XI
La mattina era fredda, addolcita da un sole pallido e bianco. Aveva nevicato tutta la notte. Il paese era rannicchiato sotto una pesante coperta di lana scintillante. Larois aveva una lunga lista di commissioni da fare. Comprare cibo, radunare la legna, portare parte degli scudi d’argento accumulati nelle ultime serate alle casse del feudo, e molto altro. Ma non aveva nessuna voglia di lavorare. Capitava qualche volta, molto di rado, il giorno in cui non riusciva a impegnarsi in niente. La lista poteva aspettare. Decise di passare a salutare un’amica, che sapeva di certo fosse già sveglia.
Deanna era la moglie di uno dei capitani di Eldain, forse il più conosciuto e rispettato dalla gente del feudo. Il suo nome era Adraman, un uomo vicino alla mezza età che aveva passato quasi tutta la sua vita a combattere per la causa dei ribelli. Deanna invece era soltanto una ragazza, figlia di uno dei pochi mercanti attivi in Eld, arricchitosi con gli affari che la sua famiglia aveva imbastito nei decenni con le città vicine. Molti anni addietro alcuni suoi zii avevano anche gestito alcune botteghe a Cambria, prima che la guerra calasse su tutta la regione stroncando ogni loro velleità.
Il padre di Deanna aveva combinato il matrimonio con l’unico uomo dell’esercito di Eldain che avesse una stilla di sangue nobiliare nelle vene. Adraman era l’ultimo discendente della famiglia Adren, una piccola casata rurale che vantava un antico intreccio con la nobiltà di Calhann, a Sud di Cambria. Nelle speranze di suo padre, il cavaliere rappresentava il miglior partito possibile a disposizione. Benestante, rispettato, e con alcuni labili contatti genealogici fuori dalla regione, che si sarebbero dimostrati molto utili nel caso in cui la situazione fra Cambria ed Eld fosse precipitata in maniera irreparabile. Una scelta forse saggia, ma ben poco gradita a Deanna, che aveva odiato fin dal primo istante quel matrimonio imposto con la forza.
Larois la conosceva sin da quando era bambina, quando giocava insieme agli altri ragazzi del paese proprio di fronte alla locanda, nello spiazzo di ghiaia dove gli avventori lasciavano i cavalli. All’epoca, suo figlio Nardo era già grande, ma i ragazzi in paese erano pochi e passavano gran parte del tempo mischiati insieme. La vita nel feudo era dura, tristemente ricca di lutti. Gli orfani erano di gran lunga più numerosi dei bambini i cui genitori erano ancora in vita.
Deanna era fra le preferite di suo figlio, e non perdeva occasione per punzecchiarla con consigli e paternali degne del peggior fratello insistente. Lei era sempre stata bella, ma con l’età era diventata splendida. Grandi occhi chiari, capelli corvini e sempre acconciati con cura, labbra carnose e inclini al broncio. Era piuttosto bassa, ma aveva un corpo molto femminile. La sua bellezza appariva sempre un po’ fragile, venata di un’insicurezza ben nascosta sotto strati di aggressività e falsi atteggiamenti di superiorità.
Dopo la morte di suo figlio e di suo marito non si erano perse di vista, e tante volte Deanna era andata a farle compagnia in locanda per aiutarla a non sentirsi desolatamente sola. Per quelle serate, Larois le sarebbe stata grata a vita. Allora era ancora una ragazzina, ma le aveva dimostrato un affetto che l’aveva tenuta a galla, finché non era riuscita a sopportare almeno parzialmente la morte di tutta la sua famiglia.
«Larois! Che piacere vederti, entra che fa un freddo cane!»
La casa di Adraman era forse la più bella della città, per quanto infima rispetto a una villa qualsiasi del più misero tenente dell’esercito di Cambria. Deanna l’aveva abbellita come meglio aveva potuto, con tappeti, vasi e alcuni quadri che raffiguravano paesaggi all’alba e al tramonto. Le piacevano i colori marcati. Un servitore la aiutò a liberarsi dalla mantella pesante e umida, e subito Deanna la prese per mano accompagnandola di fronte al camino. Si sedettero vicine sul grande divano avvolto da una spessa coperta di lana, e la padrona di casa richiese con un gesto qualcosa di caldo da bere.
«Sembri proprio una nobile dama! Guardati… sei splendida!» esclamò sorridendo Larois.
«Se fossi una nobile dama, non sarei qui a Eld, in mezzo a tutti questi campagnoli!» rispose Deanna, sistemandosi la camicetta con fare vagamente stizzito. Le due amiche scoppiarono a ridere. Il domestico portò una brocca rovente di tisana alla malva e due tazze dipinte.
