24
Il crepuscolo calò come un oscuro sudario mentre mi allontanavo dalla scena del crimine. Marx aveva corso un rischio enorme minacciando Lou Poitras: doveva sapere che glielo avrei riferito, quindi era sicuro di poter gestire la situazione qualunque fosse la reazione di Poitras, probabilmente facendo proprio quello che aveva minacciato di fare. Ma le persone non si espongono a rischi così grandi a meno che non siano disperate, e questo significava che Marx stava nascondendo qualcosa di importante. Se voleva che facessi marcia indietro, io avrei fatto un passo avanti.
Mi fermai in una stazione di servizio sul Ventura Boulevard, chiamai Joe Pike e poi un avvocato di nome Abbot Montoya. Era tardi, ma sapevo che Montoya avrebbe risposto alla mia chiamata.
«Come stai, figliolo? È un piacere sentirti.»
La sua voce era calda come un sorriso.
Abbot Montoya era un colto gentiluomo sulla settantina, ma non era sempre stato colto, e in gioventù nessuno lo avrebbe definito un gentiluomo. Un tempo il signor Montoya faceva parte di una gang di East Los Angeles, insieme al suo miglior amico, un altro giovane delinquente di nome Frank Garcia. Insieme, si erano tirati fuori dal barrio: Abbot Montoya studiando legge alla UCLA, Frank Garcia costruendo un impero gastronomico valutato oltre un miliardo di dollari. Frank aveva al suo servizio un consigliere comunale di nome Henry Maldenado. Probabilmente ne aveva anche altri.
«Anche per me è un piacere sentirla, signore. Avrei un favore da chiederle.»
«Quello che tu chiami favore, per noi è una dimostrazione di affetto. Qualunque cosa possiamo fare per te, non sarà mai abbastanza.»
Anni prima Frank Garcia aveva assunto Pike e me per trovare l'uomo che gli aveva assassinato l'unica figlia. L'avevamo trovato, e da allora i due uomini non avevano mai smesso di dimostrarci la loro gratitudine.
«Sa niente di uno studio di consulenze politiche che si chiama Leverage Associates?»
«Li conosco. Hanno una buona reputazione.»
«Avrei bisogno di informazioni su di loro e sui loro clienti. Uno dei loro clienti è un vicecapo della polizia di Los Angeles, Thomas Marx. Un altro è Nobel Wilts.»
«Il consigliere Wilts?»
«Sì, signore. Anche il consigliere Maldenado è un loro cliente?»
«No, ma anche se lo fosse non avrebbe alcuna importanza. Vuoi parlare con lui di queste persone?»
«Sì, signore. Se lui non ha niente in contrario.»
Il signor Montoya si lasciò sfuggire una risatina, quasi che l'idea che Maldenado potesse rifiutarsi fosse ridicola.
«Sarà felicissimo di riceverti.»
«È fondamentale che la Leverage non venga a saperlo. E neppure le persone su cui sto facendo domande.»
«Para siempre. Fidati di me.»
Finita la telefonata restai lì a riflettere su come era stato facile trovare Angel Tomaso. Certo, avere Jack Eisley come contatto era stato un bell'aiuto, ma comunque erano bastate un paio di telefonate. Era come se Bastilla e Crimmens non ci avessero neppure provato. Anche trovare Ivy Casik non era stato difficile e mi chiesi se Bastilla si fosse presa la briga di cercarla. Quando glielo avevo chiesto, lei aveva ignorato la domanda.
Scesi il Cahuenga Pass diretto a Hollywood, quindi risalii le dolci colline che circondavano l'Hollywood Bowl, dove viveva Ivy Casik. L'edificio in cui abitava era silenzioso proprio come la prima volta in cui l'avevo incontrata, gli appartamenti vicini sbarrati come a difendersi dal mondo. Suonai il campanello e bussai alla porta. I colpi rimbombarono nel silenzio del cortile.
«Posso esserle utile?»
Un uomo calvo a forma di pera era uscito in cortile. Indossava calzoncini larghi e una canottiera sformata e stringeva in mano un bicchiere da cocktail. Una piccola targa accanto alla sua porta lo identificava come l'amministratore.
«Sto cercando la signorina Casik.»
L'uomo scosse il bicchiere. Il cortile amplificò il tintinnio del ghiaccio.
