— Cavolo, che puzza! — Billy the Kid starnutì forte. — C’è un tanfo tremendo. — Si premette i palmi delle mani sugli occhi lucidi e starnutì di nuovo.

— A dire il vero, non è tanto male — replicò Machiavelli. — Ho sentito di peggio.

I due uomini si trovavano in un tunnel scavato nelle profondità di Alcatraz. L’acqua gocciava dal soffitto basso, e piccole onde lambivano le caviglie. L’aria sapeva di pesce marcio e alghe putride, mescolate all’odore acre di escrementi di uccello e a quello acido del guano di pipistrello. L’unica luce proveniva dall’apertura lontana sopra le loro teste, uno stupefacente quadrato d’azzurro che spiccava nell’oscurità.

L’italiano trasse un respiro profondo. — A dire il vero, mi fa pensare a casa.

— Casa? — Billy tossì. Si sfilò una bandana rossa dalla tasca posteriore dei jeans e se la legò intorno al naso e alla bocca. — Casa tua puzza come il gabinetto di una bestia selvatica?

I denti di Machiavelli lampeggiarono in un rapido sorriso. — Be’, Roma e Venezia… ah, la dolce Venezia… nel Quindicesimo e nel Sedicesimo secolo avevano un odore nefasto… anche se non quanto Parigi nel Diciottesimo secolo, o Londra nella metà del Diciannovesimo. Ero lì nel 1858; l’aria era quasi irrespirabile. La chiamarono “la Grande Puzza”.

— Non posso dire che mi piaccia — commentò Billy. — Preferisco l’aria fresca, e in abbondanza. — Schioccò le dita: l’aria rancida si riempì del profumo esotico del pepe rosso. Un lieve ricciolo di vapore rosso-violaceo si avvolse intorno ai polpastrelli, e poi una sfera di fuoco rosso e traslucido si levò dalle mani e iniziò a dondolare nell’aria. Rimbalzava e fluttuava come una bolla di sapone, mossa dalla corrente marina che sibilava all’interno del tunnel. — Me l’ha insegnato uno sciamano apache — disse fiero. — Non male, eh?

— Non male. — Machiavelli congiunse le mani, e il profumo dell’aura di Billy fu spazzato via da un fetore di serpente. Una vampata di nitida luce bianca illuminò il tunnel a giorno. La bolla rossa scoppiò. — Invece il mio padrone, Aton, mi ha insegnato questo.

Billy the Kid si strofinò rapidamente le mani, e fili rosso-violacei della sua aura colarono nell’acqua sottostante. — Carino — ammise, con voce soffocata dalla bandana.

Machiavelli gli lanciò un’occhiata di traverso. — Con quella bandana sembri un bandito.

— Mi si addice, no?

I due uomini, uno abbigliato con un elegante completo e un paio di costose scarpe firmate, l’altro in jeans e stivali consunti, continuarono ad avanzare lungo la galleria. La luce bianca teneva il passo, mettendo in fuga i ratti dagli occhi rossi che popolavano il tunnel.

— Odio i ratti — brontolò Billy.

— A volte tornano utili — replicò Machiavelli. — Sono ottime spie.

— Spie? — Billy the Kid si fermò, confuso. — Spie?

L’italiano si voltò. — Non hai mai guardato attraverso gli occhi di un animale?

— No. Uno sciamano navajo mi disse che riusciva a guardare attraverso gli occhi di un’aquila, ma gli credetti solo quando mi disse che a cinquanta chilometri di distanza uno sceriffo stava radunando una pattuglia di volontari per darmi la caccia. Disse che ci avrebbero impiegato due giorni per trovarmi. E così fu.

— Proiettare la propria volontà in un animale – o perfino in un essere umano – è piuttosto semplice. Il tuo padrone non ti ha insegnato nulla?

Billy piegò la testa di lato. — No, a quanto pare. — Poi aggiunse piano, quasi timidamente: — Potresti insegnarmi tu qualcosa?

Machiavelli lo guardò stupito. — Insegnarti qualcosa?

L’americano si strinse nelle spalle, imbarazzato. — Be’, tu sei in circolazione da parecchio. Sei… ecco… medievale. Insomma, sei molto, molto vecchio.

— Grazie.

— E voi europei siete stati tutti addestrati dai vostri antichi padroni…

— Il tuo padrone, Quetza… Quezza…

— Quetzalcoatl — concluse Billy.

— È antico quanto il mio. Quetaz… Quezta…

— Chiamalo Kukulkan.

— Kukulkan è un Antico Signore dai poteri immensi. L’hai sentito anche tu: era a Danu Talis, il giorno della Caduta. Potrebbe insegnarti meraviglie. Molto più di quanto io potrei mai fare.

