7
Francesca si girò su un fianco per sfuggire alla mano che le. scuoteva una spalla, ma l’insistenza di chi cercava di svegliarla a tutti i costi riuscì infine a strapparla alla densa nebbia del sonno.
«Che... che c’è?» farfugliò sforzandosi di sollevare le palpebre pesanti.
Quando ebbe schiarito la vista stropicciandosi gli occhi, vide Jonah e sorrise. Era così bello! La forza delle sue braccia muscolose e il calore del suo corpo la spingevano a desiderare un contattò, tanto che gli prese la mano e se la premette su una guancia. Era passato così tanto tempo...
Poi ricordò cosa le aveva fatto. Non stavano più insieme, non erano neanche amici ormai.
Respinse la mano di Jonah con un gesto brusco, si scostò di scatto, poi cercò di ricordare come mai fosse in camera sua.
Rammentò il deposito di Butch Vaughn, Jonah che si avvicinava a lei, il manichino, la collera di Finch, la sagoma di Butch Vaughn sulla sdraio. Non erano ricordi piacevoli ma era ora di affrontare la realtà. Che fosse riposata o no, doveva trovare un modo di risolvere quei problemi.
«È già ora di alzarsi?» mugugnò.
Jonah non rispose e Francesca lo guardò con la coda dell’occhio per cercare di capire dalla sua espressione se fosse rimasto sorpreso da quel suo attimo di debolezza, o se ne fosse soddisfatto, ma lui inalberava sul volto una maschera impassibile.
«Abbiamo molto da fare. Vai a farti una doccia.»
«Doccia?» sbadigliò Francesca. «Non avevi detto che avevo bisogno di riposare?»
«Sì, ma prima che mi chiamasse Finch per informarmi che c’è stato un altro omicidio.»
La parola omicidio dissipò completamente la stanchezza di Francesca. «Si sa chi è la vittima?»
«Ancora no, ma dalla descrizione potrebbe essere April Bonner.»
«No...»
«Temo di sì.»
«Mi dispiacerebbe moltissimo se fosse lei. Ha pagato con la vita il fatto di sentirsi sola e ha finito per fidarsi dell’uomo sbagliato.»
Jonah annuì con aria grave. Per certi versi, anche Francesca si era fidata dell’uomo sbagliato... lui.
«È stato Butch?» gli chiese lei.
«Potrebbe essere. Il cadavere è stato rinvenuto a Skull Valley, che è a un quarto d’ora di macchina da Prescott ed è ancora più vicino a casa sua. E io e te sappiamo che ieri notte Butch Vaughn era in giro.»
«Ma come fa a sgattaiolare da casa senza che nessuno lo noti?» esclamò Francesca. «Ha una moglie! Non si chiede dove vada di notte?»
«Forse ha paura di riconoscere che è sposata a un maniaco omicida e preferisce fingere di non sapere.»
«Skull Valley è vicina anche al luogo in cui è stata trovata la fossa comune, no? Dov’è stato rinvenuto il corpo?»
«Sul marciapiede davanti a un negozio.»
«Quindi Butch ha dovuto rinunciare al suo cimitero privato ed è stato costretto a trovare in fretta un’alternativa» commentò Francesca. «Però mi stupisce che non gli sia venuto in mente niente di meglio che sbarazzarsi del corpo al centro di Skull Valley.»
«Non credo che l’abbia fatto per disperazione. Skull Valley era comodo per lui. È un paesino isolato, dove non gira nessuno e Vaughn non rischiava di essere visto. D’altra parte avrebbe potuto abbandonare il corpo nel deserto, dove avrebbe avuto ancora meno possibilità di essere scoperto.»
Francesca rifletté. Jonah aveva ragione. Non sembrava avere fretta la notte prima. Aveva lasciato di proposito il cadavere in un posto pubblico.
«È in collera e ci ha mandato un messaggio» dedusse. «Vuole farci capire che non ha paura della polizia.»
«Così come ieri sera è venuto qui per farti capire che non gli fai paura.»
«Esatto.»
Jonah le fece un cenno per sollecitarla. «Dai, alzati. Ci aspettano due ore di macchina.»
Francesca balzò in piedi. «Vado a fare la doccia. cinque minuti e sono pronta.»
Anche dopo essersi lavata, Francesca non si sentiva meglio. Le bruciavano gli occhi e aveva le palpebre gonfie. Non aveva tempo di truccarsi, ma si spalmò in fretta un po’ di crema per il corpo all’aloe su braccia e gambe per calmare il rossore delle escoriazioni del giorno prima. Si pettinò, si raccolse i capelli e si passò il lucidalabbra, poi indossò dei pantaloni a pinocchietto di lino marrone con una camicetta turchese e dei sandali di cuoio.