«Non è in casa. Ha fatto un sacco di rumore, bussando. Non è necessario bussare così forte, sa?»
Fece nuovamente tintinnare il ghiaccio.
«Mi scusi. Le lascerò un messaggio.»
Presi un biglietto da visita e lo appoggiai al muro e scrissi a Ivy di chiamarmi.
«È per via della polizia?» chiese l'uomo. «Anche loro hanno fatto un sacco di rumore.»
Smisi di scrivere per guardarlo. Fece nuovamente tintinnare il ghiaccio e sorseggiò il suo drink.
«Era il detective Bastilla?»
«Non so come si chiamasse. Era una donna.»
Una donna. Indicai con la mano l'altezza del detective Bastilla.
«Alta così. Sui quaranta. Ispanica.»
«Esatto. È venuta questa mattina.»
Un altro sorso. Un'altra scrollatina al ghiaccio.
«Sa se ha parlato con Ivy?»
«Ivy non era in casa.»
Allungò la mano per prendere il biglietto.
«Se vuole, mi occuperò io di darglielo.»
«Grazie, glielo lascio nella cassetta delle lettere.»
Infilai il biglietto nella cassetta di Ivy, quindi ridiscesi le colline diretto verso casa. Il percorso mi parve insolitamente lungo, forse perché c'erano così tante cose su cui riflettere e così poche che avessero un senso.
Mi infilai nel posto auto, entrai in cucina e bevvi una bottiglia d'acqua. Avevo compiuto quegli stessi gesti almeno diecimila volte. Il gatto non era in casa, ma gli misi del cibo fresco nella ciotola come avevo fatto altre diecimila volte prima di allora. I gesti abituali sono rassicuranti.
Mi spogliai in cucina e gettai tutto nel locale lavanderia, salii al piano di sopra per fare una doccia, cosa che facevo ogni volta che tornavo a casa dopo essermi trovato in presenza di un cadavere. La mia routine continuava, ma Angel Tomaso non avrebbe più potuto concedersi questo lusso. La sua adesso era costituita da un singolo evento che non si poteva lavar via.
Feci del mio meglio sotto la doccia, indossai abiti puliti, scesi e trovai Pike in soggiorno. Teneva il gatto fra le braccia come si culla un bambino. Il gatto aveva gli occhi chiusi e tutte e quattro le zampe alzate come se fosse ubriaco.
«Cucino qualcosa» dissi. «Vuoi una birra?»
«Sicuro.»
Presi due birre dal frigo, le posai sul bancone, poi gli raccontai di Angel Tomaso.
«Una telefonata anonima ha avvertito la polizia e gli agenti sono arrivati mentre ero ancora lì.»
«Pensi che ti abbiano teso una trappola?»
«Non potevano sapere che lo avrei trovato. Non potevano sapere che ero a casa sua.»
«Se qualcuno fosse rimasto a fare la guardia al corpo, sì.»
Bevvi qualche altra sorsata di birra, poi gli raccontai il resto.
«Mi hanno torchiato per un paio d'ore, poi Marx mi ha detto che se non avessi lasciato perdere, lui avrebbe accusato Lou di aver disobbedito ai suoi ordini. In pratica gli avrebbe rovinato la carriera.»
«Ha minacciato Poitras.»
«Sì. Per avermi fatto entrare in casa di Byrd.»
«Lo ha minacciato esplicitamente.»
«Sì.»
L'angolo della bocca di Pike ebbe un guizzo. Poi si appoggiò al bancone.
«E cosa dovresti lasciar perdere?»
Gli spiegai che Marx aveva rapporti con la Leverage Associates.
«Marx è corso in aiuto della Leverage in occasione dell'inchiesta originaria per l'omicidio Repko. Marx aveva tagliato fuori Darcy e Maddux dalle indagini alcune settimane prima che venisse trovato il corpo di Byrd. E quei due neanche sapevano che fosse coinvolto con la Leverage. Inoltre Darcy aveva trovato un video di un sistema di sorveglianza girato nella strada in cui la Repko è stata uccisa. Visto che la scientifica non era riuscita a cavarci nulla, Darcy ha mandato il DVD a una società di computer grafica. Il fatto è che quando è spuntato Byrd, la task force si è ripresa tutto prima che i tecnici dello studio potessero finire il loro lavoro. Nessuno sa che fine abbia fatto quel video.»
