Il vimana triangolare era così vasto da riempire quasi del tutto la bocca del vulcano. Colpì perfino due delle navi più piccole durante la discesa. Una saltò in aria in una palla di fuoco; l’altra si avvitò su se stessa e finì per cozzare contro la parete scoscesa, esplodendo in uno spruzzo di fiamme e metallo che lanciò schegge incandescenti in ogni direzione.

Tutti i prigionieri si rintanarono nelle celle. Solo Scathach rimase affacciata a guardare il rukma vimana in avvicinamento, limitandosi a piegare il capo quando un frammento di fusoliera in fiamme lungo quanto un suo braccio le fischiò sopra la testa. Un altro vimana fu colpito di striscio dall’enorme nave da guerra e finì troppo vicino alla parete. Una sporgenza rocciosa gli aprì uno squarcio sul fianco, e Scathach intravide i due anpu al comando che cercavano disperatamente di correggere la rotta. Quando la navicella colpì la lava, esplose in una massiccia palla di fuoco che gettò uno schizzo di magma nell’aria. La roccia fusa sembrò restare incollata alla parete, poi colò di nuovo giù.

Il rukma vimana si abbassava lentamente, il muso aguzzo e la punta delle ali che rasentavano le pareti. L’Ombra approvò con un cenno del mento: al comando doveva esserci un pilota provetto. L’apparecchio continuò a scendere, superando le celle di Palamede e di Shakespeare.

I piccoli vimana rimasti sfrecciavano intorno alla nave più grande, attenti a non avvicinarsi troppo. Scathach cercò disperatamente di ricordare tutto quello che sapeva su quegli apparecchi, ma era davvero poco. Dubitava che le navi più piccole fossero armate, ma intuiva che almeno una di esse era già fuggita verso la capitale a chiedere rinforzi. Il rukma vimana ormai era vicinissimo, e Scathach poté vedere che, a differenza dei piccoli vimana metallici, era fatto di cristallo levigato e ceramica lucida. Era quasi del tutto trasparente, e l’Ombra vide una sola figura muoversi al suo interno.

L’aria ronzava per le vibrazioni dei motori elettromagnetici, uno stridore acuto che le fece allegare i denti e crepitare i capelli. Le vibrazioni si riverberavano sulle pareti nere del vulcano, e la Guerriera notò che sottili crepe cominciavano a diffondersi come una ragnatela sulla superficie della pietra. All’improvviso uno spezzone di roccia ai suoi piedi si staccò e scivolò giù, verso la lava. Scathach si allontanò con un balzo. Il bordo della sua grotta si stava sgretolando.

Un’ala del rukma vimana roteò fino a trovarsi quasi direttamente sopra di lei, e la luce rossa sulla punta si infranse. Il bordo dell’apparecchio grattava la parete, facendo piovere ciottoli di pietra nera sopra la testa della Guerriera. Scathach sapeva che, se si fosse abbassato ancora un po’, sarebbe rimasto incastrato. Si accovacciò, inalò con un respiro profondo l’aria sulfurea, tossì e si slanciò verso l’alto, un attimo prima che le vibrazioni sgretolassero le pareti della cella. Riuscì ad aggrapparsi con le dita alla punta dell’ala, ma la mano destra scivolò sulla superficie di cristallo. L’Ombra faticò non poco per riguadagnare la presa, per perderla però subito dopo con la mano sinistra. Abbassando lo sguardo, si rese conto che non c’era più niente che la separasse dalla pozza gelatinosa di lava. Il rukma vimana cominciò a sollevarsi.

Con la coda dell’occhio, Scathach intravide un barlume di movimento. Un piccolo vimana circolare si stava calando verso di lei, con un chiaro intento: scaraventarla giù. La Guerriera tentò di allontanarlo a calci, ma lo sforzo le fece quasi perdere la presa.

