41.
All’interno del Bluebird Motel, sullo schermo televisivo era apparso un viso noto. Era un viso del passato e Edwin rimase lì a guardarlo incredulo. Rory il Custode (alias Rory il Mago della Finanza) era in onda via satellite sul “Canale Tupak Soiree: Solo Felicità®, 24 ore su24!” (già: “SessoCaldoeBagnato:SoloSesso,24oresu24!”). Il conduttore della trasmissione era un tipo affabile con uno sguardo felice da morto in piedi e un sorriso fiacco, quasi apatico.
“Allora, signor Wilhacker… o forse posso chiamarla Rory?”
L’atteggiamento deferente del conduttore faceva venire il voltastomaco a Edwin. “Impostore! ” gridò rivolto allo schermo. “Impostore!”
Rory stava discettando sull’attuale congiuntura economica nazionale, che definì non una catastrofe, ma piuttosto “un riaggiustamento”.
“Ogni crisi porta in sé il seme dell’opportunità,” disse Rory tranquillamente. “Siamo nel mezzo di un grande cambiamento. Ci troviamo davanti a una svolta di enorme importanza nella storia del mondo, che supererà la stessa Rivoluzione industriale. Da questo grande cambiamento, da questa grande perturbazione, sboccerà un nuovo ordine economico come i fiori dopo un acquazzone.”
“O i funghi,” gridò Edwin. “Funghi velenosi che spuntano su grosse stronzate!”
“Be’, be’,” lo incalzò il conduttore. “La disoccupazione è cresciuta, le riserve federali sono ridotte al lumicino, la scena economica è costellata dei cadaveri di quelle che un tempo erano grandi aziende…”
“Ahh.” Rory alzò un dito. “Avrei un’obiezione rispetto alla parola ‘grandi’. Le aziende scomparse di recente meritavano di scomparire. Dopo tutto, i soldi non sono mai neutri.” (Edwin riconobbe immediatamente quest’ultima frase come un aforisma preso pari pari dal libro.) “I soldi sono ancorati alla morale. Possono essere morali o immorali, ma mai semplicemente neutri. Un tempo la tratta degli schiavi era un’industria fiorente e prosperosa. Dobbiamo forse rimpiangerla? In termini puramente economici, la tratta degli schiavi non era forse una delle ‘grandi’ industrie? Le aziende immorali meritano di scomparire, che siano quelle del tabacco, dell’alcol o della moda. Oggi sta prendendo piede una nuova realtà, che ha le sue radici non nell’avidità e nella tentazione, ma nell’amore. Il nostro obiettivo ora è quello di produrre ricchezza attraverso la felicità umana, e non viceversa. Eerrore fatale è sempre stato questo: si cercava di catturare la felicità usando il denaro, quando invece si sarebbe dovuto fare esattamente l’opposto. Si pensava di dare senso alla propria vita accumulando sempre più cose, sempre più ricchezze materiali. Questo è sempre stato il malinteso centrale della nostra esistenza.”
“Lei parla della fine delle tentazioni. In senso biblico? Stiamo forse azzerando le lezioni del Giardino dell’Eden? Stiamo forse tornando a uno stato oceanico, uno stato di grazia preesistente al peccato originale?” (L’intervistatore era un ex vescovo cattolico che aveva “seguito la propria gioia” nel servizio pubblico televisivo.)
“Peccato?” fece Rory. “Che cos’è che lei chiama peccato? Per me, il peccato è soltanto il sintomo di una vita senza equilibrio. Tutto qua. Le conseguenze del peccato possono essere terribili, ma il peccato in sé esiste solo in quanto mancanza di comprensione. Se sappiamo, se capiamo veramente bene, allora non possiamo che fare la scelta giusta. La scelta morale. In questo senso, la tentazione, economica o personale, è una sfida assolutamente reale. Io per esempio un tempo ero un tecnico della custodia di un palazzone di uffici e vi fu un momento fatidico in cui mi ritrovai nella posizione di schiacciare una certa persona, una persona che disprezzavo da tempo. ”
“Quando parla di schiacciare, intende in senso figurato?”
“Oh no. Voglio dire che avrei potuto schiacciarlo físicamente. Capisce, lui si trovava nel mio tritarifiuti, cosa che, bisogna dire, era contraria ai regolamenti; non dovevo far altro che pigiare un tasto e per lui sarebbe stata la fine.”
A Edwin vennero i brividi.
Il conduttore rise. “Fu tentato di farlo?”
Rory sorrise, lo stesso insulso sorriso di quando aveva detto a Edwin “L’ho sempre odiata“. ”Oh, certo che ne fui tentato. In realtà, lanciai in aria una monetina e venne testa. Così lo lasciai vivo.
