La biblioteca (tavv. 10-12)
L’edificio fu costruito a nord dell’Agorà romana, in un’area di 10 000 m2, sopra le demolizioni di un quartiere residenziale (la pianta era simile al Foro della Pace di Roma costruito nel I secolo d.C. e al Tempio di Traiano a Italica in Spagna). I muri perimetrali furono messi in opera con blocchi di calcare del Pireo (della migliore qualità), che con artificio furono lasciati sbozzati (bugnato), una tecnica che è il codice delle costruzioni adrianee di Atene. Il muraglione della facciata era in blocchi di marmo bianco del vicino monte Penteli, cui furono addossate quattordici colonne di marmo cipollino con striature verdastre (cavato in Eubea) che non avevano altra funzione che quella di dare monumentalità e di sorreggere delle Nikai (Vittorie) sopra un globo (queste architetture si ispiravano al Foro di Nerva a Roma). Per entrare si salivano sei scalini e si attraversava un ingresso con quattro colonne di marmo screziato di viola (pavonazzetto, dalle cave di Iscehisar in Turchia), coronate da capitelli corinzi di marmo bianco. All’interno si trovava una corte scoperta circondata da portici, con un vasca al centro, e tre sale su ogni lato. Sul fondo dell’edificio una sala a più piani con nicchie per rotoli e statue, accanto due sale di lettura e due auditori con gradinate. L’edificio è probabilmente anche citato dalle fonti solo come biblioteca: Pausania lo descrive come un monumento insigne con colonne di pavonazzetto, un tetto dorato, alabastri, statue e pitture (oggi perdute). L’archeologia è doxa (opinione) più che episteme (verità) e gli storici e gli archeologi dei nostri tempi hanno aggiunto anche altre funzioni: foro, spazio celebrativo, archivio catastale, ginnasio universitario, sede del Panhellenion.