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Come posso confessarti che hai ragione? Come faccio, se di certe cose non parlo neppure a me stesso? È vero, fuggo gli affetti, ma non è per paura di restarne prigioniero. Sarei ben felice di legarmi a qualcuno, di dividere il mio tempo fra lavoro e famiglia, ritagliando spazi quotidiani per le cose più banali. Mi piacerebbe fare un bambino, Vera Morandi, ecco una cosa di me che non immagini. Vorrei che avesse i tuoi occhi, i miei pensieri, l’onestà di mio padre. Maschio o femmina non conta, e che scelga liberamente se credere in Dio, quale fede politica abbracciare.

 

Vorrei scaldarmi al calore dell’amicizia, accendermi del fuoco dell’amore. Mi piacerebbe una casa con tanti armadi e un orizzonte qualunque, purché non cambi mai. Invece ho questa vita, felice per le ragioni sbagliate. Aiutami a riempirla di te se proprio lo vuoi, ma in questo caso preparati a soffrire. Perché ho segreti così affilati che tagliano solo a sfiorarli.

 

Accadde prima che io nascessi. Mio padre svolgeva indagini importanti e aveva già ricevuto pesanti minacce, da quelle verbali dei padrini agli avvertimenti più concreti, come trovarsi l’uscio di casa crivellato di pallottole. Da bravo sbirro era stato capace di nascondere alla moglie anche l’ultimo fatto, lei era incinta e in quei giorni se ne stava dalla madre, così lui chiamò un falegname di fiducia e gli fece subito cambiare la porta, con l’ordine di non parlare dell’accaduto a nessuno.

 

Sperava che si fermassero, in fondo stava solo facendo il suo dovere. Ma quelli non ci pensavano neppure. I proiettili successivi glieli spararono al buio, mentre rientrava in auto da una cena coi colleghi, non li fermò neppure il pensiero che con lui ci fosse una donna al settimo mese di gravidanza. Fu proprio la mamma a riportare la peggio, si prese diverse schegge nel braccio e per la paura perse il bambino.

 

Il mio fratellino mancato. Quello a cui forse devo la vita, perché se lui non fosse morto chissà se mi avrebbero concepito, due anni più tardi. Un figlio ai coniugi Liguori bastava e quel figlio, senza la morte del feto, non sarei stato io.

 

Mi hanno taciuto la storia finché non sono stato abbastanza grande da reggerne il peso. La sua sofferta descrizione di quel lontano episodio è uno degli ultimi ricordi che ho di mio padre. È stato allora che mi si è radicata nel cervello una convinzione: amare qualcuno vuol dire esporlo ai tuoi pericoli. Se vivi di fronte a una pistola puntata, chiunque ti stia vicino si trova sulla stessa traiettoria.

 

Non ho mai conosciuto il nome di chi ha sparato, mio padre lo sapeva ma si è portato il segreto nella tomba. Non è riuscito a incastrarlo con gli strumenti della legge e alle armi della vendetta non sarebbe mai ricorso. Non sono certo che al suo posto avrei avuto gli stessi scrupoli. Forse è per questo che il maresciallo Liguori si è rifiutato di rivelarmi il nome del responsabile.

 

Qualche volta penso a cosa farei se avessi davanti il sicario che ha spento la vita di mio fratello prima ancora che potesse accendersi. E inseguo i volti di quando da bambino, al paese, guardavo tutti come se fossero miei amici. Vorrei indietro quel tempo per osservare le persone con occhi diversi, con lo sguardo diffidente che devo al mio mestiere.

 

Di quel delitto vorrei conoscere l’esecutore e il mandante, perché quando un pupo si muove sulla scena, dietro le quinte c’è sempre un puparo. Non ho ancora deciso chi sia peggiore, se l’uomo che preme il grilletto o quello che gli ordina di sparare.

 

Mia madre porta ancora i segni della sua giornata più infame, incisi nel corpo e nello spirito. Sia maledetta la sensibilità, se può trasformare un essere umano in un bersaglio tanto facile. Con il marito non si è più concessa una cena neppure dopo il suo trasferimento a una sede tranquilla. Mai più un film al cinema o una serata a teatro, una domenica al mare o una passeggiata fra le vetrine dei negozi che amava tanto.

 

Nelle foto delle riunioni familiari, quelle in cui tutti guardano l’obiettivo e sorridono, è sempre l’unica col viso spento e gli occhi distratti. Solo io e mio padre sapevamo dove stavano i suoi pensieri, fra l’istante in cui il suo finestrino era scoppiato e la stanza bianca dell’ospedale, con il medico a darle la ferale notizia.

 

Il suo affetto non mi è mancato, mi ha amato anzi per due, mettendoci dentro il fratello maggiore che non avrei conosciuto. Ma era un sentimento cupo, fatto di silenzi e gesti mancati. I bambini si baciano quando dormono, questa è la litania che ha accompagnato la mia infanzia. Aggiungi un padre che la divisa era tanto se la toglieva il giorno di Natale.

 

Con queste cose dovrai scontrarti, Vera Morandi, se avrai voglia di arrivare fino in fondo alla mia storia. Ti dirò tutto in casa mia, con l’aiuto di un Regaleali ghiacciato. Quando avrò smesso di lottare coi miei fantasmi, quando avrai smesso di vedere una fuga in ogni mia partenza.