Il mondo stava finendo.

Una jeep bianco sporco attraversava a tutta velocità un paesaggio che stava perdendo rapidamente ogni vestigia di colore. Prometeo sedeva alla guida; le grosse mani era così strette sul volante da aprire crepe nella plastica e nel metallo. Perenelle Flamel era seduta alle sue spalle, e si teneva in grembo la testa di Nicholas, disteso al suo fianco.

Il Regno d’Ombra di Prometeo stava crollando. Il cielo azzurro come un uovo di pettirosso si era fatto del colore del gesso; le nuvole erano fazzoletti di carta stropicciati, che appassivano in sbaffi monocromatici. Nel giro di un solo attimo, il mare aveva cessato di muoversi. Le onde si erano fermate a mezz’aria, passando dal verde-azzurro al bianco, per poi tramutarsi in cascate di polvere grigia, mentre la sabbia dorata e i ciottoli levigati somigliavano a fogli di carta anneriti e grumi di carbone. Un vento spettrale sparpagliava le ceneri, sollevandole in spirali nell’aria; si posavano sugli alberi e sull’erba, che già stavano perdendo forma e definizione sbiadendo come pergamene. Tutto ciò che un tempo era vivo ingialliva come avorio corroso, per poi dissiparsi in una grigia polvere di gesso.

E quando ogni traccia di colore svanì, anche le sfumature di grigio cominciarono ad affievolirsi, e l’orizzonte si infranse in un milione di granelli di polvere che piovvero giù come neve sporca, lasciandosi dietro solo una coltre nera, massiccia e impenetrabile.

La jeep sobbalzava lungo una stretta strada costiera, col motore su di giri; le ruote cercavano un appiglio sul terreno che stava rapidamente scomparendo. L’interno dell’auto ero intriso dell’odore di anice. L’aura dell’Antico Signore fiammeggiava, rossa e incandescente, scorticando i sedili e sciogliendo il tetto sopra la sua testa. Prometeo stava cercando disperatamente di tenere insieme il suo regno quel tanto che bastava per ritornare sulla Terra, a Pont Reyes. Ma era una battaglia persa; il mondo che aveva creato millenni prima stava morendo, tornando al suo stato di Non-Creato.

Gli eventi delle ultime ore avevano sfinito l’Antico Signore, e usare il teschio di cristallo per aiutare i Flamel a rintracciare Josh aveva sfibrato le sue forze. Sapeva quanto fosse pericoloso il teschio – sua sorella, Sofonia, lo aveva messo in guardia molte volte – ma aveva scelto di aiutare l’Alchimista e sua moglie. Prometeo si era sempre schierato al fianco degli homines.

E così aveva posato le mani sull’antico oggetto e attinto ai suoi poteri… e, in cambio, il teschio aveva bevuto i suoi ricordi e si era nutrito della sua aura, come un vampiro. Prometeo si sentiva debole, troppo debole, e sapeva che stava correndo il rischio di sovraccaricare la propria aura, esplodere in fiamme e ridursi in cenere. Nel giro di poche ore, i capelli rossi dell’Antico Signore si erano incanutiti, e perfino gli scintillanti occhi verdi si erano fatti più spenti.

Era vicino, vicinissimo ai margini del suo mondo… ma nello stesso istante in cui si formava in lui quel pensiero, una nebbia grigia e opaca avvolse bruscamente la jeep.

La reazione allarmata di Prometeo li mandò quasi fuoristrada. Per un attimo, pensò che la dissoluzione del regno lo avesse raggiunto; poi inspirò aria fredda e salsedine, e si rese conto che la nebbia era solo la foschia naturale che si spandeva regolarmente a Pont Reyes, sulla Terra. Ogni tanto, filtrava da un mondo all’altro. Era un altro segno della prossimità del confine.

Vaghe forme umane comparvero all’improvviso nella nebbia, ombre nell’oscurità che costeggiava l’ultimo tratto di strada.

— I miei figli! — esclamò l’Antico Signore, con un filo di voce.

Erano tutto ciò che restava della Prima Gente. In un’epoca remota, nella Città Senza Nome ai confini del mondo, l’aura ardente di Prometeo aveva trasfuso una scintilla di energia nell’argilla inerte, portandola in vita. Quelle creature d’argilla erano diventate la Prima Gente: mostruose nell’aspetto senza essere mostri, diverse da tutto ciò che il mondo avesse mai conosciuto. Create dal fango, deformi, con la testa calva e sproporzionata rispetto al collo esile, il volto inespressivo e incompleto e una vaga impronta al posto degli occhi e della bocca; avevano seguito Prometeo attraverso tutti i Regni d’Ombra, ispirando miti, leggende e terrore. Erano sopravvissute millenni.

Ormai erano rimaste in poche, e vagavano alla ricerca della vita e della luce delle aure. Il rumore della jeep le aveva attirate, e come fiori verso il sole rivolgevano il viso verso l’odore intenso di aure all’interno del veicolo, soprattutto verso il profumo di anice, la fonte della loro vita eterna. Ma senza la possente volontà dell’Antico Signore a tenerli in vita, la loro pelle di fango si incrinò e cominciò a cadere, disintegrandosi prima ancora di toccare terra.

Osservando gli ultimi esemplari della Prima Gente dissolversi nel nulla, Prometeo pianse lacrime rosso sangue. — Perdonatemi — sussurrò nell’antica lingua di Danu Talis.

Una delle creature di fango si portò alle spalle della macchina e distese un braccio troppo lungo, in quello che avrebbe potuto essere un saluto militare o un addio.

Prometeo piegò lo specchietto retrovisore per guardarla. Non aveva mai dato loro dei nomi, ma riconobbe quella particolare creatura dallo sfregio che aveva sul petto: era una delle prime che la sua aura aveva portato in vita nella desolata città dei Signori della Terra. Il nero del nulla sorse alle sue spalle, e il fango bruno divenne del colore del sale mentre la creatura si disfaceva nell’oblio.

— Perdonatemi — implorò di nuovo l’Antico Signore, ma ormai gli ultimi esemplari della Prima Gente, la razza a cui aveva donato quella vita innaturale, erano svaniti; ogni traccia della loro esistenza era stata spazzata via. L’interno della jeep si accese dell’aura di Prometeo, e minuscole fiamme scintillanti danzarono su ogni superficie metallica. Le sue dita infuocate lasciarono impronte profonde nello specchietto retrovisore, quando lo rivolse verso i suoi due passeggeri. — Scathach aveva ragione — ringhiò. — Diceva sempre che morte e distruzione seguono Nicholas Flamel.