26

Dean era appostato nel giardino di Francesca e spostava nervosamente il peso da un piede all’altro mentre sorvegliava le finestre, in attesa che lei spegnesse le luci e andasse a dormire. Muoversi in continuazione gli permetteva di sopportare meglio l’ansia che gli faceva prudere tutto il corpo. Si rammaricò di non aver preso i farmaci quella mattina. Aveva lasciato passare troppo tempo dall’ultima dose e stava andando in crisi di astinenza, però sapeva che se avesse preso i farmaci non avrebbe potuto fare quello che andava fatto. Per quel motivo a volte fingeva d’ingoiare le compresse e invece le buttava. Quando le prendeva aveva l’impressione di vivere su una nuvola e di guardare il mondo dall’alto, senza partecipare a quello che accadeva intorno a sé. Sotto l’effetto di quelle medicine non gli importava più di nulla, era trasognato e assente. Invece ora doveva restare lucido e riparare al suo errore.

Come gli aveva detto sua madre, non avrebbe dovuto mettere quegli slip nel vano portaoggetti dell’auto di Butch. Se non fosse stato tanto avventato a quell’ora non sarebbero finiti nelle mani sbagliate e lui non sarebbe stato lì, a spiare Francesca Moretti, lontano dal nido sicuro e protettivo del suo ambiente e dall’affetto dei suoi cari.

Era stato buono con Francesca, le aveva restituito la borsa e anche le foto, malgrado avesse desiderato moltissimo aggiungerle ai suoi tesori per contemplarle di nascosto e fingere di far parte anche lui della sua vita.

Perché Francesca insisteva a non farsi gli affari suoi? Forse l’aveva preso di mira e voleva causargli dei problemi?

No, forse no, si disse. Per Francesca non esisteva neanche. Come tutte le altre donne che gli piacevano, anche lei lo ignorava. Bastava pensare a come l’aveva trattato l’amica di Francesca, Adriana. Non aveva neppure voluto offrirgli un bicchiere d’acqua e gli aveva mentito.

No, non doveva sentirsi in colpa per quello che stava per farle. Francesca se l’era meritato...

Doveva rimediare al suo errore, si disse per l’ennesima volta. Sua madre gli aveva fatto capire chiaramente che aveva sbagliato e Dean voleva che apprezzasse la sua capacità di prendere in mano la situazione per sistemare tutto. Sarebbe stata fiera di lui quando gliel’avesse detto.

Per fortuna era ormai notte; restare nascosto al buio lo calmava. Gli piaceva confondersi con le ombre, a osservare senza essere visto.

Finalmente Francesca spense le luci e la casa fu avvolta dall’oscurità. Dean passò all’azione. Prese dallo zainetto la minitorcia, il giravite e il grimaldello poi si avvicinò alla casa e si diresse verso la porta sul retro.

Per fortuna la serratura non era niente di sofisticato, come si aspettava. Non era la prima volta che ne forzava una di quel tipo. Avrebbe impiegato al massimo due minuti... e poi sarebbe stato dentro, libero di fare tutto quello che voleva.

 

«Che fai?»

Butch s’irrigidì e si bloccò sentendo la voce di sua moglie alle sue spalle. Aveva sperato che dormisse e non avesse sentito l’auto quando era rientrato. Non voleva coinvolgerla in quello che stava per fare.

«Non badare a me, vai a dormire» replicò.

Si voltò a guardarla e vide che era pallida e lo fissava con gli occhi sbarrati come se avesse visto un fantasma. Gli fece quasi compassione, così piccola, fragile e spaurita.

«Ma che succede, si può sapere? Non hai recuperargli slip?»

Butch curvò le spalle. Si sentiva un verme per aver coinvolto tutta la famiglia nel disturbo che lo spingeva a cercare sempre sesso, sesso e ancora sesso.

«No» ammise, vergognandosi per il suo fallimento.

«Non li aveva Francesca Moretti?»

«Non sono andato a Chandler.»

