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Minneapolis, Minnesota – martedì, ore 19.50

«Cos’hai trovato?» chiese Phil.

«Una ricevuta» rispose Amarok.

«Me l’hai appena detto. Ma per cosa?»

Amarok desiderò che Edna Southwick avesse scritto un indirizzo o qualche altro dettaglio sulla ricevuta che aveva inviato a John Edmonson presso Emmett Virtanen. Ma l’unica cosa che aveva trovato nella busta, che aveva preso dalla padrona di casa di Emmett, era una ricevuta prestampata, di quelle che si comprano in cartoleria, con su scritto affitto di giugno e un importo: cinquecento dollari. Chi era John Edmonson? Era Emmett? E se era così, cosa aveva potuto affittare per soli cinquecento dollari? Non sembrava una somma sufficiente per una casa o un appartamento.

Era un deposito?

Dio, sperava di no. Odiava il pensiero di quello che avrebbe potuto significare.

«Dobbiamo scoprirlo. Vai subito all’indirizzo che sto per darti e parla con Edna Southwick. Chiedile come conosce Emmett Virtanen, cosa gli ha affittato e dove si trova il locale.»

«Lo farò.»

Amarok pensò al rifiuto di Bridget nel condividere qualsiasi informazione con lui o Lewis. «E in caso sia un’amica o una parente non dirle perché. Dille solo che stiamo cercando Emmett perché vorremmo fargli qualche domanda circa un incidente al quale crediamo abbia assistito.»

«Sono felice di andare fin lì, Amarok, ma se è ad Anchorage la polizia del posto non ci arriverebbe prima? Hai intenzione di coinvolgerli?»

Amarok non voleva che l’indagine sfuggisse al suo controllo. Non poteva permettersi che qualcuno la mandasse all’aria adesso che aveva una pista concreta. «No. Ti ci vorrà solo un’ora, circa.» Diede l’indirizzo a Phil. «Vacci subito e chiamami appena puoi.»

«Parto subito.»

Dopo aver riagganciato, Amarok fu tentato di chiamare Lewis per vedere se i tabulati del telefono di Emmett fossero arrivati. Cominciò a scorrere il telefono per trovare il numero, poi però mise da parte il cellulare. Visto com’erano andate le cose all’appartamento di Virtanen doveva lasciare un po’ di spazio a Lewis. Chiamarlo non sarebbe servito. Probabilmente non avrebbe risposto, e se invece lo avesse fatto, mettergli pressione in quel momento poteva solo portarlo a non lavorare con lui anche dopo che avesse sbollito.

Amarok pensò che erano quelli i momenti in cui era difficile trovarsi in Minnesota anziché in Alaska. Voleva essere lui a correre da Edna Southwick per vedere cosa sapesse. Una volta che Phil avesse ottenuto l’indirizzo associato alla ricevuta forse sarebbe stato possibile trovare Evelyn.

Amarok si passò una mano tra i capelli mentre si avvicinava alla finestra. Sarebbe stata ancora viva? E, se lo era, sarebbero riusciti a salvarla prima che Bishop la sottoponesse a una delle lobotomie per le quali era noto?

Se Bishop era già lì in Alaska con lei, se era arrivato e aveva raggiunto Emmett, non sembrava probabile. Una lobotomia frontale richiedeva solo dieci minuti.

Anchorage, Alaska – martedì, ore17.15

Ada guardò con ansia i poliziotti che aveva chiamato parlare con lo stesso uomo che aveva incontrato al portone più o meno un’ora prima. Si erano dimostrati riluttanti ad ascoltarla quando si era presentata da loro, avevano cercato di convincerla che sua madre probabilmente era andata in vacanza e sarebbe tornata di lì a qualche giorno. Ma lei era stata così irremovibile circa il fatto che stesse succedendo qualcosa di strano con il nuovo affittuario della madre, che avevano acconsentito ad andare all’allevamento di polli per parlare con lui.

Anche se Ada non sentiva quello che si dicevano, non si premurò di avvicinarsi. Qualcosa in quell’uomo basso, tarchiato, con gli occhiali spessi e una paralisi alla parte sinistra del viso, le dava i brividi. Un poliziotto aveva avuto addirittura il fegato di chiederle se avesse paura di lui solo perché aveva avuto un ictus o qualcosa del genere e aveva un aspetto insolito.

