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Holden
«Porca puttana» esclamò Amos con tono impassibile.
«Jim» disse Naomi alle spalle di Holden, ma lui le fece segno con la mano di aspettare e aprì una linea diretta con Alex, su nel cockpit.
«Alex, abbiamo davvero visto quello che i miei sensori mi dicono che abbiamo visto?»
«Sì, cap» rispose il pilota. «Il radar e i telescopi dicono entrambi che Eros ha fatto un salto di un paio di centinaia di chilometri nel senso della rotazione in poco meno di un minuto.»
«Porca puttana» ripeté Amos con lo stesso tono spassionato. Il tonfo metallico dei portelloni che si aprivano e si chiudevano tra i ponti riecheggiò attraverso la nave, segnalando l’arrivo di Amos su per la scala dell’equipaggio.
Holden scosse via l’ondata di irritazione che gli era salita dentro per il fatto che Amos avesse lasciato la sua postazione. Ci avrebbe pensato dopo. Doveva essere assolutamente sicuro che la Rocinante e il suo equipaggio non fossero appena stati vittime di un’allucinazione di gruppo.
«Naomi, apri un canale di comunicazione» disse.
La donna si voltò sul suo sedile per guardarlo, bianca in viso.
«Come puoi restare così calmo?» gli chiese.
«Il panico non ci aiuterà. Dobbiamo sapere che cosa sta succedendo prima di pensare a un piano intelligente. Per favore, trasferiscimi il pannello di comunicazione.»
«Porca puttana» esclamò ancora Amos, mentre saliva sul ponte operativo. Il portellone della plancia si richiuse con un tonfo, a sottolineare le sue parole.
«Non ricordo di averti ordinato di lasciare la tua postazione, marinaio» disse Holden.
«Un piano intelligente» ripeté Naomi, come se fossero parole pronunciate in un’altra lingua, che riusciva quasi a capire. «Un piano intelligente.»
Amos si gettò su un sedile tanto pesantemente che il gel ammortizzante lo afferrò e gli impedì di rimbalzare.
«Eros è fottutamente grossa» disse Amos.
«Un piano intelligente» ripeté Naomi, parlando tra sé e sé.
«Voglio dire, davvero fottutamente grossa» ribadì Amos. «Lo sapete quanta energia c’è voluta, per imprimere la rotazione a quel sasso? Voglio dire, ci sono voluti anni per far girare quella merda.»
Holden si rimise gli auricolari per non sentire Amos e Naomi, e chiamò di nuovo Alex.
«Alex, Eros si sta ancora spostando?»
«No, cap. Se ne sta lì immobile, come un asteroide.»
«Okay» disse Holden. «Amos e Naomi sono fuori gioco. Tu come ti senti?»
«Non toglierò le mani dalla cloche finché quel bastardo sarà nei paraggi, questo è poco ma dannatamente sicuro.»
Rendiamo grazie a Dio per l’addestramento militare, pensò Holden.
«Bene, mantienici a una distanza costante di cinquemila chilometri finché non ti dirò altrimenti. Avvertimi se si muove di nuovo, anche soltanto di un centimetro.»
«Ricevuto, cap» rispose Alex.
Holden si tolse gli auricolari e si voltò per fronteggiare il resto del suo equipaggio. Amos fissava il soffitto, contando sulla punta delle dita, con sguardo vacuo.
«...non ricordo esattamente quale sia la massa di Eros, così su due piedi...» stava dicendo, rivolgendosi a tutti e nessuno.
«Più o meno sette milioni di miliardi di chili» rispose Naomi. «Chilo più, chilo meno. E la traccia di calore è salita di un paio di gradi.»
«Cristo» esclamò il meccanico. «Non riesco a fare il calcolo a mente. Tutta quella massa che sale di due gradi, così?»
«È tanto» disse Holden. «Per cui vediamo di...»
«Circa dieci exajoule» disse Naomi. «Così, a mente, ma non credo di sbagliarmi in termini di ordine di grandezza o altro.»
Amos fece un fischio.
«Dieci exajoule equivalgono a, vediamo... una bomba a fusione nucleare da due gigatoni?»
«Sono circa cento chili convertiti direttamente in energia» disse Naomi. La sua voce cominciò a riacquistare sicurezza. «Cosa che, ovviamente, non potremmo fare. Ma almeno, qualunque cosa sia successa, non è magia.»
La mente di Holden si aggrappò alle sue parole in maniera quasi fisica. Naomi era la persona più intelligente che conoscesse. Aveva appena parlato direttamente alla paura inarticolata che aveva cominciato a crescere in lui dal momento in cui Eros aveva fatto un salto di lato: che fosse magia, che la protomolecola non dovesse sottostare alle leggi della fisica. Perché, se era così, gli umani non avrebbero avuto alcuna possibilità.