«Perché no?» trasalì Paris.

«A che sarebbe servito?»

Paris lo fissò accigliata. «Hai bevuto?»

«Solo due birre. Sono perfettamente sobrio e lucido» la rassicurò lui. «Ascoltami.»

«Non capisco perché non sei andato a casa della Moretti!» protestò lei.

«Perché anche se avesse preso gli slip, non è detto che li abbia ancora. Potrebbe averli dati a qualcun altro, invece che a Finch, per esempio a quel consulente, oppure potrebbe averli affidati a un laboratorio per farli analizzare. E, se anche li avesse, credi che me li darebbe? Dovrei costringerla con la forza. Allora sì che sarebbe convinta che sono un assassino e la polizia finirebbe per crederle.»

«Ma noi non possiamo permettere che gli slip vengano analizzati!» protestò Paris. «Credo di sapere a chi appartenevano...»

Paris l’aveva intuito, pensò Butch.

Glielo leggeva nello sguardo. «Come l’hai capito?» «Dal modo in cui ti comporti.»

Dopo il suo litigio con Dean, Butch aveva spiegato la situazione a Elaine. Non avrebbe dovuto, perché la suocera avrebbe sicuramente detto tutto a Paris.

Si avvicinò alla moglie, le mise le mani sulle spalle e cercò di rassicurarla. Si sentiva in colpa per quello che Paris doveva sopportare solo perché lui non era in grado di tenere a freno i suoi istinti. Se non fosse stato tanto imprudente non si sarebbe trovato nei guai fino a quel punto.

«Paris...» cominciò, esitante.

«Avremmo dovuto rivolgerci subito alla polizia appena è successo» bisbigliò lei, interrompendolo. «Per dire cosa? Che hai ucciso accidentalmente una ragazza con cui avevo una relazione extraconiugale? E chi ti avrebbe creduto?»

«Perché? È stato davvero un incidente!» protestò lei. «Eri sconvolta quando l’hai spinta, non è un incidente ma omicidio colposo.»

Paris lo guardò con le lacrime agli occhi. «Non pensavo che sarebbe caduta. Volevo solo che capisse che doveva lasciarti in pace. Abbiamo commesso un errore sin dall’inizio perché non avremmo dovuto farla vivere con noi.»

«Lo so io e lo sai tu, ma chi vuoi che ci creda? La polizia non si dimostrerebbe comprensiva se spiegassimo la situazione adesso, dopo tanto tempo. Il procuratore distrettuale ci dipingerebbe come due complici assassini. Vuoi davvero andare in prigione per un reato che non avevi intenzione di commettere?»

Paris parve accartocciarsi su se stessa sotto il peso delle parole del marito. Butch pensò che in quei mesi era dimagrita, come se il loro segreto le stesse succhiando l’energia vitale.

«No, certo che no, Però non so quanto sia meglio vivere costantemente con l’angoscia e la paura di esseri scoperta.»

«Non permetterò che ti accada niente» la rassicurò lui. «Non potranno mai portarti via da Champ.»

Paris si torse le mani, tormentata. «Ma se dovessero trovare il cadavere mi porterebbero via comunque.»

«No, non troveranno niente perché io intendo sbarazzarmene adesso. È la nostra unica possibilità di stare tranquilli.»

Paris sbarrò gli occhi. «No! Sai cosa pensa mia madre. È meglio lasciare qui il corpo dove possiamo tenerlo d’occhio. Non possiamo rischiare che qualcuna lo trovi per caso.»

«La situazione è cambiata, Paris. Dobbiamo portarli via dal deposito. Per colpa degli slip, se la polizia dovesse trovare una corrispondenza con il DNA verrebbe qui con un mandato di perquisizione e allora quanto credi che impiegherebbe a trovare Julia?»

Paris si coprì il volto con le mani come per difendersi dalle sue parole, poi tornò a guardarlo. «Hai ragione» ammise infine.

