18.

Il corpo di una ragazza di diciotto anni è stato rinvenuto ieri tra i cespugli del Kelvingrove Park. La polizia riferisce che la ragazza è stata vittima di un’aggressione sessuale.

“È un omicidio particolarmente brutale,” ha detto l’ispettore Ernest Milligan.

Quasi cento poliziotti hanno condotto ricerche nei dintorni, e vicino al punto in cui è stato trovato il corpo è stato stabilito un quartier generale temporaneo delle indagini.

L’ispettore Milligan ha avvertito gli abitanti della zona che, fin quando l’assassino non sarà catturato, per le donne non è prudente uscire da sole dopo il tramonto.

La vittima è l’unica figlia del signore e della signora Lawson, residenti al 17 di Ardmore Crescent, Drumchapel.

Si pensa che la morte sia dovuta a strangolamento.

Matt Mason posò delicatamente il “Glasgow Herald” sul tavolo insieme agli altri due giornali. Macchie sul legno lucido e scuro, imperfezioni nella sua vita. “Adolescente brutalmente assassinata. La danza della morte.” “La bestia di Kelvingrove Park.” Si mise in bocca una forchettata di pancetta e gli fece schifo, nemmeno fosse un rabbino.

Si alzò e andò alla finestra. Quella era l’unica stanza della casa che aveva il parquet al posto della moquette, l’aveva copiata da una foto su una rivista a colori. Ma ciononostante, si mosse sul pavimento producendo un rumore minimo. Era basso e cominciava ad appesantirsi, eppure si muoveva con leggerezza. Roddy Stewart a volte ci scherzava sopra, dicendo che Matt avrebbe potuto camminare sulla neve senza lasciare impronte. “Sono uscito dall’utero in punta di piedi,” rispondeva lui.

Restò in piedi davanti alla finestra, a fissare un acro di giardino. Piccolo e tarchiato, con i capelli che cominciavano a diradarsi, forse per le preoccupazioni di vivere in un quartiere residenziale. I suoi occhi non rilevarono la piacevolezza della mattina, anzi, gli dava quasi fastidio. Di una giornata del genere poteva proprio farne a meno. Nessuno l’aveva chiesta.

Osservò un merlo atterrare sul vasto prato, bilanciare il becco come una pepita d’oro e poi spiccare di nuovo il volo, come se la sua compagnia non gli interessasse. Doveva essere nato e cresciuto in quella zona, pensò. Un merlo di Bearsden. Tutti lì nascevano con il naso per aria. Era solo un paesone alla periferia nord-ovest di Glasgow, ma arrivarci era stato come attraversare il fronte nordoccidentale. Qui, quando il dottore sculacciava i bambini appena nati tenendoli a testa in giù, loro invece di piangere tossicchiavano educatamente. E quando erano un po’ più grandi, forse giocavano ad acchiapparella con i guanti. Lui non era cresciuto con loro, eppure adesso era lì, in una casa grande come le loro. E ci sarebbe restato.

Da dentro la casa, arrivavano i rumori della signora McGarrity che faceva i mestieri. Mason pensò, risentito, che quello sarebbe potuto essere il momento più bello della giornata. Gli piaceva arrivare in sala da pranzo e trovare il necessario per la colazione sul buffet, il vassoio caldo, il caffè, i piatti, come in una scena presa da un film di Ronald Colman. Era la vanità più grande, sedersi lì al mattino da solo, come alla fine era sempre stato, e confermare le dimensioni e la solidità di ciò che aveva costruito, quasi come se avesse posato i mattoni con le sue mani. Ne aveva fatta di strada, da quando era solo un ragazzino sognatore nel quartiere popolare di Gallowgate. Stracciato, con il moccio al naso e sempre affamato, non aveva mai creduto di appartenere a quel posto, e l’unico modello di una vita diversa l’aveva trovato nei film di Hollywood. Era stato così che aveva costruito deliberatamente quella parte della sua vita, proprio come una scenografia.

Non si faceva illusioni sulla propria credibilità presso i vicini. Sapeva che molti di loro lo trovavano volgare e inaccettabile. Ma questo non lo disturbava troppo. Era anestetizzato contro quegli atteggiamenti dalla propria calma certezza. Lui conosceva un segreto ignorato da coloro che erano nati in quel tipo di vita: sapeva esattamente quanto costava ottenerla. Costava vite umane. Lo sapeva perché era stato obbligato a prenderne un paio. Non ne aveva prese di più perché non era stato necessario. Ma era pronto a uccidere ancora, nel caso fosse inevitabile, e questo lo rendeva poco suscettibile agli atteggiamenti di superiorità degli altri.

