«Che cos’ha lei?» replicò Jonah.
Hunsacker si allargò il colletto della camicia come se Jonah lo mettesse a disagio, ma prima che potesse dire qualcosa arrivò Finch con in mano una cartella che posò sul tavolo.
«Come va il braccio?» chiese a Francesca.
Sicura che non fosse veramente preoccupato per le sue condizioni di salute ma che la sua domanda fosse solo di circostanza, lei scrollò le spalle e rispose: «Prima o poi la ferita guarirà, che vogliamo farci?».
«Si rende conto che avrebbe potuto finire molto peggio, vero? Un cane del genere di solito mira alla giugulare. Se l’avesse azzannata a quest’ora dove sarebbe?» la rimproverò Finch, severo.
«Di sicuro non qui, ma all’obitorio, perciò ora possiamo accusare Butch Vaughn di tentato omicidio, no?»
«Lei dice? C’erano i cartelli Attenti al cane e noi l’avevamo diffidata dal tornare al deposito, eppure si è presentata lì comunque.» Finch incrociò le braccia, continuando a rimanere in piedi. «Mi dica, se ha tanta paura di Vaughn, perché è andata a casa sua?»
«Perché sono fermamente intenzionata a fermarlo prima che uccida qualcun altro e voglio smettere di guardarmi sempre alle spalle per timore che quell’uomo mi aggredisca.»
«E crede veramente che quello che ha fatto ieri sera sia stato utile?»
«Che io avessi o no il diritto di andare al deposito, quello che ha fatto Vaughn è illegale. Uno non può ordinare a un cane feroce di sbranare una persona solo perché è nella sua proprietà» obiettò Francesca.
Finch si chinò verso di lei, poggiando le mani aperte sul tavolo.
«Il problema è proprio quello, signorina Moretti.
Dal mio punto di vista, lei ha ignorato le nostre raccomandazioni di non mettere piede nel deposito e si è introdotta di nuovo per curiosare, anche se all’interno c’era un cane da guardia.»
«Tipico degli investigatori privati trasgredire agli ordini» borbottò Hunsacker.
Finch ignorò il suo commento.
«A quel punto lei è rimasta chiusa accidentalmente nel depositò...» continuò.
«Ti ho detto cos’è successo» intervenne Jonah, interrompendolo. «Non è stato accidentale, perciò per favore attieniti ai fatti.»
«E non stavo curiosando» aggiunse Francesca. «Cercavo di sentire cosa si stessero dicendo Vaughn e sua moglie.»
«Origliare è la stessa cosa!» sbottò Hunsacker.
«Andiamo!» s’intromise nuovamente Jonah. «Francesca è stata coraggiosa. Se avesse scoperto qualcosa d’importante per inchiodare Butch Vaughn avrebbe risolto le indagini.»
«Ho captato il nome dell’amante di Butch. Questo apre una nuova pista» rivelò Francesca.
«Quale pista? Sono stato a casa di Kelly Martin e ha fatto solo commenti positivi su Butch» obiettò a quel punto Hunsacker.
«Allora avete qualcosa in comune» osservò Francesca, sarcastica.
Hunsacker bofonchiò un insulto tra i denti.
«Kelly potrebbe sempre cambiare idea» gli fece notare Jonah.
«E che mi dite dell’altra donna di cui ha fatto il nome Paris? Una certa Julia? Avete controllato l’elenco delle persone scomparse?»
«Sì, e non c’è nessuna Julia» ribatté Hunsacker, con aria soddisfatta.
Francesca rimase interdetta. Era sicura che quel nome avesse una certa importanza. «Sono sicura che Paris e Butch nascondano qualcosa riguardo a una donna di nome Julia. Neanche Bianca Andersen era nell’elenco delle persone scomparse, eppure è morta» fece notare. «Potrebbe essere di chissà dove, oppure una senza fissa dimora, una senza famiglia, o anche una prostituta, che ne sappiamo? Possono esserci mille motivi per cui il suo nome non compare nell’elenco delle persone di cui è stata denunciata la scomparsa, ma di sicuro quel nome è importante.»
Hunsacker scoppiò a ridere. «Lei ha davvero una fervida immaginazione, lo sa?»
