27

Holden

«Che vuol dire ‘non andate’?» chiese Holden, tirando via il gomito dalla presa di Miller. «Qualcuno ha appena bombardato la stazione. Questa faccenda è andata oltre le nostre capacità di risposta. Se non riusciremo ad arrivare alla Rocinante, faremo tutto quel che ci dicono finché non troveremo un modo per tornare a bordo.»

Miller fece un passo indietro e alzò le mani; stava chiaramente facendo del suo meglio per sembrare inoffensivo, cosa che infastidì Holden ancor di più. Alle sue spalle gli sbirri in tenuta antisommossa spingevano la gente che si attardava nei corridoi verso i casinò. Nell’aria riecheggiavano le voci elettronicamente amplificate dei poliziotti che davano direttive alla folla e il brusio ansioso dei cittadini. A coprire il tutto, dall’impianto di diffusione sonora una voce diceva di restare calmi e di cooperare con il personale di sicurezza.

«Lo vedi quel bestione laggiù, in tenuta antisommossa?» disse Miller. «Si chiama Gabby Smalls. È a capo di una sezione che gestisce l’estorsione per conto della Golden Bough, su Ceres. È coinvolto anche in altri affari loschi, e sospetto che abbia gettato fuori dai portelloni più di una persona.»

Holden fissò il tipo. Spalle ampie, ventre abbondante. Ora che Miller glielo faceva notare, c’era qualcosa in quell’uomo che non sembrava appropriato per un poliziotto.

«Non capisco» disse Holden.

«Un paio di mesi fa, quando tu hai dato la stura a una serie di sommosse dicendo che Marte aveva fatto saltare in aria il vostro cargo frigorifero, abbiamo scoperto...»

«Non ho mai detto...»

«...abbiamo scoperto che la maggior parte dell’equipaggiamento antisommossa della polizia di Ceres era stata trafugata. Pochi mesi prima, una manciata di operatori del crimine organizzato sono scomparsi dai radar. Ho appena scoperto che fine hanno fatto entrambi.»

Miller indicò verso la tenuta antisommossa indossata da Gabby Smalls.

«Io non andrei nella direzione in cui mi dice di andare lui» consigliò. «No, davvero.»

Un esiguo flusso di persone li superò spintonandoli.

«E allora dove?» chiese Naomi.

«Già. Voglio dire, se la scelta è tra radiazioni o malavitosi, tocca scegliere i malavitosi» disse Alex, annuendo con enfasi alle parole di Naomi.

Miller tirò fuori il suo terminale palmare e lo alzò per mostrarne lo schermo a tutti.

«Non ho nessuna allerta radiazioni» disse. «Qualunque cosa sia successa fuori, non rappresenta una minaccia su questo livello. Non al momento. Per cui cerchiamo di calmarci e di fare la cosa giusta.»

Holden si voltò di spalle a Miller e fece segno di avvicinarsi a Naomi. La tirò da una parte e disse sottovoce: «Io sono ancora dell’idea di tornare alla nave e di levare le tende da questo posto. Di correre il rischio di superare quegli sgherri.»

«Se non c’è pericolo di radiazioni, concordo» rispose lei annuendo.

«Io dissento» replicò Miller, senza nemmeno darsi la pena di far finta che non stesse origliando. «Per fare una cosa del genere dovremmo attraversare tre livelli di casinò pieni zeppi di scagnozzi in tenuta antisommossa. Ci intimeranno di entrare in uno di quei casinò per metterci in sicurezza. Quando non lo faremo, ci picchieranno fino a farci perdere i sensi e ci butteranno dentro volenti o nolenti. Per metterci in sicurezza.»

Un altro gruppo di persone emerse da un corridoio laterale, dirigendosi verso la rassicurante presenza della polizia e le luci gioiose dei casinò. Holden si accorse che era difficile non farsi trascinare dalla folla. Un uomo con due enormi valigie andò a sbattere addosso a Naomi e per poco non la fece cadere a terra. Holden l’afferrò per la mano.

«Che alternativa abbiamo?» chiese a Miller.

Miller guardò su e giù lungo il corridoio, come a valutare il flusso di persone. Fece un cenno col capo verso un portello a strisce nere e gialle in un corridoio di servizio.