«Spiegati» disse.
«Be’» rispose lei, picchiettando sulla tastiera. «Non è stato il calore a muovere Eros. Per cui immagino che si sia trattato di calore di risulta da qualunque cosa sia quella che hanno fatto.»
«E che significa?»
«Che il principio di entropia esiste ancora. Che non possono convertire massa in energia con efficienza assolutamente perfetta. Che le loro macchine, o i loro processi, o qualunque cosa usino per spostare sette milioni di miliardi di chili di roccia, sprecano energia. Più o meno l’equivalente di una bomba da due gigatoni.»
«Ah.»
«Non si potrebbe spostare Eros di duecento chilometri con una bomba da due gigatoni» replicò Amos con uno sbuffo.
«No, non si potrebbe» rispose Naomi. «Questi sono solo i resti. Un prodotto del surriscaldamento. La loro efficienza è sicuramente strabiliante, ma non perfetta. Il che significa che le leggi della fisica sono ancora valide. E che non si tratta di magia.»
«Potrebbe pure esserlo, per quel che vale» disse Amos.
Naomi guardò Holden.
«Allora, dovremmo...» cominciò di nuovo lui, ma Alex lo interruppe sulla linea di comunicazione interna.
«Cap, Eros si sta muovendo di nuovo.»
«Seguilo, individuami una rotta e la sua velocità il prima possibile» disse Holden, tornando a girarsi verso la console. «Amos, torna giù in sala motori. Se uscirai di nuovo senza aver ricevuto un ordine diretto, ti farò picchiare a morte dal vicecomandante con una chiave inglese.»
L’unica risposta fu il sibilo del portellone che si apriva e il tonfo metallico mentre si richiudeva alle spalle del meccanico che riscendeva sul ponte inferiore.
«Alex» disse Holden, fissando i dati che la Rocinante gli continuava a fornire su Eros. «Dimmi qualcosa.»
«Va verso il sole. Questo è tutto ciò che sappiamo per certo» rispose Alex, con voce ancora calma e professionale. Quando Holden era in marina militare aveva cominciato subito con la carriera da ufficiale. Non aveva mai frequentato la scuola dei piloti, ma sapeva che anni e anni di addestramento avevano diviso il cervello di Alex in due comparti separati: questioni di pilotaggio e, secondariamente, tutto il resto. Tallonare Eros e trovare una traiettoria faceva parte della prima metà. L’esistenza di alieni spaziali al di là del sistema solare che stavano cercando di distruggere il genere umano non era una questione di pilotaggio e poteva essere tranquillamente ignorata finché non avesse lasciato il cockpit. Poteva darsi che dopo avrebbe avuto un crollo nervoso ma, fino ad allora, Alex avrebbe continuato a fare il suo lavoro.
«Portati a cinquantamila chilometri da Eros e mantieni la distanza costante» gli disse Holden.
«Uhm» replicò Alex. «Mantenere una distanza costante potrebbe essere dura, cap. Eros è appena sparito dal radar.»
Holden si sentì un nodo in gola.
«Come dici?»
«Eros è appena sparito dal radar» ripeté Alex, ma nel frattempo Holden stava già richiamando il pannello di sensori per controllare con i propri occhi. I telescopi mostravano l’asteroide ancora in corsa lungo la sua nuova rotta verso il sole. L’immagine termica lo mostrava come se fosse leggermente più caldo dello spazio circostante. La strana trasmissione di voci e follia che continuava a percolare fuori dalla stazione era ancora distinguibile, anche se debolmente. Ma il radar diceva che lì non c’era niente.
Magia, disse di nuovo una vocina in fondo alla sua testa.
No, non era magia. Anche gli umani avevano navi mimetiche. Si trattava semplicemente di assorbire l’energia del radar invece di rifletterla. All’improvviso, però, mantenere l’asteroide in vista divenne ancora più importante. Eros aveva dimostrato di essere in grado di muoversi rapidamente e di compiere manovre incredibili, e ora era anche invisibile ai radar. Era del tutto plausibile che quell’asteroide della taglia di una montagna sparisse completamente.
La gravità cominciò ad aumentare mentre la Roci rincorreva Eros verso il sole.
«Naomi?»
Lei alzò lo sguardo verso di lui. C’era ancora una traccia di paura nei suoi occhi, ma stava riuscendo a non dare di matto. Per il momento.
«Jim?»
«La linea. Potresti...»
La mortificazione sul suo viso fu la cosa più rassicurante che vedesse da ore. Naomi passò il controllo alla postazione di Holden, e lui aprì una richiesta di connessione.
«Corvetta MNN, qui è la Rocinante, rispondete prego.»
«Dite pure, Rocinante» replicò l’altra nave dopo mezzo minuto di interferenze elettrostatiche.