Avevano entrambe una gran voglia di parlare, e così diedero fondo a ogni pettegolezzo, a tutti i piccoli segreti che un feudo poteva offrire, tradimenti, scappatelle, dicerie. Non si vedevano da prima dell’estate, da quando Deanna era partita per passare la bella stagione nella casa di campagna della famiglia di Adraman, a Est nelle terre degli alleati. Circondata da servitori, ma senza marito e amici, si era ancora una volta annoiata fino a perdere il conto dei giorni.
«Ne parli come se fosse una tortura, eppure… fai una vita che poche donne del paese possono anche solo sognare.»
«Larois, non puoi capire il supplizio!» mormorò Deanna sorseggiando lentamente la sua tisana. «Sempre da sola, senza mai nulla da fare… e quando lui torna, è anche peggio.»
«Dov’è adesso? Sta ancora dormendo? È da capire… dev’essere stanco.»
«Dormire?! Adraman? Lui non riposa mai. Sempre e solo lavoro» sbuffò Deanna. «Si è svegliato all’alba, come tutte le mattine, ed è andato a passare in rassegna le reclute per la prossima spedizione al fronte. Non riesce a pensare mai ad altro…»
«Fa una vita dura, Deanna. Ha sulle spalle una grossa responsabilità, cerca di capire…»
«Vedi, è questo il problema! Lavoro, lavoro e sempre lavoro. Sembra che abbia preso la guerra come sposa, e non me…»
«Tuo marito è un brav’uomo, non esagerare sempre» la rimproverò Larois. «È gentile con te, ti tratta come una regina, e non ti rendi neppure conto che è comunque avvenente…»
«… per l’età che ha, stavi per dire?! Dai, Larois… potrebbe essere mio padre!» mormorò imbarazzata Deanna.
«Penso che tu gli debba almeno un minimo di riconoscenza, per tutte le attenzioni che ti dedica.»
«Ma è proprio questo che mi manca! Attenzioni! È sempre al fronte, a combattere per Eldain… torna a casa qualche giorno al mese, e ogni volta mi sembra di condividere il letto con uno sconosciuto. Non mi racconta neppure cosa fa laggiù.»
«Non ti dice nulla perché al fronte la vita è orrenda!» incalzò Larois alzando la voce. «Cosa dovrebbe dirti? Oggi ho visto morire dieci ragazzi della tua età?!»
Deanna non rispose, e arrossì chinando lo sguardo. Larois a volte era dura con lei, come una madre. Ma era proprio quello che Deanna cercava. Sincerità e schiettezza.
«No, ma se mi permettesse di far parte della sua vita… almeno un po’… sarebbe più sopportabile. Mi sento come un trofeo! La bella donna da esibire nelle rare cene al castello con i delegati dei feudi alleati…»
«Capisco, piccola mia. Ma dovrai fartene una ragione, prima o poi. Lui è un soldato, fedele prima di tutto al suo comandante. Però si vede che ti vuole un gran bene.»
«Lo so, lo so… scusa, a volte mi comporto come una bambina viziata.»
«A volte?!»
«Dai, non sempre!» insistette Deanna spintonando scherzosamente Larois. «Se solo avessi qualcuno con cui parlare, che mi facesse compagnia quando sono da sola… ma i servitori sono tutti dei vecchi, e le donne mi parlano come se fossi una padrona!»
«Guarda che lo sei…»
«Non essere pignola, hai capito cosa voglio dire. Vorrei solo non annoiarmi così tanto, certe mattine non ho neppure voglia di alzarmi dal letto.»
«E i tuoi genitori? Non li vai mai a trovare?»
Deanna rise amaramente coprendosi gli occhi con la mano.
«Non l’hai saputo? Sono partiti per il Sud. Vogliono tentare la fortuna fuori dai territori in guerra. Me l’hanno comunicato così, senza chiedere nulla! Mi hanno escluso dalla loro vita, ben contenti di come sono riusciti a piazzarmi… come un vitello al mercato…»
Larois ebbe un’idea improvvisa. Da quando aveva parlato con Mordraud, non faceva altro che cercare una soluzione per il suo umore rabbioso. Lui aveva bisogno di stare vicino alla gente, di aprirsi, di capire che non esistevano soltanto la forza bruta e la guerra. La differenza di età fra i due la riparava da qualsiasi rischio. Uno era un bambino, lei invece era già una donna sposata.
Deanna aveva proprio bisogno di qualcuno con cui passare del tempo. Ed a Mordraud avrebbe fatto bene avere una sorta di sorella maggiore. Tanto, lei non aveva quasi nulla da fare tutto il giorno, pensò.
«Conosco un ragazzino, si chiama Mordraud… ora sta da me in locanda insieme al fratello, mi aiuta la sera con i clienti. Non ha amici, e so che a lui non piace lavorare come sguattero. Mi dispiace vederlo sempre da solo, magari potrebbe farti compagnia ogni tanto…»
«Quanti anni ha?» chiese Deanna incuriosita.
«Dodici, tredici penso. Forse qualcosa in meno.»
«Così piccolo?!»
