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L’odore dolciastro arrivava fino alla macchina, scatenando in Francesca una tale repulsione da costringerla a fare uno sforzo immane per compiere i pochi passi necessari per arrivare al punto in cui si trovavano Finch e Hunsacker. I due ispettori erano con diversi agenti di polizia e altre persone, probabilmente della Scientifica.
Appena si avvicinò, Francesca se ne pentì. Aveva sperato d’identificare April dalla fotografia per assicurarsi che fosse lei la persona che stava cercando.
Era stata contattata dalla sorella di April, Jill Abbatiello, preoccupata perché April non si era presentata al lavoro il lunedì precedente.
Ovviamente quello era l’esito peggiore delle indagini di Francesca ma almeno avrebbe eliminato l’attesa. Purtroppo, però, le condizioni del cadavere rendevano impossibile identificarlo.
«Tutto bene?» le chiese Jonah.
Francesca lo guardò. Era vicinissimo. Avrebbe voluto fare un passo indietro per allontanarsi da lui, ma non riusciva a muoversi né a parlare perché era troppo impegnata a cercare di non vomitare. Per fortuna Finch si voltò e li vide prima che Jonah si accorgesse che era tanto sconvolta da non riuscire a muovere un muscolo.
«Che cosa ci fa lei qui?» chiese a Jonah indicandola come se Francesca non fosse a portata d’orecchio.
Lei, così, ebbe modo di rendersi conto che l’ispettore era ancora in collera per ciò che era accaduto il giorno prima, tuttavia quell’atteggiamento le parve meschino e controproducente. Come poteva lasciarsi distrarre quando aveva per le mani un caso di omicidio? Quel cadavere ridotto in condizioni pietose era un essere umano fino a pochi giorni prima!
Jonah posò lo sguardo sulla vittima e Francesca vide, dal modo in cui aveva allargato le narici e serrato le mascelle, che anche lui era turbato da quel macabro spettacolo.
«Ho pensato che potesse identificare il corpo» si giustificò.
«Ripensandoci, hai fatto bene a portarla» replicò Finch. Poi si rivolse a Francesca e aggiunse con sarcasmo: «Ecco, signorina Moretti, ora può vedere con i suoi occhi com’è fatto un vero cadavere».
Francesca non ebbe la forza di replicare perché lottava con la nausea che minacciava di sopraffarla.
«Allora? La riconosce?» le chiese Hunsacker.
«No» rispose Francesca.
La vittima aveva il volto pesto e sanguinante, con i lineamenti gonfi e deformati.
Sembrava una maschera grottesca... non aveva più niente di umano.
L’espressione impassibile di Jonah lasciò il posto a una smorfia d’orrore.
«Sembra che sia stata percossa» osservò.
«Come le altre» annuì Finch. «Ha il cranio fracassato e presumo che abbia anche diverse ossa rotte.»
«Quindi ritieni che quest’omicidio sia opera della stessa persona?» intervenne Hunsacker.
«Il Dead Mule Canyon non è distante da qui» fece notare Finch.
«E anche le altre vittime sono state picchiate» aggiunse Jonah.
Hunsacker imprecò scuotendo la testa e Finch si passò una mano fra i capelli.
«Quando verrà resa pubblica la notizia si scatenerà il finimondo» borbottò contrariato.
Francesca ascoltava i discorsi dei tre uomini con aria assente, come se le loro voci provenissero da una certa distanza. Il rumore più forte che sentiva era quello dei battiti del proprio cuore. Un cadavere non era mai uno spettacolo piacevole, ma sarebbe stato peggio se le ferite fossero state recenti. Invece le lesioni di quella povera donna erano circondate da sangue bruno e rappreso, come se risalissero ad almeno un paio di giorni prima. Quello che le parve strano fu il terriccio granuloso e rossastro, tipico del deserto, che le impolverava! capelli e le ferite. Era come se fosse stata sepolta e poi dissotterrata in un secondo momento.