Aveva trovato offensiva quell’allusione. Perché questo avrebbe dovuto disturbarla? Ma suppose che i poliziotti incontrassero gente di tutti i tipi e dovessero chiederglielo. Ada aveva ammesso che il signor Edmonson non appariva minaccioso.

Eppure aveva uno sguardo inquietante. Il modo in cui la guardava così a lungo senza sbattere le palpebre la metteva a disagio.

C’era qualcosa di… strano. Era quello il punto. Dopo essersene andata la prima volta, aveva cercato di convincersi che non era così, ma non riusciva a scrollarsi di dosso la sensazione di disagio che le infondeva, anche se non aveva fatto niente di male, niente che potesse rimproverargli. Forse aveva semplicemente guardato troppi gialli e si stava immaginando tutto.

Contorse le mani, sperando di non aver trascinato lì la polizia per niente. Ma l’incontro finì troppo presto per farle credere il contrario.

Stava aspettando che tornassero dove aveva parcheggiato e che le parlassero prima di andarsene, quando intravide il signor Edmonson appena prima che richiudesse il portone. La stava fissando con una tale cattiveria che le mozzò il respiro.

Il capo della polizia, l’agente Daniels, vide la sua reazione e si voltò, ma il signor Edmonson se n’era già andato, e Ada sapeva che Daniels probabilmente non avrebbe dato molto peso a un’occhiataccia. Nessuno era mai morto per questo. Ma l’affittuario di sua madre era ovviamente furioso che lei avesse portato la polizia alla sua porta.

«Cos’ha detto?» chiese lei.

Alto e magro, Daniels era sulla trentina, aveva i capelli biondi rasati e un’espressione annoiata. «Dice che non l’ha vista.»

«Certo che l’ha detto» disse Ada. «È quello che ha detto anche a me. Gli avete chiesto se potevate dare un’occhiata in giro?»

«Certo.»

«E?»

«Ha detto di no.»

«E quindi ve ne andate?»

Lui si accigliò. «Gliel’ho già spiegato. Non abbiamo scelta, non senza un mandato, e la sua, ehm, intuizione non mi dà basi sufficienti per richiederne uno.»

«Ma lui sa qualcosa! Deve. Altrimenti perché fa problemi a farvi dare un’occhiata?»

Il collega di Daniels, l’agente Brown, che aveva più o meno la sua stessa età ma era più basso e tozzo, con un viso butterato, allargò le mani. «Chissà, magari ha della droga in casa, o merce rubata, e ha paura che li troviamo.»

«È una questione di privacy» si intromise Daniels. «Potrebbe essere che voglia solo essere lasciato in pace. Non significa che abbia rapito o fatto del male a sua madre.»

«In molti, anche quelli che non hanno fatto niente di male, non sono a loro agio a far entrare la polizia in casa o in giardino» convenne Brown.

«Quindi è tutto qui?» chiese lei. «Noi gli… crediamo e basta, che menta o meno, e ce ne andiamo?»

«Se viene in centrale e riempie il modulo per le persone scomparse come le abbiamo detto, indagheremo.»

«Ed è tutto quello che potete fare?»

Daniels sospirò. «Ascolti, in realtà non saremmo dovuti venire fin qui senza che lei compilasse il modulo, ma era così preoccupata e convinta, che non ho avuto il coraggio di rimandare, per paura che avremmo sorvolato su qualcosa di importante.»

Di nuovo sull’orlo del pianto, Ada guardò l’edificio dove da piccola si era recata spesso per dare una mano a suo padre. Era successo qualcosa di terribile lì alla fabbrica, dove si era sempre sentita così al sicuro e felice?

Quel posto non sembrava più lo stesso. Adesso che era chiuso sembrava cupo, trascurato e anche un po’ sinistro.

«Non mi piace quell’uomo» disse, riferendosi all’affittuario della madre.

«Capisco il perché» ammise l’agente Daniels. «Ma non essere particolarmente gentili con le autorità non è un reato.»

Ada si sentì sprofondare mentre apriva la portiera dell’auto. «Vi seguo alla stazione» disse, come se avrebbe lasciato perdere.

