— Non è come guidare la macchina. — Josh serrò la mascella e si aggrappò al volante, mentre il piccolo motoscafo noleggiato da Dee sul porticciolo di Treasure Island sbatteva contro l’ennesima onda, facendogli tremare i denti. Rimbalzò sul sedile di plastica dura.

— Più veloce, più veloce! — lo incalzò Virginia. Era seduta al suo fianco, nel posto del co-pilota, e i lunghi capelli punteggiati di goccioline fluttuavano al vento. Quando si voltò a guardarlo, con gli occhi grigi accesi dall’entusiasmo, Josh rimase sorpreso da quel viso che sembrava così giovane: riusciva perfino a immaginarsela come compagna di scuola.

— No! — gracchiò John Dee, dal retro della barca. Si stava sporgendo fuoribordo, con il volto pallido e sudato. La nausea era iniziata quasi nello stesso istante in cui erano usciti dal porto e si erano addentrati nelle acque mosse della baia. — Più piano, più piano — supplicò.

Josh provò un pizzico di soddisfazione nell’avere per una volta il coltello dalla parte del manico. Scambiò un sorriso complice con Virginia, che indicò con un cenno la leva dell’acceleratore. Una sola spinta, e i due potenti motori fuoribordo ruggirono, sollevando una parete di schiuma proprio accanto alla testa di Dee.

Si udì il gracidio strozzato dell’inglese. Quando gli altri si voltarono di nuovo a guardarlo, era lì che li fulminava con gli occhi, bagnato fradicio. — Non è divertente. Non è affatto divertente. Tutta colpa tua, Virginia — ringhiò.

— Pensavo che un piccolo spruzzo ti avrebbe svegliato. — La donna guardò Josh. — È stato sempre un pessimo marinaio. Si è perso l’Invincibile Armata anche per questo. Ed è sempre stato debole di stomaco — aggiunse. — Non so proprio come abbia fatto a scegliersi quel tanfo per la sua aura.

— Mi piace l’odore di zolfo — borbottò Dee.

— Ehi, un momento… Volete dire che il profumo dell’aura si può scegliere? — chiese Josh. Era la prima volta che ne sentiva parlare. Forse poteva cambiare il suo con qualcosa di maggiore impatto, si disse. — Può essere qualsiasi cosa?

— Certo. Con la sola eccezione delle aure d’oro e d’argento. Loro non hanno scelta: da tempo immemorabile, hanno sempre avuto lo stesso odore. — Virginia si voltò verso Dee, mentre i capelli le sferzavano il viso. — Come sei riuscito a farti dare questa barca?

— L’ho chiesta con garbo. So essere molto persuasivo quando voglio. — Dee si voltò a guardare il porticciolo di Treasure Island, dove un uomo anziano con un berretto da baseball bianco fissava l’acqua senza guardarla, seduto sul pontile.

D’un tratto, scuotendo la testa, l’uomo si alzò e tornò con passo incerto verso il circolo nautico.

— Non l’abbiamo rubata, vero? — chiese Josh, un po’ a disagio all’idea.

— L’abbiamo presa in prestito. — Dee fece un verso di scherno. — Mi ha consegnato le chiavi di sua spontanea volontà.

— Non avrai usato ancora la tua aura! — esclamò Virginia, allarmata. — Avresti allertato chiunque nel raggio di…

— Mi prendi per uno stupido? — la interruppe Dee con rabbia, ma poi dovette sporgersi di nuovo fuori, preso da un altro attacco di nausea.

La donna sorrise e fece l’occhiolino a Josh. — Difficile fare gli autoritari mentre si vomita, eh?

— Ti odio, Virginia Dare — borbottò Dee.

— Non lo pensi veramente — cinguettò lei.

— Sì, invece.

Virginia diede dei colpetti sulla spalla di Josh e indicò la costa sulla sinistra. — Segui la costa di Treasure Island, fino alla punta settentrionale. Lì dovremmo scorgere Alcatraz, in fondo alla baia.

Prima che Josh potesse anche solo annuire, un molo enorme, come una parete di cemento, comparve proprio di fronte a loro. Il ragazzo sterzò bruscamente a destra, la barca si inclinò, sobbalzando, e per poco Dee non finì in mare. L’acqua scrosciò dentro, e l’inglese cercò di aggrapparsi a qualcosa, ma scivolò e cadde seduto in una pozza di acqua oleosa. Virginia scoppiò in una sonora risata.

— Lo sai che non ho il senso dell’umorismo — la folgorò Dee.

— Ma io sì — replicò lei. Si rivolse a Josh e indicò dritto davanti a sé. — Mantieniti a destra e gira intorno al molo, poi torna a sinistra e costeggia la spiaggia. Ma non avvicinarti troppo: qualche pezzo di roccia potrebbe essersi distaccato dalla costa. L’isola è artificiale, e il rischio di crolli è sempre alto. C’ero quando la costruirono, negli Anni Trenta, e allora era più alta di oggi. Sta affondando a poco a poco. Al prossimo terremoto forte, probabilmente andrà in pezzi.

Josh lanciò un’occhiata alla costa rocciosa. La maggior parte degli edifici sembrava industriale, e molti sembravano in stato di abbandono. — Pare deserta. Non ci vive più nessuno?

— Qualcuno sì. Ho degli amici che vivono dall’altra parte dell’isola.

