36.
Harkness a volte pensava che ogni giorno fosse una evoluzione separata. Si alzava dal letto senza parlare, e la colazione era un affare di masticamenti e grugniti tra lui e suo padre, un tè tra scimpanzé. Progrediva lentamente, di solito acquisendo l’uso del cervello intorno a mezzogiorno, e in serata si era già evoluto di nuovo fino alla comunicazione polisillabica. A volte, dopo mezzanotte, era Superman. Per questo, incontrare Laidlaw alle otto e mezzo del mattino era una cosa bizzarra, come un uomo di Neanderthal investito da un trattore.
“Dobbiamo vedere la signora Lawson. Se Jennifer non ha incontrato Alan McInnes, chi ha incontrato? Ha usato Alan McInnes come alibi per Sarah Stanley. Era una ragazza complicata. Probabilmente per andare in bagno faceva il giro da Paisley. Il padre ha molto di cui rispondere. Immagina, creare una tale duplicità in tua figlia, che non ti dice neppure l’ora, per paura che tu possa usarla contro di lei. Quale che fosse il suo gioco, è più complesso di una partita a ludo. Stando alle informazioni che abbiamo finora, c’è solo una persona, a parte l’uomo che cerchiamo, che potrebbe sapere qualcosa. Dobbiamo vedere la signora Lawson, ma in assenza del marito. Se possibile. Temo che lui le abbia infilato un ripetitore a transistor nella testa.”
Harkness annuì. Si consolò pensando che anche Laidlaw aveva un aspetto terribile, con l’occhio destro che sembrava una mappa stradale. Forse era il risultato della distorsione temporale dovuta all’idea di tornare al mondo umano a quell’ora del mattino.
Ma Harkness doveva ammettere che ne sentiva l’effetto. Già prima che arrivassero a Drumchapel cominciò ad avere delle idee.
“Sai quel tipo grosso con la barba, ieri, in Byres Road? Credo che con una piccola perquisizione gli troveremmo della marijuana in casa.”
“Lascia perdere,” disse Laidlaw. “Le città hanno il cancro, chi vuoi che abbia il tempo per pulirsi le unghie?”
Ebbero fortuna, perché mentre aspettavano a una fermata vicino casa dei Lawson, sperando che non arrivasse nessun autobus e pensando a come separare Sadie dal marito, videro Bud uscire di casa e avviarsi nella direzione opposta rispetto a loro. In casa Lawson le tende erano ancora chiuse. Venne ad aprire la vicina della porta accanto, ma quando udì cosa volevano, disse che aveva da fare in casa propria e uscì.
Sadie Lawson non stava più così male come l’ultima volta. La pelle di entrambe le guance era scavata dalle lacrime, ma ormai non piangeva più. Era seduta su una sedia accanto al focolare, che era pulito e preparato con pezzi di carbone, ma non ancora acceso. Tutti e tre sorseggiavano il tè che la vicina aveva preparato prima di uscire. La signora Lawson sospirava spesso, in attesa che loro si avvicinassero al suo dolore.
“Mi dispiace,” disse Laidlaw, “ma devo parlare di Jennifer. Faremo presto, so che le fa male.”
“Non preoccuparti, figliolo.”
Si era rivolta a lui in quel modo, perché ciò che aveva passato le conferiva un’autorità che non aveva mai avuto prima. Esercitandola, si mise a parlare senza attendere le domande. Il modo in cui parlava, all’inizio, sembrava avere la strana irrilevanza di una seduta spiritica. Ma poi tutti i pezzi si incastrarono con una specie di deliberazione nascosta. Tutto ciò che diceva arrivava a un’unica conclusione: quanto le dispiaceva aver sostenuto Jennifer contro Bud, aver fatto qualcosa a sua insaputa, di tanto in tanto. Perché questo era il risultato, e in parte era colpa sua.
Harkness trovava quella calma più straziante delle lacrime, perché immaginava che significasse qualcosa di peggio. Che lei dovesse patire un tale dolore era difficile da accettare, ma il fatto che il dolore le avesse insegnato solo a mentire a se stessa era insopportabile. Osservandola, si convinse che la donna stava seppellendo la figlia in una menzogna, che persino da morta a Jennifer non era permesso essere se stessa. La confessione della signora Lawson era un inganno sottile. Come qualcuno che sembra gettare dei mattoni qua e là senza pensarci, e intanto costruisce un muro.
Il suo dolore adesso aveva uno stile, e pur genuino come senza dubbio era, aveva acquisito un’utilità. Harkness si rese conto che la gente spesso si sceglie le colpe che è in grado di gestire. È un modo di nascondersi dalla verità.
“Signora Lawson,” disse piano Laidlaw, approfittando di una pausa. Harkness osservò Laidlaw che osservava la donna, lasciando il silenzio infilarsi come un cuscino tra ciò che aveva detto lei e ciò che stava per dire lui. “Jennifer non è andata da Poppies, sabato sera.”
Il silenzio corse tra loro come una miccia. La donna alzò la testa e spalancò gli occhi, incredula. “Oh, sì. Ha detto che andava lì.”
