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Al deposito di Butch Vaughn c’erano quattro auto della polizia e un’ambulanza parcheggiate lungo la strada. L’ispettore Finch rallentò fino a fermarsi e Francesca vide un infermiere che stava medicando l’escoriazione di Butch tamponando il graffio con un antisettico.

Vaughn aveva già un vistoso cerotto applicato sopra l’occhio sinistro, presumibilmente dove Francesca l’aveva colpito con la bomboletta spray che gli aveva tirato addosso.

Chissà come, era riuscito a occultare il cadavere di April nel poco tempo che era intercorso tra la fuga di Francesca e l’arrivo della polizia. Ora si prestava alle cure con un’aria da martire, per dare l’impressione che lei l’avesse aggredito senza motivo.

Nel cortile c’erano altre persone: sua moglie, un uomo che le assomigliava e una coppia matura. Il bambino, che poteva avere quattro o cinque anni, giocava poco distante. Francesca dedusse che erano parenti di Butch dall’ostilità con cui la guardarono quando si avvicinò. Ma quello che la turbò maggiormente fu l’occhiata carica d’odio che le rivolse Butch.

«È un assassino, ne sono sicura» mormorò.

«Ci servono delle prove» replicò Finch a bassa voce. «Perciò troviamole.»

Jonah non fece alcun commento.

Per quanto fosse preoccupata per l’accaduto e concentrata sul caso di April, Francesca era distratta dalla sua presenza. Non lo vedeva da dieci anni, eppure la sua reazione emotiva alla vicinanza di Jonah era innegabile. Nei confronti di quell’uomo provava, un’attrazione istintiva, quasi animalesca, tanto difficile da soffocare quanto impossibile da assecondare. Non era uno con cui sarebbe voluta stare, dopo quello che le aveva fatto. Non si fidava di lui, ma provava ugualmente un tuffo al cuore ogni volta che lo guardava.

Doveva pensare a un problema alla volta, si disse. La sua priorità era accompagnare Finch nel punto esatto in cui aveva visto il corpo di April. Poi voleva solo andarsene al più presto, tornare a casa, togliersi gli abiti sporchi e impolverati e infilarsi nella vasca per coccolare il suo corpo indolenzito e pieno di lividi e graffi, e infine fare un bel sonno ristoratore.

Domani è un altro giorno, si disse, e sperava di passarlo nel suo ufficio ristrutturato di fresco, a lavorare con Heather, la sua segretaria, senza dover affrontare cadaveri o maniaci... né Jonah Youiig.

L’ispettore Hunsacker si diresse verso il terzetto. Indossava l’uniforme beige estiva d’ordinanza. Aveva due grosse macchie di sudore sotto le ascelle, perché la giornata era afosa e il caldo torrido non era diminuito di un solo grado nonostante fosse ormai metà pomeriggio. Evidentemente il fisico corpulento e pingue di Hunsacker gli rendeva insopportabile quel clima. Non arrivava al metro e ottanta ma pesava a occhio e croce centoventi chili. Con i lunghi basettoni scuri alla Elvis e i capelli impomatati, non era certo un Adone, e si muoveva con la goffaggine di un pachiderma.

Appena fu abbastanza vicino, esordì, rivolgendosi a Finch: «Non ci sono prove che Vaughn abbia commesso un reato, di sicuro non un omicidio».

«Ma io ho visto il cadavere!» insistette Francesca.

Hunsacker le lanciò una rapida occhiata, poi tornò a fissare Finch. «Non gliel’hai detto?» chiese al collega.

Finch si accigliò. «Non ancora, volevo essere sicuro che parliamo dello stesso telo.»

«Vogliamo andare a vedere?»

Finch guardò Butch Vaughn. Alto e muscoloso, torreggiava su tutti come un gigante. «Fra un attimo, prima vorrei andare a scambiare due parole con il signor Vaughn.»

«Prego» disse Hunsacker con un ampio gesto. «Cos’è che non mi ha detto?» sussurrò Francesca a Finch mentre si dirigevano verso Butch.

«Vedrà» rispose lui sibillino.

Francesca non ebbe modo d’insistere. Doveva affrontare Vaughn. Si fece forza e s’incamminò a testa alta, anche se le era difficile restare calma con gli sguardi di tutti puntati addosso.