— Non pensavo che tu avessi degli amici — brontolò Dee.

— A differenza di te, dottore, io coltivo le amicizie — replicò Virginia senza voltarsi, quindi tornò a parlare con Josh. — L’isola era una base navale, finché non l’hanno chiusa alla fine degli Anni Novanta. Poi ci hanno girato un po’ di film e serie TV.

— Perché si chiama Treasure Island? — domandò il ragazzo. — C’è mai stato un tesoro? — Un tempo avrebbe riso all’idea, ma ormai era pronto a credere quasi a tutto.

Virginia scoppiò in una risata contagiosa, e Josh si accorse di trovarla sempre più simpatica. — No. L’hanno chiamata così per via del romanzo di Robert Louis Stevenson, che aveva vissuto a San Francisco più o meno un anno prima di scriverlo. — Quando doppiarono la punta dell’isola, Virginia si alzò per voltarsi a guardarla. — Sono sicura che l’abbiano chiamata così per scherzo… un pezzo di roccia fatto di scarti e spazzatura chiamato “Isola del Tesoro”… — Tornò a guardare davanti a sé, e indicò una protuberanza rocciosa sorprendentemente piccola al centro della baia. — E quella è Alcatraz. Ora basta che segui la direzione del tuo naso!

Josh sbuffò, mentre la barca colpiva un’altra onda. — È più lontana di quanto pensassi. Non mi ero mai allontanato così tanto dalla costa. E non avevo mai guidato una barca prima d’ora.

— Bello! Bisogna sempre cogliere le nuove esperienze al volo — commentò Virginia.

— Sono un po’ nervoso — ammise il ragazzo.

— Perché? — chiese lei, incuriosita.

All’improvviso Josh si sentì a disagio sotto quegli occhi indagatori. — Be’, potrebbe succedere di tutto. La barca potrebbe affondare, potremmo avere un guasto al motore o…

— O cosa? — lo incalzò Virginia. — Secondo la mia esperienza, gli homines sprecano troppo tempo a preoccuparsi di cose che non accadranno mai. Sì, la barca potrebbe affondare… ma è probabile che non succederà. Potremmo avere un guasto al motore… ma dubito che accadrà. Potrebbe colpirci un fulmine o…

Il dottor Dee li raggiunse. — Potrebbero divorarci le sirene — disse, con concitazione. — Mi è appena tornato in mente. L’isola è circondata da un anello protettivo di nereidi. — Tossicchiò, imbarazzato. — E hanno l’ordine di non consentire a niente e nessuno di avvicinarsi nel raggio di una quindicina di metri. Sono stato io a darglielo.

Virginia si voltò a guardarlo. — L’isola è circondata dalle sirene?

— Il Vecchio del Mare è ad Alcatraz, e ha portato le nereidi con sé — spiegò l’inglese. — Devo mettermi in contatto con Machiavelli! Deve dire a Nereo che stiamo arrivando. — Tirò fuori il cellulare, ma quando lo aprì ne uscì fuori dell’acqua. Allora Dee estrasse la batteria e se la strofinò sulla camicia lurida.

Josh guardò Virginia. — Non so di cosa stia parlando.

— Nereo, il Vecchio del Mare, è un Antico Signore particolarmente malvagio — disse la donna. — Ha un aspetto umano nella parte superiore del corpo, ma dalla vita in giù è una piovra. Il fondo dell’oceano è il suo dominio. Il più grande dei suoi Regni d’Ombra acquatici tocca questo mondo nei dintorni del luogo noto come “Triangolo delle Bermuda”.

— Dove scompaiono tutte le navi?

— Esatto. Le pareti fra questo e il suo mondo sono consumate e sottili, e ogni tanto navi e aeroplani le oltrepassano, o qualche orrendo mostro marino si insinua sulla Terra. Le nereidi sono le figlie di Nereo. — Virginia sorrise. — Non farti tentare dai loro sorrisi e dal loro canto ad avvicinarti troppo. Sono carnivore.

Dee rimontò il telefono e lo accese. Poi lo gettò via, disgustato. — Niente. Non so come mettermi in contatto con Machiavelli.

Virginia tirò fuori il flauto e lo roteò fra le dita. — Non so perché ti preoccupi tanto, dottore. Posso addormentarle senza problemi con…

Ma prima che potesse finire la frase, una donna con la coda di un pesce, la pelle e i capelli verdi, balzò fuori dall’acqua, le strappò il flauto dalle dita e si rituffò in mare dall’altra parte, lasciandola a mani vuote.

Virginia Dare reagì con un grido di sdegno. Si sbarazzò del giubbotto sporco di fumo, si sfilò le scarpe e si gettò in mare, scomparendo fra le onde.

— Dottore! — urlò Josh, oltre il frastuono del motore. Indicò davanti a sé con il braccio sinistro, e fu contento di vedere che le sue dita non tremavano troppo.

Dee corse ad affacciarsi a prua.

Il mare era punteggiato di teste femminili, i capelli sparsi sulla superficie dell’acqua come alghe. In perfetta sincronia, aprirono tutte la bocca, scoprendo i denti da piranha. Quindi si slanciarono verso la barca, entrando e uscendo dall’acqua come delfini.

— Ora siamo nei guai — annunciò Dee. — Guai seri.