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Lealtà irlandese
Lunedì mattina Kramer e Bernie Fitzgibbon vennero convocati subito nell'ufficio di Abe Weiss. Era presente anche Milt Lubell. Kramer capì che la sua situazione era migliorata durante il fine settimana. Ora Weiss lo chiamava Larry invece di Kramer e non rivolgeva ogni accenno al caso Lamb a Bernie, come se lui, Kramer, non fosse altro che un fantaccino di Bernie.
Weiss, però, guardò Bernie quando disse: «Non voglio perdere tempo con questa faccenda, se non è necessario. Abbiamo abbastanza elementi per incastrare questo McCoy o no?».
«Abbastanza, Abe, abbastanza. Abbiamo quell'individuo, Auburn che identifica McCoy, come l'uomo che guidava l'auto che ha investito Lamb, e poi abbiamo l'uomo dell'autorimessa il quale afferma che l'auto di McCoy era fuori al momento dell'incidente, e Martin e Goldberg hanno trovato il proprietario del taxi abusivo, Brill, che conferma che Auburn viaggiò su una delle sue vetture quella sera. Ma non hanno trovato l'autista, quel Riccioli Kale…» Alzò gli occhi al cielo e aspirò una bella boccata d'aria, quasi per dire: "Questa gente e i loro nomignoli!". «Secondo me, prima di tutto dovremmo parlare con lui.»
«Perché?» chiese Weiss.
«Perché ci sono cose poco chiare, e Auburn è uno spregevole trafficante di droga che si avventura fuori dal suo guscio. E poi, ancora vorrei sapere come mai Lamb non ha detto una parola sul suo investimento quando è andato per la prima volta all'ospedale. Mi piacerebbe sapere quello che è successo dentro quella specie di taxi, e mi piacerebbe sapere se Auburn portò davvero il ragazzo all'ospedale. Mi piacerebbe anche sapere qualcosa di più su Auburn. Lui e Lamb non sono tipi da andare assieme al pollo fritto del Texas. Direi che Lamb è un bravo ragazzo davvero, mentre Auburn è… un commediante, un buffone!»
Kramer si sentì crescere in petto una strana voglia. Voleva difendere l'onore di Roland Auburn. Sì! Difenderlo!
Weiss agitò la mano in un atteggiamento di rifiuto. «A me sembrano particolari da chiarire, poca roba, Bernie. Non capisco perché non possiamo incriminare McCoy e poi chiarire i particolari. Tutti considerano questa storia del "noi stiamo indagando" solo come una tattica dilatoria.»
«Un altro paio di giorni non significano molto, Abe. McCoy non scapperà e neppure Auburn scapperà di sicuro.»
Kramer intravide uno spiraglio e, galvanizzato dalla nuova situazione, ci si buttò: «Potremmo trovarci davanti a un problema, Bernie. È vero, Auburn non scapperà, ma secondo me dobbiamo servirci di lui e in fretta. Probabilmente lui pensa di poter uscire su cauzione da un momento all'altro. Dovremmo portarlo davanti alla giuria al più presto possibile, se vogliamo servirci di lui».
«Non preoccuparti per questo» disse Fitzgibbon. «Non è un genio, ma sa di poter scegliere tra tre anni di galera e neppure un giorno di galera. Non starà zitto per quel che ci riguarda.»
«È questo l'affare che abbiamo combinato?» chiese Weiss. «Auburn non si beccherebbe niente?»
«È la conclusione alla quale sarei arrivato. Dobbiamo lasciar perdere il rinvio a giudizio e accontentarci di accusarlo di possesso e smercio di piccole quantità di droga per uso personale.»
«Cazzo!» esclamò Weiss. «Non avrei voluto che ci muovessimo così in fretta con quel figlio di puttana. Non mi piace affatto lasciar perdere dei processi importanti.»
«Abe» disse Fitzgibbon, sorridendo, «l'hai detto tu, non io! Io ti dico soltanto di prendertela con un po' più di calma. Per me, sarebbe molto meglio se avessimo qualche altra informazione per corroborare quel che dice lui.»
Kramer non poté trattenersi. «Non saprei… quel che dice regge piuttosto bene. Mi ha detto delle cose che non poteva sapere se non fosse stato lì. Conosceva il colore dell'auto, il numero delle portiere, sapeva che era un modello sportivo. Sapeva il nome di McCoy. Lo ha sentito chiamare Shahman, ma insomma… è molto simile. Non vedo come abbia potuto sognarsi tutti questi dettagli.»