«Laggiù» disse. «Sopra c’è scritto ALTA TENSIONE, per cui gli sbirri che faranno un giro di ricognizione alla ricerca di eventuali ritardatari non si preoccuperanno di ispezionarlo. Non è il genere di posto in cui si nasconderebbe un cittadino.»

«Riesci ad aprirla in fretta?» chiese Holden, guardando Amos.

«Posso romperla?»

«Se necessario.»

«Allora certo» disse Amos, e cominciò a farsi largo tra la folla verso il portello di servizio. Una volta giunto di fronte alla porta, tirò fuori il suo attrezzo multiuso e fece saltare il cassettino che ospitava il lettore ottico. Dopo che ebbe avvolto assieme un paio di cavi, il portello scivolò di lato con un sibilo idraulico.

«Ta-dah» disse Amos. «Il lettore d’accesso è rotto, per cui chiunque volesse entrare potrà farlo.»

«Ce ne preoccuperemo se e quando succederà» replicò Miller, poi li precedette nel passaggio fiocamente illuminato oltre l’apertura.

Il corridoio di servizio era pieno di cavi elettrici legati da fascette di plastica. Si protraeva in quella tenue luce rossa per dieci, quindici metri, prima di perdersi nel buio. La luce proveniva dalle lampade a LED montate su una serie di bracci metallici che spuntavano dalla parete ogni paio di metri per sostenere i cavi. Naomi dovette chinarsi per entrare; era alta quattro centimetri di troppo per il soffitto. Appoggiò la schiena alla parete e scivolò giù, accovacciandosi sui talloni.

«Potrebbero aver avuto il buonsenso di farli abbastanza alti perché un cinturiano possa lavorarci dentro, i loro corridoi» disse irritata.

Holden toccò la parete con una sorta di reverenza, passando le dita sul numero d’identificazione di un corridoio scavato direttamente nella roccia.

«I cinturiani che hanno costruito questo posto non erano alti» disse. «Queste sono alcune delle linee di corrente principali. Questo tunnel va fino alla prima colonia della Fascia. Le persone che l’hanno scavato erano cresciute con la gravità.»

Anche Miller aveva dovuto abbassare la testa; si sedette a terra sbuffando e con uno scrocchio delle ginocchia.

«C’è tempo per le lezioni di storia» replicò. «Ora occupiamoci di trovare un modo per andarcene da questo scoglio.»

Amos, studiando attentamente le matasse di cavi, disse: «Se vedete un punto rovinato, non lo toccate. Questo bastardo qui porta un paio di milioni di volt. Vi ridurrebbe a un mucchietto di merda fusa.»

Alex si sedette accanto a Naomi, facendo una smorfia quando le sue natiche toccarono la pietra fredda del pavimento.

«Sapete,» disse «se decidono di sigillare la stazione, potrebbero pompare tutta l’aria fuori da questi corridoi di servizio.»

«Abbiamo capito» rispose Holden esasperato. «È un nascondiglio merdoso e scomodo. Ora avete il permesso di chiudere la bocca sulla questione.»

Si accovacciò di fronte a Miller e disse: «E va bene, detective. Ora che facciamo?»

«Ora» rispose Miller «aspettiamo che la pattuglia ci superi e gli andremo dietro, cercando di raggiungere i moli. La gente nei rifugi sarà facile da evitare. I rifugi sono ai livelli più alti, in profondità. Il problema sarà riuscire ad attraversare i livelli dei casinò.»

«Non possiamo usare i passaggi di servizio per spostarci?» chiese Alex.

Amos scosse la testa. «Non senza una mappa, no. Se ti perdi qua dentro, sono guai seri» rispose.

Ignorandoli entrambi, Holden disse: «Okay. Aspetteremo che se ne siano andati tutti ai rifugi antiradiazioni e poi toglieremo le tende.»

Miller annuì, poi i due uomini si fissarono a vicenda per un istante. L’aria tra loro sembrò addensarsi, mentre il silenzio acquisiva un significato tutto suo. Miller si strinse nelle spalle come se la sua giacca gli causasse prurito.

«Perché credi che un branco di manigoldi di Ceres stia spostando tutti nei rifugi antiradiazioni, quando in realtà non c’è alcun pericolo radioattivo?» chiese Holden alla fine. «E perché i poliziotti di Eros glielo lasciano fare?»