Cercò allora di issarsi sulla nave, ma la superficie era troppo scivolosa, e lei capì che non avrebbe resistito a lungo. A un tratto, ricordò che una volta le avevano predetto che sarebbe morta in un luogo esotico. Be’, non c’erano molte occasioni più esotiche di quella, appesa com’era sotto l’ala di un vimana da guerra dentro la bocca di un vulcano attivo.

Il vimana più piccolo tornò alla carica, avvicinandosi al punto che Scatty poté vedere le due facce canine e maligne dietro la cupola di cristallo. Mostrando le fauci, gli anpu si prepararono ad attaccare. Stavolta l’avrebbero investita.

Fu allora che Giovanna d’Arco atterrò sulla cupola della navicella, dopo essere saltata giù dalla sua caverna. Aggrappata alla cupola, sorrise dolcemente alle due creature. — Bonjour! — esclamò.

Il vimana barcollò, abbassò la quota, rollò a destra e a manca, ai comandi del pilota che cercava di scrollarsela di dosso.

— State perdendo tempo — gridò Jeanne, ridendo. — Sono più forte di quello che sembro! Porto la spada da una vita… e posso resistere appesa qui per ore.

La navicella passò proprio sotto Scathach, che ne approfittò per mollare la presa e lasciarsi cadere sulla cupola, accanto a Jeanne, con una forza tale da costringere il vimana a inclinarsi.

L’immortale francese rise. — Sei gentile a veni…

— Niente battute inutili, per favore! — la interruppe Scathach.

Il vimana roteava e si abbassava con violenza, ma le due donne avevano una presa salda sulla cupola trasparente e non persero l’equilibrio, nemmeno quando il pilota inclinò la navicella per cercare di scrollarsele di dosso.

— Finché non si avvicina troppo alla lava, dovremmo essere a posto — disse Scatty.

In quello stesso istante il vimana si abbassò bruscamente di quota, avvicinandosi alla superficie incandescente della lava.

— Credo che ti abbia sentito — commentò Jeanne tossendo, mentre l’aria diventava quasi irrespirabile. Era coperta di sudore, e i suoi capelli corti e ramati si stavano increspando per il calore. — Ho le mani umide. Non so per quanto ancora riuscirò a mantenere la presa.

— Tieniti forte — mormorò Scathach. Chiuse la mano destra in un pugno, piegando il pollice sopra l’indice. Poi tirò indietro il braccio. — Quando devi aprirti un varco a tutti i costi, non c’è niente di meglio di una mossa di jeet kune do. — La Guerriera sbuffò affondando il pugno nel vetro, con una forza tremenda.

La cupola si incrinò. I due anpu alzarono lo sguardo, con gli occhi e la bocca spalancati per la sorpresa.

— È meno infrangibile di quanto pensavate, eh? — Scathach colpì di nuovo, e la cupola si infranse.

L’aria bollente e fetida investì i due anpu, che si piegarono scossi dalla tosse e con le lacrime agli occhi. Il pilota fece subito risalire l’apparecchio, allontanandosi dal calore e dalle polveri letali.

— Va troppo forte! — gridò Scathach. — Andremo a sbattere!

Il bordo del vimana strusciò contro una sporgenza, e il metallo si accartocciò stridendo. L’apparecchio barcollò, rischiando di disarcionare le due donne, ma continuò a salire. E poi colpì il bordo del rukma vimana, rimasto fermo dov’era. Il metallo grattò contro il vetro, e una grossa porzione sul fianco della navicella più piccola si staccò. L’impatto fece perdere la presa alle due guerriere. Jeanne strillò e Scathach ululò il suo grido di guerra in segno di sfida…

… e mani robuste le afferrarono entrambe, prelevandole dal bordo della navicella un attimo prima che quella si schiantasse sulla parete rocciosa, spezzandosi in due.

Palamede posò delicatamente Scatty e Jeanne sull’ala del rukma vimana. Accanto a lui, Saint-Germain strinse subito la moglie in un abbraccio. Nessuno dei due riuscì a dire una parola.

— Ma non ero io quella che di solito ti salva la vita? — fece Scathach in tono allegro, dando al Cavaliere saraceno una pacca sul braccio.