La moglie di Butch si avvicinò a Francesca e l’apostrofò: «Perché ha aggredito mio marito?».

Jonah la intercettò e Francesca gli fu grata, malgrado tutto.

«L’ho fatto per difendermi» replicò. «Sono venuta qui solo per parlare con il signor Vaughn di...»

«Parlare?» intervenne Butch, urlando. «Era una violazione di proprietà privata bella e buona!» aggiunse indignato prima di rivolgersi a Finch. «Non volevo impaurirla» si giustificò. «Temevo che volesse rubare qualcosa dal deposito. L’ho sorpresa e lei ha reagito, ma la violenza con cui mi ha aggredito era assolutamente ingiustificata.»

«Ingiustificata? E che cosa mi dice della donna che ha assassinato e il cui cadavere ha occultato, poi, sotto un telo? Di questo piccolo particolare ha parlato con sua moglie, eh?»

Butch assunse un’espressione sbigottita e innocente poi scrollò le spalle e si guardò intorno in cerca di complicità, come per trasmettere il messaggio che Francesca era fuori di testa. Oltre alla corporatura massiccia da pugile, ne aveva anche il viso, con la fronte bassa, il mento squadrato e il naso storto, come se l’avesse rotto un paio di volte.

«Quale donna? Qui non c’è nessun cadavere» si difese con violenza.

Francesca non aveva alcuna intenzione di cedere. «L’ho visto con i miei occhi.»

La signora più anziana si staccò dal marito e si avvicinò a Francesca. «Chissà che cos’ha visto in realtà!» l’accusò. «Non dovrebbe parlare così di mio genero. È una persona eccezionale e non farebbe male neppure a una mosca.»

Del gruppetto di parenti, solo l’altro uomo più basso ed esile non sembrava indignato ma aveva un’espressione imperscrutabile. Con la carnagione chiara e gli occhi azzurri, era vicino alla moglie di Butch e le assomigliava così tanto che Francesca pensò che fosse il fratello. Cosa sapeva?

Butch prese la donna per un braccio e là tirò indietro. «Stanne fuori, Elaine. Questa donna è pazza, è chiaro. Solo una persona senza tutte le rotelle a posto si aggirerebbe furtivamente per una proprietà altrui e poi cercherebbe di cavare gli occhi al padrone di casa.»

Che esagerazione!, pensò Francesca.

Gli aveva graffiato una guancia e spaccato un sopracciglio tirandogli la bomboletta spray, ma erano danni lievi.

«È stato lui a inseguirmi per aggredirmi» precisò rivolgendosi alla donna.

«Avanti!» sbuffò Butch. «Se avessi voluto ucciderla non sarei incerottato mentre lei è tutta intera.»

«Come osa accusarmi di essere una criminale quando sappiamo bene che è il contrario?» strillò Francesca. Notò che ora Butch Vaughn le dava del lei ed era tutto compito, mentre quando l’aveva sorpresa nel deposito l’aveva apostrofata con il tu e l’aveva insultata. Evidentemente ora ci teneva a mostrarsi educato...

«Ehi, calmati» le disse Jonah sottovoce, mettendole una mano sulla schiena all’altezza della vita.

Come poteva calmarsi? Francesca tremava di rabbia ed era ancora sconvolta dal ricordo di Butch Vaughn che brandiva la mazza da baseball, con l’intento di spaccare il vetro del finestrino e agguantarla. Per quale motivo sarebbe arrivato a tanto se non per farle del male. Se avesse creduto veramente che lei voleva derubarlo, avrebbe potuto prendere il suo numero di targa e denunciarla. Ma Vaughn sapeva che Francesca non era una malintenzionata. Aveva persino lasciato la borsa per mettersi in salvo!

La signora anziana si torceva le mani. «Non capisco cosa succede» gemette. «Tutti sanno che Butch è una brava persona.»

«Non agitarti, Elaine» disse quello che presumibilmente era suo marito. «Ti fa male.»

Sforzandosi di dominare l’ansia, Francesca fissò Butch, che cercava chiaramente di dare una versione distorta dei fatti a suo esclusivo vantaggio. «Cosa ne ha fatto?» lo apostrofò.

