20

Francesca fu svegliata da un intenso dolore al braccio. Ancora non del tutto cosciente, sentì vagamente qualcuno che parlava a bassa voce in un’altra stanza e disturbava il suo sonno. Chi poteva essere?

Il timore che fosse Vaughn la gelò. Pervasa dal panico, si sforzò di aprire gli occhi e, quando riconobbe l’ambiente, ricordò dov’era e si calmò leggermente. Era nella camera di Jonah al motel. Era così intontita per gli antidolorifici che si era addormentata e aveva passato la notte da lui.

Sollevò la testa e serrò leggermente le palpebre per aguzzare la vista. Per fortuna non le parve di vedere una macchia di sangue filtrare dalla fasciatura. Rassicurata, ricadde sul cuscino e cercò di ragionare su quello che avrebbe dovuto fare quella mattina.

Finch aveva chiamato per informarsi sulle sue condizioni proprio mentre le stavano mettendo i punti. Aveva organizzato una riunione per le dieci, ma dal suo tono Francesca aveva capito subito come sarebbe andata.

Le sarebbe toccato rispondere a domande insidiose, per esempio perché avesse deciso di tornare a ficcare il naso al deposito. Avrebbe spiegato che sperava di trovare delle prove utili per impedire che ci fossero altre vittime, il che era vero. Però dubitava che i due ispettori si sarebbero mostrati comprensivi, soprattutto Hunsacker. Nelle vesti di investigatrice privata, spesso non si atteneva esattamente alle stesse regole di condotta che invece i poliziotti dovevano rispettare. Un bravo investigatore privato doveva essere in grado di decidere al volo e; a seconda delle occasioni, essere flessibile. Di conseguenza mettere da parte la correttezza.

Si girò su un fianco, scostò le coperte e si alzò. Doveva andare in bagno ma sentiva la voce di Jonah provenire da lì. Francesca non sapeva se bussare o aspettare che avesse finito di parlare. Non sembrava che Jonah avesse bisogno del bagno o si stesse lavando, ma solo che si fosse chiuso lì per non disturbarla parlando al telefono mentre lei dormiva.

Scalza, si diresse verso la porta senza fare rumore. Stava per bussare quando sentì Jonah pronunciare un nome femminile ed esitò.

«Ascolta, Lori, a me va bene. Ti scriverò quella lettera appena sarò tornato a casa. Spero che tu riesca a farti affidare un bambino, davvero, ma non mi è piaciuto che tu abbia chiamato mia madre. Devi lasciarla fuori dalle faccende che riguardano noi due. Speravo che fosse chiaro.»

Chi era Lori?, si chiese Francesca. La sua ultima fiamma, oppure tra loro c’era un rapporto più serio, visto che Jonah aveva fatto riferimento alla madre? E perché parlava di bambini?

Francesca si disse che la vita privata di Jonah non avrebbe dovuto riguardarla. Si obbligò a voltare le spalle alla porta, ma non poté fare a meno di sentire quello che diceva Jonah, soprattutto perché si stava scaldando e aveva alzato la voce.

«Non sta a te deciderlo» sbottò lui. «Ho mantenuto il tuo segreto per tutti questi anni e il minimo che tu possa fare è essere paziente e comprensiva quando vuoi qualcosa da me. Oltretutto non capisco che fretta c’è. Quello che posso dire io non sarà comunque fondamentale. Chiunque debba giudicare la tua domanda non baserà certamente la decisione su una mia letterina. È passato troppo tempo da quando eravamo sposati.»

Francesca rimase esterrefatta. Jonah era stato sposato e aveva divorziato dopo la loro relazione?

Non se l’aspettava, anche se aveva pienamente diritto di fare ciò che voleva. Però l’esistenza di una ex signora Young l’aveva sorpresa, oltre a rafforzare in lei la convinzione che avrebbe fatto bene a tenersi alla larga da un uomo che collezionava rapporti sentimentali disastrosi.

A ben pensarci, però, lei non era da meglio. Il suo curriculum sentimentale faceva acqua da tutte le parti. Non si era sposata e non aveva figli, ma le sue relazioni erano state tutte fallimentari. Anche Roland, con cui era stata per più di un anno, non era stato tanto importante per lei da indurla ad accettare la sua richiesta di un impegno maggiore.

Per nessuno degli uomini con cui era stata aveva provato qualcosa di più di un tenero affetto...

Tranne che con Jonah.

Sin dall’inizio lui era stato unico.

«Te la spedirò appena sarò a casa, te lo prometto» stava insistendo lui al telefono. «Sono impegnatissimo in un caso molto importante. Non possiamo vederci.» Ci fu una lunga pausa, in cui la donna gli stava dicendo qualcosa, poi Jonah riprese, in tono secco: «Non è vero, e comunque ora devo andare. Ci sentiamo».

Francesca tornò a letto e si stese. Voleva fingersi addormentata per non fargli capire che aveva origliato, ma Jonah usci dal bagno immediatamente e la sorprese prima che Francesca potesse appoggiare la testa sul cuscino e chiudere gli occhi. Lei pensò che, a quel punto, avrebbe fatto qualche commento sulla telefonata perché aveva capito che aveva sentito, ma Jonah si comportò con indifferenza.

«Se vuoi fare la doccia vai pure, così poi possiamo fare colazione prima della riunione» le disse.

Francesca era indecisa se ignorare quello che aveva sentito o chiedergli spiegazioni, poi pensò che affrontare subito l’argomento fòsse meglio, per evitare di pensarci tutto il giorno.

«Chi è Lori?» gli chiese.