«Non dico che non ci fosse, Larry, e non dico neppure che non ci serviremo di lui. Lo faremo. Dico soltanto che è robaccia e che non dovremmo prestargli troppa attenzione!»
Robaccia? Ma stai parlando del mio testimone! «Non saprei, Bernie» disse. «Da quel che sono riuscito a sapere fino ad ora, non è poi un ragazzo tanto cattivo. Ho avuto per le mani un rapporto sulla sua libertà condizionata. Non è un genio, ma non ha mai avuto vicino qualcuno che gli ha fatto usare la testa. È da tre generazioni che i suoi vivono di assistenza pubblica: sua madre aveva quindici anni quando lui è nato, e ha avuto altri due figli da padri diversi; adesso vive con un amico di Roland, un ragazzo di venti anni, soltanto di un anno più vecchio di Roland. È andato a vivere a casa loro, con Roland e uno degli altri ragazzi. Insomma, Cristo, ve lo immaginate? Penso che io avrei una fedina molto peggiore della sua. Dubito che abbia mai conosciuto un parente che non vivesse nelle case popolari.»
Bernie Fitzgibbon gli sorrideva. Kramer ne fu sorpreso, ma proseguì.
«Ho scoperto un'altra cosa su di lui: ha un certo talento. Il suo agente di sorveglianza mi ha fatto vedere certe cose sue. Sono davvero interessanti. Sono dei comecavolo si chiamano…»
«Collage?» suggerì Fitzgibbon.
«Sììì!» disse Kramer. «Collage, con quella roba d'argento…»
«Fogli di carta d'alluminio schiacciati per fare i cieli?»
«Sìì! Li hai visti! Dove li hai visti?»
«Non ho visto quelli di Auburn, ma ne ho visti un sacco. È una specie di artigianato che fanno fare in prigione.»
«Cosa intendi dire?»
«Se ne vedono continuamente. Sono cose che fanno in prigione. Fanno degli schizzi, come se disegnassero fumetti, no? E poi li piazzano sullo sfondo con la colla o con un nastro adesivo.»
«Sìì…»
«Di quelle porcherie ne vedo continuamente. Tutti gli anni vengono qui due o tre avvocati con quella roba, a dirmi che sto tenendo Michelangelo dietro le sbarre.»
«Be', può essere» ammise Kramer, «ma io direi che quel ragazzo ha talento autentico.»
Fitzgibbon non disse altro. Si limitò a sorridere. E Kramer sapeva ora la ragione di quel sorriso. Bernie pensava che lui stesse magnificando il suo testimone. Kramer lo sapeva bene, sì: ma in questo caso era diverso! Magnificare i testimoni era un fenomeno psicologico comune tra gli avvocati dell'accusa. In un procedimento penale, il testimone chiave probabilmente veniva dallo stesso ambiente dell'imputato e poteva benissimo avere anche lui precedenti penali. Non era affatto probabile che fosse un modello di probità: e tuttavia, era l'unico testimone chiave che uno aveva. A quel punto, con tutta probabilità, uno provava l'urgente necessità di magnificarlo, d'illuminarlo con la luce della verità e della credibilità. Ma non si trattava soltanto di migliorarne la reputazione agli occhi di un giudice o di una giuria. Uno provava l'urgente necessità di purificarlo ai propri occhi. Aveva bisogno di credere che ciò che stava facendo - ossia, servirsi di lui per spedire un'altra persona in galera - non era solo utile ma anche giusto. Questo verme, questo microbo, questo furfante, questo figlio di cane era, adesso, il compagno, l'alleato, l'uomo di punta nella lotta del bene contro il male, e proprio colui che lo usava voleva convincersi che una gran luce splendesse attorno a questo… organismo, questo ex parassita schifoso, diventato ora un giovane bistrattato e incompreso.
Sapeva tutto questo, sì: ma Roland Auburn era diverso!
«Benissimo» disse Abe Weiss, ponendo termine al dibattito sulle doti artistiche con un'altra rapida mossa della mano. «Non importa. Dovevo prendere una decisione e l'ho presa. Abbiamo quanto ci basta. Arrestiamo McCoy. Domattina, e lo facciamo sapere in giro. Martedì è un giorno buono?»
Guardò Milt Lubell nel chiederlo. Lubell annuì con aria saggia. «Martedì e mercoledì sono i migliori. Martedì e mercoledì.» Si girò verso Bernie Fitzgibbon. «I lunedì sono i più schifosi. Il lunedì la gente non fa altro che leggere cose di sport tutto il giorno e guardare le partite alla sera in tivù.»