Andò in cucina e fu accolta da un profumino stuzzicante. Era una vita che non aveva un uomo che cucinasse per lei.
«Mmh, che odorino ! Che hai fatto di buono?»
Jonah sollevò la testa e Francesca si accorse che anche lui aveva l’aria stanca e gli occhi iniettati di sangue. Aveva la barba lunga e si muoveva al rallentatore, come se il cervello esausto faticasse a trasmettere i comandi. Però era sempre fantastico. La maglietta metteva in evidenza i bicipiti e il torace ampio. Francesca si rese conto che era più muscoloso di quando stavano insieme, anche se aveva ancora un fisico snello e atletico. I jeans gli fasciavano alla perfezione i fianchi stretti e le natiche sode.
«Uova strapazzate. Purtroppo non ho trovato altro in frigo, tranne una confezione di quattro yogurt scaduti tre mesi fa. Che fai, ti nutri d’aria?»
«Non ho mai tempo, mangio sempre qualcosa fuori al volo.»
«Ho notato. Hai appetito?»
«Sto morendo di fame.»
Francesca si sedette a tavola e Jonah le mise davanti un piatto.
«Grazie. Buonissime!» biascicò lei con la bocca piena. «Però se voglio affrontare a mente lucida quello che ci aspetta ho bisogno di una dose abbondante di caffeina.»
Jonah le riempì la tazza di caffè e notò che aveva divorato le uova. «Se hai ancora fame ci sono dei cornetti» la informò mostrandole il sacchetto.
«Sei uscito a comprarli?» si stupì.
«Non posso attribuirmi il merito» replicò lui. «Li ha portati Adriana.»
«È... è passata a trovarmi?» sussurrò.
«Sì, e ha portato due cornetti. Credo che uno fosse per lei, ma ci ha ripensato e ha deciso di non aspettarti per fare colazione insieme.»
«Cos’ha detto quando ti ha visto?»
«Si è scusata e se l’è data a gambe, in pratica.»
«Devi essere rimasto deluso.»
«Perché?»
«Non è certo la reazione che ha avuto l’ultima volta che è rimasta sola con te.»
Francesca si alzò da tavola e versò il caffè nel thermos per portarlo con sé per il viaggio. Jonah rimase in silenzio. Non cercò di giustificarsi né le fece notare che aveva tentato più volte di chiederle scusa. Incassò la frecciata senza lamentarsi e si voltò verso la finestra.
Francesca si lasciò sfuggire un sospiro profondo, rendendosi conto che non avrebbe dovuto lasciarsi prendere la mano dal rancore. Non poteva fare un commento acido al minimo pretesto. Jonah non era lì per farsi insultare, ma per assicurare alla giustizia un pluriomicida.
Avrebbe dovuto mettere una pietra sul passato. Dio, se solo avesse trovato il modo di riuscirvi!
Chiuse gli occhi, poi raddrizzò le spalle e li riaprì. «Scusa, non parliamone più.» Aggiunse uno schizzo di latte al caffè e chiuse il thermos. «Andiamo.»
«Non mangi il cornetto?»
«Non ho più fame» replicò seccamente.
Jonah non fece alcun commento. Francesca si comportava come se il dolce portato da Adriana avesse un significato simbolico, una sorta di ramoscello d’olivo che lei non aveva intenzione di accettare.
«Vuoi venire in macchina con me?» le propose.
Francesca esitò. Andare con un’unica auto avrebbe comportato stare insieme tutto il giorno finché non l’avesse riaccompagnata a casa. Inoltre Francesca abitava a due ore da dove Jonah stava lavorando, per cui non aveva senso fargli fare quella strada in più. Collaborare era una cosa, passare ogni istante insieme era un’altra.
La presenza di Jonah, poi, le ricordava quello che lei tentava con tutte le forze di dimenticare, cioè che non aveva mai amato nessuno quanto aveva amato lui.
«No, grazie. Prendo la mia» rispose.
Lui fece un cenno d’assenso e a Francesca parve che fosse sollevato quanto lei.
Durante il tragitto, Jonah cercò di contattare Finch diverse volte, ma senza ottenere risposta. Probabilmente l’ispettore era impegnatissimo.
Jonah avrebbe voluto concentrarsi su qualcosa che non fosse il pensiero di Francesca. Non voleva passare il tempo a ricordare le foto che aveva visto a casa sua e a chiedersi se avesse amato il tizio che era ritratto con lei davanti al Lincoln Memorial.
Pensare a lei lo riempiva di malinconia e del desiderio struggente di stringerla tra le braccia...
Non aveva mai preteso di evitare le conseguenze di ciò che aveva fatto ed era convinto di non meritare niente di più di quello che aveva avuto. Era stata colpa sua se aveva perso Francesca. Tutto ciò che desiderava ora, però, era smettere di volerla.