«Vi sto chiamando per confermare i dati dei nostri sensori» disse Holden, poi trasmise le informazioni riguardanti il movimento di Eros. «Vedete la stessa cosa?»
Un’altra pausa, stavolta più lunga.
«Affermativo, Rocinante.»
«So che stavamo giusto per spararci addosso a vicenda e tutto, ma credo che ormai siamo un po’ oltre quello stadio» disse Holden. «Comunque sia, stiamo inseguendo l’asteroide. Se lo perdiamo di vista, rischiamo di non poterlo ritrovare mai più. Volete unirvi? Potrebbe essere carino avere un po’ di rinforzi se dovesse decidere di aprire il fuoco su di noi o qualcosa del genere.»
Un’altra pausa, stavolta lunga quasi due minuti; poi, sulla linea giunse una voce diversa. Più anziana, femminile, e che mancava completamente dell’arroganza e della rabbia della giovane voce maschile con cui aveva avuto a che fare fino a quel momento.
«Rocinante, qui è il capitano McBride della nave scorta MNN Ravi.» Ah, pensò Holden. Ho parlato con l’ufficiale in seconda per tutto questo tempo. Finalmente il capitano ha preso il timone. Potrebbe essere un buon segno. «Ho inviato una richiesta al comando della flotta, ma abbiamo una latenza di ventitré minuti, e quell’asteroide si sta muovendo sempre più veloce. Ha un piano?»
«Non proprio, Ravi. Intendo semplicemente seguirlo e raccogliere dati finché non troviamo un’occasione per agire in qualche modo che faccia la differenza. Ma se venite anche voi, magari a nessuno dei vostri verrà voglia di spararci accidentalmente mentre cerchiamo di capire cosa fare.»
Ci fu una lunga pausa. Holden sapeva che il capitano della Ravi stava soppesando le possibilità che stesse dicendo la verità, in opposizione alle minacce che aveva mosso contro la loro nave di ricerca scientifica. E se fosse stato un complice in qualunque cosa stesse succedendo con quell’asteroide? Anche Holden avrebbe avuto gli stessi dubbi, nella loro posizione.
«Ascolti» riprese la parola. «Vi ho detto il mio nome. James Holden. Ho prestato servizio come tenente nella Marina delle Nazioni Unite. Dovreste avere i miei file nel vostro archivio. Ci troverete un congedo con disonore, ma vedrete anche che la mia famiglia vive in Montana. Non voglio che quell’asteroide colpisca la Terra, non meno di quanto non lo vogliate voi.»
Il silenzio dall’altra parte si protrasse per qualche altro minuto.
«Capitano» disse la donna. «Credo che i miei superiori vorrebbero che vi tenessi d’occhio. Verremo con voi mentre gli strateghi decidono sul da farsi.»
Holden emise un lungo sospiro rumoroso.
«La ringrazio, McBride. Continui a cercare di contattare i suoi. Anch’io sto facendo altre chiamate. Due corvette non saranno sufficienti a risolvere il problema.»
«Ricevuto» rispose la Ravi, poi chiuse il collegamento.
«Ho aperto un collegamento con Tycho» disse Naomi.
Holden si appoggiò allo schienale del suo sedile, mentre la gravità crescente della loro accelerazione gli premeva sul petto. Un groppo gli si stava formando in pancia, e quel nodo gli faceva capire che non aveva la minima idea di cosa stesse facendo, che tutti i piani migliori erano falliti, e che la fine era vicina. Quel breve momento di speranza che aveva provato stava già cominciando a scivolare via.
Come puoi restare così calmo?
Mi sa tanto che sto assistendo alla fine della razza umana, pensò Holden. Sto chiamando Fred, in modo che non sarà colpa mia quando nessuno avrà idea di come fare per impedire che sia così. Ovvio che non sono calmo.
Sto solo suddividendo la colpa.
«A che velocità?» chiese Fred Johnson, incredulo.
«Quattro g, in aumento» rispose Holden, con voce strozzata quanto la sua gola. «Ah, e ora è invisibile ai radar.»
«Quattro g. Ha idea di quale sia il peso di Eros?»
«Ne abbiamo, uhm, già discusso» disse Holden; l’unica cosa che impediva all’impazienza di farsi evidente nel suo tono era l’accelerazione di gravità. «La domanda da porsi è: e ora? La Nauvoo ha mancato l’obiettivo. I nostri piani sono andati a puttane.»
Ci fu un altro aumento percettibile della pressione mentre Alex accelerava per restare al passo con Eros. Se la velocità fosse aumentata ancora, non sarebbero più riusciti a parlare.
«È diretta verso la Terra, ne è sicuro?» chiese Fred.
«Alex e Naomi lo sono al novanta percento o giù di lì. È difficile essere del tutto accurati quando si hanno soltanto dati visivi a disposizione. Ma mi fido di loro. Anch’io andrei dove posso trovare trenta miliardi di nuovi organismi ospiti.»
