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Malone valutava le stupefacenti informazioni che Stephanie gli stava fornendo.
«Per la mentalità occidentale, il petrolio è un combustibile fossile», gli disse. «Ricordi che negli anni ’60 tutti i distributori Sinclair avevano come marchio un dinosauro? Nelle pubblicità televisive c’erano dinosauri che morivano, si decomponevano e si trasformavano in petrolio. Se provi a chiedere a dieci persone da dove viene il petrolio, tutte quante risponderanno: dai dinosauri morti.»
Malone ricordava quelle pubblicità e doveva ammettere di essere stato anche lui indottrinato. Il petrolio era un combustibile fossile, una risorsa limitata.
«Prova a immaginare, Cotton, se il petrolio fosse inesauribile. La terra ne produce continuamente, come risorsa rinnovabile. I russi ci credono da tempo.»
«Stephanie, che cosa c’entra tutto questo con Cassiopea?» Il freddo si era insinuato nell’aria del tardo pomeriggio. Ivan sarebbe tornato di lì a poco, e sarebbero tutti partiti per Anversa. Voleva vederci chiaro prima di allora.
«Mai sentito parlare del bacino del Dnieper-Donets, nell’Ucraina orientale?»
Lui scosse la testa.
«Negli anni ’50 hanno rinunciato a utilizzare l’area per le trivellazioni. ’Nessun potenziale per la produzione di petrolio’, è stata la conclusione della squadra di rilevamento. Lo sappiamo perché un trivellatore americano, un certo J.F. Kenney, faceva parte della squadra che studiava il sito coi russi. Non hanno trovato nessuna traccia di combustibili fossili.» S’interruppe per qualche istante. «Oggi, quel bacino contiene oltre quattrocento milioni di barili di scorte garantite, trovate a grande profondità. L’uomo che ha determinato questa situazione è Lev Sokolov. Era un esperto russo della teoria abiotica del petrolio.»
«Come facciamo a sapere che la squadra di rilevamento negli anni ’50 non si era semplicemente sbagliata, e che il petrolio non è sempre stato lì?»
«È successo di nuovo. Sulla penisola di Kola, nella Russia settentrionale. Altro luogo senza prospettive di produzione, secondo la teoria del combustibile fossile; eppure i russi hanno trivellato fino a dieci chilometri di profondità e hanno trovato gas metano. Nessuno avrebbe mai creduto di trovare il metano a una tale profondità nella roccia granitica. Con la teoria del combustibile fossile non si sarebbe potuto prevedere il ritrovamento, ma il gas era proprio lì dove Sokolov aveva indicato.»
«E ora Washington finalmente s’interessa della faccenda.»
«Decisamente. Questo potrebbe cambiare gli equilibri di potere del mondo, il che spiega l’interesse di Karl Tang. Ivan ha ragione: Tang è una minaccia per tutti noi. Se assumesse il controllo della Cina, le conseguenze sarebbero enormi, per tutto il mondo. Specie se Tang avesse a disposizione riserve illimitate di petrolio.»
«Il presidente Daniels vuole che sia fermato?»
«Cotton, in realtà lo vogliamo morto.»
Malone capì l’enormità di quell’affermazione. L’America non assassinava le persone, ufficialmente.
Ma succedeva.
«E tu speri che facciano tutto i russi?»
Lei scrollò le spalle. «È già tanto che mi sia infilata nei loro affari. Ivan non è stato contento di vedermi. È già abbastanza brutto che Sokolov sia vivo: di sicuro non voleva che c’immischiassimo.»
«Come sapeva di me?»
«Da quei due corrieri, direi. I suoi uomini stavano sorvegliando la donna che è entrata nel tuo negozio.»
Aveva tralasciato una cosa. «E tu dov’eri?»
«Li sorvegliavo anch’io. Ma Ivan mi ha informato del tuo incontro a Tivoli solo quando tu ci stavi già andando.»
«Sicché sapevi già qualcosa di quello che ti ha detto prima Ivan al caffè?»
Lei annuì. «Sì. Ho pensato che ci saremmo fatti una chiacchierata.»
«Che cosa sapevi di Cassiopea?»
«Non avevo idea che la stessero torturando.»
Lui le credette.