Perché un assassino aveva ucciso una donna e l’aveva seppellita per poi riesumarne la salma e lasciarla in bella mostra in un posto pubblico?, si chiese. Chi poteva essere capace di un gesto così morboso?
Francesca non espresse esplicitamente quelle domande, ma quando tornò a concentrarsi sul discorso tra gli uomini, Finch le diede, senza saperlo, la risposta che cercava.
«Quel bastardo è orgoglioso di quello che fa» commentò. «Ha voluto vantarsi lasciando il corpo qui.»
Jonah infilò le mani in tasca. «Decisamente vuole attirare l’attenzione sul suo operato.»
«È un mostro» mormorò Francesca, mentre si chiedeva se fosse la stessa persona che l’aveva spiata la notte prima, distesa sulla sua sdraio a bordo piscina.
Era Butch Vaughn?
Le apparve davanti agli occhi l’immagine di Vaughn che brandiva la mazza da baseball. Per quanto il ricordo fosse spaventoso, la sua sfrontatezza la indignava e la spingeva a reagire. Non l’avrebbe passata liscia, si ripromise.
La rabbia le diede l’adrenalina necessaria per restare in piedi senza barcollare, ma soprattutto per pensare con lucidità.
«Può averla uccisa con una mazza da baseball» osservò a bassa voce.
«O qualsiasi altro corpo contundente» obiettò Hunsacker, che non sembrava affatto colpito dalle sue brillanti doti deduttive.
Francesca lo ignorò e si rivolse a Finch. «Quanto tempo fa è morta?»
Fu Jonah a risponderle. «Almeno trentasei ore fa.»
Francesca avvertì un brivido che le fece venire la pelle d’oca e si strofinò le braccia. Anche se la temperatura stava salendo rapidamente e la giornata si preannunciava afosa come là precedente, lei sentiva il gelo penetrarle nelle ossa.
«Come fai a dirlo?» gli chiese. Aveva cominciato a occuparsi d’indagini su persone scomparse solo da un anno, per cui non aveva molta esperienza di cadaveri.
Prima si occupava soprattutto d’investigazioni aziendali o coniugali.
«Non c’è rigor mortis» le spiegò Finch. «Di solito si manifesta nelle prime dodici ore, resta invariato per altre dodici, poi il suo effetto svanisce ancora in altre dodici ore.»
«Anzi, oserei dire che è morta anche da più tempo» precisò Jonah, guardando il cadavere.
Francesca non osava rivolgere lo sguardo in direzione del corpo. Le sembrava indecente lasciare un cadavere nudo a terra in quelle condizioni, davanti a tutti.
A una prima occhiata non aveva osato osservare la vittima dal collo in giù, ma ora vide che il corpo si andava gonfiando e la pelle aveva una sfumatura verdognola, percorsa da una sottile ragnatela di vene scure. Sembrava uno zombie uscito da un film dell’orrore, pensò Francesca con tristezza. Nessuno avrebbe dovuto subire la sorte di quella donna, lasciata in quella posa oscena.
«Da quanto, secondo te?» lo incalzò Francesca.
«A occhio e croce, cinque giorni.»
«Ci penserà il patologo a determinare l’ora esatta della morte» intervenne Finch.
Cinque giorni, pensò Francesca. Quindi l’uccisione risaliva a domenica, cioè subito dopo la sera in cui April Bonner aveva incontrato Butch Vaughn al bar...
Francesca era seduta da sola a un tavolo in un bar ristorante al centro di Prescott. Per quanto avesse un certo appetito, dubitava di riuscire a mangiare qualcosa. Il ricordo del cadavere che aveva visto a Skull Valley le era rimasto impresso nella mente ed era ancora troppo vivido per permettere al suo cervello di riprendere le sue normali funzioni.
Dopo essere andata via dal luogo del ritrovamento, aveva passato un’ora con Jonah e gli agenti alla centrale, dando loro le informazioni in suo possesso su April Bonner.