— Ho pensato che fosse ora di ricambiare il favore — replicò Palamede, con un tremolio nella voce profonda. — C’è mancato poco, Ombra.

— Forse non devo morire oggi, dopotutto — disse Scatty, con un sorriso.

Palamede le diede una stretta sulla spalla. — La giornata non è finita — ribatté serio. — Venite, dobbiamo entrare. — Si allontanò, indicando col pollice la bocca del vulcano. — I nostri amici canini si stanno radunando.

Scathach lo seguì verso una lunga apertura ovale in cima al rukma vimana. — Come sei salito sulla nave?

— Quando l’ala è arrivata all’altezza della mia cella, non ho fatto altro che salirci sopra. Francis ha fatto lo stesso. — Palamede si slanciò agilmente dentro l’apertura.

L’Ombra intravide la sua sagoma distorta attraverso il guscio di cristallo dello scafo. Rimase ad aspettare che pure Jeanne, seguita da Saint-Germain, scomparisse all’interno della nave, e solo allora si aggrappò al bordo dell’apertura e si slanciò dentro. — Dunque in realtà era un salvataggio! — esclamò. — Ero sicura che fossero venuti a ucciderci.

Una sagoma si mosse nelle viscere di cristallo del rukma vimana. — Se avessero voluto uccidervi, perché avrebbero mandato una nave da guerra? — tuonò una voce profonda.

— Forse perché sapevano chi avevano di fronte — replicò Scatty, voltandosi in direzione della voce. — Io sono Scathach, l’Ombra, l’Assassina dei Demoni, la…

— Mai sentita nominare. — Un massiccio guerriero dai capelli rossi, in una scintillante armatura cremisi, si fece avanti. Passò una mano lungo il bordo dell’apertura, e una cupola di vetro si chiuse in un sussurro.

— Zio! — Con un grido di gioia, Scathach si lanciò fra le braccia del guerriero.

Ma l’uomo l’afferrò al volo prima che potesse sfiorarlo e la tenne a distanza, sollevata da terra. — Io sono Prometeo, e non ho nessuna nipote. Non ho idea di chi tu sia. Non ti ho mai visto in vita mia. — La posò a terra con delicatezza e fece un passo indietro.

Jeanne scoppiò a ridere di fronte all’espressione di Scatty. Poi la prese per mano e la allontanò. — Devi perdonare la mia amica. Dimentica dove si trova… e quando — aggiunse in tono significativo, guardando l’Ombra.

Scathach annuì, con il viso trasformato dalla sorpresa. — Mi ricordi qualcuno — disse a Prometeo. — Qualcuno che mi è molto caro.

L’Antico Signore si limitò ad annuire, quindi si allontanò. Il gruppo lo seguì lungo un alto corridoio fino a un’area circolare ribassata, al centro della nave. Prometeo si sistemò in una profonda poltrona sagomata e posò le mani sui braccioli. In un solo istante, l’intera parete di cristallo di fronte a lui si accese di luci, righe di testo e grafici impressi sul vetro. Dei puntini rossi sciamavano sul lato sinistro della parete; Prometeo li indicò. — Brutte notizie. Dobbiamo andarcene alla svelta. Pare che l’intera flotta vimana sia diretta qui.

— Dove ci porterai? — domandò Saint-Germain.

— Vi porterò da…

Una voce limpida, di una calma mortale, riecheggiò nella sala di controllo. — Prometeo, amico mio, ho bisogno subito di te. La torre è sotto attacco. — Si udì una serie di squassanti esplosioni in sottofondo.

— Sto arrivando — replicò Prometeo, rivolto all’aria.

— E i nostri amici? — La voce riecheggiò di nuovo nella sala. — Sono salvi?

— Sì. Erano esattamente dove mi avevi detto tu, nelle celle di Huracan. Ora sono con me.

— Bene. Ora affrettati, amico mio. Fa’ presto.

— Chi era? — chiese Scathach, anche se, come gli altri, aveva già intuito la risposta.

— Era il vostro salvatore: Abramo il Mago.