«Pensi che ce l'abbia Marx?»
«Non so neanch'io cosa pensare. Se si fosse visto Byrd commettere l'omicidio, Marx lo avrebbe utilizzato. Se era spazzatura, perché farlo scomparire?»
«Forse si vedeva qualcun altro.»
«Forse. Non lo so.»
Pike bevve un sorso di birra.
«Qui non si tratta solo di Marx, Elvis. Si tratta dell'intera task force. Qualcuno ne avrebbe già parlato. Non puoi mantenere a lungo dei segreti di questo genere.»
«Lindo mi ha detto che la task force era organizzata in maniera verticale. Solo le persone al vertice avevano il quadro intero, quelli che Lindo ha definito "la cerchia degli eletti". Ha detto che gli uomini della sua squadra scherzavano spesso su questo fatto. È più facile mantenere un segreto quando la gente non sa cosa sta succedendo.»
«E chi teneva le fila di tutto?»
«Marx al vertice, con Bastilla e un certo Munson. Lindo ha sentito dire che Marx e Munson si conoscono da tempo.»
Pike posò il gatto, che scivolò dalle sue braccia con movimento fluido per andare ad acciambellarsi ai suoi piedi.
«Se Marx sta cercando di insabbiare il caso, Bastilla e Munson devono essere d'accordo con lui.»
«È un vicecapo, Joe. Può fargli fare una carriera fulminante prima di andare in pensione.»
Il gatto si alzò da terra. Guardò Pike, poi venne verso di me e mi diede un colpetto con la testa contro la gamba. Versai un po' di birra nella sua ciotola e rimasi a guardarlo mentre se la lappava.
«E tu cosa intendi fare?» disse Pike.
«Scavare nella Leverage. Tutto ruota intorno a Marx e alla Leverage. Mentre io mi occupo di questo, tu potresti cercare di scoprire qualcosa sul conto di Munson e Bastilla. I poliziotti sporchi lasciano sempre tracce sporche.»
Pike grugnì.
«L'hai detto a Lou?»
Finii di bere la mia birra.
«Sai com'è Lou. Se glielo dico, salterà addosso a Marx.»
«Già.»
«Devo tenerlo il più possibile lontano da Marx, ma non posso mollare adesso.»
Lanciai un'occhiata a Pike, ma la sua espressione restava impenetrabile.
«Capisci cosa intendo?»
«Capisco.»
«Se Marx è così preoccupato per qualcosa al punto di minacciare Lou, se riesco a scoprire questo qualcosa, gli tolgo la possibilità di minacciarlo.»
Pike annuì.
«Pensi che dovrei comunque informare Lou?»
«No.»
«Lasciare a lui la decisione?»
«Se gli racconti tutto, ti togli la responsabilità tu, ma la trasferisci su di lui. Ma questo lo sai già.»
«Sì, lo so. È già un po' che ci penso.»
«E andrai avanti comunque. Noi non ci fermiamo mai.»
«Giusto.»
Pike mi osservò per qualche istante attraverso gli occhiali scuri, poi mi strinse la spalla.
«Lou non vorrebbe che tu ti fermassi. Se lo facessi perderebbe la stima che ha in te.»
Annuii. A volte aiuta sentirselo dire.
«Cosa vuoi che faccia?» chiese Pike.
«Lo stai già facendo.»
Cucinammo, bevemmo dell'altra birra e mangiammo in silenzio guardando un sommario sportivo su ESPN. Dopo che Pike se ne fu andato, i coyote cominciarono a ululare.
Stavo per andare a letto quando mi ricordai di Pat Kyle. L'agente di Angel sarebbe stato interrogato il giorno seguente. E quasi certamente avrebbe detto alla polizia che Pat stava cercando Tomaso, dopodiché la polizia l'avrebbe chiamata. Probabilmente se ne sarebbe occupato Crimmens. Non mi piaceva chiamare così tardi, non mi piaceva doverle dire cosa l'attendeva il giorno dopo e non mi piaceva sapere che la mia telefonata l'avrebbe turbata, facendole passare una notte insonne. Non mi piaceva per niente l'idea di chiamarla, ma lo feci comunque. Era necessario che lo sapesse, per prepararsi. Pat Kyle era una mia amica. E bisogna aver cura dei propri amici.