Francesca lo fulminò con lo sguardo. «Sarebbe carino se mi prendesse sul serio uria volta tanto.»
«Cosa dovrei fare?»
«Per cominciare, incriminare Butch per quello che mi ha fatto.»
«Butch Vaughn sapeva che lei era nel deposito quando ha detto a Dean di chiudere il cancello» puntualizzò Jonah, intervenendo di nuovo in sua difesa. «Io c’ero e ho visto tutto. Ha portato fuori il cane e lo ha lasciato libero, anche se sua moglie lo implorava di non farlo.»
Hunsacker sbuffò e alzò gli occhi al cielo.
«Lei sta solo cercando di proteggerla. Lo dimostra il fatto che interviene in suo soccorso ogni volta che si mette nei guai.»
«Ricordi che lei non c’era, io sì» precisò Jonah.
«Come puoi dimostrare che l’ha chiusa dentro di proposito, Jonah?» intervenne Finch.
«Ma come? Non basta la nostra testimonianza?» sbottò Francesca, esasperata. «Le abbiamo detto cos’è successo!»
«Come quando ci ha avvertito che c’era un cadavere sotto un telone?» intervenne Hunsacker con una risata ironica.
«In quelle circostanze chiunque avrebbe scambiato un manichino per un cadavere» replicò Francesca, «Oppure lei è così succube di Vaughn che avrebbe chiuso un occhio, anzi due?»
Hunsacker diventò paonazzo. «Sta forse mettendo in dubbio la mia integrità morale?»
«No, mi chiedo solo se i suoi rapporti con Vaughn la rendano incapace di vedere le cose in maniera obiettiva» dichiarò Francesca.
Il corpulento ispettore si alzò in piedi, indignato. «Solo perché pretendo delle prove concrete?»
«No, perché si rifiuta di ammettere l’evidenza!»
«Ehi, calmatevi» intervenne Finch. Si rivolse a Francesca e aggiunse: «Il problema è che quello che lei sostiene, signorina, non solo è contraddetto dalla versione di Butch ma anche da quello che dicono sua moglie, suo cognato e i suoceri. Come può aspettarsi che il procuratore distrettuale le creda sulla parola contro la testimonianza di quattro persone, quando lei ha già dei precedenti per violazione di proprietà privata?».
«Precedenti? Ma per favore!» esclamò Francesca, indignata. «La prima volta che mi sono recata al deposito, ci sono andata solo per parlare con Vaughn. Stavo indagando sul caso di una persona scomparsa e lui era l’ultimo ad averla vista viva.»
«Questo non lo rende automaticamente colpevole.
Non importa se lui e April Bonner hanno avuto un’avventura. Non è la prova che Vaughn sia un omicida» dichiarò Hunsacker.
«Ha tentato di aggredirmi armato di mazza da baseball e, vorrei precisare, sappiamo che altre sette donne le cui ossa sono state rinvenute nei pressi del deposito sono state uccise con un corpo contundente.»
Hunsacker aveva la fronte imperlata di sudore. Evidentemente non sapeva più come difendere Butch.
«Ma non le ha fatto del male, anzi, è stata lei ad aggredire lui!»
«Forse è stato solo quello a salvarmi la vita.»
«No, ha messo in dubbio la sua credibilità» ribatté l’ispettore.
«Butch Vaughn nasconde qualcosa ed è pericoloso. Credetemi o sarà troppo tardi.»
Hunsacker si voltò verso Jonah, che era l’unico seduto. «E noi dovremmo prendere la sua parola per Vangelo perché lei è il brillante consulente californiano, eh? Mi dica, sapientone, cosa è riuscito a scoprire da quando è arrivato qui?» lo apostrofò.
«Hunsacker, basta» intervenne Finch in tono pacato. «Sai che per queste indagini ci vuole tempo.»
«Ma lui non è meglio di noi e io non volevo sin dall’inizio che s’immischiasse!» urlò il collega.
«Che vi piaccia o no quello che ho fatto ieri, la verità non cambia» disse Francesca con fermezza. «Butch Vaughn mi ha fatto chiudere dentro dal cognato, che è mentalmente instabile, e poi mi ha aizzato contro il cane. Perché non chiedete conferma a Dean?»