«Bene, ora vai a dormire. È stata colpa mia se ci siamo trovati in questa situazione e io risolverò il problema. Dimentica la faccenda, come ti ho già detto.»

«Come se fosse possibile dimenticare!» sussurrò Paris, angosciata. «Il ricordo del suo viso mi tormenta giorno e notte. Il suo fantasma mi perseguita. Vuole farmi diventare pazza come Dean, lo so!»

«Julia è morta, Paris. I fantasmi non esistono. Vai Non t’immischiare.»

Paris scoppiò a piangere a dirotto. Con le spalle scosse dai singhiozzi, gli chiese: «Dove la metterai?».

«In un posto in cui nessuno potrà mai trovarla. Fidati, andrà tutto bene. Tu lascia fare a me.»

Butch sapeva che Paris non si fidava di lui.

Se non l’avesse tradita continuamente, non si sarebbero trovati in quel pasticcio. Purtroppo in fatto di donne non riusciva a trattenersi. Ci aveva provato, eccome se ci aveva provato! Ma Julia era stata una facile conquista sempre a portata di mano e così desiderosa di compiacerlo...

«Se avessi voluto vivere con un’altra ti avrei fatto finire in prigione, no?» le fece notare. «Invece sono qui per aiutarti, così come tu hai aiutato me sin da quando ci siamo sposati. Non siamo perfetti ma ci amiamo e possiamo sempre contare uno sull’altra per qualsiasi cosa. Ricordalo, Paris.»

Lei annuì debolmente, fissandolo con occhi così tristi da fargli provare una compassione infinita. Però non aveva tempo da perdere a tentare di rassicurarla e consolarla.

Era tardi e aveva molta strada da percorrere, v «Torno appena posso.»

Dopo aver salutato Paris, andò a prendere la chiave del lucchetto in ufficio. Quella storia doveva finire una volta per tutte.

 

Francesca non riusciva a dormire. Era turbata per quello che aveva saputo su Dean Wheeler e temeva di aver perso del tempo prezioso concentrando le indagini sulla persona sbagliata. Non aveva escluso Dean dai sospetti ma non si sarebbe mai aspettata di venire a sapere che l’unica donna con cui avesse avuto una relazione fosse sparita poco tempo dopo che lui l’aveva minacciata di morte. Per quanto Dean fosse uno squilibrato, non le era parso pericoloso quanto Butch.

Era pur vero che chiunque, nonostante avesse un fisico gracile, avrebbe potuto picchiare a morte una persona, se fosse stato armato di una mazza o una pala.

Allora era stato proprio Dean a seppellire tutti quei cadaveri a Dead Mule Canyon? Tra loro magari c’era anche la sua ex...

Francesca avrebbe voluto parlare con Jonah delle scoperte fatte dal padre. L’aveva chiamato, ma Jonah aveva spento il cellulare. Non le restava altra scelta che contattare Finch, a quel punto.

Probabilmente a quell’ora stava dormendo, ma Francesca non voleva perdere altro tempo. Si chiese se qualcuno, a suo tempo, avesse indagato sulla scomparsa di Sherrilyn Gators e se avesse trovato degli indizi utili. Probabilmente, come in molti casi, la polizia aveva dei sospetti ma nessuna prova circostanziale. Tuttavia Francesca non capiva perché Finch e Hunsacker non avessero collegato il nome di Dean a un caso precedente. Se l’avessero fatto, le indagini avrebbero preso subito tutt’altra direzione.

D’altra parte c’erano così tante variabili che era impossibile valutare, si disse. Magari il caso era stato affidato a un altro ispettore e Finch e Hunsacker ne erano all’oscuro. Ora, però, che era stata riunita una task force c’erano le risorse per indagare in più direzioni, e Francesca non voleva perdere tempo. L’unica cosa da fare era chiamare Finch e metterlo a parte delle sue scoperte. Altre innocenti potevano essere in pericolo.

Preparandosi a un’accoglienza tutt’altro che calorosa, trovò il numero di Finch sulla rubrica del cellulare e lo chiamò. L’ispettore rispose con voce impastata dal sonno.

