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Jonah trovò Francesca seduta su una sedia sotto il portico, con un coltellaccio da macellaio in una mano e una tazza di caffè nell’altra. A giudicare dalla stanchezza che le pendeva addosso come un cappotto troppo largo, non aveva chiuso occhio.

Erano le cinque e mezza. Il sole si stava lentamente levando all’orizzonte. La strada in cui abitava Francesca era deserta e silenziosa. Jonah aveva visto solo il fattorino che consegnava i giornali porta a porta. Non c’era nessun altro.

«Hai l’aria distrutta» fu il suo saluto mentre le portava il quotidiano che il ragazzo aveva lanciato sul prato passando in bicicletta.

Avrebbe potuto essere più educato e diplomatico, ma il suo commento serviva a compensare il tuffo al cuore che aveva provato nel vederla in abiti succinti. Indossava solo una maglietta e un paio di calzoncini, e a Jonah bastò un’occhiata per capire che non portava il reggiseno.

Lei socchiuse leggermente lo sguardo vedendolo avvicinarsi e Jonah temette che tentasse di accoltellarlo. In fondo se lo meritava. Ma Finch e Hunsacker erano così in collera con lei per quello che era successo il giorno prima, che lui restava il suo solo alleato nel caso Vaughn. Evidentemente Francesca se n’era resa conto perché posò il coltello sul tavolino accanto a lei e bevve un sorso di caffè.

«Nottataccia, eh?»

Lei inghiottì prima di rispondere. «Pensa di potermi tormentare e farla franca.»

Jonah si sedette sull’altra sedia. «Sei sicura che fosse Butch Vaughn?»

«E chi altri potrebbe essere?»

Jonah la guardò intensamente. Anche in quelle condizioni era bellissima... come sempre. Al mondo c’erano delle cose che non cambiavano mai, pensò. Francesca gli sarebbe sempre piaciuta.

«Lo dici perché ne sei convinta oppure perché l’hai visto?»

«Era buio ma ho visto la sagoma di un uomo che poteva essere Butch per corporatura e altezza. Ha tagliato i fili del telefono in modo che non potessi chiedere aiuto, poi si è messo sulla sdraio a bordo piscina, a tirare sassolini alla mia finestra.»

«Non è esattamente il comportamento che ci si aspetterebbe da un serial killer» osservò Jonah.

«Però se il suo intento era quello di terrorizzarmi ci è riuscito» obiettò Francesca.

«E questo è il modo in cui intendi difenderti?» le chiese lui indicando il coltello. «Affrontando un maniaco con il coltello con cui affetti le carote?»

«È affilatissimo, ed è l’arma migliore che ho, visto che non possiedo una pistola.»

Jonah sapeva il perché. Francesca diffidava delle armi dopo quello che era successo al padre. L’avrebbe convinta a comprarsene una ugualmente perché era più che certo che non avrebbe potuto tenere testa a un bestione come Butch Vaughn con un coltello da cucina, tuttavia non voleva che lei reagisse.

Preferiva che scappasse.

«Avresti dovuto farti ospitare da qualcuno come ti avevo consigliato.»

Francesca sollevò una mano. «Non cominciare. Non posso nascondermi e sperare che il problema si risolva da solo, perché al mio ritorno troverei Butch ad aspettarmi, sempre che non m’intercetti prima da qualche altra parte, per esempio in ufficio.»

«Allora che cosa hai in mente per fermarlo senza farti ammazzare?»

«Lo farò arrestare, ovviamente.»

«Lascia che ci pensi la polizia, Fran.»

«Non chiamarmi così.»

«Non è il tuo nome?»

«I miei amici mi chiamano Fran. Per te sono solo Francesca.»

«Ah, temevo che volessi che ti chiamassi signorina Moretti e ti dessi del lei!» replicò lui, ironico.

Francesca scrollò le spalle. «Mi sento magnanima.»

Jonah esitò, poi sospirò e decise di affrontare l’argomento del loro passato, altrimenti lei non si sarebbe mai fatta aiutare. «Ascolta, non ti biasimo se mi detesti. Se vuoi ti chiederò scusa di nuovo e...»

«Non voglio niente da te» sibilò Francesca, interrompendolo. «Anzi, sì, voglio che tu te ne vada.»

Jonah annuì lentamente. Benché si aspettasse quella risposta, la veemenza del suo tono gli provocò una fitta al cuore. Non credeva di essere ancora vulnerabile nei confronti di Francesca.

«Ti capisco, ma non voglio che i miei errori passati rendano più grave la tua situazione. Visto che siamo entrambi coinvolti in questa faccenda, tanto vale che cerchiamo di risolverla insieme aiutandoci.»