Billy si ficcò le mani nelle tasche posteriori dei jeans, e a un tratto sembrò molto più giovane dei suoi anni. — Be’, a dirla tutta, non mi ha mai insegnato un fico secco. Io gli ho salvato la vita, e lui mi ha ricompensato rendendomi immortale. Tutto quello che ho imparato sugli Antichi Signori e sulla mia stessa immortalità, l’ho scoperto da solo, qua e là.

Machiavelli annuì. — Il mio percorso non è stato molto diverso. Il mio padrone mi ha lasciato da solo per oltre mezzo secolo. La tua ricerca ti avrà portato da altri immortali, giusto?

— Non molti, e mai a lungo. — Billy sorrise. — Non mi ero neanche reso conto di essere immortale, finché non caddi da cavallo lungo una pista della Sierra Madre, e rotolai in un canyon. Sentii le mie ossa spezzarsi durante la caduta. E mentre ero lì, in fondo al dirupo, vidi uno strano fumo rosso-violaceo levarsi dalla mia pelle, e udii le mie ossa scrocchiare e tornare al loro posto. Le ferite si risanarono senza neanche una cicatrice. L’unica prova della caduta erano i vestiti strappati.

— La tua aura ti aveva guarito.

— Allora non sapevo neanche come chiamarla. — Billy sollevò la mano: ciuffi rosso-violacei si levarono dalle sue dita. — Dopo quella volta, cominciai a vedere le aure intorno alle altre persone. Arrivai al punto di saper distinguere i buoni dai cattivi, i potenti dai deboli e i sani dai malati solo dal colore che appare intorno ai loro corpi.

— Credo che un tempo tutti gli uomini avessero tale capacità.

— E poi un giorno a Deadwood, nel South Dakota, vidi questa potentissima aura – grigio acciaio – intorno a un uomo che saliva su un treno. Non avevo idea di chi fosse, ma corsi a bussare al suo finestrino. E quando quell’uomo mi guardò, vidi che sgranò gli occhi – grigi come l’aura – e capii subito che pure lui riusciva a scorgere la mia aura. E seppi di non essere solo. C’erano altri immortali come me.

— Hai mai scoperto chi fosse?

— Lo incontrai di nuovo, un secolo dopo: era Daniel Boone.

Machiavelli annuì. — Ho sentito il suo nome nella lista degli immortali americani.

— C’è anche il mio nome in quella lista?

— No.

— Non so se prenderlo come un insulto o come un complimento.

— C’è un vecchio detto celtico che mi piace molto: “È meglio esistere all’insaputa della legge.”

Billy annuì. — Mi piace!

— Comunque un padrone ha il dovere di addestrare il proprio servo — continuò Machiavelli. — Kukulkan avrebbe dovuto farlo.

Billy fece di nuovo spallucce. — Be’, non è tutta colpa sua. Ho sempre avuto qualche problemino con l’autorità. È un vizio che mi ha cacciato nei guai da ragazzo, e che mi ci ha fatto restare per tutta la vita. Non me ne sono mai liberato. È stato Black Hawk ad addestrarmi… quando non cercava di farmi fuori, cioè. È stato lui a insegnarmi quel poco che so. — Billy fece una pausa. — Ci sono tante cose di cui ho solo sentito parlare, o di cui ho letto soltanto nei libri. Tante cose che vorrei vedere. — Si fermò di nuovo, e poi aggiunse piano: — Voglio vedere tutti i Regni d’Ombra.

— Ce ne sono alcuni in cui non ti piacerebbe affatto andare — replicò Machiavelli in automatico.

— Ma molti altri che mi piacerebbe vedere.

— Alcuni sono meravigliosi — ammise l’italiano.

— Potrei imparare tanto da te — continuò Billy. — E forse potrei insegnarti qualcosina anch’io.

— Forse. — Machiavelli annuì. — Tuttavia è da molto tempo che non prendo più allievi.

— Perché?

— Fidati di me. Meglio che non tu non lo sappia. — L’italiano si fermò, piegando la testa all’indietro, con il lungo naso sottile che saggiava l’aria. — Ti prenderò come mio allievo e ti insegnerò tutto quello che so… a una condizione.

— Quale condizione?

— Che nei prossimi dieci minuti tu tenga la bocca chiusa.

In quello stesso istante, un fetore di pesce morto e alghe marce investì il tunnel.

E un mostro sbucò dalle tenebre.

Billy the Kid fece involontariamente un passo indietro. — Oh cavolo, che razza di orrendo mo…

— Billy!