«Oh, non lo diresti mai, a volte dimostra almeno cinque anni di più. È sveglio, e quando vuole, è anche loquace. Adraman potrebbe assumerlo come tuo… non saprei… paggio?»
«Ho sentito dire che anche molte nobildonne di Cambria hanno un paio di ragazzini fra i servitori…» pensò Deanna ad alta voce. «Proprio come una volta, eh Larois? Tutti i bambini del paese che giocano insieme, sempre sotto l’occhio vigile dei fratelli più grandi, pronti a dispensare consigli. Come Nardo faceva sempre con me.»
«Era un bravo ragazzo, se la guerra non se lo fosse portato via…» sussurrò Larois distogliendo lo sguardo.
Deanna restò in silenzio un istante. Tornò malinconica agli anni della sua infanzia. Tutti i ragazzi più grandi passavano il tempo con i bambini, come se fossero un esercito di fratelli e sorelle. Un bel periodo. Per Nardo e gli altri non era stato avvilente prendersi cura di qualcuno più piccolo. In fondo era un impegno che poteva distrarla un po’. Magari, la compagnia di qualcuno con cui parlare le avrebbe fatto bene.
«Come hai detto che si chiama?»
***
«NON SE NE PARLA!»
«Non eri tu che ti lamentavi per il lavoro alla taverna?!» rispose Larois trattenendo un sorrisetto divertito.
«Ma non voglio di certo fare il… il… come si dice? Damerino?! Paggetto?! Far compagnia a una donna sposata a un vecchio, ti sembro la persona adatta?!»
Mordraud era infuriato. Rosso in faccia, pugni serrati e sguardo da vero uomo, era così ridicolo che Larois dovette sforzarsi per non ridergli in faccia.
«Deanna è una mia amica, una brava donna, solo che si annoia da morire sempre da sola, là in quella grande casa… la dimora più lussuosa di Eld…»
«Tu mi prendi in giro! Piuttosto lavo i piatti per tutta la vita!»
«Come vuoi, ragazzino. Ti ho dato un’opportunità, ma non vuoi coglierla» esclamò Larois scrollando le spalle. «Ah, stavo quasi per dimenticarmene. Stasera ci sarà più gente del solito, oggi sono state scelte le nuove reclute che gli alleati di Eldain hanno concesso per la difesa del fronte.»
Mordraud sentì le budella torcersi dallo sconforto, ma non disse nulla. Non voleva dargliela vinta, a quella vecchia volpe di Larois.
«Damerino… l’accompagnatore di damigelle… maledizione, ho quasi diciotto anni!» sibilò fra i denti senza farsi sentire da lei, andandosene a passo spedito verso il retro della locanda. Aveva bisogno di stancarsi un po’, e non conosceva metodo migliore che picchiare il vuoto con un bel bastone pesante.
«Come state, signora? Come siete bella oggi, signora!» sbraitò agitando la mazza che aveva pazientemente intagliato nelle lunghe notti in cui non riusciva a prendere sonno. «Vostro marito vi aspetta per il pranzo. Aspettate, vi do una mano a stringere il CORSETTO!»
Con tutta la forza che aveva, Mordraud afferrò il bastone e lo schiantò contro il pozzo di pietra.
“Se solo non avessi questo dannato aspetto da bambino, sarebbe tutto diverso!”
La sua arma non si era rotta, per fortuna. L’allenamento riprese furiosamente.
“Sarei già al fronte, e magari avrei già incontrato Dunwich. Potrei partecipare alle battaglie, uccidere i soldati dell’impero… Cambria maledetta…” pensò depresso.
Mordraud prese il bastone a due mani e colpì il terreno duro e arido, alzando schegge di fango congelate tutt’intorno a lui.
«Come state, signora? Oh, ma che dite… come siete brillante, SIGNORA!»
Il pomeriggio volò via e arrivò l’ora di andare al lavoro. Imprecando in perfetto stile ribelle, Mordraud si allacciò il grembiule bianco che Larois gli aveva accorciato per adattarlo alla sua altezza, ed entrò borbottando nelle cucine. Gwern era già più che indaffarato. Correva avanti e indietro arrancando sotto una montagna di piatti e pentole.
«Di là è un incubo, fratello! Mai vista tanta gente tutta insieme!»
Mordraud si affacciò alla porta della sala. Gwern aveva ragione. Una fossa di belve assetate. Una massa impressionante di uomini affamati era assiepata nella grande sala della locanda, e molti erano rimasti in piedi. Quasi tutti soldati, ma a un tavolo sedeva anche un manipolo di ufficiali piuttosto importanti. Mordraud si fiondò a riempire caraffe e vassoi, tuffandosi nella bolgia a testa bassa.
«Ragazzo, una birra!»
«Ehi figliolo, quando è pronto lo stufato?! Qui si muore di fame!»