«E come? Fingendo che non hai fatto quello che hai fatto?»

«No, non dovresti fingere, ma dimenticare davvero il passato e voltare pagina. Puoi farlo, a meno che non ci sia qualche motivo che te lo impedisca...»

«Per esempio?»

«Che pensi ancora a me.»

Francesca fece una risata sarcastica. «Non essere presuntuoso!»

«Allora perché sprechi le tue energie a odiarmi? Dovresti metterci una pietra sopra e concentrarti sul caso Vaughn.»

«Vorresti che ti perdonassi?»

«Non pretendo che tu sia tanto generosa. Ti chiedo solo di collaborare con me fingendo che siamo solo due colleghi senza storie passate che ci legano.»

Negli occhi di Francesca passò un lampo. «Questo non cambierebbe quello che sei.»

Jonah avvertì una stretta al cuore. Il pentimento per il proprio comportamento era ancora intenso come se l’avesse tradita il giorno prima. Ma, per quanto si rammaricasse, non poteva cancellare il passato. Se voleva proteggere Francesca doveva risolvere la questione che creava tensione tra loro. Se Vaughn e la scomparsa di April Bonner erano legati agli omicidi del Dead Mule Canyon, avrebbero avuto più possibilità di assicurare il colpevole alla giustizia collaborando da amici.

«Non ti sto chiedendo di venire a letto con me, ma solo di lavorare insieme.»

«Meglio così, sai che non avresti alcuna possibilità di sedurmi» replicò lei secca.

«Sì, lo so» mormorò lui con amarezza.

Il suo tono sincero parve dissipare in parte l’ostilità di Francesca. «Va bene, suppongo di non poter fare altro che collaborare con te, visto che non ho niente di meglio. Perciò non ci resta che mantenere i nostri rapporti su un piano puramente professionale finché questa storia non sarà finita e il caso risolto.»

«Bene, ora che abbiamo deciso una tregua perché non vai a riposare? Veglierò su di te e mi accerterò che il lupo cattivo non si avvicini. Quando ti sveglierai, mi dirai tutto quello che hai scoperto su April Bonner. È un modo come un altro per cominciare le indagini. Al momento è l’unica possibile vittima di cui è nota l’identità e che ha un collegamento con Vaughn.»

«Quindi vuoi restare qui?» esclamò Francesca.

«Esatto. Stai per crollare, hai bisogno di sonno. Se sei stanca non servi a nessuno, né a me né ad April Bonner.»

Francesca era tentata di accettare. «Però sia chiaro, non resti in veste di amico» precisò.

«Credevo avessimo già deciso che siamo solo colleghi» ribatté lui.

«Temporaneamente» lo corresse.

«Come credi, se può farti stare più tranquilla. Cos’hai da perdere? Hai bisogno di dormire.»

La stanchezza ebbe il sopravvento sulla diffidenza. Francesca annuì. «In effetti qualche ora di sonno mi farebbe bene. Ma se vedi che dormo troppo svegliami, abbiamo tanto da fare.»

«Vai, non preoccuparti. Se questo caso prenderà la direzione che temo, ti servirà essere in forma perché potrai riposare ben poco man mano che procediamo con le indagini» commentò Jonah prima di aprire il giornale.

 

All’inizio Jonah non entrò in casa, per non trovarsi nell’ambiente in cui viveva Francesca e avere davanti agli occhi la prova evidente di tutto quello che aveva perso negli ultimi dieci anni. Tuttavia a un certo punto non riuscì più a resistere e varcò la soglia. Si aggirò per il soggiorno guardando le foto sparse, testimonianze di un passato che non lo comprendeva.

C’era una foto che ritraeva Francesca sugli sci con sua madre, in un’altra era con un uomo davanti al Lincoln Memorial. Doveva esserci un legame importante tra loro, a giudicare dal modo in cui erano abbracciati e sorridenti mentre guardavano l’obiettivo.

A un primo sguardo il tizio non gli piaceva. Aveva un che di viscido, anche se Francesca era raggiante al suo fianco. Perché erano a Washington? Forse era un politico? Ma, soprattutto, Francesca era ancora legata a lui? Gli sembrava strano perché, se fosse stata fidanzata, avrebbe chiesto al suo compagno di passare la notte da lei o sarebbe andata da lui. E dov’era quella mattina, quando Francesca aveva bisogno di essere protetta?

C’era un’altra immagine che la ritraeva con lui. Doveva essere una persona importante.

Magari era in viaggio, chissà...