«Di cosa?»

«Del corpo. L’ho visto. Se non c’è più, deve averlo spostato. Dove l’ha messo?»

«Io non ho spostato niente. Era un manichino! Ecco cos’ha visto, signorina. Siamo in un deposito di materiale di recupero. Qui c’è un po’ di tutto.»

Un manichino? Poteva essere vero? Le sembrava inverosimile. Nel deposito c’erano soprattutto oggetti di metallo e attrezzi. Sarebbe stato strano tenere un manichino. Però doveva essere ciò che aveva mostrato a Hunsacker, altrimenti il collega di Finch non avrebbe avuto quella reazione al suo arrivo.

Francesca avvertì una stretta al cuore. «No, non è possibile.» Aveva sentito distintamente l’odore della morte. O l’aveva solo immaginato?

Butch allargò le braccia come per dire che aveva a che fare con una pazza isterica.

«Basta con questa messinscena!» esclamò Francesca, esasperata. «Lei sa perfettamente cos’è successo qui, come lo so io.»

«Ho detto la verità ma, se non mi crede, venga a vedere con i suoi occhi.»

Si avviò, ma Finch lo prese per un braccio per bloccarlo. «Perché non lasciamo che la signorina Moretti ci faccia vedere il punto in cui ha visto qualcosa?»

Butch s’irrigidì e serrò le mascelle, poi scrollò le spalle e acconsentì. «Faccia come crede. Tanto ormai la signorina è di casa» commentò sarcastico.

«Ci risparmi l’ironia» intervenne Jonah.

Butch lo guardò come se si fosse accorto solo allora della sua presenza. «E lei chi è?»

Jonah lo fissò con freddezza.

«Jonah Young» si presentò.

Butch lo scrutò con diffidenza. «Lei è un agente di polizia?»

«Un consulente.»

«Serve un consulente per i casi di aggressione?»

Jonah gli rivolse un sorrisetto saccente. «Non sono sicuro che questo sia un caso di aggressione.»

Il suo commento zittì Butch, che si rese conto che c’era almeno un’altra persona che non credeva alla sua versione. Dall’espressione ostile apparsagli sul viso, Francesca dedusse che non gli piaceva avere a che fare con Jonah. Tuttavia un attimo dopo si riprese e gli sorrise con insolenza.

«Chieda all’ispettore Hunsacker. Lui e gli agenti hanno avuto il mio permesso di guardare dappertutto. Se ci fosse stato un cadavere nascosto da qualche parte l’avrebbero trovato.»

«È vero» confermò Hunsacker.

Francesca capì che Hunsacker spalleggiava Butch, ma cercò di non farsi condizionare.

«La ringraziamo per la sua collaborazione» disse Finch, diplomatico.

Francesca aveva le vertigini e un vago senso di nausea. A quel punto l’unica persona che le stesse dando il suo appoggio sembrava essere proprio Jonah, probabilmente mosso dal senso di colpa per quello che le aveva fatto dieci anni prima.

In Francesca cominciava a serpeggiare il dubbio.

Stava facendo solo una pessima figura accusando Vaughn? Date le circostanze, non era da escludere. Un manichino poteva sembrare un cadavere da lontano e sotto un telo. Gli arti di plastica potevano dare l’impressione del rigor mortis e l’odore di decomposizione poteva essere stata solo un’allucinazione, oppure qualcosa di effettivamente maleodorante in mezzo a quell’ammasso di robaccia.

Francesca ormai non era più sicura di niente, tranne che Butch l’aveva inseguita per farle del male. Si era sentita in pericolo e lui l’aveva guardata come se volesse ucciderla; su questo non poteva sbagliare, per quanto ora si atteggiasse a vittima. Quando lei si era chiusa in macchina Butch Vaughn l’aveva fissata con odio, come uno che vuole vendetta.

Fecero il giro della casa e si diressero verso il deposito. A ogni passo, Francesca sentiva aumentare la tensione, una tensione che la faceva fremere come se il suo corpo fosse percorso da scariche elettriche.