«Allora, eravamo sul Terrapieno… una Lancia tenta di saltarci con il suo cavallo, ma io…»
«Dovevi vederla, era tutta infuocata, si dimenava come una matta! E cosa diceva… uh, l’ho pagata cara ma che puttana…»
Mordraud scivolò dentro e fuori decine di discorsi diversi, finché le voci dei clienti non divennero tutte uguali, e fastidiose allo stesso modo. Solo gli ufficiali si comportavano da persone civili. Furono ovviamente i primi a cui portò lo stufato. La parte migliore, quella meno acquosa, con i pezzi di carne più compatta. A suo modo, Mordraud voleva che la locanda non sfigurasse.
«Grazie ragazzo, sei stato svelto» gli disse uno di loro, un uomo di mezza età dall’aspetto curato. Un palco di baffi tenuti in ordine gli donavano un’aria importante. «Tieni, questo è per te.»
Una mancia. Nel suo lavoro era molto raro vedere un soldo d’argento. Mordraud chinò il capo per ringraziarlo. L’ufficiale aveva un aspetto imponente. Portava impressi sul collo e sul volto i segni delle intemperie. Non era un semplice ufficiale, pensò. Di quelli che perdevano tempo in tenda con le mappe e le bandierine. Quell’uomo era prima di tutto un soldato. Mordraud avrebbe potuto scommettere che quello non era il tipo da tirarsi spesso indietro, nel momento di guidare una carica contro il nemico.
Mordraud tornò verso la cucina giocherellando con la moneta, immerso nei suoi pensieri. Gwern arrivò senza troppo garbo con un altro vassoio, e in fretta e furia glielo sganciò addosso.
«Al tavolo dei soldati in fondo a destra. Occhio, quelli a volte non pagano. Ehi fratello» Gwern prese la moneta d’argento che Mordraud teneva in mano, e la rigirò ammirato. «Chi te l’ha data?»
«Quell’ufficiale laggiù. Un brav’uomo, e anche molto distinto» indicò alle sue spalle. «Me l’ha data come mancia.»
«Certo che è una persona distinta! Quello è Adraman, non lo sai? Amico di Eldain, e uno dei suoi migliori capitani. Me l’ha detto una donna al mercato, era lì per comprare della frutta fresca.»
«Un capitano…» ripeté Mordraud soppesando quel titolo sulle labbra «… suona bene.»
«Come fai a non sapere chi è? Lo conoscono tutti! È sposato con una donna molto bella, si chiama Deanna. Vivono nella casa più grande del feudo, non puoi non averla notata.»
Mordraud inizialmente non colse le parole del fratello. Poi di colpo collegò tutto.
«La casa più grande, hai detto?»
«Sì, grande e con tanti mobili pregiati!»
«E sua moglie… Deanna… è molto giovane?»
«Allora vedi che anche tu ascolti i pettegolezzi?! Sì, è molto più giovane di lui» rispose Gwern sorridendo. Gli piaceva mantenere in vita le voci. «Adraman è molto ammirato giù al mercato… non sai quante donne…»
Mordraud smise di ascoltare il fratello. La ragazza di cui gli aveva parlato Larois era la moglie di un capitano dell’esercito. Una coincidenza pazzesca. Forse aveva trovato un modo per raggiungere i suoi tanto agognati traguardi.
«Ma guarda te… la vecchia è proprio furba. Ha pensato bene di non dirmi niente, e pensa che occasione stavo per perdere!»
«Come hai detto?»
«No, niente Gwern…» esclamò Mordraud. «Tieni un attimo tu il vassoio.»
«Ma… ma… bisogna servire ai tavoli!» gridò Gwern afferrando il pesante piatto di metallo. Mordraud si era già fiondato in cucina.
«Larois…»
«Sì, Mordraud?»
La vecchia cuoca stava affettando un mazzo di gambi di sedano, e non si fermò per ascoltarlo. Era girata di schiena, ma Mordraud sentì che stava sorridendo.
«A proposito di quel lavoro che mi dicevi…»
***
Larois accompagnò Mordraud a casa di Adraman il giorno dopo, per cena. Gwern e la locandiera passarono tutta la mattina alla ricerca di vestiti nuovi, per sostituire i vecchi stracci che lui usava tutti i giorni. Panni logori scovati in un baule del figlio morto in guerra. Mordraud fu spinto a forza di fronte allo specchio per provare tutte le cose che gli avevano comprato. Un paio di stivali morbidi, alcuni pantaloni di lana scura, due camicie grigie e marroni, una casacca nera di velluto. Non si era mai sentito così a disagio.
«Questa roba deve essere costata molto. Forse è il caso di riportarla indietro…»
«Perché fratello? Ti sta tutto molto bene. E poi non vorrai certo fare brutta figura con Deanna?!» esclamò Gwern tutto pimpante. «Non è costata tanto. Larois ha detto che con tutto il lavoro che c’è stato nella locanda, da sola non ce l’avrebbe mai fatta, e ha voluto pagare lei.»