Fino al loro incontro avrebbe detto a chiunque che rivederla non l’avrebbe turbato, e invece gli era bastato uno sguardo per provare ancora la stesa attrazione profonda che l’aveva spaventato dieci anni prima.
Quando sentì squillare il cellulare pensò che fosse Finch che aveva visto le sue innumerevoli chiamate e gli aveva ritelefonato. Invece era sua madre.
Era ormai vicino a Skull Valley e fu tentato di non prendere la chiamata. Sua madre non era esattamente il diversivo che sperava di avere per non pensare a Francesca. Tuttavia Jonah sapeva che l’avrebbe richiamato all’infinito finché non avesse risposto.
«Ciao, mamma.»
«Dove sei?»
«In macchina.»
«Non mi aiuta molto.»
«Sono ancora in Arizona a lavorare agli omicidi di cui ti ho parlato. È successo qualcosa?»
«Mi ha chiamato Lori stamattina.»
«Non le avrai detto che ero in Arizona, spero!»
«Invece sì. Perché non avrei dovuto?»
«Perché non sono cose che la riguardano.»
«Era sconvolta, povera cara. Mi ha detto che ha cercato diverse volte di contattarti ma che tu non le hai mai risposto.»
Considerati i segreti di Lori che non aveva riferito a sua madre, Jonah pensò che aveva avuto una bella faccia tosta a chiamarla. Fu tentato di rivelarle la verità e si chiese come avrebbe reagito Rita Young se le avesse detto che Lori era gay da prima di sposarlo.
Però non lo fece. A che scopo? Lori non era più importante per lui.
«Ho avuto da fare» spiegò.
«Tanto da non avere il tempo di richiamarla?»
«Mamma, è la mia ex moglie, non è una delle mie priorità. Per quale ragione dovrei mollare tutto appena mi telefona?»
«Perché no? Che male ti farebbe aiutarla?»
Jonah si chiese fino a che punto Rita sapesse cosà voleva Lori da lui. «Aiutarla a fare cosa?»
«Perché, non lo sai?» si stupì sua madre.
«Non ho capito con precisione cosa voglia da me.»
«Una lettera di referenze per poter avere un bambino in affido.»
Non era esattamente così.
Lori voleva adottare un bambino che doveva ancora nascere, ma Jonah pensò che era tipico di sua madre partire in quarta per appoggiare cause umanitarie senza soffermarsi sui dettagli.
Per lei tutto era bianco o nero, ed era sempre pronta a trinciare giudizi.
«Cosa ti costa scrivere due righe per farle un favore? Ti occorrerebbe solo qualche minuto» insistette.
«Non credo che il mio contributo possa essere determinante, comunque lo farò appena potrò.»
«È solo una questione di buona volontà, Jonah. Le coppie divorziate non devono necessariamente essere nemiche, prendi me e tuo padre, per esempio.»
«Papà si è risposato ed è sua moglie ad avere a che fare con te, di solito, quando lo chiami.»
«Non è vero, in ogni caso io e Jolynn andiamo molto d’accordo.»
Essendo spesso in contatto con suo padre e la sua seconda moglie, Jonah sapeva che Jolynn non era entusiasta di dover sopportare le richieste di Rita. Era una donna diplomatica più del padre di Jonah, e le era toccato il ruolo d’intermediario tra i due.
«E questo che c’entra?»
«È un esempio per dirti che dovresti fare pace con Lori.»
«Grazie del consiglio» replicò brusco. «Lo terrò presente.»
«Lori è così gentile!» tornò all’attacco Rita.
Sì, quando le serve qualcosa, pensò Jonah.
«Non è proprio possibile che torniate insieme?» aggiunse, speranzosa.
«No, mai e poi mai» ribatté Jonah, categorico.
Sua madre si stupì di quella fermezza.
«Accidenti, non pensavo che covassi tanto astio nei suoi confronti! Mi sembravate una coppia perfetta e invece vi siete lasciati, di colpo... Non ho ancora capito perché.»
«Differenze irreconciliabili» dichiarò Jonah. «E ora scusa, mamma, ma devo lasciarti. Ci sentiamo dopo.»
«Va bene» sbuffò Rita. «Ma non dimenticare di contattare Lori.»
«Sì, ho capito. Grazie, mamma, ciao.»
Jonah chiuse la comunicazione. Lori poteva aspettare finché lui non fosse tornato in California, pensò con astio. Per il momento, non poteva pensare né a lei né a sua madre. Mancavano solo dieci chilometri a Skull Valley e Francesca era dietro di lui.
Si chiese cos’avrebbero trovato al loro arrivo. Ma niente avrebbe potuto prepararlo a quello che vide.