“Diceva bugie solo a suo padre, signora Lawson, o ne ha detta qualcuna anche a lei?”
“Cosa intende dire?”
“Jennifer le ha detto che andava da Poppies con Sarah Stanley. A Sarah ha detto di avere un appuntamento con un certo ragazzo. Non ha fatto nessuna delle due cose. Sono già due bugie, signora.”
“Non ci posso credere.”
“È la verità.”
“Ormai mentiva anche a me. Aspetta solo che lo sappia Bud.”
Si mise a piangere.
“Mi scusi, signora,” disse Laidlaw, “ma Jennifer è morta, e suo padre non può farle nulla, adesso.” Fece una pausa. La donna dondolò avanti e indietro, scuotendo la testa. “E lei sa che Jennifer aveva dei buoni motivi per comportarsi così. Lo sappiamo entrambi.”
Lei alzò lo sguardo. Il suo dolore era di nuovo privo di difese, e sembrava spaventata.
“Che intende dire?”
“Parlo del ragazzo cattolico con cui usciva sua figlia, signora Lawson.”
“Quale ragazzo cattolico?”
“Quello che suo padre le ha proibito di vedere. Lei lo conosceva?”
Lei non rispose subito. Sembrava che Laidlaw le avesse chiesto qualcosa di più di ciò che intendeva. Esitò, distolse lo sguardo, poi all’improvviso si rifiutò di tornare indietro.
“Non è colpa sua!” Li fissò entrambi mentre lo diceva, con lo sguardo più diretto che Harkness le avesse mai visto in faccia. “Non è colpa sua, Dio la benedica. È colpa mia, per non averla appoggiata di più. Perché avrebbe dovuto fidarsi di noi? Non meritavamo la sua fiducia. Sì, sapevo di quel ragazzo. Le interessava, e Bud le proibì di vederlo. Quella volta si era fidata di me. Ma io non sono riuscita a lottare per lei. Non ce l’ho mai fatta. E lei non mi ha mai perdonato, Dio l’abbia in gloria, non mi ha mai perdonato.”
“Quel ragazzo è venuto qui, qualche volta?”
“Siete matti? Bud non l’avrebbe mai permesso. Airchie Stanley gli aveva detto che era cattolico. Sarah se l’era lasciato sfuggire. E questo bastò. Non vedemmo mai quel ragazzo. È buffo, vero? Lei lo aveva conosciuto proprio in quel locale, Poppies.”
“Sa come si chiamava?” chiese Laidlaw.
Lei scosse la testa. “No. Non l’ho mai saputo.” Fissò su Laidlaw uno sguardo deciso. “Ma so chi può saperlo.”
Harkness osservava con simpatia quella crisi di audacia. Era il suo momento da Martin Lutero: “Qui sto fermo”. Lei non era pratica del coraggio, ma lo trovò ugualmente. “Maggie Grierson! La sorella di Bud potrà dirvelo. Jennifer amava andare a trovarla. Credo che si sentisse più a casa da lei che da noi. Abita in Duke Street.”
Diede loro il numero, e Harkness capì perché era stato così difficile per lei fare quella confessione. Il resto erano atteggiamenti, cose che si potevano rinnegare. Quello era un fatto. Loro l’avrebbero seguito e Bud Lawson sarebbe probabilmente venuto a saperlo. La donna aveva detto qualcosa che sarebbe stata costretta a difendere contro il marito. Doveva essere passato molto tempo dall’ultima volta che l’aveva fatto.
La vicina aveva chiesto loro di avvisarla quando fossero andati via. Harkness andò a chiamarla mentre Laidlaw parlava ancora con la signora Lawson, applicando le parole come bende. Quando uscirono, la vicina stava preparando un’altra tazza di tè.
Sull’autobus che li riportava in città, Harkness pensò che Laidlaw avesse un aspetto peggiore. Gli colava il naso.
“Che succede?” chiese.
“Spero che non sia la mia emicrania, ma temo proprio di sì. Se la ignoriamo forse se ne va. La signora Lawson ha fatto una cosa coraggiosa per la figlia, vero?”
“Adesso se ne starà pentendo.”
“Spero di no. Quel ragazzo potrebbe essere l’assassino che cerchiamo. Dobbiamo farci dire il suo nome. ‘Un cattolico che frequentava Poppies’ non è abbastanza per un tribunale. Buffo come Poppies continua a venire fuori. Ma è il posto dove lei non è andata.”
Laidlaw si portò una mano alla testa. “Oh, no,” disse. “Questo è il primo avviso. Come qualcuno che gioca a cricket con il mio bulbo oculare. Tra dieci minuti la mia testa sarà come la banda cittadina.”
“Non puoi fare nulla?”
“No, mi dispiace. Dovrai andare in Duke Street da solo. Se riesci a farti dire il nome, avvisa Milligan. Io devo tornare in albergo. E prendere le mie pillole. Se intervengo subito posso contenere il danno. Se non ce la faccio, posso metterci anche un giorno intero a riprendermi. Oh, merda.”
Laidlaw trascorse il resto del viaggio premendosi la testa come se volesse impedirle di scoppiare. Altro che accelerare l’evoluzione, pensò Harkness, ma con simpatia.