Marx requisì una sala riunioni, quindi convocò un'unità tattica SWAT con supervisori per pianificare l'operazione. Mi lasciarono partecipare perché il mio ruolo era fondamentale: non solo dovevo attirare Alan Levy, ma anche strappargli una confessione. Prepararono un piano articolato, scelsero il luogo e inviarono degli uomini a sorvegliarlo ancor prima che io facessi la telefonata. Non sapevamo se Levy avrebbe accettato di incontrarmi, ma i ragazzi della SWAT volevano che tutti si trovassero in posizione al più presto. Se il piano fosse cambiato, loro si sarebbero adeguati. Erano i migliori sulla piazza.
Uno specialista in sistemi di sorveglianza di nome Frank Kilane fece capolino dentro la sala riunioni e con il pollice alzato indicò che era pronto. Marx mi diede una pacca sulla schiena.
«Pronto a fare la telefonata?»
Sorrisi, ma era un sorriso tirato.
«Io vivo per fare telefonate come questa.»
«Vuole ancora un po' di caffè?»
«Sta cercando di uccidermi?»
Marx mi rispose con un sorriso non diverso dal mio.
«Solo dopo che avremo preso quel bastardo.»
Umorismo da nervi tesi.
Pike e Munson aspettavano nella sala degli interrogatori, ma Bastilla aveva portato Jonna altrove per poter proseguire con l'interrogatorio. Frank Kilane aveva collegato il mio cellulare a un registratore tramite un microtrasmettitore. Avevamo deciso di usare il mio cellulare in modo che Levy riconoscesse il mio numero.
Kilane mi porse il telefono.
«Deve soltanto usarlo come fa di solito. Non si preoccupi di perdere il segnale, qui abbiamo una buona copertura, ma comunque l'ho collegata a un amplificatore di segnale.»
Marx fece dei gesti in direzione dello specchio passante.
«Okay. Tutti fuori. Sgombrate la stanza.»
Mi lasciarono solo per ridurre al minimo il rumore di sottofondo.
Sedetti sulla sedia lasciata libera da Jonna. Sul tavolo era posato un block-notes giallo con il numero di Levy e l'indirizzo del luogo prescelto. Mi fece piacere vedere che ci avevano pensato.
Dall'altoparlante mi arrivò la voce di Marx
«Vada pure quando è pronto.»
Composi il numero e rimasi ad ascoltare gli squilli simili a ronzii. Le pause tra uno squillo e l'altro parevano più lunghe del solito. Levy rispose al settimo squillo. Sembrava assolutamente normale.
«Ehi, Alan, sei ancora dell'idea di parlare con Ivy Casik?»
«L'hai trovata? Fantastico!»
«Sono o non sono il Miglior Detective del Mondo?»
Se uno scherza è perché è tranquillo. Levy ridacchiò, facendomi capire che anche da parte sua era tutto assolutamente normale.
«E... le hai parlato?»
«No. Ho pensato fosse meglio aspettare te. Non volevo spaventarla.»
Gli diedi l'indirizzo senza attendere che lui me lo chiedesse. Era un laboratorio di metamfetamina abbandonato. Quelli della SWAT lo avevano scelto perché il luogo offriva buona copertura alle squadre di sorveglianza, oltre che altri vantaggi. Il semaforo avrebbe aiutato Levy a identificare il punto giusto e, se avesse cambiato idea e deciso di proseguire senza fermarsi, sarebbe stato facile seguirlo. Se avesse deciso di tirare dritto non glielo avremmo impedito. Non volevamo fargli capire di essere sulle sue tracce finché non si fosse autoincriminato. Finii di preparare la trappola.
«È una casetta ai piedi del Runyon Canyon. Una topaia. Sembrerebbe sola in casa.»
Per la prima volta parve esitare.
«Bene. Hai fatto un ottimo lavoro, Elvis, come sempre. Non è necessario che mi aspetti lì. Io arriverò più tardi.»
Feci del mio meglio per mostrarmi deluso.
«Come vuoi tu, Alan, ma mi sono fatto un mazzo così per trovarla. Non ha ancora scaricato la macchina. Non so per quanto starà qua.»
«Sì, capisco. Ho un appuntamento con alcune persone alla Leverage. Probabilmente di quello che sta combinando Marx ne sanno più loro di questa ragazza.»
«Non posso tenerla d'occhio tutto il giorno, Alan. Ho delle cose da fare.»
«Non c'è problema, Elvis. Davvero. Ho l'indirizzo, ma prima devo incontrarmi con queste persone alla Leverage. Non aspettarmi. Se riesco a parlarle, poi ti chiamo.»
«Come preferisci.»
Appena chiusi la comunicazione Marx entrò nella sala.
«Quel bastardo ha intenzione di andare dritto filato dalla ragazza. Presto, andiamo.»