«Non doveva, potevo anche pagarmela da solo questa roba…»
«Smettila di chiamarla roba! Sono abiti di buona fattura, ti fanno sembrare elegante!» Larois gli pizzicò la guancia e gli sistemò i capelli stringendoglieli in una corta coda con un laccetto.
«Se avessi mandato te a comprare abiti, saresti tornato con delle pezze schifose. Lascia fare queste cose alle donne… o a un fratello con un po’ di gusto.»
«La casacca ti sta proprio bene, quella l’ho scelta io!» disse Gwern annuendo verso lo specchio. Mordraud si chiese da quanto tempo suo fratello non avesse una crisi. Quasi non se lo ricordava.
«Ed ora sei pronto per una cena a casa di Adraman.»
La casa del cavaliere era a ridosso del castello, nell’unica via del feudo che ancora portava i segni dell’antico fasto della casata di Eld. Ampie finestre, frontoni incisi con scene di battaglia e paesaggi agresti, larghe scalinate che conducevano a porte in bronzo da cui sarebbe passato senza problemi un cavallo. Mordraud non credeva ai propri occhi. Per quanto Eld fosse ormai ridotta allo stremo, e non fosse altro che un feudo periferico rispetto alla capitale Cambria, per lui quei palazzi erano l’emblema di un potere cristallino.
La sala da pranzo era pronta e allestita con argenteria raffinata. Un servitore aprì la porta e prese in consegna i loro mantelli, accompagnandoli poi alla lunga tavola. I padroni di casa non erano ancora arrivati.
«Rilassati, figliolo. Sorridi un po’.»
Mordraud guardò Larois con disappunto, ma si rese conto che lei aveva ragione. Era rigido come un bastone, e si guardava intorno con troppa ansia, come se si aspettasse da un momento all’altro di dover fuggire via. Per quanto l’idea di conoscere un vero cavaliere lo esaltasse, la cena e le buone maniere lo mettevano terribilmente a disagio.
“Se solo Gwern fosse qui con noi…” pensò mordicchiandosi un labbro. Suo fratello era molto più bravo di lui a parlare con la gente, a farsi voler bene.
“Forse è per questo motivo che Larois non lo ha voluto portare… avrebbero scelto lui” pensò.
«Accomodatevi, prego. I signori arriveranno fra poco» disse uno dei domestici indicando loro i posti. Sulla bella tovaglia bianca ricamata in filo ramato erano disposti quattro piatti, ma avrebbero potuto trovare tranquillamente posto altre venti persone. Mordraud si sentiva perso in quel bianco mare di tela.
«Quando arrivano, Larois?!»
La locandiera lo fulminò con lo sguardo. Doveva proprio imparare molto, forse troppo, pensò. Passarono istanti lunghi quanto ore. Di tanto in tanto il cameriere riempiva i loro piccoli calici con un vino leggero, leggermente mosso. Mordraud tracannava senza quasi sentirne il sapore, mentre Larois lo sorseggiava con grazia. «Piano ragazzo, sei ancora un po’ troppo giovane per bere… così in fretta.»
«Larois, non ti riconosco! Sembri proprio brava e educata, eppure in taverna a volte sei peggio dei clienti…»
«C’è stato un periodo, quando la guerra era appena iniziata…» rispose lei sorridendo «in cui anche io e mio marito organizzavamo cene lussuose per le famiglie facoltose di Eld. Tutto questo ovviamente prima che la maggior parte di loro fuggisse via. Eravamo piuttosto bravi… peccato solo di non aver mai preparato nulla per Eldain. Ancora ci penso, ogni tanto.»
«Mi sa che dovrò copiare un po’ da te, per non fare brutta figura.»
«Bene, se ti fa sentire meglio, fallo pure» rispose Larois agitando leggermente il bicchiere che teneva in mano. Il messaggio era chiaro. Non bere come un disgraziato. Mordraud annuì posando imbarazzato il suo calice.
«Scusate il ritardo, mia moglie voleva farsi bella.»
Adraman e Deanna erano finalmente apparsi sulla scala che portava ai piani superiori della villa. Il cavaliere indossava una camicia pesante di lino e un paio di pantaloni grigi di ottima fattura. Portava i capelli corti e i baffi folti e curati, neri ma in parte screziati di bianco. Tutto in lui trasudava compostezza. Il passo, la cadenza della voce, lo sguardo. Ma Mordraud non aveva occhi che per Deanna.
Larois lo aveva avvertito. Non doveva fissarla troppo, sarebbe stato un gesto molto maleducato. Difficile però rispettare un ordine tanto semplice. Era bella oltre ogni sua previsione. Il lungo vestito color terra scura non lasciava intravedere nulla, pur non nascondendo un corpo formoso, impreziosito da occhi grandi e chiari, labbra morbide disegnate alla perfezione, e una cascata di capelli corvini mossi e lunghi fino alle spalle.