«Pro... pronto?» farfugliò. Oltre a essere dispiaciuta per averlo svegliato, Francesca non poté fare a meno d’invidiargli la capacità di dormire a dispetto della situazione.

«Salve, sono Francesca Moretti.»

«Lo so, ho il numero in rubrica» rispose lui in tono cordiale. «Non mi dica che è rimasta di nuovo chiusa nel deposito di Butch Vaughn e vuole aiuto» aggiunse con sarcasmo.

Francesca ignorò la battuta.

«Sapeva che cinque anni fa Dean Wheeler ha minacciato di uccidere la sua ex?»

«E mi ha svegliato per dirmi questo? Non poteva aspettare domattina?»

«Mi è parso importante» si giustificò.

«C’è altro? Vuole forse dirmi che Butch Vaughn ha ucciso le donne di Dead Mule Canyon perché l’ha visto nella sua sfera di cristallo?»

Francesca sbuffò. «Si risparmi le battute, non servono a trovare il colpevole.»

«Ho tutto il diritto di farle, visto che mi ha svegliato in piena notte. Sbaglio o le avevo detto di non immischiarsi più nelle indagini?»

«Non le ho promesso che avrei seguito il suo consiglio» precisò lei.

«Se non lo farà la sbatto in prigione, l’avverto» la minacciò Finch.

«Se sarò riuscita a salvare una vita umana ne sarà valsa la pena» sentenziò Francesca.

«Sì, ma...»

«Se vuole tornare a dormire stia zitto e mi ascolti» lo interruppe, decisa. «Il motivo della mia telefonata è che voglio assicurarmi che lei sappia che Dean Wheeler ha minacciato di uccidere una donna che poi è scomparsa. Si chiamava Sherrilyn Gators, se per caso volesse indagare.»

Finch sospirò. «Ricordo il nome, è nel nostro elenco delle persone scomparse. Però del caso si occupa la polizia di Prescott.» Fece una pausa, poi aggiunse: «Come fa a sapere che Dean la conosceva?».

«L’ho visto nella mia sfera di cristallo.»

Francesca chiuse la comunicazione. Aveva buttato l’esca. Ora Finch avrebbe potuto indagare da solo, se avesse voluto.

 

Dean impiegò più tempo del previsto a scassinare la porta di Francesca, però quando entrò si accorse che non stava ancora dormendo perché sentì lo sciacquone in bagno e poi l’acqua scorrere nel lavandino.

Si avvicinò di soppiatto e la sentì borbottare improperi fra sé e sé all’indirizzo di un certo Finch. Ricordò che era uno degli ispettori.

Era un bene che quelli che si occupavano delle indagini non andassero d’accordo tra loro, perché sarebbero stati più lenti nel loro lavoro. In effetti Dean era sorpreso che nessuno fosse venuto al deposito a chiedere di Julia.

Aveva rotto i ponti con la famiglia e i suoi non sapevano neppure che fosse morta, ma aveva vissuto co loro per sei mesi. Molti l’avevano vista al deposito e 1a ricordavano. Era mai possibile che nessuno si fosse fatto delle domande quando era scomparsa dalla faccia della terra?

A Dean dispiaceva quella mancanza d’interesse nei confronti di Julia. Dopotutto era stata gentile con lui e lo trattava come una sorella, molto più di Paris. Dean aveva persino composto dei volantini al computer e aveva avuto una mezza idea di stamparli e appenderli nei negozi e all’ufficio postale per segnalare la sua scomparsa. Gongolava al pensiero dello spavento che avrebbe avuto Butch nel vedere che qualcuno la stava cercando.

A volte era tentato di contattare i genitori di Julia e rivelare dove fosse nascosto il corpo, ma non era sicuro che a loro importasse. Julia gli aveva raccontato delle cose terribili sulla sua famiglia.

