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Marx e Munson scesero dalla Lexus. Bastilla arrivò dalla direzione opposta seguita da una volante. Mi videro tutti contemporaneamente, ma nessuno urlò né cercò di stendermi.

Marx era calmo, ma pareva più grosso, quasi si fosse gonfiato per la rabbia.

«Brutto figlio di puttana senza cuore» dissi. «Ha detto a quella gente che era tutto finito.»

Munson fece schioccare le dita per farmi capire di togliermi dalla porta.

«Andiamo dentro, Cole. Dobbiamo fare un discorsetto.»

«Avete un mandato?»

«Non è nella posizione di fare il furbo. Si comporti da adulto» disse Bastilla.

Gli agenti in uniforme rimasero sulla loro auto, tutti gli altri entrarono. Marx lanciò un'occhiata a Pike, poi, vedendo i fascicoli e i dossier sparpagliati sul tavolo, aggrottò la fronte. Ordinò a Bastilla di radunare il materiale e mi guardò con aria torva.

«Ha letto questa roba?»

«Abbastanza da capire cosa state facendo. Ho forzato la situazione perché pensavo lo steste proteggendo.»

«Adesso ha capito di essersi sbagliato. Avrebbe potuto lasciar perdere, ma no, lei ha dovuto a tutti i costi impicciarsi di cose che non la riguardano.»

«Yvonne Bennett mi riguarda, eccome, Marx. Come pure i Repko e Ida Frostokovich e le altre famiglie cui lei ha mentito. Ha detto a quella gente che era finita. Hanno sepolto le loro figlie, ma dovranno riesumarle un'altra volta. Che diavolo pensava di fare?»

Indicò Pike con il pollice.

«Quante persone a parte lei e questo tipo sono al corrente di questo?»

«Qualcuna.»

«Poitras la sta aiutando, giusto?»

«Poitras non sa nulla.»

«Ci servono i loro nomi.»

«Se lo scordi, Marx. Non esiste.»

Munson si era avvicinato alle porte scorrevoli.

«Carino. Hai la tua privacy, una bella vista, del materiale rubato alla polizia. Non tutti avrebbero le palle di introdursi illegalmente in casa di un vicecapo della polizia.»

«Devi avermi scambiato per un altro.»

Munson scoppiò in una risata. Probabilmente era una persona decente e forse l'avrei trovato pure simpatico se fosse stato qualcun altro.

«Ti prego, Cole, chi altri poteva essere stato? Non ci hai dato tregua. E adesso abbiamo un problema.»

«Noi non abbiamo nessun problema» disse Pike, fluttuando tra la zona pranzo e la cucina.

Munson lo guardò con il suo ghigno.

«Guardate Pike. Sembra che abbia voglia di una bella sparatoria. Cosa ne dice, capo? Potremmo farli fuori e dire che hanno opposto resistenza.»

Bastilla alzò gli occhi dai fascicoli che stava impilando.

«Così non ci aiuti.»

«Stavo scherzando. Hanno capito che era uno scherzo.»

Marx mi guardò con lo sguardo torvo di chi, invece, non stava affatto scherzando e aveva seriamente preso in considerazione l'ipotesi.

«Avremmo potuto ottenere un mandato e presentarci qui in forze, ma non l'abbiamo fatto. Non posso costringerla a collaborare, ma dobbiamo circoscrivere questa cosa. Se Wilts lo viene a sapere, potremmo non riuscire mai più a mettere insieme le accuse contro di lui. Abbiamo dovuto mentire sull'indagine, ma ormai siamo in ballo e lei deve ballare con noi.»

«Voi credete che Wilts abbia ucciso quelle donne?»

«Sì.»

«Allora perché chiudere il caso addossando gli omicidi a Byrd? Perché dire alle famiglie che era tutto risolto?»

«Perché è quello che Wilts vuole farci credere.»

Munson scostò una sedia dal tavolo e vi si sedette sopra come se stesse montando a cavallo.

«Pensiamo che abbia architettato la morte di Byrd per farci chiudere il caso Repko, probabilmente perché temeva che avremmo trovato qualcosa sul DVD. Ci ha forzato la mano con questo dannato album. Quando ci siamo resi conto di cosa voleva, gli abbiamo dato Byrd per guadagnare tempo.»

«Perché Byrd?» chiese Pike.

Munson fece una scrollata di spalle.

«Byrd era già collegato a una delle vittime, Yvonne Bennett. Deve aver pensato che, quando avessimo trovato Byrd con quella foto della Bennett, il caso sarebbe stato blindato. Se ti stai chiedendo in che modo sono collegati Wilts e Byrd, questo non lo sappiamo. Wilts potrebbe aver scelto lui per via del collegamento con la Bennett, o forse si conoscevano.»

«Ha corso un grosso rischio, giocando tutto sul fatto che vi sareste arresi solo perché Byrd aveva l'album.»

Le labbra di Marx si strinsero fino a formare una linea sottile.

«Be', Cole, suppongo avrà pensato che valesse la pena di correrlo, no? La Repko non era una prostituta... ha commesso un errore uccidendo una persona a lui vicina, errore che non aveva più commesso dai tempi della Frostokovich.»

Sentii le spalle irrigidirsi per la rabbia.

«E voi bastardi sono anni che sapete che se ne va in giro ad ammazzare la gente?»

Munson scoppiò in una risata roca che spinse Bastilla ad alzare gli occhi. Marx si limitò a guardarmi in cagnesco.

«Ovvio che no. Lo abbiamo capito solo con l'album.»

«Lo avete capito fin dall'omicidio Frostokovich.»

«Maledizione, io gli ho risolto qualche problema, lo ammetto, ma mai niente del genere. D'accordo, era un gran bastardo, ma io stavo indagando su un mio amico. Non pensi mai che una persona che conosci possa fare una cosa come questa.»