Sul piano del bar c’era una foto di Francesca con il fratello e i genitori. Si capiva che era stata scattata in Italia. Dunque avevano fatto il viaggio che avevano sempre desiderato, nella loro terra d’origine. Jonah vide un altro ritratto di Francesca con un uomo al Gran Canyon. Doveva essere stata scattata prima di quelle con il tizio di Washington, perché sembrava più giovane e aveva un diverso taglio di capelli.

Insomma, Francesca era stata bene senza di lui, aveva avuto dei fidanzati, aveva viaggiato... Gli faceva piacere, ma provava anche una leggera fitta di gelosia che lo indispettiva.

Tra le varie foto ce n’era anche una di Adriana. Non la vedeva da anni, ma l’immagine gli fece capire di colpo quanto Summer assomigliasse alla madre.

La bambina aveva gli stessi occhi azzurri e i capelli castano chiaro, quasi biondi, di Adriana. Anche il naso e l’ovale del viso erano identici. Ma diversamente da Adriana, Summer era molto alta per la sua età ed era magra come un chiodo, come lui da bambino.

Adriana era con un uomo e due bambini che le assomigliavano. Sotto all’immagine c’era una scritta. Buon Natale da Stan, Adriana, Levi e Tyler Covington. Il marito non era molto alto ed era stempiato. Non era un Adone, ma i bambini erano carini e Adriana sembrava felice. Jonah lo sperava per lei; non avrebbe voluto rovinarle la vita come aveva fatto, però a quell’epoca era così proiettato verso l’autodistruzione da non considerare le ripercussioni che le sue azioni avrebbero avuto sulla vita altrui.

Aveva sempre saputo che Adriana aveva un debole per lui, lo capiva dal modo in cui lei lo guardava, però forse non avrebbe approfittato di quella infatuazione se non fosse stato ubriaco. O almeno gli piaceva pensare che sarebbe stato più corretto se fosse stato sobrio.

A nessuno fa piacere ammettere di essere un bastardo senza scrupoli...

Voltò le spalle alla foto di Adriana. Sentiva già abbastanza il peso del passato sulle spalle, senza rinfangarlo guardando quei ritratti. Ogni mese, quando inviava un assegno ai Williams, i genitori adottivi di Summer, si rammaricava di non essere una persona migliore. Era stata un’idea sua quella di aiutare economicamente Burt e Sylvia, pagando ciò che loro non avrebbero potuto permettersi per contribuire al mantenimento di Summer. All’inizio i Williams avevano rifiutato il suo aiuto, poi avevano finito per accettarlo quando si erano accorti che a lui stava veramente a cuore la felicità della bambina. Ogni tanto i Williams gli mandavano una foto di Summer, le fotocopie delle sue pagelle, un disegno che lei aveva fatto a scuola, e Jonah ne era contento. Sapeva benissimo di non poter rimediare con il denaro ai suoi errori, ma almeno faceva ciò che poteva per compensare.

Sin troppe volte si era chiesto cosa sarebbe successo se avesse conosciuto Francesca quando era più maturo. Scuotendo la testa, pensò che doveva smettere di tormentarsi sul passato e rimuginare sui propri errori.

Aveva bisogno di un caffè. Andò in cucina e mise l’acqua nella caffettiera poi, mentre aspettava che il caffè fosse pronto, decise di preparare la colazione.

Aveva appena preso la padella e due uova dal frigo quando sentì vibrare il cellulare. Aveva ricevuto un messaggio.

Sei un bastardo! Perché non mi rispondi?

Era di nuovo Lori. Esausto, Jonah si passò una mano sul volto. Doveva risponderle subito, altrimenti non l’avrebbe lasciato in pace. Si rendeva conto che le pratiche di adozione erano più difficili per coppie dello stesso sesso, perciò Lori cercava di adottare un bambino come single. Jonah non era sicuro che la sua lettera di referenze potesse essere determinante, ma sapeva che quando Lori si metteva un’idea in testa nessuno riusciva a dissuaderla.

Non riusciva a capire come avrebbe fatto a continuare a tenere nascosta ai suoi genitori la propria omosessualità se avesse avuto un bambino in adozione e se questo, crescendo, avesse detto in giro di avere due mamme.

Ma non era il momento di preoccuparsi dei problemi della ex moglie. Ci sentiamo presto, cominciò a scrivere. Per ora avrebbe dovuto bastarle. Era troppo impegnato per perdere tempo a scrivere una lettera di cui avrebbe dovuto soppesare ogni parola e che, secondo lui, sarebbe stata inutile.

Per fortuna Lori non sapeva che era in Arizona, perché abitava a Mesa, una cittadina non lontana da Chandler.