Non era mai stata sposata e aveva avuto solo due storie importanti, una delle quali era durata un anno. Era entusiasta di aver conosciuto online l’uomo che si era presentato come Harry Statham. Le colleghe nella scuola in cui insegnava le avevano riferito che sembrava contentissima di quella conoscenza che le era parsa molto promettente.
In effetti Statham si era presentato come l’uomo ideale, un vedovo molto galante che la riempiva di complimenti e sosteneva di essere in cerca di una relazione stabile per rifarsi una vita. Le aveva anche mandato dei regali e Francesca aveva letto il loro scambio di e-mail, che non lasciavano assolutamente presagire la tragedia che aveva colpito April.
Era ancora sconvolta dalla fine orrenda che aveva fatto la poverina e non aveva voglia di tornare a casa. Priva di borsetta, cellulare e chiavi, sentiva di essere stata privata anche della sicurezza di cui godeva nel suo ambiente domestico. Non poteva neanche rifugiarsi da Adriana, che sarebbe stata una scelta naturale in altre circostanze. Improvvisamente, dopo più di dieci anni, Jonah si era frapposto nuovamente tra le due amiche. Non aveva voglia di parlare con Adriana della presenza di Jonah a casa sua, ma sapeva che qualsiasi discorso sarebbe stato goffo e stentato se non l’avesse fatto.
Perciò aveva deciso di fermarsi in un locale per rilassarsi e non pensare né al periodo trascorso in accademia con Jonah, né all’aggressione subita per opera di Butch Vaughn o al cadavere appena rinvenuto, che forse era quello di April Bonner e poteva essere collegato ad altri sette omicidi.
Chiunque avesse ucciso quella poveretta l’aveva fatto in maniera brutale. Se era stato Butch, era un pazzo perverso, che purtroppo, adesso, sembrava essersi fissato con lei.
Francesca si chiese se avesse riesumato la salma di April, sempre che fosse lei, e l’avesse lasciata a Skull Valley per inviarle un messaggio. Perché altrimenti avrebbe dovuto far rinvenire alla polizia un cadavere che era già riuscito a occultare e che avrebbe potuto fornire prove a suo carico? Doveva avere un motivo recondito per quel gesto eclatante.
Probabilmente quello che era accaduto il giorno prima ne era la causa. Era andata nel deposito a cercare April e aveva attirato l’attenzione della polizia su Vaughn, e lui si era vendicato dandole ciò che voleva, ma a modo suo.
Solo ora Francesca capiva perché non si fosse introdotto in casa sua la notte prima, quando lei era più vulnerabile, ma si fosse accontentato di farle sapere cos’avrebbe potuto fare.
Perché era sicuro di poterla inchiodare quando avesse voluto.
Arrivò la cameriera con il piatto che aveva ordinato. Francesca la ringraziò debolmente, poi tentò di mangiare ma non riuscì a masticare più di un boccone. Il cibo non aveva alcun sapore e lei aveva ancora lo stomaco sottosopra.
Rinunciò per evitare di vomitare tutto, lasciò due banconote sul tavolo e uscì dal locale, poi cercò una cabina telefonica per chiamare la sua segretaria.
Sicuramente Heather era fuori di sé; non aveva avuto notizie di Francesca per tutto il giorno, contrariamente al solito. Quando era fuori per indagini si teneva in contatto con Heather più volte al giorno, ma senza il cellulare era un problema.
Doveva risolvere la cosa al più presto e comprare un altro telefonino, scuotendosi di dosso la stanchezza che la rendeva letargica. Se fosse entrata in un negozio di telefonia mobile avrebbe potuto chiedere al commesso di fare una chiamata mentre aspettava che il nuovo cellulare venisse attivato.
Così avrebbe potuto sentire Heather e chiederle di assicurarsi che fosse ripristinata la linea a casa e che il fabbro avesse cambiato la serratura.
Per acquistare un nuovo telefono, tuttavia, le servivano soldi. Senza più il bancomat e la carta d’identità le sarebbe stato difficile fare un prelievo.