Ma Fitzgibbon stava guardando Weiss. Alla fine scrollò le spalle e disse: «Okay, Abe. Sopravviverò. Ma se vuoi agire domani, è meglio che telefoni a Tommy Killian subito, prima che vada in tribunale, per assicurarci che sia in grado di venire con il suo uomo».
Weiss fece un gesto verso il tavolino e il telefono in fondo alla stanza, oltre il tavolo di riunione, e Fitzgibbon ci si diresse. Quando Fitzgibbon fu al telefono, Weiss disse: «Dove sono quelle fotografie, Milt?».
Milt Lubell frugò in un mucchio di carta che aveva in grembo, tiro fuori parecchie pagine di una rivista e le porse a Weiss.
«Che titolo ha questa rivista, Milt?»
«"Architectural Digest".»
«Guarda qua.» Subito dopo, Kramer vide Weiss allungarsi sulla scrivania e darle a lui. Si sentì enormemente lusingato. Studiò le pagine: la carta più vellutata immaginabile, le stupende fotografie a colori con particolari tanto nitidi e precisi da far battere le palpebre, l'appartamento di McCoy. Un mare di marmo conduceva a una grande scala curva con una balaustrata di legno scuro. Legno scuro ovunque e un tavolo riccamente ornato con un vagone di fiori emergenti da un grande vaso. Era l'ingresso di cui aveva parlato Martin. Pareva abbastanza vasto da ospitare tre dei formicai di Kramer da ottocentottantotto dollari al mese, ed era soltanto un ingresso. Aveva sentito dire che certa gente viveva così a New York! Un'altra stanza, ancora legno scuro: certo, il soggiorno. Enorme, ci stavano tre o quattro angoli di conversazione fitti di mobili e poltrone: il tipo di locale dove uno entra, e abbassa la voce fino a bisbigliare. Un'altra illustrazione: un primo piano di legno intagliato, un legno lucido con riflessi rossastri, tante figure con abiti completi e cappelli che camminano di qua e di là con strane prospettive davanti a dei palazzi. E ora Weiss si era allungato sulla scrivania e indicava l'illustrazione.
«Dacci un'occhiata» disse. «Si chiama "Wall Street" ed è di un certo Wing Wong o qualcosa di simile. "Maestro intagliatore di Hong Kong". Hai letto cosa dice qui? È sulla parete della biblioteca. Mi fa impazzire!»
Ora Kramer vedeva quello di cui aveva parlato Martin. La biblioteca! Gli Wasp… Trentotto anni… soltanto sei più di lui… I genitori gli avevano lasciato tutti quei soldi e loro vivevano nel Paese delle Fate. Be', questo almeno era in rotta di collisione con il mondo reale.
Fitzgibbon fece ritorno dall'altra parte della stanza.
«Hai parlato con Tommy?» chiese Weiss.
«Sì. Prepara subito il suo uomo.»
«Dai un'occhiata» disse Weiss indicando le pagine della rivista. Kramer le passò a Fitzgibbon. «L'appartamento di McCoy» disse Weiss.
Fitzgibbon diede una rapida occhiata alle illustrazioni e le restituì a Kramer.
«Mai visto qualcosa di simile?» chiese Weiss. «L'ha messo su sua moglie. È giusto, Milt?»
«Sì, è una di quelle arredatrici del bel mondo» disse Lubell. «Una di quelle donne ricche che arredano le case di altre donne ricche. Ci scrivono degli articoli sulla rivista "New York".»
Weiss continuava a fissare Fitzgibbon, ma questi non disse una parola. Poi Weiss spalancò gli occhi come folgorato da una rivelazione. «Non la vedi, Bernie?»
«Che cosa?»
«Be', adesso vi dico come la vedo io» disse Weiss. «Secondo me sarebbe una buona idea, per far finire tutte le stronzate sulla giustizia bianca, Johannesbronx e tutto il resto, se lo arrestassimo proprio nel suo appartamento. Sarebbe una cosa favolosa, secondo me. Volete dire alla gente di questo distretto che la legge non teme e non porta rispetto a certe persone? Allora arrestate un tipo di Park Avenue allo stesso modo in cui arrestate José Garcia o Tyrone Smith. Andate nelle loro case dei cazzo, giusto?»
«Sìì» disse Fitzgibbon, «perché non c'è modo di farli venire in altra maniera.»
«Non è questo il punto. Noi abbiamo degli obblighi verso la gente di questo distretto. Questo ufficio gli viene fatto vedere sotto una pessima luce, e un fatto simile metterebbe fine a questo stato di cose.»