«Abbiamo fatto due più due, Cotton. Se Tang diventasse premier, cancellerebbe cinquant’anni di combattutissima diplomazia. Lui ritiene che la Cina sia stata bistrattata da tutti e vuole vendicarsi: riaffermerà la supremazia cinese in tutti i modi possibili. In questo momento teniamo a bada la Cina grazie alla sua dipendenza dall’estero per l’energia. Noi abbiamo una scorta di petrolio per sessanta giorni, il Giappone per cento. La Cina ne ha a malapena per dieci giorni. Un blocco navale potrebbe facilmente strangolare il Paese e costringerlo alla resa. L’ottanta per cento del petrolio importato dalla Cina passa per lo stretto di Hormuz o lo stretto di Malacca. Sono parecchio lontani dalla destinazione e li controlliamo entrambi.»
«Perciò, sapendo quello che potremmo fare, si comportano bene.»
«Qualcosa del genere, anche se la minaccia non è mai esplicita. Sarebbe un’insolenza, trattando coi cinesi. Non amano che gli si ricordi la loro debolezza.»
Malone era contento di non essere un diplomatico.
«Se Tang avesse riserve di petrolio perenni, perderemmo quel po’ d’influenza che abbiamo. La Cina oggi ha praticamente il controllo dei mercati valutari mondiali, ed è il nostro primo creditore. Anche se non ci piace ammetterlo, ne abbiamo bisogno. Se i pozzi di petrolio cinesi fossero inesauribili, loro sarebbero in grado di espandere la propria economia a piacimento, senza curarsi dell’opinione di nessuno.»
«E questo rende nervosi i russi.»
«Abbastanza da voler fare fuori Karl Tang.»
Okay, Malone era convinto: la faccenda era seria.
«Forse mi riterrai sciocca. Ma, credimi, ho considerato i pro e i contro. Non mi fido al cento per cento di Ivan. Però...»
«Ti serve un po’ di aiuto extra.»
«Qualcosa del genere.»
«Immagino significhi che dobbiamo trovare Sokolov prima che lo trovi Ivan. E Cassiopea sembra essere la via più breve.»
Lei annuì. «Facciamo il gioco dei russi e troviamola. Se Ivan riesce a fermare Tang cammin facendo, buon per noi. Altrimenti mi servirà il tuo aiuto per togliere Sokolov dalle loro grinfie.»
Malone aveva capito la situazione. Anche se Tang avesse vinto assumendo il controllo della Cina, se l’Occidente aveva Sokolov, sarebbe soltanto cambiata la moneta di scambio. «Spero solo che Cassiopea resista fino al nostro arrivo.»
Tang guardava dal vetro dell’elicottero che si alzava in volo nella notte. Scorse qualche lampo di luce tremula dall’edificio della fossa 3 e capì che quanto restava del tesoro di manoscritti di Qin Shi stava bruciando. Bastavano pochi istanti per polverizzare tutti i rettangoli di seta e incenerire il fragile bambù. Quando fosse scattato un allarme, ormai non sarebbe rimasto nulla. La causa? Un cortocircuito, impianto elettrico difettoso, trasformatori mal funzionanti, quello che vi pare. Nulla avrebbe fatto pensare a un incendio doloso. Un altro problema risolto, ancora un po’ di passato estirpato.
Ora lo preoccupava quello che stava accadendo in Belgio.
Il copilota attirò la sua attenzione e accennò a un paio di cuffie lì accanto.
Tang le indossò.
«C’è una chiamata per lei, ministro.»
Attese, poi una voce familiare disse: «È andato tutto bene».
Viktor Tomas dal Belgio. Era ora. «Cassiopea si sta muovendo?» domandò Tang.
«È scappata, proprio come avevo previsto. Comunque è riuscita a mettermi fuori combattimento, prima di andarsene. Mi fa male la testa.»
«Puoi rintracciarla?»
«Solo finché tiene con sé quella pistola. Finora l’impulso inviato dal segnalatore interno funziona.»
«Davvero lungimirante. È stata contenta di vederti?»
«Non particolarmente.»
«Devi sapere che Pau Wen ha un ospite, proprio in questo momento. Ho ordinato un’incursione.»
«Pensavo di avere io il controllo, qui.»
«Cosa può averti dato questa impressione?»
«Non posso assicurare la riuscita, se mi scavalchi. Qui ci sono io, non tu.»
«Ho ordinato un’incursione. Fine del discorso.»
Dopo un istante di silenzio, Viktor disse: «Mi muovo per rintracciare Cassiopea. Quando ci saranno sviluppi, riferirò».
«Non appena avrai la lampada...»
«Non preoccuparti, lo so. Cassiopea non sarà lasciata viva. Ma faccio a modo mio. D’accordo?»
«Come hai detto, tu sei lì e io sono qui. Gestiscila a modo tuo.»