«Bella domanda» esclamò Miller.

«Se stessero usando quegli zotici, si spiegherebbe meglio perché il loro tentativo di rapimento abbia fatto così schifo. Non sembrano dei professionisti.»

«Già» concordò Miller. «Non rientrava nelle loro competenze abituali.»

«Volete stare zitti?» disse Naomi.

Rimasero in silenzio per quasi un minuto.

«Sarebbe davvero stupido» disse Holden «andare a dare un’occhiata a quello che sta succedendo, vero?»

«Sì. Qualsiasi cosa stia accadendo in quei rifugi, sappiamo che è lì che si trovano tutte le guardie e le pattuglie» rispose Miller.

«Già» confermò Holden.

«Capitano» disse Naomi, con un tono di avvertimento nella voce.

«Però» continuò Holden, parlando con Miller. «Tu odi i misteri.»

«Eccome» replicò Miller con un sorriso appena accennato. «E tu, amico mio, sei un diavolo di ficcanaso.»

«Me l’hanno detto.»

«Maledizione» disse piano Naomi.

«Che succede, capo?» chiese Amos.

«Questi due hanno appena mandato a monte il nostro piano di fuga» rispose Naomi. Poi disse a Holden: «Voi due sarete nocivi l’uno per l’altro e, per estensione, lo sarete anche per noi.»

«Macché» rispose Holden. «Voi non verrete con noi. Resterai qui con Amos e Alex. Dateci...» Guardò il suo palmare. «Tre ore, per andare a dare un’occhiata e tornare. Se non torniamo entro...»

«Vi abbandoniamo in mano ai gangster e ci andiamo a cercare un lavoro su Tycho, dove vivremo felici e contenti» disse Naomi.

«Esatto» confermò Holden con un ghigno. «Non fate gli eroi.»

«Non ci penso proprio, signore.»

Holden si accovacciò nell’ombra appena fuori dal portello di servizio e osservò gli sgherri di Ceres travestiti da poliziotti in tenuta antisommossa condurre via i cittadini di Eros in piccoli gruppi. L’impianto pubblico di diffusione sonora continuava a dichiarare la possibile presenza di un rischio radioattivo ed esortava i cittadini e i forestieri di Eros a collaborare pienamente con il personale di sicurezza. Holden aveva scelto un gruppo da seguire e stava per muoversi, quando Miller gli posò una mano sulla spalla.

«Aspetta» disse Miller. «Voglio fare una chiamata.»

Compose rapidamente un numero sul suo terminale palmare e, dopo qualche istante, apparve un messaggio grigio di ‘Rete non disponibile’.

«Non c’è più linea?» chiese Holden.

«È la prima cosa che farei anch’io» rispose Miller.

«Capisco» replicò Holden, anche se in effetti non capiva.

«Be’, immagino che siamo solo io e te, allora» disse Miller; poi tolse il caricatore dalla pistola e cominciò a ricaricarlo con le cartucce che teneva nella tasca del cappotto.

Anche se aveva già visto abbastanza sparatorie da bastargli per il resto della vita, anche Holden prese la sua arma e controllò il caricatore. L’aveva sostituito dopo averlo svuotato nell’albergo, e ora era completamente pieno. Lo inserì al suo posto e si mise l’arma nella cinta. Notò che Miller teneva la pistola in pugno, vicino alla coscia, dov’era coperta quasi completamente dal cappotto.

Non fu difficile seguire i gruppi su per la stazione verso le sezioni interne, dove si trovavano i rifugi antiradiazioni. Finché continuavano a spostarsi seguendo la folla, nessuno prestò loro attenzione. Holden prese nota mentalmente delle numerose intersezioni dove gli uomini in tenuta antisommossa montavano la guardia. Tornare indietro sarebbe stato molto più difficile.

Quando il gruppo che stavano seguendo finalmente si fermò fuori da una massiccia porta metallica contrassegnata dall’antico simbolo di radioattività, Holden e Miller si defilarono da un lato e si nascosero dietro un grosso vaso pieno di felci e di un paio d’alberi rinsecchiti. Holden osservò i finti corpi antisommossa ordinare a tutti di entrare nel rifugio e poi sigillare la porta alle loro spalle strisciando una carta nel dispositivo di chiusura. Se ne andarono tutti tranne uno, che rimase di guardia all’esterno.