Hunsacker si batté sulla fronte con un gesto teatrale. «Accidenti, perché non ci ho pensato prima? Ci basterà interrogare Dean Wheeler e lui spiffererà tutto, rivoltandosi contro Butch. E anche se potessimo convincerlo a sputare nel piatto in cui mangia, la sua testimonianza sarebbe affidabile, considerato che è uno psicolabile? Ma certo!»
Finch si rivolse a Francesca prima che lei potesse ribattere. «Ha detto che Butch l’ha chiusa dentro e ha sguinzagliato il cane?»
Lei ignorò Hunsacker e lo fissò con aria seria. «Sì.» «Personalmente le credo, non ho motivo di ritenere il contrario. Ma lui non l’ha rapita mentre era nel furgone per portarla nel deposito?» Fece una pausa, ma Francesca non gli diede la risposta ovvia. «Perciò l’incidente di ieri sera si sarebbe potuto evitare facilmente se lei fosse rimasta nel furgone, dove sarebbe dovuta restare.»
«Quindi sarebbe stata solo colpa mia?»
«No, ma è stata anche colpa sua. Come posso incriminare Butch di tentato omicidio quando tutte le prove confermano la sua versione dei fatti e non quella che mi ha dato lei?»
«Gliel’ho detto, Dean è il perno della questione. Sa cos’è successo e muore dalla voglia di parlare. Sono sicura che il suo medico curante potrà confermare che è perfettamente lucido quando prende i farmaci.»
Hunsacker la fissò con aria scettica. «E lei e Dean siete diventati così amici da convincerlo a voltare le spalle a Butch?»
«A quanto pare, non sono tanto amici quanto lei e Butch» osservò Jonah.
«Ma perché la protegge?» esclamò Hunsacker, irritato. «Spera forse di portarsela a letto come premio?»
A quel punto Jonah si alzò lentamente e lo fissò con aria ostile. «Non mi provochi, altrimenti...»
«Ehi... Mi sta forse minacciando?» lo interruppe Hunsacker.
«Smettetela» intervenne Francesca. «Avete sentito quello che ha detto Dean quando avevo il microfono addosso, no? Vuole aiutarci, ve lo dico io. Ieri ha cercato di contattarmi attraverso una mia amica. Perché mai dovrebbe dimostrarsi pronto a collaborare se fosse dalla parte di Butch?»
«Forse anche lui vuole portarsela a letto» ghignò Hunsacker.
Francesca lo fissò con assoluto disprezzo, poi si voltò verso Finch senza degnarlo di una risposta.
«Le prove e le risposte che cerchiamo non ci pioveranno dal cielo, dobbiamo impegnarci per trovarle. È un problema?»
«Non lo sarebbe, se non fosse per il polverone che sta sollevando Butch su questa faccenda.» Finch prese il telecomando e accese il televisore in un angolo della stanza. «Vuole vedere il servizio del telegiornale di oggi che abbiamo registrato? Prego, così avrà un quadro più esatto della situazione.»
Premette un tasto sul telecomando e sullo schermo apparve l’immagine di Butch nel piazzale del deposito con una giornalista televisiva che lo intervistava. Butch raccontava che un’investigatrice privata di Chandler si era presentata a casa sua e aveva cominciato a ficcare il naso nella sua proprietà, poi era corsa alla polizia sostenendo di aver visto, un cadavere nascosto sotto un telone. Alla fine Butch accompagnava l’intervistatrice e il cameraman sul luogo del presunto ritrovamento e indicava il manichino sotto il telone. Allibita, Francesca continuò a guardare il video mentre Butch spiegava che la donna sosteneva di essere stata aggredita mentre era vero il contrario. Mostrava i segni dei graffi sul suo viso mentre Paris e il figlio erano fermi vicino a lui, compunti, a beneficio delle riprese.
«È ridicolo!» esclamò Francesca, indignata. «Nel servizio non si fa parola dei suoi tradimenti e della sua mania per il sesso.»
«E allora? Non è omicidio!» obiettò Hunsacker.
«E il biglietto del bar che frequenta è stato rinvenuto vicino a uno dei corpi.»
«È un locale molto noto e sempre pieno di gente, ci vado anch’io» disse Hunsacker.
