L’edificio fu costruito a
nord dell’Agorà romana, in un’area di 10 000 m2, sopra le demolizioni di un quartiere
residenziale (la pianta era simile al Foro della Pace di Roma
costruito nel I secolo d.C. e al Tempio di Traiano a Italica in Spagna). I muri perimetrali furono
messi in opera con blocchi di calcare del Pireo (della migliore
qualità), che con artificio furono lasciati sbozzati (bugnato), una
tecnica che è il codice delle costruzioni adrianee di Atene. Il
muraglione della facciata era in blocchi di marmo bianco del vicino
monte Penteli, cui furono addossate quattordici colonne di marmo
cipollino con striature verdastre (cavato in Eubea) che non avevano
altra funzione che quella di dare monumentalità e di sorreggere
delle Nikai (Vittorie) sopra un globo
(queste architetture si ispiravano al Foro di Nerva a Roma). Per
entrare si salivano sei scalini e si attraversava un ingresso con
quattro colonne di marmo screziato di viola (pavonazzetto, dalle
cave di Iscehisar in Turchia), coronate da capitelli corinzi di
marmo bianco. All’interno si trovava una corte scoperta circondata
da portici, con un vasca al centro, e tre sale su ogni lato. Sul
fondo dell’edificio una sala a più piani con nicchie per rotoli e
statue, accanto due sale di lettura e due auditori con gradinate.
L’edificio è probabilmente anche citato dalle fonti solo come
biblioteca: Pausania lo descrive come un monumento insigne con
colonne di pavonazzetto, un tetto dorato, alabastri, statue e
pitture (oggi perdute). L’archeologia è doxa (opinione) più che episteme (verità) e gli storici e gli archeologi
dei nostri tempi hanno aggiunto anche altre funzioni: foro, spazio
celebrativo, archivio catastale, ginnasio universitario, sede del
Panhellenion.