Jonah era in jeans e a torso nudo. Voltandole le spalle, aprì l’armadio in cerca di una maglietta pulita e, così facendo, le nascose la sua espressione.

«Nessuna d’importante.»

«Non pensi che un’ex moglie sia importante?» obiettò Francesca.

«Non più.»

«Da quanto tempo siete divorziati?»

«Da abbastanza tempo perché io voglia dimenticare di essere stato suo marito.»

Per quanto fosse un sentimento irragionevole, Francesca avvertì una fitta di gelosia.

«E tu e la tua ex moglie avete un figlio?»

Jonah si accigliò.

«Che facevi, prendevi appunti mentre io parlavo al telefono?» l’accusò.

«Non ho potuto evitare di sentire, stavi urlando!» si difese lei. Non era proprio vero che Jonah avesse parlato a voce altissima, ma esagerò un po’ la realtà.

«Non abbiamo avuto figli, grazie a Dio.»

«Però ne parlavate, no? Per quale motivo fai tanto il misterioso?»

«Non ho nessun segreto, però non penso che sia un argomento da discutere. Io e te adesso abbiamo un rapporto esclusivamente professionale, ricordi?» replicò, ironico.

«Come vuoi» brontolò Francesca. «Io vado in bagno» annunciò.

Chiuse la porta con aria offesa ma, quando fu uscita dopo aver fatto la doccia ed essersi lavata i denti, la curiosità aveva di nuovo preso il sopravvento.

«Facciamo un patto» gli propose con aria fintamente conciliante. «Tu rispondi a una mia domanda e in cambio io risponderò a una tua.»

Jonah la guardò interessato. «Cosa ti fa credere che io abbia domande da porti?» la provocò.

Francesca strinse bene l’asciugamano in cui si era avvolta, per paura che le scivolasse di dosso. «T’importa così poco di me da non essere curioso di sapere cosa ho fatto nella vita dopo che ci siamo lasciati?»

Lui la fissò con aria solenne. «Pensi davvero che non tenessi a te, Francesca?» replicò, cupo.

Francesca sorrise ironica.

«È la tua prima domanda?»

Lui si passò una mano sulla fronte. «So che non dovrei affrontare quest’argomento, ma... Non sarebbe la prima volta che faccio qualcosa di cui mi pentirò, no?» commentò, autoironico.

«Allora siamo d’accordo?»

«Sì» brontolò lui, cupo.

Francesca sorrise compiaciuta. «Affare fatto.»

Lui la guardò con diffidenza. «Cosa vuoi sapere?»

«Quanto tempo sei stato sposato?»

«Un anno. Tredici mesi, per l’esattezza.»

«Quanto tempo fa?»

Jonah fece un segno di diniego. «No, no, queste sono due domande. Ora tocca a me.»

Francesca scrollò le spalle per nascondere la frustrazione. «Va bene, spara.»

«Chi è il tizio con te nella foto che hai in soggiorno, quella davanti al Lincoln Memorial?»

«Roland Perenski.»

«Non volevo sapere il suo nome, ma cos’era per te» protestò Jonah.

Francesca sollevò un sopracciglio. «Allora avresti dovuto chiederlo, perché questa sarebbe una seconda domanda, come mi hai fatto notare tu» puntualizzò.

«Mi hai imbrogliato rispondendo in questo modo» l’accusò Jonah.

«No, ho risposto sinceramente.»

«Va bene, facendo finta che io ti creda, passiamo alla seconda domanda a testa. Chi è Roland per te?»

«Il mio ex.»

«Quanto tempo fa siete stati insieme?»

«Scusa, è il mio turno» replicò lei con un sorriso. «Quando sei stato sposato?»

«Prima di stare con te.»

«Ma ci siamo conosciuti a ventitré anni!» esclamò, sbalordita. «Com’è possibile che fossi già sposato e divorziato? E perché non me l’hai mai detto?»

Jonah chinò la testa e le lanciò un’occhiata maliziosa. «Queste sono un sacco di domande... Significa che io posso farne altrettante a te?» Francesca strinse le labbra come se stesse riflettendo se continuare o no. «Allora?» la pungolò Jonah. Un attimo dopo sbuffò e le voltò le spalle. «Lascia perdere, tanto è inutile. Consideriamo chiuso il discorso.»

«Perché? Hai altri segreti da nascondere? Forse eri ancora sposato quando stavamo insieme?» insinuò Francesca.

«No, ma il gioco è finito. A meno che...» S’interruppe e si voltò verso di lei, avvicinandosi.

Lei s’irrigidì. «A meno che?»

«Tu non sia disposta a barattare qualcos’altro.»

Francesca era ancora incredula. Non avrebbe mai immaginato che Jonah fosse stato sposato e non glielo avesse detto. Aveva tante domande da porgli, ma che cos’avrebbe voluto lui in cambio?

«Cosa?»

«Un bacio.»

«No» rifiutò Francesca, categorica.

«Strano, ieri mi eri sembrata disposta a concedermi molto di più. Sbaglio, o mi avevi proposto una botta e via senza importanza

«Veramente avevo detto che poi avremmo potuto non pensarci più.»

«Con un bacio non sarebbe diverso» obiettò Jonah.

Il suo ragionamento non faceva una grinza, ma era già agitata al pensiero di baciarlo, e questo la faceva sentire vulnerabile. Sapeva che non avrebbe avuto la forza di rifiutargli un bacio, per cui decise almeno di approfittarne per soddisfare la sua curiosità.

«Se accetto, dovrai rispondere a tutte le mie domande sul tuo matrimonio.»

«Un bacio per ogni domanda» ribatté Jonah. «Prendere o lasciare.»