Per fortuna conosceva di persona il direttore della filiale della sua banca. Non le restava che sperare che credesse al furto della sua borsa. Avrebbe fatto meglio ad affrettarsi per andare a parlargli prima dell’ora di chiusura.
Butch l’aveva messa veramente in difficoltà... e forse quello era solo l’inizio.
«Ehi, io vado.»
Jonah alzò la testa dalla scrivania e vide la dottoressa Price sulla porta. Era andato in ufficio per controllare le e-mail e contattare un profiler con cui aveva collaborato in passato ma evidentemente la stanchezza aveva avuto il sopravento e si era addormentato poggiando la testa sulle braccia ripiegate. Sperava che il sonnellino gli avesse fatto bene, anche se era ancora stordito per essersi svegliato di soprassalto.
«Buon per te, anche tu hai bisogno di riposare» le disse.
«Dovresti fare altrettanto. Dormire sulla scrivania non compensa tutte le ore di sonno che hai perso. Non possiamo esaurirci, Jonah» gli fece notare la dottoressa Price con aria materna. «Dobbiamo essere freschi per svolgere al meglio il nostro lavoro.»
Jonah annuì sospirando.
Era vero, ma in una situazione di emergenza come quella anche prendersi qualche ora libera poteva comportare dei rischi concreti per le potenziali vittime di un pluriomicida a piede libero. Dopo aver visto il cadavere a Skull Valley, era ancora più deciso a rimanere vigile ed efficiente quanto più possibile.
«Hai avuto notizie di Finch o Hunsacker?» chiese.
«Ancora no. Io vado, mi aspetta mia figlia. Devo fare da babysitter ai nipotini perché esce con il marito» gli spiegò.
«Buona serata.»
«Cerca di mangiare qualcosa, mi raccomando.»
Jonah la salutò e, appena Leslie fu uscita, controllò il telefono per vedere se qualcuno l’aveva chiamato mentre faceva il pisolino.
Niente dagli ispettori. Jonah si chiese se Finch avesse sentito il patologo e se fosse stato identificato il cadavere di Skull Valley. Era un po’ presto ma Finch gli aveva detto che l’autopsia sarebbe stata fatta subito. Era quello che Jonah sperava; con un omicida così attivo, la giustizia avrebbe dovuto muoversi più in fretta del solito.
Sbadigliando, continuò a guardare l’elenco delle chiamate perse. Nessuna notizia neanche da Francesca, e lui non aveva modo di contattarla. Jonah si rammaricò di non averla portata con lui dopo la riunione, ma Francesca era andata via in fretta mentre lui stava ancora parlando con Finch e Hunsacker. Jonah non l’aveva fermata perché si era accorto che era sconvolta e che aveva bisogno di stare da sola per riprendersi.
Però si era pentito di non chiederle di farsi viva. Ora non aveva idea di dove fosse.
Sperò che non avesse deciso di tornare a casa sua quella sera. Magari Butch Vaughn aveva solo voluto intimidirla presentandosi nel suo giardino, d’altra parte un uomo del genere poteva diventare pericoloso molto rapidamente.
Chiamò Finch, che rispose subito, e gli chiese dove fosse.
«All’obitorio, con il dottor Jernigan» rispose l’ispettore. «Sta eseguendo l’autopsia.»
«Scoperta la causa esatta della morte?»
«Trauma da corpo contundente. È stata colpita con una mazza o un grosso bastone. Stiamo aspettando il referto tossicologico.»
«Ci sono prove che possono aiutarci a identificare l’omicida?»
«No, ma forse possiamo identificare la vittima senza attendere le impronte dentali. Ha un tatuaggio all’interno della coscia destra, una farfalla che esce dal bozzolo» gli spiegò.
Jonah si strofinò il mento e pensò che avrebbe dovuto fare un salto al motel per fare la doccia e radersi. «Mi sembra piuttosto insolito e facile da identificare. Sai se April Bonner aveva un tatuaggio del genere?»