Miller sussurrò: «Chiediamogli di farci entrare.»

«Seguimi» disse Holden, poi si alzò e cominciò ad andare incontro alla guardia.

«Ehi, testa di cazzo! Devi startene in un rifugio o in un casinò, per cui vedi di tornare dal tuo cazzo di gruppo» urlò la guardia, con una mano sul calcio del fucile.

Holden alzò le mani pacificamente, sorrise e continuò ad avanzare. «Ehi, ho perso il mio gruppo. Mi sono perso, non so come. Non sono di queste parti, sa» disse.

La guardia indicò lungo il corridoio con il manganello che teneva nella sinistra.

«Va’ di là finché non trovi la rampa che porta giù» disse.

Miller sembrò comparire dal nulla nel corridoio fiocamente illuminato, con la pistola già puntata alla tempia della guardia. Tolse la sicura con uno scatto ben udibile.

«Che ne dici se invece ci uniamo al gruppo che è già dentro?» chiese. «Apri.»

La guardia guardò Miller con la coda dell’occhio, senza voltare la testa di un millimetro. Alzò le mani e lasciò cadere a terra il manganello.

«Non è davvero il caso, amico» disse il finto sbirro.

«Io credo di sì, invece» ribatté Holden. «Dovresti fare come ti dice. Non è una persona molto gentile.»

Miller premette la canna della pistola sulla tempia della guardia e disse: «Lo sai che significava, quando giù in centrale dicevamo che uno si ‘scervellava’? Si riferiva a quando un colpo alla testa fa esplodere fuori dal cranio di un tipo l’intero cervello. Solitamente succede quando si preme la pistola sulla tempia della vittima, più o meno in questo punto. Il gas non trova sfogo. Fa schizzare fuori tutto il cervello dal foro di uscita.»

«Hanno detto di non aprirli una volta che sono stati sigillati, amico» disse la guardia, parlando così velocemente da accavallare le parole. «Sono stati molto rigidi su questo.»

«Questa è l’ultima volta che parlo» replicò Miller. «La prossima userò la chiave che troverò sul tuo cadavere.»

Holden voltò la guardia verso la porta e gli tolse la pistola dalla fondina. Sperò che le minacce di Miller fossero solo tali. Sospettò che non lo fossero.

«Apri la porta e ti lasceremo andare, te lo prometto» disse Holden alla guardia.

Quello annuì e avanzò verso la porta, strisciò la sua carta nella serratura e digitò un codice sul tastierino numerico. La pesante porta antiesplosione scivolò da un lato. Oltre l’ingresso, la stanza era ancora più buia del corridoio esterno. Alcuni LED di emergenza baluginavano di un rosso livido. In quella luce fioca, Holden scorse decine... centinaia di corpi riversi a terra, immobili.

«Sono morti?» chiese Holden.

«Non so niente di...» cominciò a dire la guardia, ma Miller lo interruppe.

«Va’ prima tu» disse, e spinse la guardia avanti.

«Aspetta un attimo» intervenne Holden. «Non credo che sia una buona idea buttarci lì dentro a capofitto.»

Tre cose accaddero contemporaneamente. La guardia fece quattro passi in avanti e crollò a terra. Miller annusò l’aria una volta, con decisione, e iniziò a barcollare come se fosse ubriaco. Ed entrambi i terminali di Holden e Miller cominciarono a emettere un furioso ronzio elettrico.

Miller barcollò all’indietro e disse: «La porta...»

Holden premette un tasto e la porta si richiuse senza rumore.

«Gas» disse Miller, poi tossì. «C’è del gas, lì dentro.»

Mentre l’ex poliziotto si appoggiava alla parete del corridoio e tossiva, Holden tirò fuori il terminale per mettere fine al ronzio. Ma l’allarme che lampeggiava sullo schermo non era un’allerta di contaminazione da gas. Era la venerabile forma a tre spicchi che puntavano verso il centro: radiazioni. Mentre lo fissava, il simbolo, che sarebbe dovuto essere bianco, passò dall’arancione acceso al rosso scuro.

Anche Miller fissava il suo palmare, con espressione indecifrabile.