Grazie a quella informazione, però, avrebbe potuto liberarsi di Butch una volta per tutte. Fino ad allora l’aveva sopportato solo perché sapeva di poter usare la morte di Julia per sbarazzarsi del cognato se fosse stato costretto a farlo.

Adesso invece era contento di aver tenuto la bocca chiusa.

Aveva scoperto che sua madre sapeva tutto. Dubitava che fosse coinvolta direttamente nella morte di Julia, perché sua madre provava compassione per la ragazza. Era stata lei a darle un lavoro e a farla vivere al deposito. Tuttavia coprire Butch equivaleva a essere complice di un omicidio, anche se la madre taceva solo perché Paris non perdesse il marito.

In attesa che Francesca uscisse dal bagno, Dean si appiattì contro il muro e avvolse intorno alle mani le due estremità della corda che aveva preso dallo zainetto. La tese e aspettò. Gli dispiaceva dover arrivare a tanto, ma non aveva scelta. Doveva farlo per sua madre; avrebbe fatto qualsiasi cosa per lei. Malgrado tutti i suoi difetti, era un figlio leale e affettuoso.

Ma la porta del bagno non si aprì. Dean sentì l’acqua scorrere nella vasca. Francesca aveva deciso di fare un bagno.

In fondo a Dean non dispiacque avere più tempo a disposizione per guardarsi intorno. Entrò nella camera da letto e frugò nei cassetti illuminandoli con la torcia elettrica. Se avesse trovato gli slip di Julia avrebbe potuto andarsene indisturbato con il bottino e Francesca non avrebbe mai saputo che si era introdotto in casa sua.

Ma le cose non erano mai semplici, soprattutto per lui. Mise sottosopra la camera ma non trovò niente e non osò cercare nelle altre stanze perché si accorse che Francesca aveva tolto il tappo alla vasca. Sentiva l’acqua defluire gorgogliando.

Francesca stava per uscire dal bagno.

 

Il sonnifero che aveva preso prima di fare il bagno stava cominciando a fare effetto. Francesca era più rilassata, intorpidita. La telefonata a Finch l’aveva innervosita, ma ormai non poteva farci niente. L’opinione degli ispettori non era importante. Lei avrebbe fatto il possibile per trovare chi aveva ucciso April. Glielo ordinava la sua coscienza, indipendentemente da quello che le aveva imposto Finch.

E se avessero voluto incriminarla facessero pure. Si sarebbe trovata un avvocato.

Quanto a Jonah... Non sapeva proprio cosa pensare. La sua resistenza ad ammettere di provare qualcosa per lui la stava abbandonando insieme alla tensione. Se chiudeva gli occhi le sembrava di averlo accanto a sé, di poterlo stringere tra le braccia per fare l’amore con lui come un tempo. Era una follia, ma lo desiderava ancora più di prima.

E poi c’era Adriana, con tutti i problemi legati al fatto che non si fidava più di lei... Francesca cancellò dalla mente il pensiero dell’amica, altrimenti era sicura che il sonnifero avrebbe smesso di fare effetto.

Si frizionò con un telo di spugna, si asciugò i capelli con il phon, si mise la camicia da notte ed entrò in camera senza accendere la luce. Ma il corridoio illuminato rischiarava l’ambiente abbastanza da farle vedere che qualcuno le aveva aperto tutti i cassetti, da cui si riversavano a terra indumenti e biancheria intima.

Chi era stato a frugare in camera sua? L’adrenalina che le andò immediatamente in circolo annullò l’effetto del sonnifero.

Francesca aguzzò la vista nella penombra per individuare il cellulare posato sul comodino e la bomboletta di spray al peperoncino, incerta se non fosse meglio voltarsi e darsela a gambe senza perdere tempo. Decise di chiudere la porta a chiave, recuperare il telefono e lo spray, e poi nascondersi sotto il letto e chiamare il pronto intervento, ma con la coda dell’occhio colse un movimento che la raggelò.

Chi si era introdotto in casa sua non aveva solo messo a soqquadro la stanza.

Ora era chiuso a chiave in camera con lei.