22

Anversa, ore 21.05



Cassiopea percorreva in fretta la via in cerca di un luogo in cui nascondersi. Tre uomini la seguivano da quando aveva lasciato l’albergo. Teneva la lampada sotto il braccio sinistro. La portava con cautela, avvolta in una busta di plastica piena di carta appallottolata.

Era circondata da costruzioni in mattoni rossi e case imbiancate a calce, poste a guardia di un dedalo di viuzze acciottolate. Cassiopea attraversò di corsa una piazza silenziosa, coi tre uomini alle calcagna, a cinquanta metri da lei. Non si vedeva nessun altro. Non poteva permettere che le prendessero la lampada: perderla significava perdere il figlio di Sokolov.

«Quaggiù», udì.

Dall’altra parte della strada c’era Cotton Malone.

«Ho ricevuto il tuo messaggio. Eccomi.» Cotton le faceva cenno con la mano di raggiungerlo.

Lei corse, ma quando arrivò all’angolo lui era scomparso.

I tre uomini tenevano il passo.

«Qui.»

Lei scrutò in fondo a un vicolo. Cotton era a cinquanta metri e continuava a farle segno di andare avanti. «Cassiopea, stai commettendo un errore.»

Lei si voltò.

Apparve Henrik Thorvaldsen. «Non puoi aiutarlo», le disse.

«Ho la lampada.»

«Non fidarti di lui», le disse ancora; poi il danese scomparve.

Cassiopea scrutò la strada e gli edifici. I tre uomini non erano più vicini e Cotton continuava ad agitare le mani per farsi raggiungere.

Lei si mise a correre.



Cassiopea si svegliò.

Era sdraiata sulla panchina del parco. La luce si era affievolita, ora il cielo aveva il colore dell’inchiostro sbiadito. Aveva dormito per un po’. Diede un’occhiata dietro il tronco dell’albero: la Toyota era sempre parcheggiata e non c’erano poliziotti né nessun altro in giro. Cercò di schiarirsi la mente, ancora stordita. Era più stanca di quanto non credesse. La pistola era sempre sotto la camicia, il sogno fisso nella memoria.

Non fidarti di lui, aveva detto Thorvaldsen.

Di Cotton?

Non c’era nessun altro lì.

Era a trenta minuti buoni di cammino dal museo Dries Van Egmond. La passeggiata le avrebbe permesso di assicurarsi di non essere seguita. Cercò d’indurre le proprie emozioni ad acquietarsi, la mente a smetterla di farsi domande, ma non poteva. La comparsa di Viktor Tomas l’aveva innervosita.

Henrik si era riferito a lui, forse?

Scorse una fontana, la raggiunse e assaporò qualche lungo sorso.

Si asciugò la bocca e si ricompose.

Era il momento di chiudere quella faccenda.



Malone scese dall’elicottero della NATO in un piccolo aerodromo a nord di Anversa. Ivan seguì Stephanie sulla piazzola. Stephanie aveva organizzato il rapido volo da Copenhagen. Quando si furono allontanati dalle pale, l’apparecchio ripartì nel cielo notturno.

Due auto con autisti li aspettavano.

«Servizi segreti, da Bruxelles», spiegò Stephanie.

Ivan aveva parlato poco durante il viaggio, solo chiacchiere su televisione e film. I russi sembrano ossessionati dal mondo dello spettacolo americano.

«D’accordo, siamo qui. Dov’è Cassiopea?» chiese Malone.

Una terza auto si avvicinò dal lato opposto del terminal, passando accanto a file di costosi aerei privati.

«La mia gente. Devo parlare con loro.» Ivan si avvicinò con passo goffo all’auto, che si fermò.

Ne uscirono due uomini.

Malone si avvicinò a Stephanie e le chiese: «Ha qualcuno dei suoi, qui?»

«A quanto pare.»

«Non abbiamo proprio nessun servizio d’informazioni indipendente, su questa cosa?»

Lei scosse la testa. «Non c’era tempo. Perché abbia in mano qualcosa c’è da aspettare come minimo domani.»

«Quindi siamo con le chiappe al vento, voliamo alla cieca.»

«Non è la prima volta.»

In effetti.

Mentre tornava verso di loro, Ivan disse: «Abbiamo un problema».

«Perché la cosa non mi sorprende?» borbottò Malone.

«Cassiopea è in movimento.»

«E perché questo sarebbe un problema?» domandò Stephanie.

«Fuggita da suoi rapitori.»

Malone era sospettoso. «Come lo sai?»

Ivan indicò i due in piedi accanto all’auto. «Loro guardano e vedono.»

«Perché non l’hanno aiutata?» Ma conosceva già la risposta. «Volete che vi porti alla lampada.»

«Questa è operazione di servizi segreti. Ho lavoro da fare», disse Ivan.

«Lei dov’è?»

«Vicino. Sta andando a un museo. Dries Van Egmond.»

Malone era sempre più furioso. «Come diavolo fai a saperlo?»

«Andiamo.»

«No», obiettò lui.

Il volto di Ivan s’indurì.

«Ci vado io. Da solo», chiarì Malone.

Il viso tirato del russo si aprì in un sorriso. «Mi avevano avvertito, ti chiamano il Lupo Solitario.»

«Allora sai che devi starmi fuori dai piedi. Troverò Cassiopea.»

Ivan affrontò Stephanie. «Adesso voi subentrate? Pensate che io lo permetto?»

«Ascolta, se vado solo, ho più probabilità di scoprire quello che volete», fece Malone. «Se spunti tu con la banda di picchiatori, otterrai zero. Cassiopea è una professionista. Troverà il modo di nascondersi.»

Almeno lo sperava.

Ivan gli piantò l’indice sul petto. «Perché dovrei fidarmi di te?»

«Mi chiedevo la stessa cosa.»

Il russo si tolse di tasca un pacchetto di sigarette e ne infilò una tra le labbra. Trovò i fiammiferi e l’accese. «Questo non piace.»

«Oh, che peccato. Vuoi che il lavoro venga fatto? Io lo faccio.»

«Okay», disse Ivan soffiando il fumo. «Trovala. Prendi quello che vogliamo.» Indicò l’auto. «Ha navigatore per fare strada.»

«Cotton, ti organizzo un po’ di privacy», fece Stephanie. «La polizia di Anversa è al corrente di quello che sta succedendo, solo non sanno dove. Devo garantire che non ci saranno distruzioni di proprietà, salvo forse una finestra o una porta rotta. Prendila, vieni via e basta.»

«Non dovrebbe essere un problema.»

«Me ne rendo conto, ma la tua fama ti precede.»

«Questo non è un sito dell’UNESCO, vero? Distruggo solo quelli, pare.»

«Dentro e subito fuori, okay?»

Lui si rivolse a Ivan. «Non appena avrò preso contatto, chiamo Stephanie. Ma dovrò capire come la pensa Cassiopea. Forse non vuole un partner.»

«Forse non vuole, ma li avrà, i partner. Questa faccenda è più grossa di un bambino di quattro anni.»

«Precisamente per questo tu resti qui. Se sente pronunciare queste parole una sola volta, non la vedi più.»

Malone non intendeva commettere lo stesso errore fatto a Parigi con Thorvaldsen. Cassiopea aveva bisogno del suo aiuto e lui gliel’avrebbe dato. Senza condizioni e senza segreti.

E Ivan poteva andare al diavolo.

L'esercito fantasma
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