Come ogni altra cosa in questa serie, i vimana affondano le loro radici nella mitologia, in particolare negli antichi testi mitologici dell’India. Nel poema epico sanscrito Il Mahabharata, che risale ad almeno venticinquemila anni fa, c’è una dettagliata descrizione di un vimana che misurava dodici cubiti di circonferenza, con quattro robuste ruote. (Un cubito era un’unità di misura che andava dalla punta del gomito alla punta del dito medio). Il vimana più famoso del folclore indiano è il Pushpaka – il carro volante del dio Kubera – descritto come simile a una “nuvola scintillante”.

Sebbene tappeti, ruote e carri volanti compaiano nei miti e nelle leggende di tutto il mondo, i dettagli dei poemi epici indiani sono al tempo stesso specifici e straordinari. In un altro poema epico sanscrito, Il Ramayana (la cui prima stesura risale anch’essa a venticinquemila anni fa circa), i vimana sono comuni. Il poema contiene fra l’altro storie di dei ed eroi che combattono battaglie aeree contro altri vimana e attaccano le città. Vengono perfino fornite lunghezze, altezze e peso degli apparecchi.

Esistevano molte varianti dei quattro tipi fondamentali di vimana – Rukma, Sundara, Tripura e Sakuma – e le descrizioni dell’apparecchio sono diverse. Alcuni sono di legno, altri sono fatti di un misterioso metallo rosso e bianco; alcuni sono triangolari, con tre ruote, mentre altri sono circolari e ovali; alcuni sono descritti come alti tre piani.

Naturalmente, niente di tutto questo si può considerare una prova dell’esistenza di navi volanti nell’antichità; è però un indizio di come fin dal principio l’umanità abbia sempre guardato al cielo.

Il sogno del volo si intreccia con la storia e risale a tempi molto più remoti di quanto si pensi. È generalmente riconosciuto che i fratelli Wright si alzarono in volo nel dicembre del 1903 nel primo apparecchio motorizzato più pesante dell’aria con pilota a bordo. Ma le ultime ricerche suggeriscono che possa trattarsi di un errore. Hiram Maxim si levò brevemente da terra nel 1894 con un apparecchio di più di tre tonnellate di peso, e Samuel Langley fece volare un apparecchio senza pilota per più di mille metri nel 1896.

Per tutto il diciannovesimo secolo, alianti e palloni aerostatici si sono levati nei cieli di America, Europa, India e Sud Africa. Ci sono fonti del 1895, per esempio, secondo le quali un apparecchio progettato da Shivkar Bapuji Talpade volò a Bombay, mentre John Goodman Household fece volare un aliante per poco meno di centro metri in Natal, nel Sud Africa, nel 1871. Ma il primo volo con un apparecchio motorizzato più pesante dell’aria mai descritto è avvenuto in Inghilterra nel 1848, quando John Stringfellow riuscì a fare alzare un monoplano di tre metri dal suolo. Funzionava a vapore.

Se il diciannovesimo secolo è stato l’epoca dell’aliante, il diciottesimo è appartenuto al pallone aerostatico. Gli esperimenti giunsero al culmine quando nell’inverno del 1783 Etienne Montgolfier si librò nell’aria in uno spettacolare pallone aerostatico alto 23 metri e con un diametro di 15 metri.

Risalendo ancora più indietro nella storia, Leonardo da Vinci, com’è noto, disegnò quelli che sono chiaramente i progetti di un prototipo di elicottero. Anche i suoi taccuini sono pieni di progetti di macchine volanti, alianti e ali artificiali. Nel suo diario del 1483 disegnò perfino il primo paracadute. (Il 26 giugno del 2000 una riproduzione di questo paracadute, costruita impiegando solo gli attrezzi, i tessuti e i materiali che sarebbero stati disponibili a Leonardo, ha fatto atterrare con successo un uomo da un’altezza di tremila metri).

Tornando ancora più indietro, all’ottavo secolo, c’è una fonte secondo la quale il grande poeta e inventore berbero Abbas Ibn Firnas si applicò delle ali alla schiena e si librò in volo. E cinque secoli prima, i cinesi descrivevano apparecchi volanti fatti di bambù e cuoio.

Man mano che risaliamo indietro nel tempo, fino all’epoca in cui la storia e il mito si fondono, troviamo molti accenni a veicoli volanti. Il volo è un luogo comune nella mitologia. La maggior parte degli dei è in grado di volare, di solito senza strumenti di sorta. Ma in alcune tradizioni antiche, gli dei volano con l’aiuto di ali, e queste immagini compaiono incise sulla roccia o dipinte sulle mura dei templi di tutto il mondo. Nel mito e nella leggenda, tuttavia, risultano anche mezzi artificiali di volo e apparecchi volanti.

Il re persiano Kai Kawus legò quattro lunghi pali agli angoli del suo trono, facendo poi incatenare delle aquile alle estremità. Quando gli uccelli si librarono in volo, trascinarono il trono con sé. Il termine “carro volante” compare in tutto il folclore cinese, e ci sono molte storie del primo imperatore della Cina, Shun, che si libra in volo – in una di esse, il sovrano scampa all’incendio di un edificio usando il suo enorme cappello come paracadute.

Forse la storia di volo più famosa in assoluto è il racconto di Icaro e delle ali artificiali che il padre Dedalo aveva costruito per lui. Dedalo era lo straordinario inventore di molte meraviglie, incluso il labirinto creato per il re di Creta Minosse. I particolari della storia sono interessanti: vediamo Dedalo rifiutare la seta perché troppo leggera, e la tela usata per le vele perché troppo pesante. Il grande inventore opta infine per una struttura di legno coperta di piume applicate con cera d’api. Come ogni bravo scienziato, Dedalo aveva fatto le sue ricerche: diede al figlio chiare istruzioni di non volare troppo in alto e di non accostarsi troppo alla superficie del mare, o gli spruzzi salati avrebbero inumidito e danneggiato le ali. Icaro si librò in cielo ma volò troppo in alto, e il sole caldo del Mediterraneo sciolse la cera che teneva incollate le piume. Purtroppo, Dedalo non aveva costruito il paracadute.

Visto il livello dei particolari descritti, non possiamo fare a meno di chiederci se, come in molti miti, non ci sia più di un granello di verità in questa storia. Ricordiamoci anche che oggi accettiamo come ordinarie cose che un tempo erano considerate vere e proprie magie.