La moglie di Butch camminava tenendo per mano il figlio, ed era seguita dalla sua famiglia. Poi venivano Jonah, Finch e Hunsacker, e infine gli agenti. C’era un bel gruppetto a fare da pubblico alla sua umiliazione, pensò Francesca.

Butch procedeva con passo spavaldo e ordinò al cane di stare zitto quando si mise ad abbaiare, tirando la catena, al loro passaggio.

Francesca non ebbe difficoltà a individuare il punto in cui si era nascosta né quello in cui aveva visto il corpo, perché il cadavere era ancora lì, sotto il telone, anche se i bancali e le tavole erano stati spostati come per far passare qualcosa.

Francesca esitò, ma si fece forza e si avvicinò. Da lì sembrava un cadavere, ma non c’era più l’odore di decomposizione. Butch si fece avanti e scostò la tela cerata, rivelando un manichino.

«Visto?» gongolò. «Lo tengo coperto per proteggerlo dal sole» spiegò.

Francesca strizzò le palpebre per guardare meglio, ma dovette ammettere di essere balzata a conclusioni affrettate. Probabilmente aver ritrovato i resti di Janice Grey l’anno prima l’aveva suggestionata al punto da farle dedurre che il caso della scomparsa di April Bonner si fosse concluso allo stesso modo.

Finch taceva, accarezzandosi il pizzetto.

«Mi dispiace aver causato tutto questo scompiglio, signor Vaughn» disse infine rivolgendosi a Butch. «Togliamo subito il disturbo. Signorina Moretti, vogliamo andare?»

«Vi avevo detto che era innocente!» gridò la suocera di Butch.

«E guardi come gli ha ridotto la faccia» aggiunse la moglie, fissando Francesca con espressione di accusa.

Spaventato da tanta animosità, il figlio di Butch scoppiò a piangere. L’attenzione di Francesca, però, fu attirata dall’uomo biondo che sembrava stranamente distaccato dalla situazione, come se sapesse qualcosa che non voleva dire. Era troppo impassibile...

«Mi ha aggredito» ripetè Francesca fissando il manichino. Era solo un’allucinazione, o i capelli erano di un colore leggermente diverso da quelli che aveva visto spuntare da sotto il telone?

Riflettendo, si disse che era impossibile che Butch Vaughn avesse potuto scambiare il cadavere con il manichino e nasconderlo in così poco tempo. Però era riluttante ad arrendersi all’idea di aver trascinato lì la polizia e aver portato scompiglio in una famiglia con un’accusa grave e infondata. Non le era mai capitato di trovarsi in imbarazzo per aver preso un tale abbaglio e di dover mettere in dubbio la propria credibilità professionale. Non sapeva come comportarsi, per cui esitò finché Finch non la pungolò.

«Signorina?»

Francesca aprì la bocca ma non ne uscì alcun suono, mentre cercava di ricordare le esatte parole che le aveva detto Butch. In effetti lui non l’aveva minacciata, le aveva solo chiesto cosa facesse nel deposito. Era stato il suo sguardo a farle credere di essere in pericolo. Oppure il panico che aveva provato era solo frutto dell’agitazione per avere scambiato un manichino per un cadavere?

Jonah le si avvicinò. La sua presenza rendeva l’umiliazione di Francesca completa. Lui aveva assistito al momento più imbarazzante della sua carriera d’investigatrice privata.

In passato lei aveva spesso fantasticato su un loro possibile incontro, sognando d’imbattersi in Jonah e di scoprire, con soddisfazione, che si era pentito di averla tradita. Dopo la figura che aveva fatto in sua presenza, invece, probabilmente era contento di non stare più con lei...

«Tutto bene?» le chiese, premuroso.

Francesca sollevò lo sguardo e vide Butch che la fissava con un mezzo sorriso compiaciuto. Possibile che nessuno avesse notato la sua espressione malvagia e trionfante?

«Non la denuncerò se mi chiederà scusa» dichiarò con arroganza.

Francesca sapeva che avrebbe dovuto farlo, ma si ribellava al pensiero di umiliarsi davanti a quell’uomo pericoloso. Aveva visto con i suoi occhi come aveva cambiato atteggiamento all’arrivo di moglie e figlio. Butch Vaughn era un mostro sotto mentite soglie, ma questo lo sapeva solo lei. Non l’aveva minacciata in modo esplicito, ma lei aveva avvertito istintivamente che era in pericolo.