«Smettila, Mordraud.»
Il sibilo feroce di Larois lo riportò alla realtà. Mordraud abbassò gli occhi e salutò cortesemente i padroni di casa, alzandosi da tavola come una molla carica. Deanna rise coprendosi la bocca vezzosamente. Adraman si avvicinò con la mano tesa per salutarlo, e lui rispose alla stretta con tutta la forza che aveva.
«Tu devi essere Mordraud. Piacere di conoscerti» esclamò Adraman stupito dalla sua stretta di ferro.
«Il piacere è tutto mio, signore» rispose Mordraud chinando il capo. Adraman gli diede una leggera pacca sulla spalla e lo invitò a sedersi. Deanna prese posto proprio davanti a lui, cosa che gli provocò una fitta allo stomaco. La prima di una lunga serie.
«È sempre bello rivederti, Larois. Spero che vada tutto bene alla locanda» disse Adraman mentre con un cenno dava il segnale ai servitori di iniziare con la cena.
«Ti trovo bene, Adraman. Grazie per l’invito, la tua casa è sempre la più bella del paese.»
«Devi fare i complimenti a mia moglie. È lei l’artista, io non ho la metà del suo gusto.»
Le prime portate giunsero a tavola in grandi vassoi d’argento spazzolato. Piatti semplici e spartani, che il cuoco aveva abbellito senza esagerare. Carni salate e stagionate servite su crostini fragranti, formaggi duri, verdure sottaceto. Mordraud si era aspettato un trionfo di ricchezza, ma Adraman era sobrio in ogni aspetto della sua vita, ed evidentemente non amava la cucina elaborata tipica delle famiglie più altolocate.
«Allora figliolo, Deanna mi ha detto che le piacerebbe avere qualcuno in casa che le tenga compagnia, e si occupi delle piccole faccende di ogni giorno…»
«L’idea è stata mia, Adraman» disse Larois prima che Mordraud potesse rispondere. «Sempre che a te non dispiaccia.»
«No di certo, anche se avevo già assunto i migliori domestici che un feudo in guerra potesse reperire.»
Adraman parlava in modo educato, senza lasciar trasparire alcuna emozione. Deanna sbocconcellava un crostino, bagnandosi di tanto in tanto le labbra con il vino.
«Mordraud, parlami un po’ di te. Mi piacerebbe conoscerti un po’ meglio, prima di prendere una decisione.»
«Non sei tu a dover decidere» sibilò Deanna. Mordraud arrossì senza motivo, colpito dalla durezza della sua voce.
«Invece sì, tesoro. Non voglio star qui a discutere con te» rispose Adraman. «Dimmi allora, Mordraud. Da dove vieni? Non ti ho mai visto qui in paese.»
«Ecco signore, io non sono di Eld» iniziò lui cercando di parlare con un tono piacevole. Sembrava avesse inghiottito un secchio. «Non vengo da un altro feudo, ho sempre vissuto in una casa isolata, a Nord di qui.»
«E i tuoi genitori?»
«Adraman, non sono affari tuoi!» esclamò Deanna, guardandolo infuriata.
«Mi sembra giusto che Mordraud racconti qualcosa della sua vita» rispose Larois intervenendo in aiuto al cavaliere. Deanna sembrava sempre pronta a criticare ogni parola del marito, e la cosa metteva Mordraud in un profondo imbarazzo.
«Mio padre era un… soldato al servizio di uno dei feudi alleati, ma è morto qualche anno fa in guerra. Mia madre se n’è andata per una malattia, e così io e mio fratello siamo fuggiti a Eld.»
Non poteva dire la verità, ed era pronto a inventarsi qualunque bugia. Larois lo stava fissando in modo indecifrabile, e Mordraud sentì un brivido gelido corrergli lungo la schiena. Cosa le aveva detto Gwern sul loro passato, si chiese in preda al panico.
«Una storia triste. Mi dispiace per la tua famiglia» rispose Adraman addolorato. «La guerra con Cambria avvelena la terra, purtroppo.»
Un vago disagio scese sulla tavola imbandita. Mordraud riprese a bere dal suo calice, riempiendolo con allarmante velocità. Larois non mancava di lanciargli occhiate molto eloquenti, ma lui aveva bisogno di sciogliersi un po’ la lingua, e non se ne curò. Deanna spezzò il silenzio rivolgendosi direttamente a lui.
«Sai leggere, Mordraud?»
«Certamente» rispose lui.
«E ti piace?»
Le uniche storie che avesse mai letto erano le favole che sua madre aveva scritto per lui prima della malattia. Doveva fare colpo su Deanna per sperare di ottenere il posto, così annuì con convinzione.
«Anch’io adoro leggere. Ho tanti libri di sopra, nella mia biblioteca. Magari ho qualcosa che ti può interessare… di solito cosa ti piace di più?»