Se avesse saputo che era così vicino avrebbe insistito per vederlo e non avrebbe accettato di buon grado un suo rifiuto.

Sentendo uno sportello che sbatteva davanti alla casa di Francesca prima che avesse finito di digitare l’SMS, rimise il cellulare in tasca e guardò dalla finestra. Non era Butch Vaughn, ma una donna.

Era Adriana.

Jonah si chiese come avrebbe reagito quando l’avesse visto. Probabilmente non sarebbe stata contenta. Però non poteva restare nascosto e permetterle di svegliare Francesca.

Adriana stava per suonare quando lui aprì la porta.

Rimase a bocca aperta, sbalordita, nel trovarselo davanti. «Jonah!» mormorò facendo un passo indietro come se avesse di fronte un oggetto incandescente e volesse evitare ogni contatto.

«Ciao, Adriana.»

Le sorrise ma il suo sforzo di essere cordiale non riuscì a calmarla. Lei scosse la testa e abbassò lo sguardo.

Non era solo sorpresa di vederlo, le dispiaceva che l’avesse vista in una situazione d’emergenza, spettinata e struccata, con indosso una tuta da ginnastica.

«Non pensavo che Francesca avesse compagnia. Torno più tardi» gli disse.

Gli piazzò in mano un sacchetto di carta, che probabilmente conteneva delle paste per colazione poi fuggì. Jonah non tentò di fermarla. Francesca aveva bisogno di dormire e lui non aveva voglia di trovarsi a tu per tu con Adriana. Avrebbe detto a Francesca che era passata a trovarla e lei l’avrebbe richiamata al suo risveglio.

Il fatto che Francesca avesse la foto di Adriana in soggiorno e che si presentasse a casa sua lasciava intendere che erano ancora amiche.

Bene! Almeno non doveva aggiungere quella colpa alle molte altre che aveva... non aveva rovinato la loro amicizia.

Sentendo vibrare il cellulare, rientrò, chiuse la porta e lo estrasse dalla tasca, sicuro che si trattasse ancora di Lori. Sbuffando per la sua insistenza, aprì il messaggio e vide che era Finch.

Se sei sveglio chiamami.

Posò il sacchetto in cucina, andò nella lavanderia e chiuse la porta per non disturbare Francesca, poi chiamò l’ispettore che però non rispose.

Quando sentì la segreteria telefonica che s’inseriva al quarto squillo, Jonah chiuse la comunicazione senza lasciare un messaggio.

Stava fissando imbambolato i panni stesi ad asciugare, tra cui c’era in primo piano un seducente reggiseno di pizzo nero con un tanga abbinato, quando sentì suonare il cellulare. Era Finch.

«Pronto?»

«Mi dispiace. Non ho fatto in tempo a rispondere» gli disse l’ispettore.

«Che succede?»

«Abbiamo un corpo, uno vero stavolta, non solo ossa. Cinque minuti fa ci ha chiamato il proprietario di una pasticceria di Skull Valley ha trovato un cadavere appoggiato alla porta quando si è recato ad aprire il negozio stamattina.»

«Non l’aveva visto nessuno?»

«Ci sono ben poche persone in giro a quest’ora a Skull Valley. Si tratta di una manciata di negozi per lo più per turisti, che aprono tardi. Niente abitazioni.»

«Il cadavere è di un uomo o di una donna?»

«Di una donna.»

«Può essere morta per cause naturali?»

«Magari! No, si tratta di omicidio.»

«Identità?»

«Nessuna. Il corpo era nudo, senza borsette o documenti. Il proprietario del negozio era così sconvolto che è stato difficile farsi dare una descrizione. So solo il colore dei capelli, castani, non è molto, ma corrisponde alla ragazza che cercava Francesca Moretti.»

«April Bonner?»

«Esatto.»

«Ci sono testimoni?»

«No, come ti ho detto Skull Valley è una zona poco popolata. Ci sono un supermercato, un distributore, un bar, un’autofficina e qualche negozio di souvenir, basta. Ti potrò dire di più quando sarò sul posto. O vieni con me?»

«Verrei, ma sono lontano.»

«Credevo che alloggiassi nel motel qui a Prescott.»

«Ti spiego tutto dopo. Faccio più presto che posso.»

«Sbrigati.»

Jonah chiuse la comunicazione e uscì dalla lavanderia. Francesca aveva dormito poco ma era sicuro che avrebbe voluto vedere il cadavere. In ogni caso non l’avrebbe lasciata sola. L’ora e il luogo del ritrovamento gli facevano temere che avesse qualcosa a che fare con l’uomo che aveva tentato di spaventare Francesca quella notte.