Trenta miliardi. Otto dei quali erano i suoi genitori. S’immaginò padre Tom come un fascio di tubi che spandeva fanghiglia marrone. Madre Elise come una cassa toracica che si trascinava sul terreno con un solo braccio scheletrico. E, con tutta quella biomassa, che cosa avrebbe potuto fare? Spostare la Terra? Allontanare il sole?
«Bisogna avvertirli» disse Holden, cercando di non strangolarsi con la sua stessa lingua mentre parlavano.
«Non crede che lo sappiano già?»
«Vedono una minaccia. Potrebbero non vedere la fine di ogni vita originaria del sistema solare» disse Holden. «Voleva un buon motivo per sedersi al tavolo? Che ne dice di questo: uniamoci o moriamo.»
Fred rimase in silenzio per un istante. Mentre Holden aspettava, una radiazione di sottofondo gli parlò con mistici sussurri pieni di oscuri presagi. Novellino, diceva. Fatti un giro per quattordici miliardi di anni o giù di lì. Vedi quel che ho visto io. Poi, tutte queste sciocchezze non ti sembreranno più così importanti.
«Vedrò quel che posso fare» disse Fred, interrompendo la lezioncina dell’universo sul concetto di transitorietà. «Nel frattempo, voi cosa avete intenzione di fare?»
Farci dare una pista da un asteroide e poi starcene a guardare mentre la culla dell’umanità viene spazzata via.
«Sono aperto a suggerimenti» rispose Holden.
«Forse potreste far detonare alcune delle testate nucleari che ha posizionato la squadra di demolizione. Deviare la traiettoria di Eros. Farci guadagnare un po’ di tempo.»
«Sono impostate su detonatori di prossimità. Non possiamo innescarle» replicò Holden, e l’ultima parola finì con un grido quando il suo sedile lo trafisse in una dozzina di punti diversi, iniettandogli nel corpo un fuoco liquido. Alex aveva attivato la dose, il che significava che Eros continuava ad aumentare la propria velocità e che era preoccupato che potessero tutti perdere i sensi. Quanto ancora avrebbe accelerato? Anche sotto l’effetto della dose, non avrebbero potuto sostenere un’accelerazione prolungata oltre i sette o gli otto g senza correre gravi rischi. Se Eros avesse continuato a mantenere quel ritmo, li avrebbe seminati.
«Potete innescarle da remoto» disse Fred. «Miller dovrebbe avere i codici. Fate calcolare alla squadra di demolizione quali sia meglio attivare per ottenere l’effetto maggiore.»
«Ricevuto» rispose Holden. «Lo chiamo.»
«Io mi lavorerò gli interni» disse Fred, usando un modo di dire cinturiano senza la minima traccia d’imbarazzo. «Vedrò che cosa riesco a fare.»
Holden interruppe il collegamento, poi si connesse alla nave di Miller.
«Yo» rispose chiunque fosse addetto alla postazione radio del cargo.
«Qui Holden, della Rocinante. Mi passi Miller.»
«Uhm...» replicò la voce. «Okay.»
Ci fu un ticchettio, poi un’interferenza, dopodiché Miller lo salutò con un po’ d’eco nella voce. Indossava ancora il casco, quindi.
«Miller, sono Holden. Dobbiamo parlare di quello che è appena successo.»
«Eros si è mosso.»
Miller sembrava strano; la sua voce era distante, come se stesse facendo appena caso a quella conversazione. Holden si sentì invadere dall’irritazione, ma la tenne a bada. Aveva bisogno di Miller, in quel momento, che gli piacesse o meno.
«Ascolta» disse. «Ho parlato con Fred, e vuole che ci coordiniamo con i tuoi ragazzi della squadra demolizioni. Avete i codici remoti d’innesco. Se le facciamo detonare tutte dallo stesso lato, possiamo deviare la traiettoria dell’asteroide. Passami i tuoi tecnici, e vediamo che cosa si riesce a fare.»
«Uhm... sì, mi pare una buona idea. Ti invio i codici» rispose Miller, con voce non più distante; stava trattenendo una risata. Come un uomo che stesse per raccontare la parte finale di una barzelletta davvero divertente. «Ma, per quanto riguarda i tecnici, non saprei proprio come aiutarti.»
«Cazzo, Miller, hai litigato anche con quelli?»
Il detective liberò la risata; un suono aperto e facile che soltanto chi non era sotto una massiccia pressione di g poteva permettersi di emettere. Se per caso c’era una battuta finale, Holden se l’era persa.
«Già» disse Miller. «Forse sì. Ma non è per questo che non te li posso passare. Non sono sulla nave con loro.»
«Cosa?»
«Sono ancora su Eros.»