Capitolo sesto
Ida Arnold ne aveva bevuti più di un paio e cantava sotto voce fra sé sul suo boccale di birra Guinness «Una notte in un viale – Lord Rothschild mi disse...» L’onda che batteva pesantemente contro il molo le faceva la stessa impressione del suono dell’acqua del bagno: la eccitava. Stava lì seduta e formosamente sola: in lei non c’era nessun sentimento cattivo per nessuno al mondo – se non per un essere solo: al mondo ci si stava bene, se non ci si lasciava sopraffare; ed ella era come un carro di trionfo – dietro a lei stavano tutte le possenti milizie – la giustizia è giustizia, occhio per occhio, quando volete fare una cosa bene, fatela da soli. Fil Corkery si avanzò nella sua direzione – dietro a lui attraverso le lunghe vetrate della sala da tè si potevano scorgere le luci di Hove: le verdi cupole di rame del Metropole spiccavano nell’ultimo raggio di luce sotto le pesanti nuvole calanti della notte. Gli spruzzi dell’acqua colpivano i vetri come pioggia fine. Ida Arnold interruppe il suo canto per chiedere: «Vedi quello che vedo io?»
Fil Corkery si sedette: in questo frangiflutti di vetro non si sentiva affatto l’estate: ed egli appariva infreddolito con i suoi calzoni di flanella grigia e la giacca dal vecchio stemma sulla tasca: un po’ raggrinzito, spenta ormai ogni passione. «Sono loro,» disse in tono stanco. «Come hai fatto a sapere che sarebbero stati qui?»
«Non lo sapevo,» disse Ida. «È il destino.»
«Sono stufo di vederli.»
«Ma pensa,» ella disse con compiacimento «quanto saranno stufi loro!»
Attraverso una distesa di tavolini vuoti guardarono in direzione della Francia, in direzione del Ragazzo e di Rosa – e di un uomo e una donna che non conoscevano. Se il gruppetto era venuto lì per far festa o un altro scopo del genere, ella aveva rovinato tutto il loro godimento. La birra le risalì calda in gola: si sentì immensamente soddisfatta: ruttò e disse: «Scusa,» alzando una mano guantata di bianco; poi domandò: «Immagino che anche quello se ne sia andato?»
«Sì.»
«Non abbiamo fortuna con i nostri testimoni,» ella disse. «Prima Spicer, poi la ragazza, poi Prewitt e adesso Cubitt.»
«Ha preso il primo treno del mattino – con il tuo denaro.»
«Non importa,» ella disse. «Sono in vita. Ritorneranno. Ed io posso aspettare, grazie a Black Boy.»
Fil Corkery la guardò con la coda dell’occhio; era stupefacente che egli avesse mai avuto il coraggio di mandarle – di mandare a tanta forza e decisione – delle cartoline postali da località balneari – da Hastings un granchio, dalla cui pancia si poteva tirare fuori una serie di vedute: da Eastbourne un bimbo seduto sopra una roccia che si alzava per lasciare vedere la High Street e la Boots’ Library e un felceto; da Bournemouth (proprio da lì?) una bottiglia che conteneva fotografie del lungomare, del giardino roccioso, della nuova piscina... Era come offrire una focaccia a un elefante in terra d’Africa. Fu colpito dalla sensazione di una forza terrificante... quando ella voleva godere, nulla l’avrebbe fermata, e quando voleva la giustizia... In tono nervoso le disse: «Non credi, Ida, che abbiamo fatto abbastanza?»
Ella rispose: «Non ho ancora finito,» tenendo gli occhi sul gruppetto segnato dal destino. «Non si può mai sapere. Si credono al sicuro: e adesso commetteranno qualche pazzia.» Il Ragazzo se ne stava seduto silenzioso accanto a Rosa: aveva un bicchiere dinanzi, ma non lo aveva toccato: soltanto l’uomo e la donna chiacchieravano di una cosa e dell’altra.
«Abbiamo fatto del nostro meglio. È una questione che riguarda la polizia e nessun altro,» affermò Fil.
«Li hai sentiti quella prima volta.» Di nuovo ella riprese a cantare: «Una notte in un viale...»
«Non è affar nostro ora.»
«Lord Rothschild mi disse...» Si interruppe per rimetterlo gentilmente a posto. Non si poteva permettere che un vecchio amico avesse delle idee sbagliate. «È affare di chiunque sappia la differenza fra giusto ed ingiusto.»
«Ma tu sei così terribilmente sicura delle cose, Ida. Tu vai all’attacco... Oh, le tue intenzioni sono buone, ma come possiamo conoscere le ragioni che possono avere avuto? E inoltre,» egli l’accusò, «tu stai facendo questo solamente perché ti diverte. Fred non era una persona che ti stesse a cuore.»
Ella voltò verso di lui i suoi grandi occhi accesi: «Via,» disse, «non posso dire che non sia stato – eccitante.» Era proprio desolata che tutto fosse finito. «E che c’è di male? Mi piace di fare quello che è giusto, ecco tutto.»
Fil ebbe un moto di fiacca ribellione: «E anche ciò che non è giusto.»
Ella gli sorrise con una tenerezza immensa e lontana: «Oh, quello! Quello non è male. Non fa male a nessuno. Non è come uccidere.»
«I preti dicono di sì.»
«I preti!» ella esclamò con disprezzo. «Via, persino i cattolici romani non ci credono. Altrimenti quella ragazza non vivrebbe ora con lui.» Continuò: «Puoi aver fiducia in me. Ho visto il mondo, conosco la gente» e si mise di nuovo ad osservare attentamente Rosa. «Non vorresti che lasciassi una stupidina come quella – a lui? è irritante, è vero, è stupida, ma non lo merita.»
«Come puoi sapere che non desideri di essere lasciata?»
«Non mi dirai, vero, che vorrebbe morire?
Nessuno lo desidera. Oh no. Non rinuncerò, finché non sarà al
sicuro. Dammi un’altra birra.» Lontano in mare, al di là del molo
occidentale, si potevano scorgere le luci di Worthing, – segno di
cattivo tempo –, e la marea saliva regolarmente, bianche ondate
gigantesche s’infrangevano nel buio contro il frangiflutti vicino
alla terra. Si poteva sentirle martellare i pilastri, come il pugno
di un lottatore contro un pallone nell’allenarsi per il mento
umano, e dolcemente, e appena un poco confusamente, Ida Arnold
incominciò a ricordare la gente che aveva salvato: un uomo, che una
volta ella aveva strappato dal mare, quando era giovane, il denaro
dato a un mendicante cieco, e la buona parola detta al momento
opportuno a una scolaretta disperata sullo Strand.