Edwin deglutì a fatica, sentendo un sudore freddo formarglisi sulla nuca. Il lancio di una monetina? Eravamo a questo? Sicuramente Rory stava scherzando. Non poteva essere diversamente.
“Non sto scherzando,” disse Rory. “Però imparai una cosa importante. Le decisioni morali, e le politiche economiche che ne conseguono, non possono essere lasciate al caso. Oggi il mio motto è: basta con i lanci delle monetine spirituali. Basta con i lanci delle monetine spirituali.”
Il conduttore annuì a quella trita banalità come se Rory avesse scoperto il segreto della relatività. “Brillante,” disse. “Assolutamente brillante. Ora, so che la Casa Bianca è parecchio nervosa rispetto al nostro attuale riallineamento economico. L’hanno contattata, o magari hanno richiesto il suo aiuto o il suo consiglio?” (Dal modo in cui il conduttore poneva la domanda, segnalando il suo intento, si capiva chiaramente che conosceva già la risposta.)
“Sì. Proprio questa mattina mi ha telefonato la segretaria personale del Presidente. Mi ha detto: ‘Signor Wilhacker, abbiamo bisogno del suo aiuto’.”
Edwin guardava la scena con l’attrazione morbosa che si può avere per un imminente scontro fra due auto. Era proprio vero? Rory P. Wilhacker (alias Jimbo, alias il Custode dell’Inferno) sarebbe diventato veramente il consigliere personale del Presidente degli Stati Uniti? Rory P. Wilhacker avrebbe veramente dettato la politica economica della Casa Bianca?
Cominciarono ad arrivare le chiamate in studio.
“Abbiamo in linea la signorina Starlight di Boise, Idaho. Prego.”
Seguì una serie disgustosa di smancerie. Uno spettatore dopo l’altro augurava a Rory animo tranquillo e mano ferma. O forse il contrario. Non che la cosa avesse una qualche importanza; il messaggio era diventato il mezzo televisivo e il mezzo televisivo era diventato una lunga sbrodolata ammorbante. Edwin sentì che gli si obnubilava il cervello…
Poi però, come una ventata d’aria fresca, un ascoltatore improvvisamente cominciò a gridare insulti contro l’ospite. Il Grande Rory aveva appena proclamato la morte della libera impresa e stava fornendo delucidazioni sull’economia del futuro basata su microcooperative di quartiere.
“Questo è più che assurdo,” sbraitò l’ascoltatore, rauco di voce, ma di pensiero forte. “ Non sta in piedi! Il signor Wilhacker vorrebbe farci credere che l’America può diventare una nazione la cui ricchezza si basa su cose come farsi il bucato a vicenda e scambiarsi ospitalità nei bed and breakfast. Che succede, l’intero paese è sot-; to sedativi? Si rende conto che la scienza si è arrestata di colpo? E almeno, le interessa? Avanzamenti medici. Ricerca. Esplorazioni. Tutto sostituito da queste sciocchezze New Age. I college e le università sono vuoti, così come le nostre menti. L’istruzione, l’arte e la letteratura sono state abbandonate. In questo paese non c’è più dibattito, perché non c’è più nessun disaccordo. Ci siamo impantanati, e lei questo lo chiama progresso? Non è un passo avanti, è un passo indietro. E quel suo falso guru, Tupak Soiree, è il più grande artista della truffa che mai abbia spacciato placebo ed elisir sul mercato della stupidità umana, e prima ce ne…”
Ma era davvero troppo. Il conduttore gli tolse la parola. “Grazie per aver chiamato, signor Randi. Pace, amore e calma interiore.” Sorrise calorosamente. “E non ci chiami più, ignobile scettico.”
“Credo quia absurdum” disse. Edwin. “‘Credo perché è assurdo.”’ Era il motto di tutte le grandi religioni, la chiamata alle armi della New Age, l’inno di tutto il movimento per l’autoaiuto. E ora stava diventando rapidamente anche il motto degli Stati Uniti d’America. Credo quia absurdum. Una dottrina teologica medievale a cui era stata data nuova linfa vitale. Randi aveva ragione: era un passo indietro. Un balzo indietro. Gli ultimi cinquecento anni di sviluppo umano, di progresso e di pensiero; il Rinascimento; l’Illuminismo; la dura lezione appresa attraverso le guerre ideologiche del ventesimo secolo; il trionfo sul dogma; i grandi passi avanti nella sanità e nella medicina: tutto ciò stava per essere spazzato via. La natura umana, nei suoi aspetti migliori, si era sempre basata su una profonda irrequietezza eroica, sul volere qualcosa, qualcosa d’altro, qualcosa di più, si trattasse del vero amore o di uno sguardo appena più in là dell’orizzonte. Era la promessa della felicità, non il suo conseguimento, a far girare il motore, la follia e la gloria di ciò che siamo. La follia e la gloria: le due cose non si elidono a vicenda. Tutt’altro.