Riattraversò la stanza e si sedette di nuovo al grande tavolo di mogano, come in una riunione amministrativa con se stesso. C’erano decisioni da prendere. Si versò dell’altro caffè in una tazza pulita. Harry Rayburn era il passato. Mason si era servito di lui solo perché era il cugino di Margaret. Lo aveva trattato e pagato bene. Ora Harry voleva di più, implicandolo in qualcosa che poteva minacciare la sua sicurezza. Questo era chiedere troppo. Era una stupidaggine, come se avesse dimenticato chi era Matt Mason. Gli stupidi tendevano a commettere stupidaggini più di una volta, perciò Rayburn era pericoloso.

Mason fece un rapido inventario di ciò che aveva, come se quella fosse una mattina normale. La casa doveva valere più di quarantamila sterline. Avevano una governante che viveva con loro e si occupava di tutto, eccetto rispondere al telefono. Margaret era ancora di sopra, probabilmente si preparava a farsi venire un mal di testa. Il suo lavoro più faticoso era sedersi sotto il casco per asciugare i capelli. In passato la sua inutilità lo infastidiva, soprattutto se pensava ad Anne, morta proprio quando lui stava cominciando a emergere. Ma ora in qualche modo Margaret era un motivo d’orgoglio: non tutti potevano permettersi una moglie il cui unico talento era il letto. Quando era irritato, la definiva un’emicrania con le tette. Ma erano un bel paio di tette. Poi c’erano gli affari, e Matt ed Eric alla scuola privata.

Sommò tutti i fattori come in un’addizione, e il risultato era molto lontano dal Gallowgate, troppo, per poter tornare indietro.

Bevve un sorso di caffè e scoprì che si era raffreddato. Guardò i giornali come fossero lettere minatorie. Alle minacce non bisognava cedere, ma andavano prese sul serio. Se Harry Rayburn avesse avuto un po’ di buonsenso, avrebbe gestito la cosa da solo. Invece aveva insistito per coinvolgere lui nel gioco. E che bel gioco. Come giocare a tennis con una bomba a mano. Mason non era ancora sicuro di cosa avrebbe fatto. Ma sapeva nel campo di chi sarebbe esplosa la granata.

Misurò il problema con calma. L’unico collegamento che aveva ora con Rayburn era il fatto che aveva investito denaro nel Poppies. Ma non l’aveva esattamente annunciato sul “Financial Times”. La polizia non sarebbe stata in grado di collegarlo a Rayburn. Se Harry avesse combinato un casino e come effetto collaterale fosse finito dentro, era un problema suo. Mason non c’entrava niente.

Uscì dalla sala da pranzo. Prima di telefonare, nella stanza che definiva “lo studio”, si assicurò che la signora McGarrity fosse al piano di sopra e chiuse la porta. Di sopra non c’erano altri telefoni. Rayburn rispose al secondo squillo.

“Harry? Sono Matt Mason.”

“Dio, se sono contento di questa telefonata. Sto sudando sangue, qui. Stavo per chiamarti io. Sto sudando sangue.”

“Ho capito. Ora non cantarmi l’opera. Dimmi solo quello che ti serve.”

Seguì un silenzio, che Mason si sforzò di interpretare. Sapeva che nell’umore giusto Rayburn poteva essere dominato, un po’ come succedeva con alcune donne. La calma nella sua voce, quando parlò, gli fece pensare che fosse una di quelle volte.

“Stavo cercando di dirtelo ieri. La persona che ha ucciso quella ragazza, Jennifer Lawson, è un mio conoscente.”

“Come si chiama?”

“Non lo conosci, non ha senso dirti il suo nome.” “Benissimo. Sono felice di lasciare le cose come stanno. Buona giornata.”

“Matt!”

Mason non aveva intenzione di riattaccare.

“Matt. So dove si trova. E voglio farlo uscire dalla città.”

“Ci sono tanti autobus.”

“Piantala. Non vuoi che ti canti l’opera, ma tu non farmi il teatro.”

Ora che avevano stabilito quello che non volevano, si incontrarono nel silenzio. Mason aveva sentito la forza dell’isteria soppressa, nella voce di Rayburn. Se lo avesse spinto oltre il limite, le schegge avrebbero potuto colpire chiunque.

“Cosa vuoi da me?” chiese.

“Il tuo aiuto.”

“Semplicemente.”

“Matt, ho lavorato a lungo per te.”

“E hai ricevuto una bella pensione. Un pub, per la precisione.”

“Credevo che non si trattasse solo di soldi.”

“Si tratta sempre solo di soldi.”

“Voglio dire, pensavo che fossimo amici.”

