16.

Stesa sul letto al piano di sopra, Ena ascoltava Laidlaw che faceva la valigia. Si muoveva in modo così positivo. I suoi andirivieni erano l’esternazione di uno scopo. Nel silenzio della casa, era come una sentinella che montava la guardia. Era un evento familiare e lei ne conosceva il rituale. Per Laidlaw non si trattava semplicemente di preparare la valigia. Costruiva una cassetta degli attrezzi, come se uno spazzolino da denti mancante potesse compromettere la soluzione di un caso. Ena sperò che si ricordasse di prendere anche le pillole per il mal di testa.

Si chiese quante volte avesse preparato quella valigia. All’inizio lei odiava quando succedeva. Ora, anche se a volte lo usava come argomento ufficiale delle sue lamentele, le sembrava addirittura di avvertire un certo sollievo. Loro due personificavano, aveva deciso, il significato della parola “incompatibile”.

Era difficile vivere con Laidlaw. La cosa più dura da mandare giù erano le pretese che lui aveva riguardo agli altri. Aggressioni morali, le definiva lei. Era come se la sua carriera di pugile dilettante fosse sconfinata nella sua vita sociale, anche se non da un punto di vista fisico. Quando lo vedeva entrare in una stanza, pensava sempre: “Ecco a voi, nell’angolo rosso, il pugile...”.

Nell’altra stanza, Jackie piagnucolò. Prima che lei riuscisse ad alzarsi, Laidlaw stava già salendo le scale. Ena non si mosse. Jackie aveva bisogno di andare in bagno. Il padre lo accompagnò e lo riportò indietro, nella cameretta accanto alla loro.

Mentre Jackie si rimetteva a letto, Ena lo udì chiedere: “Era un mostro, papà?”.

“Di cosa stai parlando?”

“La cosa alla porta, quando Margaret era sola in casa. Era un mostro?”

Il padre rispose in tono serio. “Niente affatto. Era la ragazza della casa accanto che veniva a fare la babysitter. Margaret la fece entrare e tornò l’elettricità. E passarono una bellissima serata.”

“Sandra ha detto che di sicuro era un mostro.”

“Allora si è sbagliata. Non esistono i mostri, Jackie.”

“Nemmeno uno?”

“Nemmeno uno.”

“Meno male. Sono contento. Non mi piacciono i mostri, papà.”

“Sei un ottimo giudice, figliolo. Non piacerebbero neanche a me, se esistessero. Ma ci sono solo le persone.”

Ena seppe che la certezza nel tono di Laidlaw aveva scacciato i mostri dalla stanza di Jackie come un lanciafiamme.

“Buona notte, papà.”

“Buona notte, Jackie.”

Sentì i passi di suo marito che scendeva le scale. Per un momento, desiderò che tra loro fosse come all’inizio. Ma l’intensità irrequieta che l’aveva attratta in lui era stata anche ciò che li aveva separati, perché non trovava mai pace. Ena aveva creduto che lui fosse in cerca di una destinazione che lei avrebbe potuto condividere. Adesso era convinta che Laidlaw si sarebbe avvicinato a una destinazione solo quando avesse chiuso gli occhi per sempre. Nel frattempo, consumava ogni cosa fino all’osso e andava avanti.

Lo udì risalire per venire a letto. Il cavaliere errante della Squadra omicidi, pensò amaramente. Solo che con lui non sapevi mai se eri la damigella da salvare o il drago.