«E così ha lasciato correre? Gli ha risolto il problema?»

«Vada a farsi fottere, Cole. Le amiche della ragazza ci hanno detto di averlo incontrato per caso a cena quella sera, quindi lo abbiamo interrogato. Lui ci ha detto che dopo la cena è andato in un appartamento che aveva a Chinatown. Da solo. Avevamo la coincidenza dell'incontro e sapevamo che era una testa di cazzo, ma niente di più. Non potevamo escluderlo dai sospetti, ma neanche incriminarlo. Non puoi costruire un caso su una coincidenza, e così lasciammo perdere. Dopo un po' mi dissi che ero stato uno sciocco a sospettare di lui. Che diamine, era un mio amico e tutto quello che avevamo era solo questo incontro accidentale.»

«Fino all'omicidio Repko» osservò Pike.

«La Repko ci ha messo sulla strada, ma il fatto determinante è stato l'album. Quando abbiamo visto la foto della Frostokovich ci è tornato tutto in mente. Wilts conosceva alcune di quelle ragazze. Wilts era il comune denominatore.»

Munson proseguì spiegando che avevano scoperto un collegamento tra Wilts e la quarta vittima raffigurata nell'album, Marsha Trinh, la prostituta venticinquenne. Un controllo sulla sua fedina penale aveva rivelato che era una delle cinque prostitute che Wilts aveva ingaggiato per una festa privata allo scopo di influenzare importanti finanziatori. Il tutto un mese prima che venisse assassinata. Questo fatto collegava Wilts a tre delle sette vittime. Tre su sette era piuttosto convincente.

«Abbiamo ancora molta strada da fare, Cole» disse Munson. «Non possiamo permetterci che attiri l'attenzione su questa indagine. Quell'uomo deve credersi al sicuro.»

«E ci siete vicini?»

«Lo arresteremmo se avessimo qualcosa, ma non ce l'abbiamo.»

«Pensate che possa tentare la fuga?»

«Non si sa mai, ma non credo. Le persone come lui sono convinte di riuscire sempre a fregarti e alcune ci riescono. Li eccita pensare che sono più furbi di noi. Lui voleva che noi credessimo che Byrd era il nostro uomo e adesso è convinto che ce la siamo bevuta. È per questo che abbiamo agito così. Finché lui si crede al sicuro, abbiamo la possibilità di incriminarlo. Non si possono uccidere sette persone senza commettere neppure un errore. È impossibile.»

Munson annuì come se ne fosse convinto, poi mi guardò.

«Ci stiamo facendo un culo così per chiudere questo caso, ma al momento il problema maggiore sei tu che te ne vai in giro a fare domande alla Leverage, a spaventare quella Casik, a sobillare Alan Levy...»

Alzai le mani per fermarlo.

«Un momento. Io avrei spaventato Ivy Casik?»

Marx mi guardò con aria truce.

«È per questo che odio gli investigatori privati come lei... non sanno comportarsi.»

Guardai Bastilla.

«Cos'è successo? L'ha trovata?»

«Non è stato necessario. Mi ha chiamato lei. Voleva denunciarla.»

«Per quale motivo?»

«Ha detto che lei l'ha accusata di spacciare droga.»

«Io le ho solo chiesto se era lei a ritirare l'oxicodone per Byrd.»

«Lei l'ha presa come una minaccia.»

«Cos'ha detto a proposito del giornalista?»

«Non c'era nessun giornalista, stronzo. Se l'è inventato solo per sbarazzarsi di lei. Poi ha avuto paura di essersi cacciata nei guai e ci ha chiamati per chiarire le cose.»

Pensai a Ivy Casik. Mi chiesi se Levy l'avesse trovata e se lei avesse raccontato anche a lui la stessa storia. Bastilla infilò l'ultimo fascicolo nello scatolone e vi posò sopra i dossier.

«C'è tutto, capo.»

Marx annuì e mi studiò di nuovo. Aveva la fronte così piena di solchi che ricordava un campo di granturco del Midwest.

«Allora, cos'ha intenzione di fare? Possiamo contare sulla vostra collaborazione?»

Lanciai un'occhiata a Pike e lui annuì.

«Non mi piace, ma capisco cosa state cercando di fare. Non ho intenzione di restare a guardare, Marx, ma neanche di mettervi i bastoni tra le ruote. Non sono il tipo.»

«Vedremo.»

Marx mi porse la mano. Il gesto mi sorprese e forse esitai un secondo di troppo, ma poi la strinsi. Se ne andò senza dire altro, seguito da Munson che portava i fascicoli. Bastilla stava uscendo quando la bloccai sulla soglia.

«Quando arresterete Wilts, il suo precedente rapporto di amicizia con il capo uscirà fuori. E io so che lui lo sa.»

Lei inarcò le sopracciglia. Non avevo mai visto un'espressione più imperturbabile di quella.

«Molto comprensivo da parte sua, Cole.»

Aspettammo che si allontanassero, poi andai al telefono e chiamai Alan Levy. Rispose nuovamente Jacob.

«Mi dispiace, signor Cole, ma non è in ufficio. Desidera lasciare un altro messaggio?»

«Sarebbe più semplice se lei mi desse il suo numero di cellulare.»

Jacob non si lasciò convincere, ma promise che avrebbe cercato di contattarlo, quindi riattaccò.

Posai il telefono e mi voltai verso Pike.

«Andiamo a parlare con Ivy. Se io l'ho spaventata, aspetta che veda te.»

«Non pensi che abbia mentito?»

«Penso che a qualcuno stia mentendo. La domanda è a chi.»

Stavamo per uscire quando Alan Levy richiamò. Jacob aveva mantenuto la promessa.