«Comunque lei è l’ultima persona ad aver visto viva April Bonner» dichiarò.

Butch sbatté più volte le palpebre. «Come?»

«Cosa le ha fatto?»

Butch si voltò verso Finch. «È incredibile!» tuonò, infuriato. «Ho collaborato con voi, ho lasciato che gli agenti perquisissero la mia proprietà trattandomi come se fossi un malvivente, ho dimostrato che le sue accuse sono false, e ora lei permette che questa donna continui a provocarmi? Fuori di qui, tutti! E non tornate più!»

Finch prese Francesca per un braccio. «Andiamo.»

Lei non si mosse. «Non me ne vado finché non mi restituisce la borsa.»

Butch la guardò negli occhi. Non aveva risposto alla domanda su April Bonner, ma aveva distratto i presenti con la sua scenata. Francesca era sicura che avesse dato in escandescenze perché nascondeva qualcosa, ma si rendeva conto che Vaughn aveva vinto il primo round. Nessuno le avrebbe creduto, ora.

«Non so di cosa parla» brontolò Butch.

«La mia borsa» ripetè lei. «L’ha afferrata mentre m’inseguiva e ha rotto la tracolla. È caduta a terra e il contenuto si è rovesciato, proprio lì» disse indicando un punto a terra. «Che fine ha fatto?»

«Non lo so. Non l’ho vista da nessuna parte. Magari l’ha lasciata in macchina.» Butch scrollò le spalle e si rivolse ai poliziotti. «Qualcuno ha visto una borsa?»

Tutti scossero la testa e mormorarono di no. Francesca sospettava che Butch avesse portato via tutto prima dell’arrivo della polizia e l’avesse nascosta.

Si voltò verso la moglie. «Lei è arrivata prima che lui potesse portarla via. Deve aver visto qualcosa. C’era anche il mio iPhone a terra» le disse.

La moglie serrò le labbra per un istante, poi replicò: «Non ho visto niente».

La signora anziana intervenne, agitando le mani. «Perché ce l’ha tanto con Butch?»

Francesca la guardò con compassione. Non aveva idea che l’uomo che lei e sua figlia stavano proteggendo aveva ucciso, con ogni probabilità una donna.

«Arriverà il giorno in cui vi pentirete di averlo difeso» dichiarò.

«Che fa, ora minaccia anche la mia famiglia?» sbottò Butch.

«Andiamo» insistette Finch, stringendole il braccio. «Adesso.»

Francesca continuò a opporre resistenza. «Non senza la mia borsa e il cellulare.»

Jonah si rivolse a Butch. «È sicuro di non avere gli effetti personali della signorina? L’avverto, sarebbe grave se si scoprisse che li ha lei. Non vorrei che avesse dei problemi con la giustizia.»

«Non ho niente» insistette Butch.

Francesca si liberò con uno strattone dalla presa di Finch. «Bugiardo!» gridò.

Jonah ingaggiò una muta battaglia di sguardi con Butch, ma poi decise di capitolare. «Per ora lasciamo perdere» sospirò.

«No, la mia borsa era qui. Non me ne vado finché non me la restituisce.»

«Ha detto che non ce l’ha» ripetè Finch, conciliante, trascinandola via.

«Lei è proprio una squilibrata» borbottò Butch.

Lottando contro le lacrime, Francesca strillò: «E lei è un mostro! Che fine ha fatto April Bonner?».

«Non lo so, l’ho già detto» sbuffò Butch.

«Mi dica, visto che è sposato, perché era iscritto a un sito d’incontri per single?» lo apostrofò, tentando di dargli un’ultima stoccata.

Butch scrollò le spalle con noncuranza. «Non è illegale» protestò. «Era solo uno scherzo e mia moglie lo sa, l’ho fatto per divertimento.»

«Accidenti, Francesca, non peggiorare le cose» le sibilò all’orecchio Jonah. «Aspetta, abbi pazienza.»

Poi le prese l’altro braccio e Francesca si rassegnò. Si lasciò trascinare via da lui e da Finch.

La sua unica consolazione era sapere con certezza che non era finita lì.