«Ci stiamo informando. Ho contattato la polizia di Mesa ma il detective di turno non ha letto la pratica e quello che si occupa del caso è in permesso per motivi di famiglia oggi. Non credo che avremo notizie prima di domattina.»
«Forse Francesca sa se April Bonner aveva un tatuaggio del genere, oppure può chiederlo alla sorella che l’ha ingaggiata.»
«Ci ho pensato, ma non riesco a contattarla.»
«Non ha il cellulare e le hanno tagliato la linea telefonica fissa, lo sai.»
«Sì, speravo che almeno la linea a casa fosse stata ripristinata ma, quando chiamo, il telefono mi dà il segnale che è staccato.»
«Non c’è da stupirsi. Ci vuole un po’ di tempo per riattivare la linea. Hai provato in ufficio?»
«Sì, mi ha risposto la segretaria che non ha sue notizie neanche lei. Mi ha detto che se la sente le darà il mio messaggio.»
«Ho chiamato anch’io e mi ha detto la stessa cosa. Devo dire che questo non mi tranquillizza affatto.»
«Tu pensi che Francesca Moretti possa essere la prossima vittima?»
«Tu no?»
«Sarebbe imprudente da parte dell’omicida. Se fosse veramente Butch Vaughn, sa che colpendola diventerebbe il nostro principale indiziato. Credi che voglia correre questo rischio?»
«Per quanto lo sospettiamo, dobbiamo trovare prove concrete prima di accusarlo e lui lo sa. Secondo me è convinto di farla franca e ingannarci.»
«Lo ritieni così arrogante e sicuro di sé?»
Mentre parlava con Finch, Jonah prese la chiave della macchina dalla scrivania, spense la luce dell’ufficio, uscì, salì in macchina e mise in moto.
«Dopotutto ieri ci ha fregati, no?» osservò. «Ce ne siamo andati con la coda fra le gambe mentre lui ha ancora la borsa di Francesca.»
«Però non è stata colpa nostra» precisò Finch.
«Forse sì, invece. Hunsacker non può aver perlustrato a fondo il deposito in così poco tempo. Probabilmente gli è sfuggito qualcosa. E poi, quando Vaughn gli ha fatto vedere il manichino, Hunsacker si è convinto che quella fosse una spiegazione plausibile e che indagare a fondo sarebbe stata una perdita di tempo, per cui ha fatto solo una perquisizione sommaria. Vaughn l’ha avuta vinta, e questo gli ha confermato che può farla franca quando vuole.»
Ci fu un lungo silenzio, poi Finch disse: «Ne abbiamo già parlato e Hunsacker ha ammesso che avrebbe potuto eseguire una perquisizione più accurata, ma che quando ha visto il manichino ha temuto di finire nei guai se Butch Vaughn avesse deciso di accusare la polizia di perseguitarlo senza motivi validi».
«Visto? Avevo ragione.»
«Però rubare una borsa non è grave come commettere un omicidio.»
«Non dimenticare che Vaughn è stato l’ultimo a vedere viva April Bonner. Anche se il cadavere non fosse suo, resterebbe comunque una persona scomparsa.
Dev’esserle per forza successo qualcosa dopo aver incontrato Butch Vaughn sabato sera.»
«Hai ragione» sospirò Finch. «Metterò Vaughn sotto sorveglianza finché non avremo maggiori elementi.»
«È già qualcosa. Io intanto vedo se riesco a rintracciare Francesca e se sa del tatuaggio.»
«E come farai? Vuoi andare fino a casa sua?»
«Se necessario» rispose Jonah prima di chiudere la comunicazione e partire.
Ma sapeva di avere un’alternativa: rivolgersi ad Adriana. Forse lei sapeva dove fosse Francesca o addirittura avrebbe potuto trovarla a casa dell’amica. Tuttavia non era affatto entusiasta alla prospettiva di contattare la donna con cui aveva commesso il più grave errore della sua vita.