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Ni fissò Cotton Malone, che era sulla soglia, fiducioso e sicuro. Temerario, anche, a presentarsi in Cina senza preavviso. Aveva cercato altre informazioni su di lui e su Cassiopea Vitt, ma non ne aveva ancora trovate. Invece aveva appena ascoltato la notizia di una telefonata intercettata qualche minuto prima: Karl Tang che parlava al cellulare con Pau Wen.
«Mi avevi assicurato che avrei avuto un campione. È essenziale per il nostro piano.»
«Non è più il nostro piano. Hai assunto il controllo: adesso è il tuo piano.»
«Come ve lo siete procurato?» aveva chiesto Malone.
«Controlliamo tutti i numeri che usa il ministro Tang.»
«Tang dov’è?»
«Se n’è andato da qui su un elicottero di Stato. C’è un aereo che lo aspetta a Xi’an, ed è stato registrato uno schema di volo a ovest di Kashgar.»
Si ricordò del luogo cui Pau aveva accennato durante la telefonata.
Bao he dian.
«Che tipo di aiuto potete fornire?» domandò Ni a Malone.
«So dov’è andato Pau Wen.»
In realtà, lo sapeva anche lui. «E dove sarebbe?»
«La Sala per la Conservazione dell’Armonia.»
Malone tornò nella stanza, seguito da Ni Yong. Era chiaro che la risposta era esatta. Ni aveva immediatamente congedato il suo aiutante e aveva fatto cenno di tornare dentro. Cassiopea era sempre comodamente seduta coi piedi appoggiati al tavolo, ma lui sapeva che lei l’aveva sentito.
«Che cosa sapete di questa sala?» domandò Ni.
Malone si mise a sedere. «Prima le cose importanti. Non siamo noi il suo problema.»
«Non so chi siate.»
«Siamo qui a causa di un bambino di quattro anni.» Cassiopea raccontò a Ni Yong la storia del figlio di Lev Sokolov.
L’uomo ascoltò, con aria genuinamente preoccupata. «È un problema che riguarda tutta la Cina. Ogni giorno scompaiono centinaia di bambini.»
«E voi che cosa fate al riguardo?» domandò Malone.
Ni lo guardò irritato. «Io non faccio niente. Però sono d’accordo. Qualcuno dovrebbe fare qualcosa.»
«Non siamo spie», affermò Cassiopea.
«Forse no. Ma avete portato qui Pau Wen, e lui costituisce una minaccia per questo Paese.»
«Questo lo credo anch’io», disse Malone.
«Come potete aiutarmi?» domandò Ni.
«Ho bisogno del mio iPhone.»
Ni sembrò valutare la richiesta, poi aprì la porta e pronunciò qualche parola in cinese. Qualche secondo dopo, il telefono era appoggiato sul tavolo.
Malone sollevò l’apparecchio, diede qualche colpetto sul display e trovò le sue foto. «Questa l’ho scattata in Belgio, quando siamo andati a trovare Pau Wen a casa sua. È la mappa di seta che ha riprodotto e che è stato così fiero di mostrarci.» Accarezzando il telefono col dito, Malone fece scivolare sul display un’altra fotografia. «Questa è stata scattata dentro la tomba, sopra il plinto dove avrebbe dovuto trovarsi Qin Shi.»
Ni studiò la nuova immagine. Malone aspettava un commento, ma l’uomo non disse nulla. Invece Ni avvicinò il display continuando a guardare due foto, passando dall’una all’altra. Poi posò il telefono e prese il proprio, premette un tasto di composizione rapida e attese. Quindi latrò qualche ordine in cinese, aspettò, disse ancora poche parole e poi chiuse la chiamata.
Malone cercava di valutare Ni Yong, ricordandosi quello che aveva letto sull’aereo durante il volo dal Belgio. Sapeva, per esperienza, che i cinesi erano persone difficili da interpretare. Si esercitavano, come se si trattasse di una forma d’arte, in una strategia dell’inganno, facendo stare in guardia non solo i nemici, ma anche gli alleati. Quell’uomo, tuttavia, non era un agente di basso livello. Al contrario, era a capo dell’istituzione più temuta di tutta la Cina. Poteva letteralmente far crollare chiunque in qualsiasi momento. Stephanie gli aveva detto che gli Stati Uniti, da un punto di vista politico, consideravano Ni un moderato in una nazione di fanatici. Era di gran lunga preferibile a Karl Tang come nuovo leader. I russi, dal momento che a quanto pareva avevano ordinato a Viktor Tomas di badare a Ni, sembravano pensarla allo stesso modo. Ma Stephanie aveva anche fatto notare che il dipartimento di Stato temeva che Ni non fosse abbastanza duro per governare la Cina.
Un altro Gorbaciëv, aveva detto.
Il telefono di Ni prese a suonare.
Lui premette un tasto, aspettò un secondo, poi si mise a studiare il display. «Quando viene assegnata una carica importante, le persone portano con sé oggetti di valore. Questi beni personali appartengono solo a loro. Perciò, per accertarsi che non ci siano malintesi riguardo alla provenienza, il mio dipartimento produce una documentazione fotografica.»
«Quindi porti con te solo le cose che avevi quando sei arrivato», disse Malone.
Ni assentì. «Quando mi ha mostrato la foto, mi sono ricordato di una cosa. Nella residenza presidenziale c’è uno studio privato usato solo dal premier, che lo ha arredato con pezzi che ha portato nove anni fa, quando ha assunto la carica. Mobili in palissandro, vasi, pergamene, paraventi di legno intarsiato. Sono stato parecchie volte in quella stanza.» Posò il telefono accanto a quello di Malone. Benché il display fosse più piccolo di quello dell’iPhone, l’immagine era altrettanto chiara.