Ma sapeva che non poteva starsene con le mani in mano e aspettare che la polizia la aiutasse. Quando avrebbero capito quello che lei sapeva già – che sua madre non sarebbe mai andata da qualche parte senza dire niente a lei o alle sue sorelle – e avrebbero cominciato a indagare sul serio, avrebbe potuto essere troppo tardi.

Anchorage, Alaska – martedì, ore 17.30

Lyman Bishop era in piedi accanto alla finestra, per assicurarsi che quella puttana della figlia di Edna se ne andasse con la polizia. Stava creando casini, proprio come aveva temuto. Doveva portare Evelyn in un luogo dove non l’avrebbero scoperta, dove non ci sarebbe stato un continuo viavai di persone alla sua porta, a chiedergli se avesse visto la padrona di casa.

Ma non aveva ancora la casa a Fairbanks.

I fanali posteriori della volante scomparvero alla vista mentre Lyman cercava di ragionare mettendo da parte l’adrenalina e la rabbia che lo pervadevano. Cosa avrebbe dovuto fare? Dove avrebbe dovuto andare?

Decise che avrebbe ucciso Edna e avrebbe gettato il corpo nel pollaio a marcire con quello di Emmett. Poteva lasciarla vivere e rinchiuderla nella cella frigorifera, ma era meno rischioso sbarazzarsene una volta per tutte, e sarebbe stato molto più appagante. Per quanto lo riguardava, Edna se lo meritava. E anche sua figlia si meritava qualunque cosa avrebbe ideato per lei. Ma non si sarebbe fatto distrarre da un desiderio di vendetta.

Sapeva essere paziente quand’era necessario. Aveva aspettato anni per vendicarsi contro sua madre, no?

Si spostò per avere una visuale migliore della strada. Sembrava sgombra, ma non poteva dare nulla per scontato. Ada o la polizia potevano ritornare. Forse potevano anche cominciare a sorvegliarlo. Aveva visto uno dei poliziotti guardare il furgone. Era sembrato soddisfatto. A prima vista sembrava legale. Ma se aveva memorizzato la targa e aveva in mente di controllarla avrebbe scoperto che non apparteneva affatto al furgone.

Quella possibilità lo rese paranoico. Aveva visto come Ada lo guardava con sospetto. Sarebbe tornata. Ma sarebbe stato troppo tardi. Una volta sbarazzatosi di Edna avrebbe legato e imbavagliato Evelyn e l’avrebbe portata via di lì. Avrebbero dormito nel furgone finché non sarebbe riuscito ad avere la casa a Fairbanks o un altro posto, quindi avrebbe dovuto eseguire la lobotomia molto prima del previsto. Nelle sue condizioni precarie, avrebbe potuto essere troppo difficile controllare Evelyn senza un posto sicuro dove tenerla. Ma, con un po’ di fortuna, lei e il bambino sarebbero sopravvissuti alla procedura.

Se non fosse stato così, avrebbe solo dovuto trovare un modo per metterla incinta di nuovo. Adesso che aveva deciso di volere un figlio non si sarebbe accontentato. Non sarebbe stato difficile trovare un uomo che facesse sesso con una donna bella come Evelyn. Una volta fatta la lobotomia sarebbe riuscito a portarla ovunque e farla passare per sua moglie o sua sorella, a seconda di quello che gli sarebbe servito di volta in volta. Poteva portarla in un bar, invitare qualcuno ad andare a casa con loro e continuare così finché non fosse rimasta incinta. Se non avesse funzionato, o avesse avuto paura che la riconoscessero, poteva sempre comprare dello sperma e inseminarla artificialmente tutte le volte che fosse stato necessario.

Magari l’avrebbe trasformata nella sua fattrice…

Era un pensiero interessante, che non aveva mai preso in considerazione. L’idea di costringerla a dargli parecchi figli, una grande famiglia, lo rassicurò. Non avrebbe potuto avere figli con Beth. Aveva fatto un po’ troppi esperimenti con lei quand’erano giovani. Adesso che era cresciuto sarebbe stato attento a mantenere intatti gli organi riproduttivi di Evelyn.

Sarebbe andato tutto bene…

Sospirando, scosse le mani perché il sangue riprendesse a scorrere. Da dopo l’emorragia ogni volta che si arrabbiava o si agitava perdeva la sensibilità alle mani. Cambiare i suoi piani non era comodo, non era facile. Ma non aveva scelta. Non poteva rischiare di essere preso. La prossima volta sarebbe finito di sicuro in prigione, e non lo avrebbero più fatto uscire.

