Epilogo

Hilltop, Alaska – sabato, tre settimane dopo, ore 22.30

Amarok era seduto al bar, la cravatta dello smoking allentata mentre beveva un’ultima birra fredda.

Il suo matrimonio, che credeva non avrebbe mai avuto luogo, si era appena concluso.

Molti degli invitati se ne stavano andando, rendendo l’ambiente meno affollato e più rilassato: il tipico Moosehead di sempre. Il fatto che fossero riusciti ad andare avanti e a sposarsi senza ritardi dopo tutto quello che avevano passato era quasi un miracolo. Ma Evelyn aveva insistito, non voleva aspettare. Anche Amarok non era sicuro di voler rimandare, visto che la bambina sarebbe nata di lì a poche settimane. A breve sarebbe stato un padre oltre che un marito: proprio quello che aveva sperato fin da quando si era innamorato di Evelyn.

Era una bella giornata. Non credeva ne avrebbe vissute di migliori.

«Sarà dura abituarsi?» scherzò Shorty, avvicinandosi dall’altro lato del bancone e inclinando la testa verso la mano sinistra di Amarok.

Lui roteò la semplice fede in oro che aveva al dito. «Per niente. Mi piace quest’anello.»

«Ti piace il significato che ha.»

Guardò Evelyn che parlava con Molly in un angolo, vicino a dove avevano servito la torta. Per fortuna i lividi e il gonfiore sul viso erano spariti. «Anche.»

Shorty stappò un’altra birra per sé. «Sei un uomo fortunato. Adesso posso dirti che non pensavo l’avresti riportata a casa viva.»

Amarok scosse la testa ricordando quei giorni angoscianti, e sapeva che non li avrebbe mai dimenticati. «Adesso posso dirti che non ci credevo nemmeno io.»

Shorty fece tintinnare la sua bottiglia contro quella di Amarok e bevve un lungo sorso, poi cambiò argomento. «Mi aspettavo che alcuni dei parenti di Evelyn venissero fin qui per il matrimonio. Sono rimasto sorpreso che non ce l’abbia fatta nemmeno Brianne.»

«Deve dare una mano alla madre di Evelyn.»

«Evelyn me l’ha detto che Lara… fa fatica. Non è migliorata?»

«Sì. In questi giorni sta meglio, ma il figlio di Brianne ha solo un mese. Non aveva senso metterlo in un aereo visto che noi andremo lì in autunno per una seconda cerimonia.»

«Giusto» convenne Shorty. «Speravo solo di rivederla, ecco tutto. Sta bene?»

Amarok annuì. Era stata una situazione delicata avere Brianne ospite in casa sua lo scorso autunno, subito dopo che aveva saputo di essere incinta e prima che Jasper venisse catturato. «Meglio di come stava quand’è venuta qui, questo sì» gli disse, sarcastico.

Shorty rise. «Fatico ancora a credere che avesse fatto amicizia con Jasper Moore mentre era qui. Scuoto la testa ogni volta che me li ricordo ballare insieme.»

«Già, be’, all’epoca si faceva chiamare Andy Smith, la guardia carceraria. Non è stata l’unica a cascarci.»

«Vero.» Shorty raddrizzò le spalle. «Come sta lui comunque? È già uscito dall’infermeria?»

«L’hanno trasferito di nuovo nella sua cella questa settimana.»

«Quindi se la caverà.»

«Dipende da come andranno le cose con gli altri detenuti. Non è il tipo che fa presto a farsi degli amici… soprattutto adesso che l’hanno smascherato.»

«Se l’è meritato. Io la penso così.»

«In molti sarebbero d’accordo. Ma Evelyn ha fatto in modo che sospendessero le guardie che avevano in custodia Jasper quand’è successo. Non possono permettere che succedano stronzate come quella.»

«Già, lo so.»

Shorty non era tipo da fermarsi a chiacchierare a lungo quando lavorava al bar. Ma visto che il matrimonio era finito Amarok sapeva che si stava preparando per fargli la domanda fatidica.

Dopo che Shorty si era impegnato così tanto perché il matrimonio riuscisse bene, Amarok decise di risparmiargli la fatica di trovare le parole giuste. «Ho deciso di invitarla» disse, di punto in bianco.

Quando l’amico non chiese “Chi?”, Amarok capì di avere ragione, che Shorty voleva sapere della presenza di Alistair al matrimonio.

«Hai cambiato idea, eh?» gli disse invece.

«Non lo so. La vita è troppo breve per portarsi dietro quel tipo di risentimento.»

«È rimasta in disparte e se n’è andata subito dopo la cerimonia. Credo che stia cercando di rispettare i confini.»

«L’ho pensato anch’io. E le sono grato per questo.» Amarok non sapeva quanto avrebbe interagito in futuro con la madre, ma immaginava fosse un passo nella giusta direzione.

Staccò l’etichetta dalla birra, perso per un attimo nei suoi pensieri. Non sarebbe stato facile adesso che Alistair avrebbe avuto una nipotina. Decidere di non volere un rapporto con lei gli sembrava egoista dal momento che così sua figlia non avrebbe avuto accanto una delle nonne.

Evelyn si avvicinò e gli posò una mano sulla spalla, sporgendosi per prendere una manciata di noccioline. «Sono esausta» disse. «Che ne dici se andiamo a casa?»

Amarok fece scivolare la bottiglia vuota verso Shorty. «Ti stavo aspettando.»

Evelyn gli rivolse il tipico sorriso che non smetteva mai di lasciarlo senza fiato. «Allora andiamo, maritino.»

Ringraziarono Shorty e uscirono dal locale mano nella mano; all’esterno videro il furgone decorato con così tanto lucido da scarpe, palloncini e cartapesta che Amarok non era sicuro sarebbe riuscito a guidarlo.

«Per fortuna abbiamo nascosto la mia macchina sul retro» disse lei, e corsero a raggiungerla… ma scoprirono che gli amici non si erano fatti ingannare.

Avevano decorato entrambi i veicoli.

«A Hilltop non ci sono segreti» brontolò Amarok.

Quelli che erano rimasti per seguirli furono raggiunti dagli altri che si erano nascosti dagli alberi, per prenderli in giro e filmare la loro reazione.

Impiegarono più tempo a pulire il parabrezza che ad arrivare a casa. Anche se c’erano degli inconvenienti a vivere in una città così piccola c’erano anche dei vantaggi.

Amarok aiutò Evelyn a scendere e poi sembrò determinato a volerla portare in braccio oltre la soglia di casa.

«E la spalla?» gli chiese quando le impedì di entrare da sola.

«Sta bene. Quasi guarita.»

«Ma così la ferita potrebbe riaprirsi. Sei sicuro di volerlo fare?»

«Sono un tradizionalista» le disse, e risero entrambi mentre la sollevava tra le braccia.