Una mappa di seta.
«Questa è appesa su quel muro.»
Malone e Cassiopea si avvicinarono.
«Sono identiche», osservò lei.
Malone si rese conto all’istante di quello che implicava.
«Il premier mi ha detto la stessa cosa che Pau ha riferito a lei. Si tratta della riproduzione, fatta da lui, di una carta geografica antica che gli era piaciuta molto», spiegò Ni.
«Tang e Pau sono eunuchi. Il Ba», fece Malone.
E ciò che non era stato detto rimase sospeso nell’aria.
E il premier?
«Gliel’ho chiesto. Sostiene di non essere un eunuco. Ha rifiutato di farsi operare», disse Ni.
«Gli crede?» domandò Cassiopea.
«Non so più a che cosa credere.»
«C’è dell’altro.» Malone accennò ai telefoni. «Osservate la bordatura che circonda la mappa nello studio del premier.»
«Numeri cinesi.» Ni indicò la parte in alto a sinistra. «Tre, quattro, sei, otto, due, cinque, uno, sette.»
Malone passò dolcemente il dito sul carattere due righe più in alto, sul lato verticale di sinistra. «Nove. Quassù. Nella fila superiore. Due sopra. Quattro.» Spostò l’attenzione sull’immagine della casa di Pau. «Sono identiche. Ma guardate qua.» Colpì lo schermo col dito e zoomò sulla parte superiore del plinto. «Simboli diversi in posti diversi.» Guardò Ni, intento a valutare il fatto. «Questi non sono numeri. Sono caratteri.»
Il pensiero parve venire in mente a tutti contemporaneamente.
Da una mappa antica che ha visto una volta.
Con qualche modifica.
«Pau è stato in quella tomba», disse Malone.
«E anche il premier», aggiunse Ni.
«È così che le luci sono arrivate fin là?» domandò Malone.
Ni assentì.
Malone tracciò due linee immaginarie sopra lo schermo. Una che scendeva dal quattro. Un’altra che saliva dal nove. «È una griglia. Proprio come quelle che si usano sulle mappe in tutto il mondo. Hanno usato il quattro e il nove. Fortuna e sfortuna. Pau me l’ha fatta vedere nella stanza della biblioteca. Scommetto che il punto in cui quelle linee s’intersecano dev’essere fondamentale.» Sollevò il telefono e ingrandì la parte rilevante della foto.
Le linee s’intersecavano davvero in un punto determinato. Come lo aveva definito Pau? Un «avamposto isolato» nelle montagne occidentali. Indicato da tre simboli.

«So che cosa significano. ’Di fianco alla capitale’», disse Ni.
«Non possiamo vederlo sulla piccola immagine del suo telefono», disse Malone. «Ma, se ingrandissimo la foto che ha lei, scommetto che quegli stessi tre simboli sarebbero nella medesima posizione.»
Ni fece un’altra telefonata, e in pochi secondi ebbe la conferma.
Nel cervello di Malone i puntini si stavano collegando.
Il telefono di Ni squillò nuovamente. Sollevò l’apparecchio, premette un tasto e lesse.
Malone colse il terrore sul viso dell’uomo. Lui e Cassiopea ascoltarono mentre Ni spiegava di una telefonata che lui e i suoi avevano intercettato poco prima, fra Tang e Pau.
«C’è un certo disaccordo tra loro», rivelò Ni. «Pau Wen ha adescato Tang, e ora vuole che li raggiunga. Qualche anno fa abbiamo aperto un sito web per consentire agli informatori di denunciare la corruzione via Internet. Pau lo sa e mi ha mandato un messaggio tramite il sito: Informate il ministro Ni che lo aspetto nella Sala per la Conservazione dell’Armonia. Lì si trova la maggior parte della corruzione. Dite a Cassiopea Vitt che pure quello che cerca lei è lì.»
«Il bastardo sapeva fin dall’inizio dov’è il bambino», esclamò lei.
Malone scosse la testa. «La sua rete d’informazioni dev’essere molto valida. Pau sa che siamo sopravvissuti e che siamo nelle sue mani.»
«Spie», disse Ni.
«Dobbiamo andare là», disse Cassiopea.
«Karl Tang si sta dirigendo a ovest, mentre parliamo», fece notare calmo Ni.
«Cassiopea ha ragione. Dobbiamo andare», replicò Malone.
Ni scosse la testa. «Non posso permetterlo.»
Cassiopea non voleva sentire quelle parole. «Perché no? Scommetto che lei sa tutto sul Ba. Sembra pure che sappia parecchio su Pau Wen. Non conosco Karl Tang, ma la mia esperienza recente mi fa pensare che sia pericoloso. Non si può sapere fin dove arriva questa minaccia. La Russia e l’America sono abbastanza preoccupate da lavorare insieme per fermarli. So che avete un problema con Viktor Tomas, e non giustifico ciò che ha fatto con quel pilota, ma vi ha salvato il culo. Ora potrebbe essere coinvolto il premier stesso. Lei, ministro, non ci conosce affatto, ma siamo gli alleati più fidati che possa avere. Questa storia sta per finire...» Indicò la mappa che era ancora visibile sul display di Malone. «... proprio lì.» Guardò l’orologio. «Sono quasi le sette. Dobbiamo andare.»
L’espressione di Ni si addolcì. «Prima deve succedere una cosa. Ne sono appena stato informato, qua fuori.»
Malone aspettò.
«Abbiamo trovato Lev Sokolov. Sta venendo qua.»