Finalmente sicuro che la polizia e la figlia di Edna se ne fossero andati, tornò zoppicando alla stanza del personale e trovò i sonniferi che aveva messo da parte al Beacon Point. Sfortunatamente aveva già dato da mangiare alle due donne. Adesso non avrebbero avuto fame, e avrebbero dovuto averne parecchia per mangiare tutto quello che gli avrebbe piazzato davanti, nonostante il gusto strano. Voleva anche che fosse buio quando avrebbe trascinato Evelyn fino al furgone, in caso qualcuno stesse sorvegliando l’edificio.

Era deciso, quindi. Non avrebbe dato da mangiare a Evelyn ed Edna fino all’indomani sera, avrebbe dato loro del cibo contenente i farmaci e, quando i medicinali avrebbero fatto effetto, avrebbe fatto la sua mossa.

Minneapolis, Minnesota – martedì, ore 21.30

Amarok venne svegliato di soprassalto dallo squillo del telefono e si sedette appoggiandosi alla testiera del letto nella sua stanza d’albergo. Era ancora così ansioso che non capiva come avesse fatto ad addormentarsi, ma in qualche modo si era abbandonato al sonno. «Pronto?»

«Amarok?»

Si schiarì la voce per parlare chiaramente. Era Phil, bene: la telefonata che stava aspettando. Non aveva riconosciuto il numero, ma Phil non aveva un cellulare, quindi doveva usare il primo telefono a portata di mano. «Sì?»

«Sono andato all’indirizzo che mi hai dato, ma non c’è nessuno a casa.»

Amarok si sfregò gli occhi, si sentiva intontito. Nella sua mente aleggiava un sogno convulso in cui nuotava sott’acqua. Aveva cercato ripetutamente di rompere la superficie di un lago e non ci riusciva.

Inspirò a fondo, si sedette eretto e si spostò verso il bordo del letto. «Hai parlato con i vicini per vedere se sanno qualcosa sulla donna che vive lì? Dove potrebbe essere? Quando potrebbe tornare?»

«Ho parlato con qualche persona. Per questo ci ho messo tanto a richiamarti. Ma nessuno sa dove sia. Sono giorni che non la vedono.»

La delusione finalmente strappò Amarok dalla nebbia e lo riportò alla realtà. «No!» Si alzò in piedi. «Mi prendi in giro?»

«Ho paura di no. La vicina di casa ha detto che la famiglia che abita di fronte è quella che la conosce meglio, ma non sono a casa nemmeno loro.»

«La sua macchina è lì?»

«No.»

«Sicuro?»

«Sono riuscito a dare un’occhiata al garage. È vuoto. Ho anche guardato tutto intorno alla casa senza entrarci. Da quello che ho visto non c’è niente fuori posto.»

«Magari la vicina con cui hai parlato può fornirti una lista di posti in cui cercare. La sua parrucchiera. L’estetista. La casa dei figli. Qualsiasi cosa.»

«Ho fatto queste domande. Non aveva risposte, e neanche gli altri.»

«Qualcuno può metterci in contatto con la sua famiglia?»

«Il vicino sull’altro lato si è trasferito lì solo da qualche mese. Non sapeva nemmeno come si chiamasse. Gli altri sembrano conoscere di più la sua routine, ma non hanno molti contatti con lei. Conoscevano meglio suo marito. Immagino che fosse il più socievole dei due. Ma è morto sei mesi fa.»

«Merda.»

«Allora… cosa vuoi che faccia?»

Amarok guardò fuori dalla finestra appannata, senza vedere poi molto. «Da te sono solo le sei e mezza. Rimani lì in caso si faccia viva stasera e chiamami se la vedi. Altrimenti magari il vicino dall’altra parte della strada tornerà a casa e sarà in grado di dirci di più. Abbiamo bisogno del suo numero di cellulare, come minimo.»

«Mi dispiace dirtelo, Amarok, ma non ha un cellulare. Non le piace la tecnologia. Me l’ha detto una donna tre case più in là.»

