30.
Quando rinvenne, Edwin era al buio.
Aveva la faccia accaldata e inumidita dal suo stesso alito; gli avevano infilato un cappuccio di stoffa pesante sulla testa, che lui scuoteva da una parte all’altra nel tentativo di toglierselo. Non ci riusciva, e questo gli provocava un senso di claustrofobia misto a terrore.
Rumore di passi. Voci sommesse. Uno strattone improvviso al collo e gli fu tolto il cappuccio. Edwin battè le palpebre, socchiudendo gli occhi confuso. Davanti, una fila di luci abbaglianti, dietro figure in penombra. Sentiva il rumore e l’odore del mare. Tutto intorno a lui, alte cataste di casse da imballaggio; divincolandosi, capì di avere le mani legate dietro la schiena. Cercò di parlare, ma aveva la gola secca e irritata.
“Dove sono?” disse.
Dall’altra parte arrivò il suono di una risata. “Vedete? Ve l’avevo detto io. La prima domanda è sempre quella. ‘Dove sono?’ Vi ricordate quando abbiamo pestato Coloné? Gli stavamo legando i massi al petto e mettendo il sacchetto di plastica sulla testa, e lui continuava a ripetere: ‘Dove sono? Dove sono?’. Come se potesse importare qualcosa. ” Altra risata.
Dalla penombra emerse il tipo dalla faccia lentigginosa. Aveva una disgustosa espressione di pietà, assolutamente falsa. “Signor de Valu, devo scusarmi per l’uso piuttosto stereotipato delle maniere forti. Personalmente, preferisco un approccio più morbido, ma questo è un momento critico. E trovare aiuti validi è sempre più difficile. Soprattutto con tutta questa ‘moda della correttezza’. Sigaretta?”
“Sto… sto cercando di smettere.”
“Ottima idea. Queste maledette ti uccidono.” Il tipo lentigginoso accese una sigaretta, ne aspirò una lunga boccata, quasi trascendentale, poi la lasciò cadere per terra. Soffiò fuori una rassicurante nuvola di morte azzurrognola. Poi, con la tranquillità con cui si estrae una penna dal taschino, infilò una mano sotto la giacca e ne estrasse l’inevitabile cannone. Premette la canna contro la tempia di Edwin.
“Mi dica, Edwin. Le piace scommettere?”
Edwin parlò con una vocina sottile sottile. “No, direi proprio di no. Di tanto in tanto gioco al gratta e vinci, ma…” La sua voce si perse nel nulla.
Il tipo lentigginoso annui. “Non c’è problema. Perché secondo me le sue possibilità di uscire vivo da qui e con gambe e braccia ancora al loro posto sono pressappoco pari a zero.” Allontanò la pistola, la rimise nella fondina e disse: “Ora la vuole, una sigaretta?”.
Edwin annuì, ammutolito dal panico.
L’uomo infilò la sigaretta fra le labbra di Edwin, quasi con tenerezza, e accese un fiammifero con l’unghia del pollice.
“Vuoi che allenti un po’ la corda? ” disse una voce lì accanto.
“Edwin, le vorrei presentare uno dei miei giovani assistenti: Sam Serpent ‘il Rettile’. È giovane, ambizioso ed è un ragazzo della specie peggiore che ci sia: di quelli che devono dimostrare qualcosa. Quindi, faccia quello che vuole, ma veda di non mandarlo in bestia.”
Sam si fece avanti, un giovinastro nervoso tutto tic e ostentata spacconeria. “Vuoi che lo ammazzi lento o veloce, normale o super?”
Il tipo lentigginoso sospirò. “Per il momento, limitati a liberargli le mani, okay, Sam? La logistica dell’ammazzamento a più tardi. Una cosa per volta. ” Scosse la testa e fece un sorriso a Edwin, come dire: “Questi ragazzi, eh?”.
Una volta che Sam gli ebbe slegato le mani, Edwin si massaggiò i polsi e si guardò intorno, cercando di orientarsi. Sullo sfondo vedeva altre figure in penombra, avvolte dal fumo. Davanti a loro, seduti a semicerchio, sedevano quattro uomini, in silenzio, il volto controluce e sprofondati nel buio.
Il tipo lentigginoso si chinò a parlare nell’orecchio di Edwin. Era così vicino, che Edwin avvertì l’odore di tabacco e di Brut. “Signor de Valu, lei è o non è l’astro che brilla dietro un libro intitolato Quello che ho imparato sulla montagna} Non menta, perché conosciamo già la risposta.”
“Sono il redattore, sì. Ma questo è tutto. In realtà, credo che...