“E io pensavo che tu avessi cervello. Harry, stai parlando di nuovo come un biglietto di San Valentino. Ma sei fuori stagione.”

Mason attese la risposta, per capire quale atteggiamento fosse meglio assumere.

“Matt. Ho bisogno del tuo aiuto.”

“Se vuoi far uscire il tuo amico da Glasgow, non è il mio aiuto che ti serve, ma quello di Houdini e dello Spirito Santo. Perché uno dei due da solo non ce la farebbe. Guarderanno anche sotto le foglie del tè, per trovare l’autore di questo delitto.”

“Non è troppo difficile, e lo sai. Matt, voglio che mi aiuti.”

“Mi spiace, sono troppo occupato a tenermi fuori dai guai.”

Mason stava provando a chiudere la porta senza sbatterla, ma voleva anche vedere se Rayburn avrebbe provato a forzarla.

“È quello che intendo, Matt. Proprio per evitare guai devi aiutarmi.”

Il silenzio di Mason fu abbastanza ampio da farci entrare un cadavere. “Questa battuta ti è venuta male, vero?” disse poi.

“No, hai sentito bene. Vedi, Matt, gli ho detto delle cose. Molte. Per esempio, il modo in cui lavori. Sa di te più di quanto ne sappia tua madre. E per te non sarebbe un bene, se la polizia lo catturasse.”

Le imprecazioni schizzarono come geyser dalla mente di Mason, ma nessuna arrivò fino alla bocca. Non sapeva se Rayburn stesse dicendo la verità, ma non importava. La disperazione necessaria per inventare quella storia era pericolosa proprio come la disperazione necessaria per ammetterla, se fosse stata vera. In un modo o nell’altro, andava disinnescata.

“Questo cambia tutto, allora,” disse. “Ma perché chiedere, quando puoi esigere?”

“Me l’hai insegnato tu, Matt. Comincia con gentilezza, dicevi sempre. Ma sapendo di avere in mano le carte vincenti.”

Era un bel momento per dare spazio alla nostalgia.

“Hai imparato bene,” disse Mason, sperando di aver azzeccato il tono giusto, amaro ma rassegnato. Harry doveva convincersi che, anche se non gli piaceva, l’avrebbe aiutato. “Allora farai meglio a dirmi chi è e dove si trova. E vedrò quello che posso fare.”

“No, Matt. Non credo che farei meglio a dirtelo.”

“Ascolta. Mi hai appena detto che anch’io ho una posta in gioco. Allora dammi le carte per giocare.”

“Dopo, Matt. Dopo.”

“Non ti capisco.”

“Ci sono delle complicazioni.”

Mason notò il modo in cui la situazione si era rigirata in modo da finire del tutto in mano a Rayburn. Rayburn sembrava consapevole del proprio potere, e Mason decise che quello stato di cose doveva finire presto. Tenne sotto controllo la sua rabbia.

“Il fatto è che non posso convincerlo a spostarsi immediatamente. È terrorizzato, fuori di sé. Credo che per lui esista una sola cosa reale, e cioè le mutandine della ragazza. Le tiene con sé tutto il tempo. E si rifiuta di muoversi.”

Mason pensò che alcuni individui erano troppo delicati per diventare assassini. Ma non disse nulla. Se Rayburn credeva di avere tutte le carte in mano, che le giocasse.

“Proverò a convincerlo a collaborare. Ma non sarà facile. E quello che mi preoccupa è il fatto che forse non ho molto tempo, prima che la polizia trovi il collegamento tra lui e me. E questo mi rende poco utile. Nel senso che devo stare lontano. Ed ecco dove entri in gioco tu, Matt. Sei la mia assicurazione. E io sarò la tua, naturalmente. Quando ti chiederò di farlo uscire, voglio che tu sia pronto. So che con te sarà al sicuro. Perché io sarò molto occupato a non dire nulla alla polizia. Capisci, Matt?”

Mason apprezzava la faccia tosta di Harry, nel cercare di mantenere in piedi una rete di pressioni così delicata. Ma era l’unica cosa che apprezzava.

“Va bene,” disse.

“Grazie, Matt. Ti chiamo io.”

Mason restò con il telefono in mano, dimenticandosi di riattaccare. Si chiese se Rayburn avesse sbagliato numero e credesse di parlare con la Pickford Removals o un’altra ditta di traslochi. Poi mise giù il telefono.

Si guardò intorno e vide se stesso. Fece di nuovo la somma di ciò che aveva ottenuto dalla vita. Ma stavolta il risultato fu diverso: tutto equivaleva a un uomo morto. Semplicemente.