Finch intimò a tutti di tacere e di guardare il video, dove Butch parlava della morte del cane con gli occhi lucidi.
Diceva che un consulente dell’ufficio di polizia l’aveva ucciso e aggiungeva che la pallottola avrebbe potuto colpirlo, perché era buio e lui stava correndo, cercando di capire cos’avesse fatto tanto infuriare il cane.
Non sapeva neanche che quella donna si era introdotta nel deposito, e aggiungeva di nuovo in tono a dir poco sarcastico.
Mentre ascoltava, Francesca inveiva contro Butch, «È un bugiardo matricolato!»
Finch mise in pausa la registrazione. «È inutile dire che la stampa si è mossa in fretta e in giro non si parla d’altro. Tutte le emittenti televisive ci hanno chiamato in cerca di una conferma, lasciando capire che disapprovavano il nostro operato perché siamo convinti di’ poterci permettere di violare i diritti dei cittadini.»
«Basta essere un po’ diplomatici nel rispondere alla stampa. Guardiamo in faccia i fatti» replicò Francesca. «Sono state uccise sette donne ma le persone non sanno neanche che c’è un serial killer a piede libero. Invece vedono Butch Vaughn come un martire e pensano che io sia una criminale e che lo perseguiti!»
«Non sarà una criminale, ma di certo non ci sta aiutando a procedere nelle indagini» obiettò Finch. «L’ho chiamata qui per informarla che è stato spiccato un ordine restrittivo contro di lei. È diffidata dall’avvicinarsi a Vaughn, alla sua proprietà e anche ai suoi familiari.»
Francesca lo fissò allibita.
«Ma è una follia! È assurdo...»
«Forse lo è per lei» precisò Finch.
«Non lasciarti trasportare dalla paura dell’opinione pubblica» disse Jonah. «Butch Vaughn non è un santo come lo dipinge Hunsacker. Può anche dare in beneficenza tutto il suo patrimonio, ma non dimentichiamo i fatti. Non è una coincidenza che qualcuno abbia tagliato i fili del telefono della signorina Moretti la sera dopo aver avuto quella lite con Butch.»
«E lo stiamo sorvegliando per quello» annuì Finch. «E ieri sera avreste dovuto fare proprio quello, cioè spiarlo da lontano. Non lo escludiamo dai sospetti, ma dobbiamo adottare un approccio meno... aggressivo.»
«Quindi la sicurezza dei cittadini e meno importante che salvare la faccia?» sbottò Francesca.
«La smetta, non m’importa quello che pensa» esclamò Finch con foga. «Lei ha combinato un disastro e io devo rimediare. Non sottovaluti la diffida, per favore. Se la infrange finirà in carcere. Le consiglio di tornare a Chandler, chiudere la bocca e lasciarci svolgere il nostro lavoro, altrimenti verrà accusata di intralcio alle indagini.»
«Non finisce qui» lo minacciò Jonah, torvo.
«Non pensi di parlare con lo sceriffo perché sarà perfettamente inutile» lo informò Hunsacker. «Anche lei è fuori dal caso.»
Jonah lo fissò fremente d’ira. «Come?»
Finch gli indicò la cartella che aveva messo sul tavolo. «È vero. Il tuo incarico è terminato, Jonah.»
Jonah fece una smorfia ironica e incredula. «E voi due pensate davvero di poter risolvere da soli un caso così complesso? Non vi siete mai occupati di un serial killer!»
«Non saremo soli» lo informò Finch. «Formeremo una squadra. La polizia di Prescott ci presterà degli agenti. Lo annunceremo pubblicamente oggi quando leggeremo un comunicato stampa sugli omicidi di Skull Valley.» Fece un respiro profondo, poi voltò le spalle a tutti. «Scusatemi, ma devo tornare al lavoro.»
Jonah scattò prima che Finch avesse avuto modo di uscire.
Lo afferrò per un braccio e lo guardò in cagnesco. «Quindi io sarei il capro espiatorio? Pensa di rimettere in piedi la sua immagine dandomi il benservito?»
Finch scrollò le spalle. «Purtroppo tu sei un consulente esterno, quindi sei un elemento sacrificabile» sentenziò. «E ora lasciaci lavorare in pace» lo liquidò.