«Siamo stati contaminati» disse Holden.

«Non ho mai nemmeno visto il detector attivarsi» rispose Miller, con voce roca e debole dopo il raptus di tosse. «Che cosa significa quando l’affare diventa rosso?»

«Significa che cominceremo a sanguinare dal culo tra meno di sei ore» rispose Holden. «Dobbiamo arrivare alla nave. Lì ci sono i medicinali che ci servono.»

«Ma che...» disse Miller. «Che cazzo sta succedendo?»

Holden afferrò Miller per un braccio e lo condusse giù per il corridoio, verso le rampe. Si sentiva la pelle bollente e pruriginosa. Non sapeva se fosse dovuto alle radiazioni o a una reazione psicosomatica. Per la quantità di radiazioni a cui era appena stato esposto, era un bene che avesse fatto conservare un po’ di sperma in Montana e su Europa.

Quel pensiero gli fece prudere le palle.

«Stanno nuclearizzando la stazione» disse Holden. «Diavolo, forse stanno soltanto facendo finta che sia così. Trascinano tutti quanti qui e li gettano nei rifugi radioattivi che sono radioattivi soltanto all’interno. E li gasano per farli stare tranquilli.»

«Ci sono modi più semplici per ammazzare la gente» disse Miller, con il sorriso affannato e rotto mentre correvano lungo il corridoio.

«Per cui dev’esserci qualcosa di più, sotto» dedusse Holden. «Il morbo, giusto? Quello che ha ucciso la ragazza. Si... nutriva di radiazioni.»

«Incubatori» disse Miller, annuendo per dare il suo assenso.

Arrivati a una delle rampe che conducevano ai livelli inferiori, videro un gruppo di cittadini scortati da due finti sbirri in tenuta antisommossa venire su verso di loro. Holden afferrò Miller e lo tirò da una parte, dove potevano nascondersi all’ombra di un ramen bar chiuso.

«Quindi li hanno infettati, giusto?» sussurrò Holden, aspettando che il gruppo li superasse. «Magari hanno un qualche medicinale per curare le radiazioni con dentro il morbo. Magari quella fanghiglia marrone che c’era sul pavimento. E allora, qualunque cosa fosse dentro quella ragazza, Julie...»

Holden s’interruppe quando Miller si allontanò da lui e si diresse dritto verso il gruppo che era appena arrivato in cima alla rampa.

«Agente» disse Miller apostrofando uno dei finti poliziotti.

Gli sgherri si fermarono entrambi e uno di loro gli disse: «Dovresti essere...»

Miller gli sparò alla gola, appena sotto la visiera del casco. Poi si voltò con un movimento fluido e sparò all’interno coscia dell’altra guardia, poco sotto l’inguine. Quando l’uomo cadde all’indietro, gridando per il dolore, Miller gli fu addosso e gli sparò di nuovo, stavolta sul collo.

Un paio di cittadini cominciarono a urlare. Miller puntò loro contro la pistola e quelli si zittirono.

«Scendete di un livello o due e trovate un posto in cui nascondervi» disse. «Non cooperate con questi uomini, anche se sono vestiti da poliziotti. Non stanno agendo nel vostro interesse. Andate.»

I cittadini esitarono, poi corsero via. Miller prese tre cartucce dalla tasca e sostituì quelle che aveva usato. Holden fece per parlare, ma Miller lo interruppe.

«Spara alla gola, se puoi. In molti casi, la visiera e la corazza pettorale non bastano a coprire lo spiraglio. Se il collo è coperto, spara all’interno coscia. Lì la corazza è più sottile, per una questione di mobilità. Basta un colpo per abbattere la maggior parte degli uomini.»

Holden annuì, come se tutto questo avesse un senso.

«Okay» disse Holden. «Mettiamo che riusciamo a tornare alla nave prima che moriamo dissanguati, va bene? Non spariamo più a nessuno, a meno che non sia indispensabile.» La sua voce sembrava più calma di quanto lui non si sentisse in realtà.

Miller rimise il caricatore nella pistola con uno scatto secco e incamerò un altro proiettile.

«Credo che dovremo sparare a molta altra gente, prima che tutto questo sia finito» disse. «Ma va bene. Come no. Prima le cose importanti.»