«Non saprei dirlo, signora…» rispose «mi piacevano tanto le fiabe di mia madre. Storie sugli Aelian.»
Forse non aveva detto la cosa giusta, pensò Mordraud quando sentì di avere gli occhi di tutti addosso.
«Aelian?!»
«Sì, ecco… Cambirian l’ultimo re, mostri che vivono negli incubi, guerrieri in armatura d’oro che difendono fanciulle… roba così…»
«Non so nulla di Aelian, niente di niente. E poi, Cambirian… non ne ho mai sentito parlare» mormorò Deanna.
«Oh, sono solo favole che mia madre scriveva per me e mio fratello, quando ci insegnava a leggere… nulla di importante…»
«Scusa figliolo, come hai detto che si chiamava quel re degli… Aelian?» lo interruppe Adraman, scuro in volto.
«Cambirian, l’Antico e il Primo. Il suo nome significa colui che domina il cuore di ogni cosa» rispose Mordraud senza riflettere, ripescando semplicemente dalla sua memoria. Non capiva ancora il perché di tutte quelle attenzioni. Erano favole che Eglade gli aveva raccontato mille volte prima di metterlo a letto. Semplici e innocenti storie del suo popolo.
«Un giorno chiesi a un importante studioso di storia che abitava a Calhann, quando ancora ero molto giovane e studiavo laggiù per affiancare mio padre, cosa volesse dire la parola Cambria. Ebbene, non ne aveva idea. Sapeva solo che era una parola in Aelian, molto antica. Non sapevo nemmeno chi fossero. Cambirian… il cuore di ogni cosa…» la voce di Adraman si spense, perdendosi nella stanza come un filo di fumo.
«Tua mamma ti ha raccontato altre cose sugli Aelian?!» chiese Deanna mostrando finalmente un sorriso sincero. «Mi piacerebbe sapere chi sono…»
«Beh, certo… ricordo ancora tante favole, quelle sugli Aelian erano le mie preferite…»
Ma stava dicendo qualcosa di sbagliato? Non aveva certo raccontato a tutti che sua madre era una Aelian, pensò Mordraud. Eglade gli aveva ripetuto fino allo sfinimento di non dire mai nulla su di lei, a nessuno. Ma per le fiabe era diverso. Mordraud aveva sempre pensato che fossero leggende che tutti i bambini sentissero prima di addormentarsi. Forse aveva sbagliato qualcosa, ma il sorriso di Deanna gli stava dicendo con molta convinzione il contrario.
«Allora spero tanto che mi racconterai anche tutte le altre storie» disse lei, pulendosi la bocca con un fazzoletto bianco. «Non vedo l’ora.»
Mordraud annuì compiaciuto e tornò a dedicarsi al suo piatto, travolto da una fame improvvisa. La tensione che lo aveva attanagliato fino a quel momento svanì, aiutata dal vino e da quegli occhi strepitosi.
Occhi che lo avrebbero convinto a dire qualsiasi cosa, se solo avessero voluto.
***
«Aelian?! Ascoltami Deanna, non è per niente normale che un bambino sappia la storia degli Aelian! È un argomento complesso, non fa parte della tradizione popolare! Gli spiriti dei boschi, potrei capirlo… ma lui sembra conoscerli bene!»
La cena era finita da un pezzo, e gli ospiti erano tornati a casa accompagnati da un servitore. Adraman si stava spogliando per andare a dormire, mentre Deanna era impegnata a pulirsi le guance dal trucco.
«E allora? Non capisco perché ti dia così tanto fastidio. Cosa c’è che non va in quelle storie? Anche tu non sai nulla, ma non sei nemmeno cresciuto a Nord, in mezzo a dei contadini isolati dal mondo!»
«Niente, solo che…» Adraman non sapeva in realtà spiegare la sensazione che provava. Nella sua mente risuonava ancora il nome dell’ultimo re, Cambirian. Chi poteva mai sapere una cosa simile, si chiese. Non ne aveva mai sentito parlare. E considerando Eld, lui probabilmente era l’uomo più acculturato del feudo. Sapeva che l’argomento Aelian era dibattuto, nelle accademie. Non di certo nelle campagne.
«Ti preoccupi per nulla. Quel ragazzino mi piace, e non accetterò da te alcun divieto.»
«Ma ci sono tanti bambini in paese che potrebbero farti compagnia…» tentò di dire Adraman.
«Te lo ripeto. Non accetto divieti da te.»
«Va bene, tesoro… ho capito» concluse lui mestamente. «Da domani potrà stare qui da noi.»
Deanna era ancora seduta davanti allo specchio, quando Adraman le si avvicinò afferrandole impacciato le spalle.
«Cosa vuoi?!»