Amarok si pizzicò il labbro inferiore mentre cercava un’illuminazione. Non poteva farsi ostacolare dopo essere arrivato fino a quel punto…

«Sei ancora lì?» lo incalzò Phil.

Amarok lasciò cadere la mano. «Sì. Trova un modo per rintracciarla, okay? Fai tutto il necessario.» Stava per riagganciare quando Phil gli pose una domanda.

«Non credi che le sia successo qualcosa, vero? Cioè, è abbastanza strano che Emmett sia collegato alla scomparsa di Evelyn e adesso scompare anche questa donna. La vicina che mi ha detto che non ha un cellulare ha detto anche che da quando è morto suo marito è stata piuttosto depressa. Non va quasi mai da nessuna parte.»

«Potrebbe essere fuori città.»

«Senza bloccare la posta?»

«Le si sta accumulando la posta?»

«Ho controllato la cassetta fuori casa. Non la guarda da qualche giorno.»

Amarok sperava non le fosse successo niente. Senza il collegamento che quella donna aveva inavvertitamente fornito con Emmett Virtanen, forse Amarok non sarebbe mai riuscito a trovare Evelyn. «Magari se n’è dimenticata. Tutto è possibile» insistette.

Ma era quella la parte terribile. Quando si aveva a che fare con qualcuno come Lyman Bishop, o anche con un ex detenuto come Virtanen, non c’erano garanzie.

Anchorage, Alaska – martedì, ore 19.30

Ada chiamò suo marito a Seattle, non appena arrivò a casa dalla stazione di polizia. Aveva compilato un modulo per le persone scomparse, ma aveva la sensazione che nessuno lì fosse molto propenso a scoprire cosa fosse successo a sua madre. Il poliziotto con cui aveva parlato aveva continuato a rassicurarla sul fatto che avrebbe indagato. Il suo approccio però era così indifferente. Visto che Ada non poteva affermare che ci fosse stata un’effrazione perché era stata in casa della madre per la maggior parte del giorno e non aveva visto niente fuori posto, sembravano credere che si stesse agitando per niente, che Edna fosse semplicemente andata a farsi un viaggio senza dirglielo.

Voleva tanto crederci, ma non era da sua madre lasciare la città senza avvisare qualcuno.

«Che succede, piccola? Novità?» disse Reed non appena rispose.

La preoccupazione genuina nella sua voce le fu di conforto. Era in viaggio di lavoro, quindi lei avrebbe dovuto cavarsela da sola. «Nessuna» rispose. «Sono appena andata via dalla stazione di polizia.»

«Inizieranno a cercarla?»

«Dicono di sì.»

«Ma…»

«Il poliziotto con cui ho parlato stava per smontare dal turno. Anche se non me l’ha detto in faccia ho avuto l’impressione che avesse delle cose da fare a casa o roba del genere. Ha compilato il modulo e mi ha detto che se la mamma non torna entro domani mattina andrà a casa sua e darà un’occhiata in giro. Forse avrei dovuto mandarli lì invece che all’allevamento di polli.»

«Chi lo sa? Hai fatto quello che pensavi fosse meglio fare. E non farti prendere dal panico. Magari scoprirà che tua madre ha comprato un biglietto aereo ed è andata a Sacramento da Nadine o una cosa simile.»

L’irritazione era incontenibile. Come poteva suggerirle una cosa del genere? Ovviamente non era preoccupato quanto lei, perché Ada aveva già cercato nell’ufficio della madre. Se ci fosse stata quel tipo di prova l’avrebbe trovata. «Reed, ho parlato con Nadine, ed è preoccupata anche lei. La mamma non è lì.»

«E le altre tue sorelle?»

«Non l’hanno sentita nemmeno loro. Nel caso in cui se ne fosse andata dall’Alaska sperando di fare una sorpresa a una di loro avrebbe dovuto essere già arrivata. Non ci vogliono tre giorni per andare in Oregon o in California.»

«Chi l’ha detto che è scomparsa da tre giorni?»

«Il vicino di casa. Ha raccontato che si è dimenticata di chiudere il basculante del garage l’ultima volta che è uscita o non si è preoccupata di farlo, quindi l’ha chiuso lui. Era domenica. Da quel giorno non l’ha più vista.»

«L’hai riferito alla polizia?»

«Certo!»

«Potrebbe aver incontrato qualcuno?»