E ora quella roba: Rory P. Wilhacker, un’immagine tremula dalle sfumature verdi e bluastre, che stava per illuminare la nazione. Rory si era rilassato sulla sua comoda sedia e con un sorriso soddisfatto si era lanciato in una prolissa tiritera sul futuro del denaro. Quasi tutto era ripreso parola per parola da Tupak Soiree. (“Bisogna comprendere che l’intera teoria monetaria è viziata alla base dal tentativo di ingabbiare la fluidità del movimento nella geometria dei numeri. Il denaro è un flusso costante, né energia né materia, ma qualcosa che sta a metà strada. Cercare di assegnargli una formula è come fare una foto di un ghepardo a mezz’aria. Si perde completamente il movimento.”) Altre chicche venivano da libri della Panderic di autori diversi sulla stessa scia, in particolare La New Economy: Denaro e finanza - il metodo Tupak Soiree! (“Ho visto il futuro, ed è piccolo. Piccolo e potente. Stiamo assistendo a un profondo allontanamento dal vecchio e sorpassato concetto di Azienda contro Consumatore. Oggi siamo entrati invece nell’era della microeconomia e delle cooperative autosufficienti, una miscela perfetta di capitalismo e altruismo.”)
E così via. Una narcotica ragnatela di parole che inducevano nell’ascoltatore prima uno stato di accettazione, poi la capitolazione. Forse il cambiamento di paradigma era reale. Forse quella era la fine del vecchio ordinamento. Forse Tupak Soiree aveva ragione. Forse… Edwin si riscosse. No, dannazione. Si trascinò in bagno, si spruzzò dell’acqua in faccia, si guardò allo specchio, segnato e ingiallito (lo specchio e anche il suo volto) e ripetè con caparbia convinzione l’unica cosa che sapeva per certo: “Tupak Soiree è un impostore. Sono stato io ad aver ripescato il suo farneticante e verboso manoscritto della pigna purulenta, e sono stato io a farne quello che è oggi. Senza di me, Tupak Soiree non esisterebbe”. Edwin si osservò la faccia allo specchio e il significato di quest’ultima frase deflagrò dentro di lui, implodendo in un senso di colpa e di disperazione. “Senza di me, Tupak Soiree non esisterebbe.”
Poi, dalla stanza vicina, sentì qualcuno che rideva. Era una risata allegra, familiare e Edwin si risvegliò.
“Un santo? Oh no, no,” diceva la voce. “Di sicuro non un santo. Le mie virtù sono quanto mai modeste. Sono un uomo dai mezzi limitati. ”
Era Tupak Soiree in persona, tutto falsa modestia e risatine leziose. Era Tupak. Il Demonio Incarnato. Edwin tornò indietro di corsa e guardò in un silenzio nauseato quell’artefice di rovina sorridere e ridere e civettare senza vergogna con il pubblico, l’immenso pubblico televisivo, ormai schiavo della forza delle risposte prefabbricate e delle piccole osservazioni vezzose di Tupak Soiree.
Tupak aveva vinto. E ora ne gongolava.
Peggio ancora, in quel preciso momento, la moglie di Edwin stava volando verso il rifugio spirituale di Tupak Soiree, da qualche parte tra le cime innevate nel cuore dell’America. I soldi di Edwin in quell’istante stavano per finire sul conto in banca, già spropositatamente pingue, di Soiree. Tupak Soiree si era preso tutto ciò che apparteneva a Edwin: la moglie, i beni, la carriera e il futuro. E questo Edwin avrebbe anche potuto sopportarlo. Ma Tupak Soiree, un mostro liberato dallo stesso Edwin, aveva distrutto anche May Weatherhill, le aveva succhiato fuori la vita e la tristezza, ne aveva fatto una persona vuota ed eccezionalmente piatta. E per quello Tupak Soiree doveva pagare.
E così, mentre Sua Reale Corpulenza passava a un’altra intervista, e mentre milioni di telespettatori lo contemplavano con puro amore, nella testa di Edwin de Valu si formò un pensiero. Si formò così facilmente e così rapidamente da sembrare che fosse scaturito da sostanze già presenti, come se quel pensiero ci fosse sempre stato, in attesa che Edwin se ne accorgesse. Era un pensiero solo, così bello, così puro, così eroico che Edwin stava quasi per levare le braccia al cielo dalla contentezza.
“Tupak Soiree deve morire. ” Tutto qua. L’Idea Platonica perfetta, un unico potente pensiero formatosi nella mente sconvolta di un ex redattore in uno squallido motel accanto al luna park di Candle Island: May deve essere vendicata. Tupak Soiree deve morire.