«Sono stato via molte settimane…»
«Non pensarci nemmeno!» esclamò lei alzandosi dal tavolino dei trucchi. Adraman era mezzo nudo, coperto solo da una pezza intorno ai fianchi. Il suo corpo non mostrava affatto gli anni passati, fortificato da decenni di scontri e dalla vita all’aria aperta. Una rete di cicatrici ricamava strani disegni che salivano dai polsi fino ai gomiti, allargandosi dove le punte delle spade erano penetrate più a fondo. Deanna sentì un brivido di ribrezzo tanto forte da farle girare la testa.
«Sono stanca» riuscì solo a dire, scivolando sotto le coperte del grande letto matrimoniale. Adraman restò in piedi con lo sguardo fisso sullo specchio. Alzò le mani e si perse a osservare le sue dita incrinate dalle fatiche, i calli, i nodi che sembravano tanti piccoli ceppi da falegname, e si sfiorò il viso con tutta la delicatezza di cui era capace. L’effetto fu come sfregarsi in faccia un pezzo di corteccia rinsecchita.
«Cosa stai facendo?!»
«Stavo pensando che non sono più in grado di accarezzare nulla, con queste mani.»
Deanna non rispose. Chiuse gli occhi e sprofondò nel cuscino gonfio di piume.
***
«Allora fratello, com’è andata?! È vero che la villa di Adraman è lussuosissima? Cosa avete mangiato? Scommetto che vi hanno servito decine di prelibatezze su grandi piatti d’oro…»
Gwern era un fiume in piena. Mordraud era uscito provato dalla cena. Tentare di risultare accattivante a Deanna e interessante per il cavaliere lo aveva sfiancato. Non era sicuro di esserci riuscito appieno, ma il risultato andava comunque ben oltre le sue aspettative. Deanna gli aveva sorriso finché la porta non si era chiusa.
«Penso di essere andato bene… inizierò in questi giorni. Ma non è detto che vada in porto, quindi non farti illusioni!»
«Larois, tu cosa ne dici?» le chiese Gwern, strattonandole la lunga gonna di lana.
«Dico bene. Deanna è rimasta colpita dalle storie di tuo fratello.»
Mordraud sentiva che la vecchia locandiera gli stava nascondendo qualcosa, ma fece finta di nulla. Doveva essere ancora per quella storia degli Aelian e delle fiabe, pensò liberandosi della casacca nuova.
«Ora vado un po’ in cortile, sono stanco di parlare. Mi fa male la gola.»
«Abituati, fratello! Ora sei il paggio di Deanna, la moglie del più importante cavaliere di Eldain!»
Mordraud non attese oltre e corse in camera, si tolse gli abiti con cura cambiandoli con un paio di vecchi panni logori, e si fiondò fuori. Aveva un gran bisogno di sudare e faticare, dopo tutta la rigida compostezza che si era dovuto sorbire a tavola.
«Ce l’hai fatta, Larois… sei felice?»
Gwern aveva cambiato radicalmente tono di voce. Larois gli accarezzò le spalle, annuendo in silenzio.
«Non penso però che riuscirai a tenerlo lontano dalla guerra… non è facile far cambiare idea a mio fratello.»
«Almeno ci sto provando, Gwern. Magari qualche anno a fianco di Deanna gli faranno passare i bollenti spiriti.»
«Ma non è… ecco… sconveniente?»
«Ma no, figurati!» esclamò Larois con piglio sicuro. «Lui è così piccolo, e lei è già una donna sposata… al massimo Deanna lo prenderà in simpatia, come una sorella maggiore…»
«Sarà… speriamo» mormorò Gwern. C’erano dettagli che lei non sapeva di suo fratello, ma erano tutti segreti inconfessabili. L’aveva promesso a lui e alla mamma. Non avrebbe mai dovuto dire a nessuno della loro origine Aelian.
Mai.
«Mi manca già… non sono mai stato lontano da lui, sono preoccupato…»
«Tranquillo, sei ancora qua con me, e lui verrà spesso a trovarti. L’ho fatto per il suo bene, te l’ho già spiegato.»
«Mh…» rispose lui annuendo con poca convinzione. «A proposito… di che storie parlavi prima? Cos’ha raccontato a Deanna?!»
«Storie di Aelian.»
Gwern tentennò solo per un breve istante. «Belle… le sue preferite. Gli ricordano nostra madre.»
«È stata lei a raccontargliele?»
«Sì, quando era piccolo, e io non ero ancora nato.»
«Non c’è niente di male. Curioso però che ne conosca così tante… le storie sugli Aelian sono molto, molto rare.»
«Alla mamma piacevano tanto» disse soltanto lui. Larois sorrise e gli pizzicò una guancia con affetto. «Va bene… quel che è fatto, è fatto… vieni, prendiamoci qualcosa di caldo. Ti andrebbe una tisana?»
Gwern aprì la porta della cucina, facendole strada come un vero cavaliere.
«Solo se abbiamo ancora qualche fetta della torta di mandorle di ieri sera.»