L’agente Daniels aveva suggerito la stessa cosa. Aveva detto che sua zia, a ottantadue anni, era scappata con un uomo che la sua famiglia non aveva mai conosciuto ed erano felicemente sposati da dieci anni. Questo era un altro motivo per cui Ada sentiva che non la stava prendendo sul serio. Ma sua madre era ancora in lutto. Non avrebbe mai fatto una cosa simile. «Mio padre è morto solo sei mesi fa.»

«I tuoi genitori sono sempre stati insieme, quindi non puoi sapere come potrebbe reagire senza di lui, tesoro. La solitudine può portare le persone a fare un sacco di cose che normalmente non farebbero.»

«Lo capisco. Ma come ha fatto a conoscere qualcuno? Non ha un computer, e anche se ce l’avesse non saprebbe come iscriversi a un sito di incontri.»

«Ci sono altri modi per conoscere gente.»

«Non andrebbe mai in un locale.»

«Magari ha incontrato qualcuno al supermercato, al centro commerciale, al cinema… da qualsiasi parte. E che ne dici dei tizi che assume per spalarle il viale d’inverno?»

«Vanno al college. E non è inverno.»

«Non vuol dire niente. È possibile che non volesse parlare di un interesse romantico, soprattutto perché tuo padre è morto da poco. Potrebbe avere paura della tua reazione.»

«Non credi che abbia… una demenza non diagnosticata, vero?»

«Tua madre? No. Non ha manifestato alcun segnale.»

«Giusto.» Ada si passò le dita tra i capelli. Forse suo marito e la polizia avevano ragione… si stava agitando per niente. Nessuno ce l’aveva con sua madre, non c’era motivo per farle del male. E, come aveva già notato, non era stato rubato niente da casa sua.

«Ascolta, non voglio fare lo stronzo condiscendente» le disse. «Ma sei incinta.»

Ada si versò un bel bicchiere d’acqua. «Cosa vorrebbe dire?»

«Vuol dire che hai gli ormoni in subbuglio, e potrebbero renderti particolarmente emotiva.»

Reed doveva saperlo, era un ginecologo. «Non credi che dovrei preoccuparmi.»

«Non ancora. L’hai detto tu che non hai trovato niente che indicasse ci sia stato un reato a casa di tua madre.»

«E che mi dici dell’affittuario?»

«Quale affittuario?»

«L’affittuario della mamma. All’allevamento di polli.» Gliene aveva parlato, ma suo marito forse era distratto.

«Era ancora lì quand’è arrivata la polizia?»

«Sì…»

«Bene, ecco qua.»

«Cosa?»

«Se avesse fatto del male a tua madre dubito che se ne starebbe nei paraggi a parlare con la polizia.»

Reed aveva ragione…

«Tesoro?»

«Ti ascolto.»

«Vuoi che mi liberi e torni a casa? Hai bisogno che sia lì con te?»

Era a un convegno per una settimana, e aveva pagato parecchie migliaia di dollari per partecipare. Non voleva che si sentisse in obbligo di andarsene prima, non se le sue paure non erano ben fondate. «No, è troppo presto per decidere. Sto solo cercando di capire cos’è successo.»

«Capisco perché sei preoccupata. Però dai una possibilità alla polizia.»

Ada non poté fare a meno di ricordare lo sguardo glaciale dell’affittuario. Ma doveva ammettere che potevano esserci un mucchio di ragioni per il suo comportamento poco gentile. Forse aveva da fare e non gli piaceva essere interrotto. O, come aveva suggerito la polizia, poteva avere qualcosa da nascondere che non c’entrava niente con Edna. Poteva anche essere che la paresi al volto lo facesse apparire più torvo, e non poteva farci niente.

«Tesoro, mi ascolti?» le chiese Reed con tenerezza.

«Sì, certo. Credo tu abbia ragione quasi su tutto. Ma se non la sento entro domani torno a dare un’occhiata in giro.»

«Aspetta! Non tornare lì da sola.»

«Non lo farò» gli disse. Ma non avrebbe portato di nuovo con sé la polizia. Loro non potevano fare niente, non senza un mandato, e a meno che Ada non riuscisse a dimostrare che c’era qualcosa di sospetto, non sarebbero riusciti a ottenerne uno.